Il servaggio nell’Università

Marcello Scalzo. (…) i quasi cinque anni di frequentazione del Senato Accademico de “La Sapienza” di Roma mi hanno reso decisamente acido e molto poco disponibile nei confronti dei colleghi. Ma cosa hanno mai fatto di male costoro?
Nella mia esperienza i colleghi sono quelli che dieci volte su dieci, quando discutono nei corridoi o nelle proprie stanze di problematiche tipiche del nostro mondo quali la realtà dei concorsi, l’onnipotenza dei Presidi o delle piccole o grandi birbaccionate accademiche, si animano, si agitano, imprecano, si scandalizzano e sembrano pronti per una crociata. Ma gli stessi colleghi, quando si trovano nella sede istituzionale quale il Consiglio di Facoltà o di Dipartimento, il Consiglio di Amministrazione o il Senato Accademico dieci volte su dieci sembrano aver perduto la lingua, per parlare, e le braccia per votare contro. Nei momenti cruciali i colleghi evaporano come nebbia al sole, abbozzano sorrisetti di circostanza, se proprio costretti alzano le spallucce – poco perché se no si nota – e piegano un po’ la testa quasi a dirti “scusa ma proprio non posso”. (…)
All’inizio della mia esperienza mi illudevo che il Senato potesse/dovesse avere lo stesso ruolo e funzione del Parlamento. Il Rettore porta il suo progetto, il Senato lo discute, ne mette in evidenza le debolezze (la perfezione non è di questo mondo), lo emenda ed alla fine lo approva. Non è così. Il Rettore porta in delibera il documento, se qualche senatore, spinto dai migliori presupposti, prova a criticare, il Rettore arriccia il naso, salta sulla sedia, lancia occhiate di fuoco, fa finta di non aver capito. Ovviamente il meschinello (colui che ha osato) viene rigorosamente lasciato solo al suo destino dagli altri membri che si chiudono in un imbarazzante (per loro) silenzio. Occhi vaghi all’inizio, sguardo poi rivolto al Tiranno. Il tutto si conclude quasi sempre con la solita votazione bulgara. Pensate, recentemente mi sono trovato in Senato Accademico a difendere uno dei principi più sacrosanti che possano esistere nell’ambito dell’istituzione universitaria: garantire che i corsi di laurea godano di aule la cui capienza sia ragionevole rispetto al numero dei frequentanti. Potreste dirmi che nel vostro Ateneo è normale, a “La Sapienza” non è così. Ebbene neanche gli studenti presenti in Senato hanno sentito il bisogno di sostenere la mia posizione.
(Pubblicato su “Università oggi”, 16 giugno 2008)