Università di Siena ad Arezzo: “hic sunt cialtrones et pataccones”

Pionta
Arezzo: hic sunt leones, no, hic est pseudo tyrannis (qui ci sono i leoni, no, qui c’è una pseudo tiranna)

USB P.I. Università di Siena. Arezzo non sembra una sede distaccata dell’Ateneo, ma una realtà a sé, dove le scelte vengono fatte in totale autonomia, senza alcun rispetto dei regolamenti interni d’Ateneo e del CCNL. Siamo intervenuti a gennaio rivolgendoci direttamente alla Direttrice Amministrativa e alla Direttrice dell’unico Dipartimento di Arezzo senza ricevere risposta alcuna. A questo punto non resta altro che porre pubblicamente le questioni, visto che le vie istituzionali non hanno ottenuto alcun risultato.

Il 21 dicembre, giorno in cui l’Ateneo chiude, viene mandata una comunicazione ai colleghi tecnici e amministrativi, e si spera anche ai docenti, per informare che le serrature degli stabili in uso all’Ateneo ad Arezzo del complesso del Pionta verranno sostituite. Inoltre si comunica che l’orario di apertura è dalle 8.00 alle 20.00 dal lunedì al venerdì. La cosa “bella” è che per una volta è stato riservato lo stesso trattamento ai docenti, infatti alcuni si sono ritrovati nella impossibilità di accedere ai loro studi non sapendo che le serrature erano state sostituite, e chi aveva le chiavi non era presente. Palazzina donne chiusa fino alle 9!

Il risvolto spiacevole di questa vicenda è che la Direttrice ha deciso in totale autonomia a chi dare copia della chiavi, forse suoi fidati collaboratori? Il possesso delle chiavi ha assunto tale rilevanza che chi le ha, in alcuni casi, le usa e poi si chiude dentro gli edifici, lasciando fuori la mattina altri colleghi. Superiamo la sindrome del “mio tesoro” e facciamola finita! Pare che ora si sia arrivati ad una soluzione parziale del problema garantendo l’apertura alle 7.45, ma il problema della sicurezza resta. La Direttrice dell’unico Dipartimento pensa di aver acquisito un diritto di proprietà sul personale tecnico e amministrativo per donazione da parte dei vertici dell’impero? Sì, se la stessa, con tono minaccioso e urlato, sostiene di poter imporre l’orario che vuole a chi decide lei. Ha già ridotto l’apertura fino al venerdì senza tener conto di chi lavora su sei giorni, e vuole imporre turni. Quello che stiamo vedendo esprimersi ad Arezzo è un atteggiamento dispotico che non possiamo accettare.

Altra questione grave è quella della gestione dei servizi generali della sede di Arezzo. Inseriti nel Dipartimento, sono un guazzabuglio di sovrapposizione di competenze. I colleghi dei servizi generali hanno le stesse competenze dei colleghi dei presidî di Siena, ma non hanno la stessa dignità né pari trattamento organizzativo. Vi è poi la questione che ad Arezzo i servizi generali non si riferiscono solo a servizi comuni, ma a servizi legati a strutture dell’Amministrazione centrale, che ovviamente devono avere un’interfaccia ad Arezzo. Come per l’ufficio tecnico che ha un suo ufficio distaccato, perché non prevederne una per il Q.it o per altri uffici dell’Amministrazione centrale? Non era più funzionale dare ai servizi generali di Arezzo il ruolo e le competenze dei presidi e ancor più le competenze distaccate degli uffici dell’Amministrazione centrale? Sì, altrimenti perché un anno e mezzo fa la stessa Amministrazione aveva creato il polo unico dei servizi di Arezzo? Con quel provvedimento si mettevano insieme tutte le competenze periferiche dell’Amministrazione centrale in un’unica struttura. Oggi cosa è cambiato? Chiediamo l’istituzione del presidio ad Arezzo! Chiediamo il rispetto dei regolamenti interni sull’orario di lavoro e del CCNL!

3 Risposte

  1. La cosa che rattrista di più in tutta questa vicenda, ma anche in altre piccole vicende, è che mentre l’Ateneo sta affondando (vedere relazione revisori dei conti), si continua a fare delle lotte intestine per avere il miglior orticello e l’erba più verde di quella del vicino. Ma è ancora possibile tutto ciò? Possibile che non si capisca che bisogna remare tutti dalla stessa parte e fare tutti un pò di sacrifici secondo le possibilità di ciascuno? Che tristezza…

  2. «Nel 2010 la nomina a rettore di Angelo Riccaboni, ex Montepaschi France, è bloccata dai ricorsi interni. Dal Pd Luigi Berlinguer fa pressioni sul ministro Maria Stella Gelmini e si premura di dirlo a Riccaboni. Lo stesso giorno l’aspirante rettore contatta il responsabile di Forza Italia in città, che gli riferisce di avere appreso del via libera della Gelmini dal coordinatore regionale Massimo Parisi.»

    http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/monte-dei-pascoli-di-denis-verdini-ceccuzzi-la-coppia-di-fatto-che-dettava-legge-51516.htm

  3. …è veramente deprimente, vedere come non si riesca ad uscire da una situazione di stallo: i vari ministri (da Mussi in poi) hanno confermato i famigerati “requisiti di docenza”, cioè venti docenti distinti per un ciclo 3+2, una cifra così alta, che, per inciso, non ha eguali in Europa; nella presente congiuntura caratterizzata da fuoriuscite massicce di personale docente a turn over bloccato, è evidente quali siano gli effetti. Per questa ragione qui stiamo ventilando la necessità di federare, almeno parzialmente, gli atenei toscani, secondo quanto prevede la legge in caso di insostenibilità di parte dell’offerta didattica, come palesemente è il caso di Siena (vedi precedenti messaggi e i dati agghiaccianti forniti dal Prof. Grasso secondo i quali nei prossimi anni il corpo docente verrà pressoché dimezzato), e ancora tocca sopportare le querimonie della sede “distaccata” (non alludo ai lavoratori, evidentemente), quasi emergessero da un fiabesco passato remoto, ignaro della pesantezza del tempo presente. In maniera grottescamente inattuale si continua come se niente fosse a parlare di doppioni di corsi di laurea e addirittura pretendere il distaccamento, in quel d’Arezzo, a fare non so cosa, di interi corsi di base tradizionalmente appannaggio della sede centrale senese: ma questi qua, vivono fuori dal mondo? Non si rendono conto di che aria tira?

    Sebbene l’uomo della strada sostenga che cinquecento e passa docenti (tanti resteranno, sostanzialmente, al 2020) possono bastare, perché all’università “e so’ troppi”, in realtà la prospettiva per Siena del quasi dimezzamento – mica noccioline! – del corpo docente, senza alcun criterio, se non l’età anagrafica, apre scenari drammatici: a Pisa, ad oggi, i docenti sono 1549 e a Firenze 1835, tanto per dire, e anche lì, immagino che una simile percentuale di tecnici si occupi anche di didattica. Eppure, da quello che mi dicono persone informate sui fatti, persino all’interno di queste compagini più robuste alcuni settori scientifici vacillano per via delle uscite di ruolo, che si fanno sentire dappertutto. A questo punto, non vedo come si possa eludere la prospettiva di una federazione, almeno parziale e limitata ai settori critici, fra gli atenei toscani.

    Ci siamo cullati all’idea che “un po’ di corsi andavano chiusi”, sperando che venissero chiusi quelli “inutili”, senza minimamente preoccuparci poi di quali sarebbero stati chiusi, quali insegnamenti sarebbero stati soppressi sulla base del mero criterio anagrafico dei pensionamenti. Si è gettato il “crucifige” su tutti, dicendo che il numero di docenti era sopra le medie nazionali, benché bastasse compulsare il sito del MIUR per rendersi conto quali erano i settori disciplinari sovradimensionati e quali quelli sottodimensionati (e non ci vuole una grande intelligenza per capire perché). Con la prospettiva di rimanere con un terzo dei docenti di Pisa, per giunta concentrati in specifiche aree, a Siena non si fa nemmeno un ateneo semi-generalista. Il punto è dunque: “bastare” per fare cosa?

    Qual è il progetto? In cosa volete trasformare l’Università di Siena? A Siena, bisogna far parte di qualche birresca compagnia (http://www.ilcittadinoonline.it/news/15760/Ceccuzzi_e_Mussari_si_consultavano_sulle_decisioni_da_prendere_in_banca.html) e partecipare alle adunanze birresche in qualche nostrana Hofbrauhaus, per avere contezza di quello che succede? “E so’ troppi” in relazione a che? Non è che puoi mettere un professore di Diritto Canonico a insegnare Ginecologia (e scusate l’associazione di idee) per coprire un insegnamento rimasto scoperto.

    Siccome con il graduale venir meno di quasi la metà del corpo docente cadranno sistematicamente a mo’ di domino i requisiti docenza di molti dei corsi di laurea sopravvissuti dopo i rimaneggiamenti cinobalanici degli ultimi anni, succederà paradossalmente che anche una parte di quei cinquecento e passa docenti rimasti andrà ad aggiungersi alla lista dei docenti diventati “inutili”, in quanto “appiedati” dalla graduale chiusura dei rispettivi corsi di studio e quindi dei propri insegnamenti: è una spirale, un circolo vizioso che non può che produrre la dissoluzione di comparti della ricerca e il degrado della didattica, e dal quale si spera non si tenti di uscire, come già detto, riciclando un dentista come dantista o altre porcherrime iniziative provincialoidi e suicide di questo genere, tese allo sputtanamento totale -globale, bensì con una più stretta integrazione fra atenei contigui. Voglio dire, questa è la lettera della legge, non l’opinione del bischero che vi scrive. Ma qui stiamo ancora a cincischiare con le “sedi distaccate”.

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