Fossi Letta direi a Renzi: «Stai sereno tu, ora» (Da: “Lettera 43”, 19 aprile 20016)
Ormai il premier ha sdoganato l’antipolitica. Una strategia che gli si ritorcerà contro.
Peppino Caldarola. Gli effetti del referendum su chi l’ha perso possono essere i seguenti. Sicuramente non ci sarà l’effetto pro-Renzi. Talvolta le sconfitte “rinsaviscono” i perdenti, altre volte li radicalizzano. Accadrà la seconda cosa. Il “ciaone” ha irritato oltre misura e gli altri interventi, compresa la tristissima intervista a domanda scritta e risposta scritta della Boschi a Maria Teresa Meli (Maria Teresa, manco ti ricevono in ufficio?), rivelano un grigiore che può confermare i renziani entusiasti ma è respingente per gli altri. Lo schieramento referendario e quello del “Sì” sono abbastanza articolati, e hanno un leader che, tuttavia, non convince tutti gli altri.
Emiliano non sarà il dopo-Renzi. Michele Emiliano è un personaggio travolgente, di forte carica umana (tanto Renzi è antipatico a pelle, tanto Michele è simpatico a pelle), tuttavia è troppo pugliese, troppo dentro il modello di leadership carismatica, troppo disinteressato agli oppositori e alle articolazioni di una democrazia funzionante.
Raccoglierà la bandiera dell’ambientalismo, si dedicherà a smontare Renzi e il renzismo (è un “cagnaccio”, vorrei dire agli amici di Renzi: «Ve farete male» – come disse a noi Duccio Trombadori quando scoprì che a l’Unità iniziavano l’ennesima campagna anti-Andreotti), ma non sarà lui il dopo Matteo. Poi vedremo non la persona ma l’identikit di chi potrebbe essere l’avversario necessario prima che questo gruppo di facinorosi incompetenti abbia sfasciato tutto.
Il mondo del “Sì” tuttavia esiste e ha capito che un’arma del premier si è spuntata. Si era presentato come l’uomo del primato della politica, quello che fa il viso dell’arme a grillini e qualunquisti di ogni tipo. Lo stesso modo dell’elezione di Renzi, parlamentare e non per suffragio popolare (nelle forme costituzionalmente possibili, ora), faceva pensare a un leader inattaccabile istituzionalmente, come il suo mentore, Giorgio Napolitano.
L’invito alla diserzione dal voto ha tolto l’astensione dal manuale dell’antipolitica e l’ha resa arma universale, applicabile in ogni situazione. Ad esempio, nelle elezioni amministrative.
Il Governo si arma di anti-politica. Faccio alcuni casi di scuola. L’elettore di sinistra napoletano, che vede nella Valente una candidata non interessante ed eletta nel modo che sappiamo, perché dovrebbe avere paura del campione dell’antipolitica De Magistris dopo che Renzi e Napolitano hanno usato la massima arma antipolitica come l’astensione?
A Roma Giachetti è un bravo candidato, ma bisogna proprio aver paura della Raggi ora che l’antipolitica è stata sdoganata dall’alto? E a Milano perché non pensare al voto disgiunto visto che Parisi è visibilmente più simpatico di Sala?
Voglio dire che l’irrisione di Renzi verso i suoi avversari ha prodotto due fenomeni: ha allargato il fossato, ormai pressocchè incolmabile, fra il clan renziano e i suoi populares e la gente normale. Ha, in secondo luogo, reso usabili tutte le armi della battaglia politica. Se il governo si arma con l’antipolitica perché bisogna aver paura dell’antipolitica dell’opposizione?
Non succederà niente di drammatico nell’immediato, ma fossi Enrico Letta scriverei a Matteo Renzi: «Stai sereno tu, ora».
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