Università di Siena: i “Berlinguer boys” alla ricerca di una diversità mai posseduta

Una  notizia passata inosservata in agosto torna d’attualità, considerando che all’università di Siena i docenti sono oggi 879, che la Corte dei Conti sta valutando il danno erariale degli incentivi faraonici per il prepensionamento e che, in alcuni settori, mancano i docenti. È, forse, arrivato il momento che la legione di studiosi di “Storia contemporanea” a Siena cominci a insegnare Medicina Legale e Anatomia umana?

Leggendo le dichiarazioni dei Professori Tommaso Detti e Marcello Flores D’Arcais sulla loro decisione di andare in pensione anzitempo, il pensiero corre all’intervista di Enrico Berlinguer sulla “questione morale”, ricordata nello scorso mese di luglio da Eugenio Scalfari a trent’anni dalla pubblicazione. Vi è un passo di quell’intervista che è bene ricordare: «I partiti hanno occupato lo Stato, gli istituti culturali, gli ospedali, le università (…) una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi.» Ebbene, esiste un nesso tra il prepensionamento volontario dei due docenti di Storia contemporanea e l’intervista di Enrico Berlinguer? Ovviamente, no! Così com’è da escludere che costoro, trattandosi di due illustri storici, possano rientrare tra i cattedratici imposti dai partiti. Però, la notizia del pensionamento dei due docenti mette in luce un dato preoccupante. Nell’Università di Siena esiste una legione di Storici contemporaneisti: ben 22 (11 ordinari, 7 associati, 4 ricercatori). È proprio questo numero che ci riporta all’intervista di Berlinguer. Infatti, il confronto con altri Atenei, anche di dimensioni maggiori di quello senese, evidenzia in modo inequivocabile l’esubero di storici a Siena. A Pavia ce ne sono 6, a Palermo e Parma 4, a Verona 3. A Siena, prima in tutto, ne servivano 24: sì, il numero più alto di storici, raggiunto nel 2005, sotto la guida del grande timoniere Piero Tosi! È indubitabile che questa disciplina (ma non è la sola) presentasse le caratteristiche giuste, specialmente in una realtà politico-culturale peculiare come quella senese, perché l’ingerenza dei Partiti si manifestasse con prepotenza nell’arruolamento di docenti non necessari, a danno di settori disciplinari essenziali, che oggi rischiano di scomparire. Sicché, il pensionamento dei due docenti non comporterà alcun disservizio. Anzi! Ci si chiede come facciano, tutti questi storici, a raggiungere, ciascuno, il tetto delle 120 ore di lezioni l’anno, imposto dal Senato Accademico.

Ma veniamo alle dichiarazioni dei due docenti, che hanno ottenuto un contratto, per 60 ore l’anno di attività didattiche, che frutterà ad ognuno in 5 anni circa 150.000 euro lordi, più l’importo del differenziale tra l’ultimo stipendio percepito e la pensione. Dichiara il Prof. Detti: «Oltre a dare una mano alla mia Università, poi, andando via in anticipo contribuirò ad accelerare un ricambio generazionale, anche se per questo purtroppo occorrerà tempo.» E il Prof. Flores D’Arcais aggiunge: «Nessun ateneo italiano ha davvero formulato un progetto/proposta serio, capace di incoraggiare la scelta dei docenti nel modo in cui ha fatto l’Università di Siena.» Leggendo le loro dichiarazioni integrali (a pag. 4), si vede che manca il senso della misura e, aggiungerei, del pudore! Uno dei due lo farebbe per «dare una mano all’Università e accelerare il ricambio generazionale». E l’altro si meraviglia che nessun ateneo regali, come accade a Siena, tutti questi soldi a chi anticipa il pensionamento. Che fosse solo una questione di soldi, lo avevano capito subito gli estensori del collegato regolamento che proclamavano sicuri: «daremo incentivi che i docenti non potranno rifiutare!» Come si vede, è del tutto ininfluente che l’ateneo senese non sia in grado di concedere tali incentivi che per giunta provocano un danno erariale. È come togliere le capsule d’oro dalla bocca di un morto prima della sepoltura. Tutti, impassibili, assistiamo all’orgiastico saccheggio di un cadavere insepolto, l’università senese, con i più furbi che camuffano come interesse generale la loro azione di sciacallaggio. È chiaro che chi volesse realmente “dare una mano” all’ateneo dovrebbe prima di tutto rinunciare agli incentivi.

17 Risposte

  1. Voglio iniziare questo messaggio con un accorato saluto alla comunità senegalese di Firenze: vedo che a Siena Casa Pound distribuisce pacchi di farina, e spero che nessuno senese venda la primogenitura per un piatto di lenticchie o un pacco di farina.
    Detto questo, sarà questo tempo uggioso, che suscita cattivi pensieri, ma così non può andare avanti: che roba è? Si pensa di ricorrere ancora massicciamente ai prepensionamenti nonostante le lagrime della Fornero? Chiudere ancora altri corsi di laurea (dopo la falcidia di questi ultimi anni)? Stiamo attenti a non cadere nel ben noto “realismo degli imbecilli”, cioè a continuare a segare il ramo su cui si sta seduti per accendere un focherello; al CERN, scienziati in gran parte italiani, prima realizzano il ben noto “tunnel dei neutrini” gelminiano, poi scoprono “la particella di Dio” (segno che la ricerca italiana non fa proprio schifo come la pubblicistica cialtrona va propalando): qui viceversa, pare che la ricerca dell’eccellenza consista nel chiudere, spingere per mandare via la gente, “accorpare” creando cacciucchi incommestibili con insopportabile pressappochismo, corsi-paccottiglia di poca attrattiva e ancor meno valore scientifico e didattico. Ma dall’anno prossimo persino per insegnare nelle scuole occorrerà una specifica “laurea abilitante”, conseguita in una sede appositamente designata, e a quanto mi risulta, molti dei nuovi corsi di studio varati quest’anno in facoltà che hanno l’insegnamento come uno dei naturali sbocchi, non sono abilitanti e le rispettive sedi non possono fregiarsi di questo blasone: su che base è stata negoziata la ripartizione a livello regionale di queste lauree abilitanti, che condannano alla scomparsa chi non ce l’abbia? Un modo per rendere impresentabile l’offerta didattica e per “suicidare” un altro po’ di corsi di laurea, affogandoli in un’infinità di divieti e interdizioni, in modo da accelerarne il trapasso; mors tua vita mea, col loro suicidio daranno ancora ossigeno per un nanosecondo (a quest’arco temporale ammonta la lungimiranza di certi riformatori) ad altre esperienze, già manifestatesi in passato fallimentari e mantenute in piedi per governare i polli ingordi del pollaio politico. Poi coccodrillescamente si verseranno ulteriori lagrime cipolline sul declino, su ciò che poteva essere e non fu, recitando l’epitaffio di monsù de Lapalisse in memoria del caro estinto:
    “Hélas, La Palice est mort,
    il est mort devant Pavie ;
    hélas, s’il n’estoit pas mort
    il serait encore en vie.”

    Ogni rettore o ministro si riempie la bocca di “meritocrazia” … ma come fa, da questo modo di pensare e di operare, ad emergere il “valore” e “l’eccellenza” dei singoli? Cosa “valuteranno” i valutatori? Qualcuno, in questa fase, in cui si tratta semplicemente di eliminare forza-lavoro, veramente si preoccupa del valore scientifico individuale e collettivo di persone e gruppi, sicché da preservarli o sopprimerli sulla base di un criterio d’eccellenza? Qualcuno ha “valutato” se le esperienze maggiormente dissipatorie di questi ultimi lustri hanno prodotto successi nel campo della ricerca o della stessa didattica? Macché: il suddetto “realismo” prescrive appunto una specie di condanna all’oblio “negazionista”.
    È poi uno spettacolo deplorevole, vedere dipartimenti semivuoti, in cui gran parte degli ordinari, se non sono pensionati naturali, adesso figurano come prepensionati: ombre che ritornano a contratto, pagando, oltretutto – ridicolmente – la seggiola ove depongono le terga; fanno le loro ore di lezione mordi e fuggi e velocemente svaniscono nel nulla, come presenze ectoplasmatiche, non partecipando per nulla alla vita accademica, e molti di loro, poco o nulla anche alla vita scientifica: precari de luxe che non contano nei conteggi mussiano-gelminiani dei requisiti minimi, lavorano quanto i precari normali ed hanno le stesse identiche responsabilità (cioè nessuna), ma guadagnando venti volte tanto. E taluni, presenze fugaci lo erano già da tempo, in verità, o lo sono sempre stati. Senza che a questo punto sia chiaro chi comanda in quelle oscure botteghe dove, tra il personale di ruolo rimasto, gli associati contano poco e i ricercatori – quelli che recano scritto sulla fronte “fine pena mai” – quanto il due di briscola.
    Non mi sorprende pertanto la scelta di docenti/ricercatori ancora nel pieno vigore degli anni, che riescono a farsi chiamare altrove: singolarmente e disordinatamente, chi può, chi ha agganci nella propria università d’origine (giacché il flusso è sempre stato per lo più dalle “metropoli” alla provincia, e mai viceversa), casualmente e a capocchia, questo esodo sta in qualche modo determinando il “volto futuro” dell’ateneo, sventuratamente, più o meno come un terremoto o un’inondazione modificano la morfologia di un territorio. Osservo che il tavolo roso dai tarli e pieno di buchi, non solo è l’effetto della scomparsa di molti insegnamenti fondamentali (per la sparizione dei relativi docenti+blocco del turn over), ma per una reazione a catena è anche la causa della soppressione di sempre più numerosi corsi di laurea, ciò che rende a questo punto superfluo lo stazionamento in Siena di altri docenti non pensionandi, semplicemente perché non servono più nemmeno i loro insegnamenti, una volta soppressi i contesti ove erano naturalmente collocati.
    A fortiori non si capisce bene cosa stia a fare un ricercatore in una sede ove la sua materia è stata cancellata dagli organigrammi. Mi chiedo allora se non sarebbe il caso di affrontare esplicitamente, in un tavolo che includa il ministro medesimo, come problema che oramai si avvia ad essere “macroscopico” e non riguarda più pochi casi singoli, il tema della mobilità di docenti senesi verso altri atenei, visto che non si può continuare a negare l’evidenza, ossia che con il seppellimento di interi comparti, molti di loro non hanno più niente da fare da queste parti.
    Ripeto che se vi fosse un giusto Iddio, la cosa più ovvia sarebbe programmare la distribuzione delle varie specialità nei tre atenei toscani, che non stanno poi tanto meglio, come atenei “generalisti”, anziché avere insegnanti (di fatto) senza insegnamento, ricercatori senza ricerca, ridicolmente disseminati in poco più di cinquanta chilometri, e concentrare gli specialisti nella/nelle sedi ove si è in grado di tenere in piedi la loro specializzazione: se si fa eccezione forse per meditabondi metafisici con vocazione eremitica, il gruppo, la “massa critica”, sono fondamentali per la ricerca. Ma siccome questo Iddio pare piuttosto silente ed “absconditus”, si può pensare anche ad altre soluzioni, non ottimali, ma sicuramente migliori del lasciar languire, invecchiare e putrefare quella che si riteneva fosse “la meglio gioventù”.
    Se chi concepisce queste operazioni sarebbe la crème dell’intellighenzia senese, ossia di una città che compete per il titolo di “citta europea della cultura”, tornano in mente le parole dello scrittore:

    “L’intellettuale è così spesso un imbecille che dovremmo sempre considerarlo tale fino a prova contraria.”
    Georges Bernanos

  2. @ rabbi jaqov jizchaq & C
    Chiedo scusa a Voi tutti se entro (forse con un po’ di prepotenza!) nella presente discussione, di cui ne condivido pienamente i contenuti e l’arguto commento di Rabbi, ma la “Signora DA” & il “Rettorino unisi”, si dice che, hanno anticipato (per farne regalo natalizio a tutto il Personale T.A.) le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato in merito al salario accessorio, sbanderiando (inpavesati e con il vestito buono) il loro “giusto agire ed operare bene”, avallato per l’appunto dal “sommario” e competente parere di detta istituzione.
    In pratica il “gruzzolo di salario accessorio 2011” che avevo destinato alle mie inderogabili e capestre rate (mutuo casa, tasse univeritarie, bollo e assicurazione auto, ecc.) me lo posso solo “sognare”.
    S.O.S (Signore Onnipotente Salvaci) da codesti loschi figuri

  3. …a proposito di bizzarrie, ricevo nuove circa l’ANVUR: «..le pubblicazioni inserite non serviranno a valutare i singoli docenti, che individualmente non sono oggetto della valutazione stessa, bensì i Dipartimenti, le Aree e l’Ateneo cui i docenti afferiscono.» …c’è tuttavia il piccolo problema che gli attuali dipartimenti, insieme alle facoltà, stanno per essere sciolti, per dar luogo a dipartimenti di nuovo conio, frutto di fusioni: a che cosa sarà servita allora la valutazione di un moribondo?

  4. To whom it may concern

    Berlinguer e il rettore in bilico
    “La tua nomina? Parlo al ministro”
    Siena, le intercettazioni dell’inchiesta sull’elezione di Riccaboni

    http://rstampa.istruzione.it/utility/imgrs.asp?numart=18AOD6&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1

  5. …a cosa servono le valutazioni in generale! …questo è il Paese! Ripeto, specialmente chi si occupa di medicina, ha sempre visto il San Raffaele come un miraggio; il luogo nel quale si fa vera scienza, vera ricerca, vera Medicina… con stipendi di più del doppio della media nazionale!!! … ora è chiaro a tutti su cosa era costruita questa “eccellenza” … facciamo ridere i polli!!! … e se non ne prendiamo coscienza (ed agiamo di conseguenza), non abbiamo scampo!!!

  6. Mi piace sempre meno scrivere per criticare senza poter contribuire a costruire. La cosa richiede competenze che non ho e questo spiega il motivo per cui partecipo sempre meno a questo blog. Chiedo quindi perdono se intervengo ancora una volta senza poter dare un contributo realmente costruttivo al dibattito. Lo stimolo a crivere viene dalla sventura di aver letto il numero di Unisinforma che Giovanni ha linkato nel suo articolo. Francamente m’è sembrato di intraprendere un viaggio grottesco a ritroso nel tempo, verso epoche decisamente bizantine.
    Il pagamento del differenziale assicura una pre-pensione pari all’ultimo stipendio percepito. Non c’è dubbio, l’incentivo è buono ma genera una domanda: che ne pensa Pantalone? Non vorrei vedere la faccia della Merkel e tanto meno il ghigno satanico dei Nosferatu che infestano i mercati finanziari. Tanto di cappello a chi ha escogitato il brillante congegno mentre i pensionati più poveri stanno accendendo un cero alla Madonna per non vedersi deindicizzare la misera pensione. Con un tale incentivo sfido chiunque a non tramutarsi da plebeo a principe azzurro pur di aiutare la sua unversità.
    Do poi per scontato che il pre-pensionato verrà sostituito da un professore giovane. L’Ateneo risparmierà perché smetterà di pagare un professore anziano per pagarne uno giovane. Con i soldi risparmiati si pagherà al pre-pensionato il differenziale tra la pensione e l’ultimo stipendio percepito. Il resto andrebbe nelle casse dell’Ateneo e servirebbe per abbattere il buco di bilancio. Tutta l’architettura di questa incentivazione al prepensionamento avrebbe infatti il nobile intento di tappare il buco. Per sapere se il gioco vale la candela occorre però capire l’effettiva entità del risparmio. Sempre che il turnover sia messo in atto e non si elucubri di mandare a casa i professori anziani senza sostituirli con professori giovani. Il sospetto è legittimo visto che si mandano gli anziani in pre-pensione mentre ci si ingegna per continuare a tenerli nei laboratori, nelle aule e nelle biblioteche a 20.000 euri annui.
    Più 5.000 di finanziamento per la ricerca.
    Più 3.000 al primo anno.
    Più 6.000 al secondo.
    Più 9.000 al terzo.
    Più…
    Già! Perché poi occorre pur compensare il minor valore della buonuscita che il principe azzurro pre-pensionato avrebbe preso se avesse sciaguratamente deciso di arrivare alla pensione regolare. Mai sacrificio fu più auspicato.
    Mia traduzione terra terra: si chiede ai professori anziani di sacrificarsi e in cambio del sacrificio gli si aumentano privilegi e prebende. Non si intravede l’ombra di un sacrificio vero manco a pagarlo oro. Ti tolgo 100 e col risparmio che realizzo ti do 101 più gli interessi; dove diavolo stia il risparmio è un mistero gaudioso. Esci dalla porta e per il favore che mi fai ti ripago facendoti rientrare dalla finestra. Nessun contrabando. Tutto alla luce del sole. Nessuna cosa di cui vergognarsi e per la quale arrossire.
    Il principe di Salina si sta scazzicando nella tomba. Si scazzicano nelle loro tombe pure Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Michelangelo Antonioni e persino Burt Lancaster.
    Cambiando qualcosa affinché tutto rimanga come prima ci porterà ad essere risucchiati dal buco nero. Quello dell’Università di Siena, si capisce! Quello del campo di Higgs che per anni a Siena ha satellitato intorno a un bosone, particella di Dio una e trina, e che a furia di insistere ha vinto riuscendo infine a creare il buco nero.
    Che altro dire? Da non addetto ai lavori ci capisco poco ed è molto probabile che io interpreti male gli eventi e le sacre scritture. La mia personale impressione di misero profano è che nel viaggio verso il risanamento dei conti stiamo passando da Istambul a Costantinopoli e che, quindi, la matassa del buco si sia nettamente ingarbugliata. Non oso immaginare in quali condizioni Pantalone troverà tale matassa quando arriverà a Bisanzio. Perché, sempre da incompetente, la mia sensazione è che la direzione verso Bisanzio sia una direzione sicura.
    Spero ovviamente di sbagliarmi e che invece Riccaboni stia facendo del suo meglio. Per quel che capisco mi viene comunque naturale lanciare due appelli: 1) Svelare alla Fornero come intendiamo regolare i pre-pensionamenti all’Ateneo di Siena. È capace che tra una lacrimuccia e l’altra ci sferri un bel colpetto di bacchetta magica e ci metta tutti quanti in riga. 2) Stare zitti e non dire nulla ai contradaioli. I tempi sono decisamente cambiati e nell’era degli indignados all’acqua di rose sembriamo tutti quanti più tranquilli, però non si può escludere l’esistenza di un qualche erede del Barbicone inguattato in un qualche sottofondo di contrada.

  7. Cari tutti,
    quanto da me paventato, è ora ufficiale, Babbo Natale (il Rettorino unisi) e la Befana (la Signora DA) ci hanno scippato il salario accessorio 2011! (Vedi di seguito comunicato dei sindacati)

    Natale in bianco, altro che Bianco Natale!
    Rettore e Direttrice Amministrativa per Natale fanno un bel regalo

    Convocata con urgenza una assemblea di tutto il personale
    Mercoledì 21 dicembre 2011 presso il Rettorato, Aula Magna storica dalle 12 alle 14

    Il Natale porta ai dipendenti di categoria B-C-D dell’ Università degli Studi di Siena ancora una novità sulla storia infinita del salario accessorio. La Direzione Amministrativa ha comunicato con lettera scritta, in data 14 dicembre, l’’esito dell’’incontro con l’’Avvocatura Distrettuale di Stato avvenuto il 6 dicembre u.s.
    Secondo quanto riportato dalla Direttrice Amministrativa siamo di fronte ad un danno erariale equivalente alla somma di € 1.781.291,74 lordo lavoratore. Infatti l’’aver erogato da parte della Pubblica Amministrazione delle somme, sulla base di fondi determinati male dal 2000 al 2009, equivale a danno erariale. Il Rettore e la Direttrice Amministrativa visto che il Natale è tempo di regali hanno deciso che questo danno erariale lo devono pagare tutti i B-C-D decurtando la somma dal fondo per il salario accessorio. Viene però da farci una domanda: come mai la prima idea che viene ai vertici dell’’Ateneo è quello di far pagare il danno erariale a chi ha percepito a sua insaputa ed in buona fede, delle somme non corrette? La logica e la legge vorrebbero che a essere perseguiti fossero coloro che hanno avuto la vera responsabilità del danno erariale e cioè i Direttori Amministrativi ed
    i componenti del Collegio dei Revisori dei Conti dagli anni 2000 al 2009.
    Ma a Natale si è tutti più buoni …con qualcuno! Ed infatti la scelta del Prof. Riccaboni e della Dott.ssa Fabbro non è quella di denunciare chi ha procurato il danno e rivalersi su di loro ma di fare ricadere sul personale B-C-D la colpa e l’’onere della restituzione.

    Questo è il loro regalo di Natale per tutti noi!
    Noi paghiamo 1.781.291,74 € di danno erariale procurato da altri

    Viene chiesto alle Organizzazioni Sindacali e alla RSU di accettare supinamente questa scelta sapendo bene che accettano un danno nei confronti di tutti i colleghi in categoria B-C-D . Tutto questo poi avviene nel momento in cui il salario accessorio è stato sospeso dalla Dott.ssa Fabbro. Quindi ne consegue che siamo di fronte ad un ricatto se volete il salario
    accessorio dovete accettare di pagare voi il danno erariale e rinunciare a €1.781.291,74 € di risorse spendibili in tre anni.

    Noi non accettiamo questo ricatto

    Pretendiamo con forza che il Rettore e la Direttrice Amministrativa denuncino per danno erariale i passati vertici dell’Università che hanno in modo errato determinato il fondo!

    – Per questo convochiamo con urgenza una assemblea di tutto il personale
    Mercoledì 21 dicembre 2011 presso il Rettorato Aula Magna storica dalle 12 alle 14

    – Convochiamo una conferenza stampa per denunciare pubblicamente quanto sta accedendo
    Mercoledì alle ore 14 presso il rettorato Aula Magna storica

    – Chiediamo con urgenza la convocazione di una contrattazione sulla materia. Una questione così complessa non si risolve con una lettera telematica

    – Tutti siamo chiamati a partecipare.
    Si tratta di decidere da che parte stare. Se con l’Amministrazione o con il personale tecnico e amministrativo

    Basta con i Natali in bianco sempre e solo per i soliti!

    RSU d’’Ateneo – Cisal – Cisl – Cisapuni – Flc-Cgil – Uil PA-UR – Ugl – Usb

  8. @ Sena da oxfo scrive: «… La logica e la legge vorrebbero …»

    Quale logica e quale legge?
    È chiaro che con tutte quelle belle sigle sindacali schierate, fate massa critica e vi auguro di ottenere ciò che chiedete… mi chiedo, tuttavia, se le stesse sigle sindacali siano disposte (e/o lo siano mai state) a sostenere anche un tecnico come me (mi sembra che ci siano sempre figli e figliastri! … o no?) che vive da due anni con uno stipendio di 1200 Euro mensili pur essendo medico con 32 anni di laurea in medicina, quattro specializzazioni, più di cento pubblicazioni su riviste internazionali e, nonostante ciò, inquadrato al livello D3 dal 2003!!!
    Non sono “tecnico” anch’io? E non ho denunciato questo schifo centinaia di volte, in questo blog, sui giornali e nelle aule di tribunale? E c’è stata mai una sola sigla sindacale che abbia detto: no, questo non è possibile, non è decente e non è tollerabile?
    Diciamolo, allora, che ognuno pensa solo ed esclusivamente ai c***acci propri e vediamo di non chiamare in causa logica e legge solo quando sono i nostri interessi specifici ad essere lesi!
    Io sono tra avvocati e tribunali da oltre dieci anni e la prospettiva è quella di andarci in pensione, tra avvocati e tribunali!
    Non essere iscritto al sindacato mi rende meno “tecnico” degli altri???

  9. «…mi chiedo, tuttavia, se le stesse sigle sindacali siano disposte (e/o lo siano mai state) a sostenere anche un tecnico come me (mi sembra che ci siano sempre figli e figliastri! … o no?) che vive da due anni con uno stipendio di 1200 Euro mensili pur essendo medico con 32 anni di laurea in medicina, quattro specializzazioni, più di cento pubblicazioni su riviste internazionali e, nonostante ciò, inquadrato al livello D3 dal 2003!!!» Domenico

    Ma con l’esperienza che hai, perché non provi a farti chiamare in qualche altra università, magari straniera? Tanto qui chi non è figlioccio di uno che conta e per giunta è capitato in questo periodo post-atomico, successivo allo scoppio del “buho”, è destinato a rimanere congelato nella posizione in cui si trova adesso. Ed è grasso che cola se ancora non ti hanno sottratto il laboratorio.

  10. Rabbi carissimo,
    un giorno mi dirai perché hai scelto questo pseudonimo… sono un appassionato studioso di kabbalah e trovarmi un “Rabbi” nel blog, mi sembra una strana coincidenza.
    Ho 56 anni (57 a gennaio) e troppe, tante cose da “chiudere” qui… comincio a pensare che il mio “Tikkun” (se sei un Rabbi, devi sapere di cosa si tratta… è la mia “missione” terrena) sia quello di provare a fare il culo a qualche farabutto e a farmi risarcire tanto da farci vivere di rendita altre due o tre generazioni dopo la mia!!! Forse è utopia, ma ormai è diventata una questione di principio!
    Comunque non resto certo inerte a guardare questo scempio… e non solo chiamando in causa la Giustizia!
    Grazie, in ogni caso, per i consigli e la solidarietà… solidarietà che finora, per altro, non ho visto espressa dalle sigle sindacali schierate con i “tecnici” (ma quali tecnici?… perché si ha quasi l’impressione che non siano tutti uguali, di fronte al sindacato!)

  11. «Rabbi carissimo, un giorno mi dirai perché hai scelto questo pseudonimo…» Domenico

    …è solo un personaggio di un libro di Martin Buber (“Gog e Magog”).

  12. @ Domenico Mastrangelo che scrive: «Diciamolo, allora, che ognuno pensa solo ed esclusivamente ai c***acci propri e vediamo di non chiamare in causa logica e legge solo quando sono i nostri interessi specifici ad essere lesi!.»

    Caro collega,
    così apriva le sue missive un Direttore Amministrativo che ha concretamente contribuito a portare verso il baratro la Nostra Unisi, ma non ti sembra che le tue affermazioni, e mi pare che le ripeti con costanza e senza soluzione di continuità nei tuoi commenti, stiano scivolando verso il pensiero del prototipo di puro “qualunquista” ?
    È molto facile aditare persone e/o organizzazioni, che cercano con i mezzi a loro disposizione di affermare i diritti di tutti i lavoratori, come miserabili approfittatori e briganti senza patria, ma se vuoi “fare”, puoi trovare moltissimi proseliti presso Unisi in questo disgraziato momento, disposti a condividere le tue idee.
    Pertanto ti invito ad “agire”, e non solo per te stesso, mettendo da parte il tuo passato senza tanti piagnistei, potresti essere il precursore della rifondazione di una nuova “Qualunqunisi“.

    P.S. Chi agisce in nome della “giustizia sociale” rischia di sbagliare, contrariamente a chi “pensa solo ed esclusivamente ai c***acci propri”.

  13. Caro Collega (se così ti piace!)
    Prima di impartire a me lezioni di comportamento, documentati e impara la storia; ti accorgerai, così, che questo tuo collega qualunquista è stato uno dei pochissimi (il gruppo si conta sulle dita di una mano) che abbia portato in tribunale esponenti della vecchia gestione e, per di più, senza la copertura delle potenti sigle sindacali.
    Aggiungo che sono ancora attivo, sul versante Giustizia e mi permetto di dubitare che tu, che implicitamente ti dichiari non qualunquista, abbia fatto in passato o stia facendo, per il presente, quanto io ho fatto e sto facendo, da solo!
    Rinvio pertanto al mittente le tue contumelie che ancorché intollerabili, rappresentano, esse sì l’apoteosi del grave malessere che affligge la nostra università e la nostra società.

  14. «Nell’Università di Siena esiste una legione di Storici contemporaneisti: ben 22 (11 ordinari, 7 associati, 4 ricercatori). È proprio questo numero che ci riporta all’intervista di Berlinguer. Infatti, il confronto con altri Atenei, anche di dimensioni maggiori di quello senese, evidenzia in modo inequivocabile l’esubero di storici a Siena. A Pavia ce ne sono 6, a Palermo e Parma 4, a Verona 3. A Siena, prima in tutto, ne servivano 24: sì, il numero più alto di storici, raggiunto nel 2005, sotto la guida del grande timoniere Piero Tosi! È indubitabile che questa disciplina (ma non è la sola) presentasse le caratteristiche giuste, specialmente in una realtà politico-culturale peculiare come quella senese, perché l’ingerenza dei Partiti si manifestasse con prepotenza nell’arruolamento di docenti non necessari, a danno di settori disciplinari essenziali, che oggi rischiano di scomparire.»

    Eh, si, gli è andata proprio così, per molteplici ragioni, anche se per la verità i pensionamenti, trasferimenti e blocco del turn-over hanno oggi sconvolto il panorama persino in quei comparti affollati di docenti che hanno reclutato a più non posso; figuriamoci negli altri!!! Ma quello paventato, più che un rischio, è oramai una realtà: rinvio al precedente post per ribadire due domande, a mio modestissimo avviso oramai ineludibili e di bruciante attualità:

    1) in queste condizioni, ha senso tenere in piedi dei doppioni inguardabili che si contendono tre o quattro studenti, per le bizze di altri tre o quattro venerabili signor nonsocchì? Si tratta per caso di “eccellenze” della tradizione locale da salvaguardare, come la cipolla di Certaldo, la carpa del Lago di Garda o il cacio Fatulì della val Saviore?

    2) Non ci nascondiamo che qui stanno facendo carne di porco di un bel po’ di docenti, essenzialmente tra quelli più giovani (sia tra quelli non stabilizzati, of course, trattati in un modo semplicemente ignobile, sia fra quelli di ruolo, reclutati e poi inchiodati in un perenne inizio di carriera-vedi Napoli e poi mòri), non esattamente sulla base di considerazioni, come si suol dire, “meritocratiche”, senza oltretutto che sia mai chiaro in quali antri od osterie certe decisioni vengano realmente prese e se si è consapevoli delle ripercussioni (detestabile quell’atteggiamento per cui si pretende di essere responsabili delle decisioni, ma non delle conseguenze delle decisioni), in nome di quali altissime vedute e perché i suddetti debbano contentarsi di subirle, accettandole alla stregua di un mero dato di fatto, ineluttabile come il gelo d’inverno.

    Una volta spariti, per le ragioni più disparate (pensionamento dei docenti e conseguente caduta dei requisiti minimi di docenza, o altre più ignobili e irriferibili) i naturali contesti ove professori/ricercatori lavoravano, atteso che non si tratta di personale generico riciclabile all’infinito, non avrebbe secondo voi più senso radunare in poche strutture omogenee, a livello regionale, i docenti/ricercatori “orfani” che non abbiano più, o siano in procinto di non avere più, un corso di laurea di riferimento o addirittura la presenza della propria disciplina negli organigrammi di minestroni incommestibili sempre più “accorpati”? Altrimenti, senza venire al dunque ed affrontare questioni di carattere strutturale (sedi, mobilità ecc.), con quell’ammontare destinato a crescere di docenti di ruolo, ma … senza un ruolo!, non pensionabili e divenuti “in esubero” a seguito della soppressione di corsi di laurea e settori disciplinari, pensano forse di farci il sapone? Pagare sottoutilizzandolo o non utilizzandolo affatto del personale “altamente specializzato” (come si suol dire), è un costo economicamente e moralmente sostenibile?. Mangiamo il panettone e il panpepato, ma sarà un mesto Natale.
    Auguri a tutti.

  15. Sei elementi di criticità:
    1. «La prima difficoltà riguarda il fatto che entro i primi mesi del 2012 il Governo è chiamato ad emanare i decreti attuativi collegati alla legge 240 del 2010, cosiddetta legge Gelmini. Tra questi provvedimenti il più rilevante, per l’Università di Siena, è quello relativo agli Atenei in difficoltà finanziaria. La dichiarazione di criticità o di dissesto avverrà sulla base della situazione finanziaria che emerge dal bilancio consuntivo 2011, e da questo ci saranno conseguenze nell’uno o nell’altro caso.
    2. Il secondo problema riguarda la moratoria sul pagamento dei ratei dei mutui contratti con Banca MPS, che è collegato al primo, e cioè alla qualifica che assume lo status economico dell’Università. Questa moratoria ha ancora bisogno di essere perfezionata e, dal suo conseguimento, dipende una buona percentuale di poter ‘spalmare’ il piano su più anni, ottenendo, come vantaggio, anche una liquidità nel breve e medio periodo.
    3. Il terzo problema riguarda la valorizzazione del patrimonio immobiliare, che ha bisogno di espletare tutte le procedure amministrative necessarie e di essere inserita nella programmazione urbanistica cittadina, nonché poi, eventualmente, di essere assorbita da un mercato che in questa fase è poco recettivo e anche saturato di proposte di alienazioni immobiliari.
    4. Il quarto punto riguarda le grandi Istituzioni, a partire dalla Regione, ma anche la Fondazione, dalle quali si può auspicare che possano continuare ad assicurare un contributo straordinario sul progetto, com’è stato in questi anni.
    5. Il quinto elemento riguarda l’elezione del Rettore sottoposta ad un procedimento penale, che non lo vede coinvolto, ma ne interessa la legittimità.
    6. Il sesto elemento riguarda i dati sui costi, perché presentano tuttora gravi squilibri, che non sono risolti solo dai pre-pensionamenti, che peraltro interessano soltanto il lato dei docenti, con benefici sul bilancio, ma con altrettante possibili conseguenze negative sull’equilibrio dell’offerta didattica.»
    Ceccuzzi

    …dato che l’università non fabbrica panforti o cuscinetti a sfera, se il sòr sindaco ci ascolta, aggiungerei i due punti summenzionati del precedente messaggio alla lista: sembra altrimenti che stiamo parlando di un ente inutile come la Provincia, di personale generico, non qualificato ed intercambiabile, e che il prodotto, il “core business” di questa ditta sia un aspetto del tutto trascurabile nel dibattito pubblico ed istituzionale, laddove si invocano “provvedimenti dolorosi” ignorando bellamente che già i provvedimenti di questi ultimi anni, per molti sono stati dolorosissimi. E anche i fabbricanti di panforte e cuscinetti a sfere sanno in definitiva che se viene meno il “core business”, ossia la principale fonte di introiti e la giustificazione stessa dell’esistenza della loro azienda, viene giù tutto l’ambaradan. Mi è toccato varie volte constatare di persona come di quello che realmente sta succedendo all’università post- mussiana e post-gelminiana (e post berlingueriana, nel senso del cugino), e segnatamente nell’università senese: dell’ipertrofia cioè di un apparato burocratico kafkiano che promana dai ministeri e ci sommerge con una pioggia di regole sempre più assurde e di impossibile attuazione, aventi l’unico scopo di impedire, creare ostacoli, addivenendo in tal modo, a mezzo di “tagli lineari”, a quella riduzione di corsi di laurea da tutti reclamata, ma praticata in modo completamente irrazionale, senza mobilità, senza programmazione territoriale, senza valutazione di ciò che è necessario e di ciò che è superfluo (sicché alla fine non di rado si cancellano le cose essenziali e ci si tiene la ciofeca); del fatto che l’offerta didattica e la sua qualità stanno paurosamente scadendo con la prassi degli “accorpamenti” cinobalanici che oramai più che altro assomigliano a retate e a rastrellamenti, nel “mondo esterno” pare che non se ne sappia niente.

    «Il 2011, dopo l’adozione del nuovo Statuto e del codice etico, si conclude con risultati concreti, e con solide basi per guardare al futuro con fiducia.» Il Magnifico

    Leggo in proposito la seguente missiva del senato accademico, circa i nuovi dipartimenti che sostituiranno le “facoltà”: «il Senato ritiene non accettabile l’utilizzo di denominazioni uguali o fortemente simili», e mi viene da pensare: ma non è di fatto (se sbaglio, correggetemi) quello che già hanno consentito con le sedi distaccate, sia riguardo ai dipartimenti, che ai corsi di laurea? Allora c’è sempre l’eccezione alla regola: “l’eccezione conferma la regola – recita il dizionario dei luoghi comuni di Flaubert – ma non azzardarsi mai a spiegare come”. Non si sa nemmeno tanto bene quando e come la “dipartimentalizzazione” (cioè lo scioglimento delle facoltà) avrà luogo, sperando che ora almeno non ributtino all’aria i progetti più plausibili già presentati, perché ve ne sono un paio di poco plausibili, così come hanno dissestato facoltà della casa madre, per salvare certe sedi distaccate: che sennò bisogna chiamare il 118 e rinchudere in manicomio un cospicuo numero di professori, sia tra quelli che fanno e disfanno (per grave stato di confusione mentale), sia tra quelli che ne subiscono le conseguenze (per esaurimento nervoso). La sensazione assai sgradevole è che la propria esistenza, ciò che si è costruito per sé e per gli altri nel corso di anni di lavoro, siano nelle mani di insigni sconosciuti che ne dispongono a loro piacimento, non essendo neppure in grado di valutarne il valore, se del valore c’è.
    Di tutto ciò, delle cose che con molta umiltà ho richiamato ai punti 1. e 2. del precedente messaggio, la cui sottovalutazione a mio modestissimo avviso rischia di avere come unico esito la polverizzazione della ricerca e l’annichilimento della didattica, nel “mondo esterno”, laddove si continuano ad invocare “provvedimenti drastici” anche e soprattutto verso chi ne ha già subiti abbastanza, non se ne sa niente. Il senso comune della casalinga di Vigevano continua a ripetere lo slogan demenziale che “sono troppi”, senza specificare né chi, né dove, né cosa, poggiando su statistiche trilussiane dalle quali si conclude invariabilmente che mi tocca pagare il conto, pur non avendo mangiato, per scacciare la malinconia che si è insinuata (“post coitum omne animal triste est”) in chi si è abbuffato troppo e “aggratisse”; che insomma “bisogna pur chiudere qualche cosa”, senza rendersi conto che oramai il processo di smantellamento va avanti da anni e che, a forza di affettare, siamo infine arrivati all’osso del prosciutto. Parimenti, le imprese massimamente dissipatorie sono intoccabili per ragioni politiche e pertanto, davanti al “primato della politica”, non paiono più nemmeno costituire oggetto della contesa. Capisco che il Magnifico potrebbe rispondere “primum vivere”, ma non sono affatto “speranzoso” nel futuro, perché ciò che viene distrutto oggi irreversibilmente, non risorgerà dalle ceneri e perché non vedo un progetto, un disegno che possa dirsi in qualche modo “razionale”.

  16. http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/24/caro-monti-uno-schifo/179766/ …popolo e potenti son sempre stati felici di maltrattare chi insegna e ricerca senza sudditanze mettendo in pericolo il comodo vivere della folla di mediocri furbetti e attentando a luoghi comuni fasulli, vuote recite sociali, idoli pubblici falsi e insensate paludi burocratiche: incivile quel paese che mette alla berlina e alla fame chi lavora per l’università!

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