Malauniversità e azioni giudiziarie temerarie

Aldo Schiavone

Aldo Schiavone

Schiavone in rete rischia l’autogol (da: Il Mondo, 18 ottobre 2013)

Fabio Sottocornola. Una bella mattina dello scorso luglio la professoressa Lucia Lazzerini di Firenze si è vista notificare un atto di citazione in giudizio per diffamazione. A muoverle contro, intentando una causa civile, è Aldo Schiavone, ex direttore del Sum, la scuola pubblica per dottorati, che oggi è imputato con le accuse di peculato, abuso d’ufficio e truffa per le cosiddette spese pazze dell’istituto. Cioè, secondo i magistrati, viaggi in giro per il mondo giustificati con «fittizi incontri istituzionali», cene e pranzi «per svariate ragioni personali», regali per un totale di tre milioni di euro e 1.500 note spese con voci considerate irregolari. Per la cronaca, il processo che doveva aprirsi l’8 marzo scorso non è ancora partito, di rinvio in rinvio. Ultimo, quello di venerdì 20 settembre, causa sciopero nazionale degli avvocati. Tutto rimandato al 19 febbraio 2014. Eppure, di fronte a questo scenario, Schiavone si dice diffamato da Lazzerini, è amareggiato, lamenta di avere subìto un danno personale e familiare. Che cosa avrebbe combinato la docente di filologia romanza, oggi in pensione? Tra il 2006 e il 2011 ha animato un sito internet (Ateneopulito) fortemente critico verso il Sum. Vi si trovavano notizie, indiscrezioni, prese in giro. Per esempio sull’idea, sostenuta allora da Schiavone, di questa accademia come «rete di atenei» da Firenze a Napoli, da Bologna a Siena. Puntuali dal sito fioccavano gli accostamenti tra reti e retate. Ironie, appunto. L’ex direttore non ha gradito e chiede i danni. Ma forse dimentica che gli ultimi articoli sul sito sono usciti addirittura 24 mesi fa. E così la sua querela rischia l’autogol. Ma è in linea con una tendenza in atto, almeno in Toscana. La sua storia segue di pochi mesi la denuncia di Angelo Riccaboni, rettore di Siena, contro Giovanni Grasso, ordinario di medicina e animatore di un blog (Il senso della misura), critico verso la gestione dell’ateneo dal buco record in bilancio.

2 Risposte

  1. […] Malauniversità e azioni giudiziarie temerarie […]

  2. «Dobbiamo avere il coraggio di mandare a casa i professori fannulloni per lasciar posto ai giovani, oggi costretti a rifugiarsi all’estero. Bisogna convincere i nostri figli che laurearsi a 27 anni in Scienza delle Comunicazioni difficilmente apre prospettive nel mondo del lavoro.» Giavazzi e Alesina

    Quello che non capiscono Giavazzi, Alesina, Abravanel ecc., è che “i giovani ricercatori” non costituiscono una categoria eterna ed ontologica: uno non è che nasce e rimane “giovane ricercatore” fino alla morte per intima vocazione al martirio: il destino dei giovani è quello di invecchiare. Quelli incappati nell’ormai quasi decennale blocco, invecchiano, ma non progrediscono. Qui è tutto fermo da anni. Quando mandano in pensione qualcuno, non è per mettere in cattedra un giovane, ma per chiudere quell’insegnamento. Si procede smantellando e si è già bruciata più di una generazione. Da almeno tre riforme si ripete a tambur battente: “questa riforma premia il merito e punisce i fannulloni”; ma i “fannulloni” sempre al loro posto a far danno, cioè a dire, ad inventarsi cinobalaniche riforme degli ordinamenti prive di contenuto scientifico che come unico effetto hanno la ulteriore marginalizzazione dei più giovani. Che intanto invecchiano.

    «quale diritto allo studio serve oggi all’Italia? Non certo quello che ha visto proliferare le «università sotto casa». Né quello delle lauree facili, che non portano all’occupazione perché le aziende non credono più ai 110 e lode di molte università, soprattutto del Centro-Sud.» …
    (R. Abravanel http://www.corriere.it/opinioni/13_settembre_24/abravanel-diritto-studio-mediocri_557a41d8-24f3-11e3-bae9-00d7f9d1dc68.shtml)

    Uno scienziato americano ha inventato un kit con il quale, attraverso una scrupolosa analisi genetica, pare sia possibile individuare le predisposizioni di un individuo sin dalla nascita, in modo da indirizzarlo verso le materie alle quali è portato. Il servizio di Rainews che dà la notizia titola: “Meglio Matematica o Filosofia?” A Siena – giusto per fare una battuta – sarebbe un bel dilemma: la seconda è stata cancellata, mentre la prima, che pure qui ha una tradizione di tutto rispetto, ha un futuro incerto; ma in generale, sapere che un neonato ha una predisposizione innata per l’elettrodinamica quantistica, non implica che la famiglia abbia i quattrini per fargliela studiare. Questo è un piccolo problema che l’eugenetica americana non ha ancora risolto.

    Sono così d’accordo con Abravanel, che … mi ha stufato: “smisi di credere ai propositi di suicidio di mia moglie quando vidi che ciclostilava le lettere d’addio”, sentenziava Woody Allen, e così si potrebbe dire di Abravanel, che ripete questi concetti da anni: sicché quello di Abravanel appare oramai un consolidato genere letterario e nulla più.

    Voglio dire, all’indomani di riforme, che la classe politica e giornalistica vicina all’establishement ha salutato e sponsorizzato all’unisono, definendo in ispecie quella ultima come “epocale”, in quanto risolutrice di tutti i problemi meritocratici ed efficientistici, come nulla fosse successo, si presentano di nuovo qui e riattaccano con la solita giaculatoria di prima. È pur vero che alcuni aspetti positivi di quelle riforme sono rimasti nelle “declaratorie”: ma allora, invece di continuare ad imprecare contro gli studenti, che sono ciuchi e quelli che fanno ai concorsi, che sono tutti corrotti, e che è tutta colpa del ’68, cominciassero a riflettere sul fatto che dal tempo della loro gioventù, è passato mezzo secolo, e che da allora l’università (…Ruperti, Berlinguer, Moratti, Mussi, Gelmini… DM 509/99, DM 270/04 …autonomia finanziaria e didattica, processo di Bologna, riforma del 3+2 ecc.), è stata rivoltata comne un calzino e almeno in teoria dovrebbe essere stata riformata radicalmente: eppure siamo al punto di prima e nel gerontocomio universitario italico i figli stanno pagando le colpe dei padri.

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