Il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria risponde a Raffaele Cantone su corruzione, nepotismo e fuga di cervelli

Carlo Vincenzo Ferraro

Carlo Vincenzo Ferraro

Cari Colleghi Professori e Ricercatori,
gli organi di stampa hanno recentemente riferito dichiarazioni del Presidente dell’Autorità anticorruzione, il Dottor Raffaele Cantone, secondo le quali egli avrebbe asserito il 23 settembre 2016 a Firenze“C’è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione”, per poi precisare, qualche giorno dopo a Palermo: “Più che la corruzione, fenomeni di nepotismo e mala amministrazione sono fra le cause di fuga di cervelli”.
Tali affermazioni sono lesive della nostra dignità, perché inviano all’opinione pubblica un messaggio generalizzato di una Università pervasa dal nepotismo e dal malaffare. Come “Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria” non possiamo tacere di fronte a tali affermazioni.
Vi invito pertanto a firmare la lettera a Raffaele Cantone, alla quale verrà data la massima diffusione, anche a mezzo stampa, con tutte le firme pervenute. Questa volta la fretta è d’obbligo, occorre dare una risposta immediata. La data utile per firmare è fissata a mercoledì prossimo, 12 ottobre. Data la natura della lettera possono firmare anche i Pensionati e i Ricercatori a tempo determinato.
In coda indico le istruzioni per firmare. Le ho semplificate al massimo (basta una e-mail) per abbreviare l’iter. Rispettatele fedelmente, non si può ritardare di 10 e più giorni, come avviene usualmente, per rimediare agli errori, piuttosto si rinuncerà alle firme non perfettamente chiare o di difficile elaborazione.

Vi prego di inoltrare questa e-mail agli amici più vicini. I coordinatori locali sono pregati di inviarla ai loro indirizzari e, se possibile, a tutto l’Ateneo. Io stesso manderò, molto probabilmente, a tutti i Docenti Italiani (per ora invio “solo” a voi 23500). In tal caso riceverete un messaggio molto simile a questo.
Un caro saluto,
Carlo Ferraro
Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria
https://sites.google.com/site/controbloccoscatti/home

Per firmare la lettera basta inviare una e-mail all’indirizzo: letteracantone@gmail.com, scrivendo nell’oggetto della e-mail (NON nel testo della e-mail stessa): Firmo la lettera-Nome e Cognome (ad esempioFirmo la lettera-Carlo Ferraro). Ciò rende l’elaborazione molto più rapida che non scrivendo nel testo della e-mail. Comunque, nel dubbio, scrivere quanto detto sia nell’oggetto che nel testo della e-mail.
Spedire tale e-mail da un indirizzo di posta elettronica istituzionale (per intenderci quello che vi ha dato la vostra Università).

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7 Risposte

  1. …..L’anno accademico non è cominciato sotto i migliori auspici: uno entra in aula avendo, come in stereofonia, nell’orecchio destro un coretto di giornalisti e politicanti che gli ribadiscono l’inutilità del suo lavoro, e nell’orecchio sinistro un Cantone che lo apostrofa come corrotto, a priori ed a prescindere: e via alle danze! Pare che la sceneggiata napoletana sia nata perché i cantanti erano tassati il 3% più degli attori. Allora i cantanti cominciarono a sceneggiare le canzoni per pagare meno tasse. V’è dunque una ragione sufficiente per tutto. Ecco, io vorrei capire quale sia lo scopo delle recenti sceneggiate, in cui, a cadenze regolari, nei giorni pari “isso” dice una cosa e nei giorni dispari, l’antagonista, “o’malamente” afferma il suo opposto.

    1. Dice il buon Stefano Feltri che le lauree “umanistiche” (e ancora mi chiedo chissà mai che cacchio vorrà dire) sono inutili. Qualcuno si fa prendere la mano è rincara la dose: gli studi teoretici, le scienze astratte in generale sono inutili, se non immediatamente finalizzabili e traducibili a breve giro di posta in vil pecunia. Non ho capito bene il senso di questa polemica: è evidente che una laurea triennale in tuttologia serve a poco; ma qui si giunge ad escludere a priori che vi possano essere studi condotti con ostinato rigore ad un livello altamente specializzato, dipingendo un quadretto demenziale in cui insomma il primo deficiente che passa si mette a zappettare, facendo delle buchette come i cani, e per incanto scopre Troia. A quanto pare, però, gli “umanisti” latu sensu (l’Homo theoreticus) sono in buona compagnia. Difatti – e lo evidenzia anche l’articolo di Feltri – la Geologia e le “Scienze della vita” non se la passano meglio (per non dire della Giurisprudenza):

    “Lettere e Biologia? Non servono a trovare lavoro. Scienze politiche? Non viene richiesta ed è inutile durante la carriera professionale. …Per il report dell’Istat gli ambiti disciplinari più “difficili” sono senz’altro quelli Letterario e Geo-biologico. L’inserimento nel mercato del lavoro è particolarmente in salita per i laureati sia di I che di II livello: lavora infatti il 61,7% di coloro che hanno conseguito il titolo di I livello e il 73,4% di quelli di II livello del gruppo Letterario, mentre per il gruppo Geo-biologico hanno un’occupazione il 58,6% dei laureati di I livello e il 76,5% di quelli di II livello. Critica è anche la situazione dei laureati di I livello nel gruppo Psicologico (54,4% di occupati) e dei laureati di II livello nel gruppo Giuridico (67,6%).”http://www.theteller.it/2016/10/05/universita-istat-lettere-e-biologia-inutili-per-lavorare/

    Insomma, stando a questi dati ci sono troppi laureati in quasi tutte le materie. Non solo, ma con le “Scienze della vita” non si trova lavoro (tranne a Siena, naturlich). Ma ecco che spunta un’altra statistica: l’Italia paese dei NEET, quelli che non studiano né lavorano, su cento persone tra 25 e 34 anni, solo 24 hanno una laurea, a fronte di una media OCSE e dell’Unione Europea del 41 e 38, rispettivamente. Il numero di laureati nel nostro paese è il minore di tutto l’OCSE. Cioè sono pochi in tutte e materie. Ma allora sono troppi o sono pochi? L’ignoranza è un bene o un male?

    2. Altra lamentazione: “La didattica è la Cenerentola dell’Università italiana”
    (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=39293)

    Alla faccia del bicarbonato, scoprono l’acqua calda!

    «Se le cose non cambiano, quello che già è preoccupante in qualche anno sarà una catastrofe. Dal 2008 ad adesso si è avuto un taglio di finanziamenti senza pari. Un insieme di disposizioni ha ridotto in breve tempo l’università italiana circa del 20%: 20% in meno di iscritti, 20% in meno di laureati e lo stesso vale per i docenti.» http://laprovinciapavese.gelocal.it/tempo-libero/2016/10/02/news/universita-rischio-catastrofe-1.14192808

    “Nei primi sette anni della crisi, l’Italia investe meno di 7 miliardi nella sua università, mentre la Germania 26. L’Italia ha tagliato gli investimenti del 22%, la Germania li ha aumentati del 23%. ” http://ilmanifesto.info/universita-litalia-taglia-la-germania-investe/

    Qui da noi, però, siamo più ganzi: di docenti ci avviamo a perderne oltre il 40%, con punte del 60% in alcune aree (ma tanto sono aree “inutili”, e forse peggio, talune addirittura “umanistiche”). Molte lauree magistrali languono, e i dottorati sono merce rara (per non dire del fatto che, salvo rare eccezioni, in Italy non somigliano manco lontanamente ad un PhD). Le riforme che si sono succedute hanno massacrato la didattica e si sono persi 10.000 docenti in meno di otto anni. Inoltre la didattica non conta più assolutamente nulla in nessuna delle valutazioni importanti che concernono la vita dei docenti e delle istituzioni alle quali appartengono: VQR, SUA, ASN considerano la didattica esclusivamente come tempo perso, un inutile gorgheggiare che sottrae energie alla ricerca, insomma, roba da infliggere ai sottoposti più incapaci (o meno furbi).

    3. Una nota sul “rientro dei cervelli”: “isso” dice che i cervelli hanno da riedere in patria, ma “o’malamente” afferma che so’ troppi e non si sa che farci. A Siena, dopo i recenti avanzamenti di carriera (seguiti ad un blocco decennale) i ricercatori old style, che non si sa più come chiamarli, cioè i professori “aggregati” (età media a livello nazionale: 46 anni) costituiscono intorno al 40% del corpo docente, che complessivamente si avvia ad essere decurtato a sua volta di oltre il 40%, è facile capire che sono indispensabili, giacché senza, i docenti a disposizione per soddisfare i requisiti minimi sarebbero ridotti a ben poca cosa, rispetto a quelli che furono “avant le déluge” e la conseguenza sarebbe la chiusura di un’altra dozzina di corsi di laurea. Poi c’è l’esercito degli schiavi che lavorano nel sottosuolo:

    “Sono 66.097 i ricercatori precari dell’università italiana. Più di tutti i professori e i ricercatori a tempo indeterminato messi assieme. Se gli atenei riescono ad andare avanti, nonostante i finanziamenti ridotti al lumicino, è anche grazie al loro lavoro, spesso gratuito.”
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/29/universita-precari-piu-del-50-dei-ricercatori-dopo-il-dottorato-lavorano-gratis-per-10-mesi-55-ore-a-settimana/2503264/

    Possiamo dunque preoccuparci dei “cervelli in fuga”, giubilando se ne ritornano una ventina, ma sarebbe utile fare un pensierino anche a quelli (tanti) che per loro disgrazia non sono fuggiti.

    4. Altro punto: cosa farne dei docenti che lavorano in aree scientifiche stinte o agonizzanti. Qui si è persino teorizzato che, siccome molte aree scientifiche sono in procinto di scomparire dopo essere state dissanguate, non potendo far scomparire anche quelli che ci lavorano, essi debbano venir utilizzati come docenti-tuttofare nella didattica al servizio ora di questo, ora di quello, insegnando ora una cosa, ora l’altra. Ma che senso ha? È un modo appropriato di utilizzare le risorse umane? È legale prendere uno, vincitore di concorso in un certo settore altamente specialistico e metterlo a fare tutt’altro (non consentendogli di fare, con grande soddisfazione dell’ANVUR, ciò per cui è stato assunto)? È questo un modo di gettare i semi affinché cresca qualcosa? Del resto, non si può neanche continuare a negare l’evidenza – si fa, ma non si dice – e non prendere atto che la fase è la seguente:

    “Competence center, Nordest unito: firmano i 9 atenei triveneti… il Competence Center potrà essere l’embrione della scuola politecnica del Nord Est, la cui realizzazione le industrie del territorio hanno sempre auspicato” http://www.venetoeconomia.it/2016/09/competence-center-accordo-a-nordest-firmano-tutti-gli-atenei-triveneti/

    È questo dunque il modo di prepararsi all’ineluttabile Aschluss in un “competence center” toscano prossimo venturo, o non sarebbe meglio, ove non vi siano più risorse per procedere da soli, pensare a negoziare la costituzione di poli specializzati ove concentrare le sparute risorse inutilmente disseminate nel territorio?

    “…ma ch’uno error che fece poi, fu quello
    ch’un’altra volta gli levò il cervello.”

    Ludovico Ariosto
    Astolfo sulla Luna
    (Orlando furioso, XXXIV, 70-87)

  2. addendum al punto 3.

    “E’ di questi giorni un rapporto dell’Associazione Dottorandi Italiani (Adi) che denuncia il crollo dei posti di dottorato in Italia: se nel 2006 erano 15.733, dieci anni dopo nel 2016 sono diventati 8.737 (-44,5%).
    Eravamo già il fanalino di coda in Europa e abbiamo consolidato il nostro piazzamento nel ranking. Inoltre l’Adi conferma la stima di un elevato tasso di espulsione per il post doc: nei prossimi anni solo il 6,5% di chi attualmente è assegnista di ricerca riuscirà a accedere a un ruolo strutturato.”http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/07/universita-le-mani-della-politica-sulla-ricerca/3081557/

  3. Il prof. Ferraro è da ammirare e ringraziare. Quanto a Feltri, ha verso la cultura l’atteggiamento che i nazisti avevano verso gli ebrei. Non si spinge a predicare l’eliminazione fisica solo perché è politicamente scorretto, ma certo gli diamo parecchio fastidio.

    • …va detto che quello che sta succedendo è bizzarro. Una sceneggiata, appunto. Qui c’è stato un colossale dissesto finanziario e nessuno è andato in galera. Poi arriva un giudice e dice: “siete tutti corrotti!” giustizia è fatta: tutti colpevoli, nessun colpevole. Non resta che assolvere tutti o bruciare tutti col lanciafiamme e riedificare su nuove fondamenta. A dire il vero, se tanto mi dà tanto, mi pare si vada verso questa seconda soluzione: l’imperscrutabile volontà del rullo compressore salverà poche cattedrali e provvederà a spianare il resto.

      Non vorrei che però adesso passasse la linea che “tuto va ben, mancano solo i soldi”. Le parentopoli esistono, così come esiste la chiusura ermetica di certi ambienti (monadi senza finestre) ed un modo tutto paternalistico di coptare i docenti. A scanso di equivoci, anche i migliori passano per queste forche caudine, non è che c’è una procedura diversa. Ma non è tutto qui, ovviamente: la maggior parte delle persone avrebbero fatto la stessa carriera anche nel migliore dei sistemi reclutativi del mondo, forse addirittura con meno tribolazioni (vedi capitolo precariato ed ambiguità insopportabile delle regole). Credo che essenzialmente il malaffare alligni dove non c’è ricerca di livello internazionale e dove la creatività è temuta, in quanto ostacolo alla routine del dolce far nulla. Comunque dopo dieci anni di digiuno ascetico da concorsi, Siena appare completamente riverginata ed immune da qualsiasi sospetto.

      La fase è questa. Si oscilla tra una generale condanna ed una generale assoluzione, ma la mancanza di discernimento non porta da nessuna parte. Ho l’impressione che quello che Cantone rubrica sotto la voce “corruzione” (al di là dei casi conclamati) sia soprattutto un fenomeno di chiusura mentale provincialistica non riducibile alla mera “parentopoli”, né (ahimè) perseguibile per legge, alimentato sia dalla scarsissima considerazione sociale della scienza e della cultura (della cultura rigorosa e della scienza come fatto culturale) e dalla fitta rete di maglie burocratiche che imbrigliano spesso chi intende operare per il meglio.

      La lettera di Ferraro recita:
      “Dopo il Dottorato di Ricerca dovrà affrontare un lungo periodo di precariato (quasi sempre oltre sei anni senza nessuna garanzia per il futuro”.
      Arcivero, e ciò rende palese come oramai la carriera universitaria sia appannaggio dei ceti sociali più facoltosi e che la vera selezione sia fondata sul censo: questa è la vera “parentopoli”. Diciamo però che i problemi già cominciano con il dottorato (se non prima), che una parte dei dottorati, anello fondamentale della filiera della ricerca, spesso esistono solo sulla carta e che i ricercatori, lungi dall’essere incanalati verso la ricerca, sono spesso abbandonati a sé stessi. Comincia così il calvario di un lungo precariato, un bussare a varie porte sperando che qualcuno apra e spesso ciò che uno sa fare ed ha appreso a fare non viene affatto valutato. Anzi, meglio se non rompe le scatole.

      Assieme alla cronica carenza di mezzi ed un innato particolarismo, tutto ciò produce, sebbene in piena legalità, effetti deleteri di decadenza culturale. Probabilmente, se vi è qualcosa di giusto nel progetto in corso di attuazione della creazione di “hub” o “competence centers”, questo qualcosa è proprio la consapevolezza che solo gettandosi a corpo morto nell’agone della competizione internazionale si potrà far giustizia di queste degenerazioni, sciogliendo i nodi, per così dire, in maniera gordiana. O forse anche questa è solo un’illusione, e il tutto si tradurrà nel semplice fatto che il pesce più grosso mangerà quello più piccolo: fine della sceneggiata. Mi suscita in ogni caso raccapriccio il fatto che nel dibattito pubblico mai si sia pronunciata la parola “cultura”.

    • «I finanziamenti sono stati ripartiti fra tre aree: al settore Life Sciences sono stati assegnati il 35.3% dei fondi (28.241.379 euro), all’area Physical and Engineering il 34,9% (27.939.411 euro) e ai progetti del settore Social Sciences and Humanities il 29,7% (23.767.042 euro).» http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/chiara-sabelli/gli-spiccioli-dei-prin-2015-alla-ricerca-pubblica/settembre-2016

      …continuo a non capire cosa siano le “humanities”: ci hanno buttato dentro un po’ tutto, dall’archeologia mesopotamica alla sociologia del marketing, le varie discipline dell’area economica e finanziaria, ontologia, metaetica, diritto tributario ed epistemologia, poesia, economia ed arti performative: chi più ne ha, più ne metta. Francamente questo pentolone mi pare lievemente grottesco. Forse viviamo in un paese senza più un’idea di cultura.

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