10 Risposte

  1. «È opinione diffusa che le misure adottate dal governo Berlusconi nel 2009-10 abbiano provocato profonde conseguenze negative nel sistema universitario italiano. Tuttavia, le misure che il governo Renzi ha adottato e sta adottando rischiano di avere conseguenze più profonde, e forse ancor più negative… Le decisioni prese e in corso provano che si mira a differenziare il sistema fra un nucleo limitato di atenei sui quali far convergere le risorse umane e finanziarie disponibili e tutti gli altri, abbandonati ad un futuro di difficoltà sempre maggiori. Tuttavia il Governo non ha mai pubblicato un documento che argomenti questo indirizzo: si è limitato a metterlo in atto, in modo assai discutibile, non solo per le finalità ma anche per il metodo.» (G. Viesti)

    Dunque ora che cambierà? Il sacrificio del capro si è compiuto, ma la politica universitaria di questi anni è stata sostanzialmete bipartisan e risponde ad un’unica visione del modo ampiamente condivisa: dal Giavazzi di turno, all’uomo della strada perennemente indignato che va esclamando: “e so’ troppi!”. Ciò che è stato disfatto non credo che possa essere rifatto, ma come sottolinea anche Viesti, oltre al fine perseguito, lasciano perplessi i mezzi coi quali lo si persegue, il delirio burocratico che li correda (cf. http://www.roars.it/online/hasta-la-victoria-siempre-comandante/).
    Leggo su ROARS della cretinata secondo cui chi ha avuto un incarico (leggasi un contratto da precario, di quelli “opulenti” da mille euro lordi per un intero semestre – la paghetta – con i quali si è tenuto in piedi il sistema in questi anni) in un Ateneo, non può partecipare alle valutazioni comparative di quell’Ateneo riservate ai soli “esterni”: ma che senso ha? Uno ottiene un contrattuccio a Siena e con ciò si frega con le sue mani, giacché dopo ne è praticamente esiliato. I correttivi che si stanno apportando a questa stortura, pare che siano ancora più storti.
    La macchina va avanti da sé, forse indifferente persino alla politica.

    Su questo insensato delirio burocratico di una macchina ingigantita ed autoreferenziale, sfuggita al controllo del suo costruttore come un Golem, mi pare di essermi diffuso abbastanza ed è di conforto sapere di non essere il solo a rimanerne sconcertato. Sarei grato al prossimo premier, che verosimilmente perseguirà il medesimo obiettivo di contrazione del sistema universitario, se almeno ponesse attenzione al metodo con cui, cialtronescamente (a mio avviso), si sta attuando la partizione fra atenei di serie A e di serie B, cioè alla zitta, nel frattempo calpestando con notevole indifferenza cose e persone, sovente dichiarate “inutili” da certi popò di ignoranti e buttate dentro al tritacarne di un eventuale “algoritmo” che sovente risponde insensatamente come il famoso computer di “The hitchhiker’s guide to the galaxy”, che interrogato sul senso della vita, dopo sette milioni e mezzo di anni di calcolo rispose: «42».

    «Si narra che nel XVI secolo un sapiente europeo, il rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga, cominciò a creare golem per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell’argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola “verità” (in ebraico אמת [emet]). C’era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene: il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in “morto” (in ebraico מת [met]); ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava.»

  2. Non credo che la politica universitaria italiana (sciagurata?) cambierà con un governo di nuova legislatura, l’ agenzia delegata al riordino del sistema universitario è l’ Anvur.
    Leggo che con i premi ai dipartimenti molte università del centro e sud avranno seri problemi. Ecco, quello che contesto è una lenta asfissia, subire e basta quello che tutti sanno ma non è mai stato detto senza esercitare quel sacrosanto diritto di esprimere le proprie idee e opinioni in quanto attore coinvolto. Vogliono concentrare la ricerca intorno a pochi hub, verosimilmente: Torino, Milano, Bologna, Padova, Pisa e atenei satelliti. Benissimo, ma il resto? Avendo dedicato la propria vita ad uno scopo e malauguratamente uno si trova il quel dato momento nel posto sbagliato, deve essere considerato di serie B a priori? Ma stiamo scherzando !!!!

    • …a proposito della bruciante polemica intorno alla presunta laurea della ministra Fedeli, in realtà un diploma di una scuola professionalizzante di quando non c’era il 3+2, oserei dire che l’università tutta si sta orientando verso quel modello di diplomi brevi, più o meno professionalizzanti:

      “L’Università punta al record, 192 lauree in una sola giornata”
      http://www.ilgazzettino.it/nordest/padova/padova_lauree_palazzo_maldura-2128953.html

      “Tre anni e poi un test. La laurea senza tesi Vantaggi: velocità, risparmio di tempo e di risorse sia per gli studenti che per l’università, fine di tesine striminzite e sempre più scopiazzate.” http://www.corriere.it/scuola/universita/16_dicembre_08/tre-anni-poi-test-laurea-senza-tesi-4047926e-bd8b-11e6-bfdb-603b8f716051.shtml

      “Università, tre anni e poi un test: la laurea senza tesi Le storie
      Da Bologna alla Bocconi di Milano, passando per Ca’ Foscari a Venezia, gli atenei che semplificano ed eliminano l’elaborato: «Quello scritto finale è una ricerca da 150 ore». Ma molti studenti non sono d’accordo.” http://www.corriere.it/scuola/universita/16_dicembre_08/tre-anni-poi-test-laurea-senza-tesi-4047926e-bd8b-11e6-bfdb-603b8f716051_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=lUfWpxc3&pids=FR&origin=http%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fscuola%2Funiversita%2F16_dicembre_08%2Ftre-anni-poi-test-laurea-senza-tesi-4047926e-bd8b-11e6-bfdb-603b8f716051.shtml

      …tutto si tiene e congiura allo sputtanamento cosmico totale globale, sebbene mascherato dietro maccheronici forestierismi (“Fachhochschule”, “teaching university”…). Oramai nella burocrazia universitaria comandano satrapie mediorientali parecchio ignoranti: tutto ciò che esula dalla loro piuttosto limitata competenza è considerato inutile. Utilissimi invece questi diplomi triennali, che ostinatamente continuano a chiamare “laurea”, senza manco la tesi laurea: intanto non mi è chiaro che cultura sarebbe (“ammazzo il tempo provando con l’auto meditazione canto un po’ …” gorgheggia Max Gazzè); poi non capisco in cosa si distinguerebbero dai recentemente variati “corsi professionalizzanti”.

      Velocità e risparmio: una fabbrica di polli, un “tacchinificio” come quello celebre del Monte Amiata. È sottinteso che le lauree vere si prenderanno solo in determinate università e che conterà sempre di più il posto dove la laurea è stata conseguita. Cioè, in sostanza, il titolo di studio perderà ogni valore legale in sé. Mi pare già ridicolo che si dichiari dottore un diplomato triennale, ma se aboliscono persino la tesi, come mai continuano a chiamarla “laurea”? Ve bene se è solo un momento di passaggio verso la laurea magistrale, ma se è la conclusione di un ciclo senza prosecuzione, perché chiamare “dottore” chi consegua simili diplomi, se nel resto del mondo per essere chiamati dottori in genere ci vuole per l’appunto anche il dottorato?

      Si dà l’idea che tutta la scienza sia questa: quattro nozioni pratiche imparucchiate. E il futuro di molti atenei sarà quello di smerciare per lo più questi diplomi triennali (senza manco la tesi), mentre il destino delle materie dichiarate inutili (cioè tutti gli studi teoretici, rigorosi ed astratti) è inevitabilmente quello di sparire dalle università di provincia, o di essere somministrate in modicissima quantità in corsi di basso profilo, o limitatamente ai settori applicativi. Sicché giammai potranno servire ad avviare lo studente ad una carriera scientifica in questi campi e men che mai al docente per coltivarla.

      Comunque per l’università si annuncia una fase di stallo, credo. Il governo Gentiloni starà in carica almeno fino a Pasqua e al più fino a quando i parlamentari avranno maturato il vitalizio; quindi possiamo azzardare un intervallo che va da Aprile a Settembre. La neoministra Fedeli ha un solo compito, ossia placare la rivolta nella scuola pubblica:
      «trent’anni di sindacato dovrebbero bastare per richiamare all’unità tutte le sigle che avevano lasciato il tavolo delle trattative col ministro Giannini. Esponente di spicco della CGIL – prima nel settore ‘pubblico impiego’ poi in quello tessile – con lei si potrebbe trovare un accordo sul tema delle assunzioni degli insegnanti, argomento pruriginoso che ha tolto consenso al governo in occasione del famigerato “concorsone”» (La Stampa)

      Non credo che metterà le mani nell’università. Mi preoccupo già di chi verrà dopo di lei.

  3. alcuni atenei stanno già prendendo questa strada

    http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/cronaca/16_ottobre_20/triennale-viticoltura-enologia-tre-atenei-lecce-foggia-bari-09b989e2-96cf-11e6-bfb9-a568eae30830.shtml

    http://bari.repubblica.it/cronaca/2016/12/15/news/universita_del_salento-154160485/

    piano piano si materializza la ventilata divisione tra research e teaching. Il prossimo anno c’è da divertirsi, indipendentemente dal ministro di un ipotetico nuovo governo (ci saranno le elezioni?). Voglio vedere come si ripartiranno i fondi dopo la presentazione dei risultati VQR con i ludi dipartimenti.

    http://www.roars.it/online/renzi-rottama-il-sud-col-renzi-university-trophy-1-mld-al-centro-nord-150-mln-al-sud/

    Più volte sento ripetere a voci basse ad ogni angolo di corridoio “ridisegno del sistema universitario”, da che fonte arrivi non so

    • Eccole! Arrivano le pagelline di Babbo Natale dell’ANVUR:

      «La classifica dell’Agenzia di valutazione degli atenei vigilata dal ministero di Istruzione. Scuole superiori in testa. L’università con il livello di ricerca più elevato resta la Scuola di alti studi di Lucca (Imt) che, tuttavia, ha perso metà del punteggio del 2010 (il 46 per cento), a dimostrazione che nella nuova valutazione le diversità tra gli atenei si sono sensibilmente assottigliate. Seconde e terze nel ranking, due scuole superiori di Pisa: Sant’Anna e Normale (che guadagna il 20 per cento e sette posizioni).» http://www.repubblica.it/scuola/2016/12/19/news/ricerca_in_toscana_le_tre_universita_al_top_e_il_sud_risale_la_classifica-154452984/

      E gli altri atenei toscani?

      «La distanza con le prime tre fuoriclasse è giustificata dal fatto che le tre istituzioni sul podio sono specializzate in ricerca, negli altri atenei è la didattica che la fa da padrone. In classifica incontriamo l’università per stranieri di Siena al 13esimo posto, Firenze tra le grandi università della nostra regione è prima al numero 17. Seguono Siena al 24esimo posto, Pisa al 34esimo». http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/16_dicembre_19/universita-ricerca-podio-tre-toscane-053e51d6-c5f0-11e6-93ce-526f55aeb051.shtml

      Chiaro no? «Negli altri Atenei è la didattica che la fa da padrone». È la seconda volta, dopo il celebre articolo di Repubblica, che un quotidiano di peso nazionale esprime questo concetto. Si dà per scontato che gli altri atenei toscani (incluso Pisa, eccetto il Sant’Anna e la Normale!) oramai siano “teaching universities”: lo ripete il Corriere, dopo che Repubblica già aveva scritto senza giri di parole che quello di dedicarsi essenzialmente all’insegnamento sarebbe stato il destino di Siena. Segnatamente Siena viene presa in considerazione solo per evidenziare l’ottima performance della “Stranieri”, che risulta in posizione assai più avanzata rispetto a Unisi rispetto alla ricerca (ma che “ricerca” fanno?).

      Dunque, per venire alle considerazioni di Andrea, qui il “ridisegno” già sta avvenendo, lasciando morire i settori entrati in crisi per via dei pensionamenti, o non funzionali al progetto di trasformazione degli atenei di provincia in Fachhochschulen (o qualcosa di simile) di cui sopra. Del resto la sparizione di circa 400 ricercatori in pochi anni non può non aver ripercussioni sulla mole di ricerca prodotta. Ripeto ad nauseam che anche per portare a compimento una simile e più volte annunciata svolta si sarebbe dovuto pensare più razionalmente e costruttivamente a questo “ridisegno” complessivo degli atenei sul territorio, in modo tale che se una cosa (utile) la togli qui, allora la sposti e la rinforzi di là.

      Per concludere, sulle parole (Vóce del sén fuggita Pòi richiamàr non vale) del ministro Poletti, devo dire che una certa retorica sui cervelli in fuga (come se quelli che sono ritornati o che vanno e vengono, in un mestiere che non è esattamente di genere impiegatizio, fossero tutti dementi) mi risulta indigeribile: beato te, che trovi da fare l’ingegnere a Stoccolma! Ciò detto, quella della fuga non può diventare l’unica alternativa: che prospettive hanno, per esempio, gli studenti, i dottorandi, i ricercatori di quelle aree scientifiche che sempre di più vengono prosciugate in nome del “ridisegno” del nostro ateneo, se non quella di andarsene? E dove se ne vanno, se non all’estero? Insomma, la trasformazione di molti atenei in qualcosa tipo Fachhochschulen – scelta di per sé già opinabile – avviene con queste modalità.

      Quello che si sta profilando con questo “ridisegno”, a mio modesto parere, più che una riforma è un golpe, per cui anche le vite di molte persone (ricercatori, dottorandi, gli stessi studenti cui non si offre alcuna prospettiva) vengono compromesse, aree scientifiche e tradizioni vengono cancellate, sovente con una rozzezza di argomentazioni da lasciare allibiti, come se si trattasse di mera routine burocratica, con un impoverimento globale dell’università e della comunità tutta: insomma, un “danno erariale” e culturale sul quale però non indagherà nessuna Corte dei Conti e che oramai sarà appannaggio degli storici del futuro.

      P.S. Sicché oramai in Toscana la competizione è fra Pisa e Lucca, anche se i lucchesi appaiono un po’ in ribasso. Del resto è una contesa che affonda le sue radici nel passato: «Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio.» (Proverbio lucchese di origine medievale)

  4. Concentriamoci su questa classifica: Firenze al 17° posto, Siena al 24° posto e addirittura Pisa al 34° posto !!! Certo mancano i parziali per area, quando verranno forniti o ci sono già? Siena la vedo in lento declino, Pisa non me lo spiego e Firenze tiene il passo

    Indipendentemente dai primi 5 che sono scuole speciali con ordinamento speciale con finanziamenti ancor più speciali, la vera classifica inizia a mio avviso da Trento: ergo i primi 10 atenei sarebbero dal sesto al quindicesimo posto (con la sola stranezza di Siena Stranieri (????))
    Trento, Padova, Venezia, Milano bicocca, Bologna, Verona, Torino, Siena stranieri, Ferrara e Piemonte orientale. Se escludiamo Siena stranieri nella mia ipotetica classifica delle prime dieci rientrerebbe Milano Statale classificata al 16° posto,

    Potrei dire delle sciocchezze, ma il “ridisegno” guardando questi dati è:
    Atenei generalisti e votati alla ricerca nel quadrante tra Torino Bologna Padova e Venezia (con Trento inclusa). Scuole speciali al centro e il resto……
    Strano il risultato dei Politecnici di Milano e Torino con una quota premiale del 3% e 4% rispettivamente, ma un occhio di riguardo questi due atenei lo avranno sempre.

    Avevamo parlato di investimenti in determinate aree geografiche come ad esempio Human Technopole di Milano, Parchi della salute in Piemonte ecc ecc. Mi sembra che non ci siamo andati distante. Sta di fatto che questi nascenti centri non faranno altro che trainare alcune università coinvolte nelle prossime classifiche Anvur e gli altri a guardare. Ecco, il “ridisegno” è servito.

    • …. una interessante intervista:

      «se le differenze tra gli atenei italiani si assottigliano, perché produrne di nuove attraverso la creazione dei superdipartimenti così come sono stati inseriti nella legge di bilancio? In questo modo si spacca letteralmente in due il sistema universitario italiano, con 180 dipartimenti finanziati e foraggiati a scapito di oltre 600 cui spetteranno fondamentalmente le briciole. […] Il dato reale è che all’università si può fare qualsiasi cosa e nessuno protesta. Le istituzioni accademiche sono silenti malgrado tagli, promesse disattese, contratti non rinnovati, turn over cristallizzati, nessuno dice nulla e nessuno se ne occupa. Quando ci si accorgerà che sta andando tutto allo sfascio sarà tardi per intervenire. […] Non si fa più ricerca per indagare ambiti nuovi, scoprire cose nuove e acquisire nuove conoscenze, oggi si fa ricerca per guadagnare un punticino in più con una pubblicazione o con un articolo scientifico. Dire qualcosa di nuovo è divenuto assolutamente irrilevante» http://www.tag24.it/166220-viesti-la-legge-di-bilancio-spacca-in-due-luniversita/

  5. …Siena al 24° e Pisa al 34°…. con tutto l’affetto per Siena (o quello che ne rimane), ma ci stiamo prendendo per il didietro?

  6. […] per venire alle considerazioni di Andrea, qui il “ridisegno” già sta avvenendo, lasciando morire i settori entrati in crisi per via dei […]

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