10 Risposte

  1. Da due settimane continua incessante l’aggressione dei principali quotidiani nei confronti dell’università pubblica. Oggi “Il Fatto” titola “Si commerciano cattedre”, e all’unico intervento favorevole all’università pubblica del fisico Carlo Rovelli, replica il bocconiano Roberto Perotti su “Repubblica” . Continuando un discorso già iniziato da “il Sole 24 Ore” (“È questa l’università di “cosa nostra””) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-09-26/concorsi-truccati-e-pensiero-unico-se-mediocrazia-contagia-universita-171456.shtml?uuid=AEaFuxZC&refresh_ce=1 dice fra le altre cose che i soldi dati all’università sono anche troppi. Bisogna dargliene di meno, e fa un grazioso paragone con la mafia in Sicilia: più soldi mandi giù, e più ingrassano le cosche: «Come nelle società mafiose, l’omertà e la connivenza di fatto imposte alla maggioranza degli onesti non sono percepite come atto di complicità, ma come sacrificio personale per evitare guai peggiori ad altre persone», scriveva altrove http://www.corriere.it/cronache/17_settembre_27/scandalo-concorsi-universitari-8df2a09c-a2f2-11e7-82cf-331a0e731b92.shtml, estendendo dunque a TUTTI, nessuno escluso, l’anatema.

    Un professore http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/26/concorsi-truccati-laroma-vale-il-doppio-di-tutti-ma-la-logica-universitaria-e-questa-un-mondo-di-merda/3878490/ come uscito del ben noto “girone” del “Salò” pasoliniano, annaspando nei bottini con la maschera antigas e gli stivali di gomma ci informa che quello universitario è “un mondo di merda” (sic). Una notizia tenuta in prima pagina più a lungo di un terremoto o un attentato terroristico, senza che mai emerga un concetto di base, ovvero la progressiva ristrutturazione/destrutturazione del sistema universitario (e non alludo solo al sottofinanziamento e al blocco decennale del turnover, ma ad una irresolutezza più generale), che di molti fenomeni degenerativi è causa non secondaria. A me pare che la presente campagna di discredito sia funzionale ad accelerare quel processo di privatizzazione e di trasformazione degli atenei di cui già si è parlato.

    Un po’ nauseato dall’attacco frontale e non privo di secondi fini di tutta la stampa contro l’università, la cui miccia sono state le vicende della “cupola” dei tributaristi; impressionato dalla discesa in campo delle firme più velenose dei principali quotidiani nazionali (con Cantone scatenato che minaccia sfracelli e concorsi ancora più ingarbugliati di adesso, con un soprannumero leggi e regolamenti che avranno l’unico effetto quello di aumentare il lavoro degli studi legali ), osservo che il surriscaldarsi del clima e l’aumento di una conflittualità sta distruggendo lo stesso concetto di “comunità accademica”. Leggo attonito di gente che chiede il licenziamento di tutti gli universitari e l’azzeramento di tutti i concorsi dell’ultimo mezzo secolo, avanzando le più stravaganti proposte per il reclutamento in modo da sottrarli alla “mafia”, cioè il corpo docente. Insomma, l’università come sentina di tutti i mali: un comodo lavacro di tutto il sudiciume nazionale. Così inizia l’anno accademico e benvenuti alle matricole.

    “l’aumento della temperatura aumenta l’energia cinetica
    delle molecole. Gli urti per unità di tempo sulle pareti sono maggiori e con maggiore energia. Ergo la pressione aumenta.”

  2. …ecco l’articolo di Perotti http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/i-sei-luoghi-comuni-che-fanno-male-all-universita.flc

    ” “La colpa è della scarsità di risorse”. È esattamente la logica perversa di chi sostiene che bisogna inondare di opere pubbliche la Sicilia per sconfiggere la mafia. Ma se la mafia uccide per un appalto da un milione di euro, cosa farà per un appalto da cento milioni di euro?”

    • “Dopo avere riaperto a Firenze il bubbone della spartizione delle cattedre, Raffaele Cantone sta lavorando a un piano con la ministra Fedeli. Ha già suggerito di fare entrare nelle commissioni personalità esterne al mondo accademico per garantire maggiore obbiettività.” (Corriere)

      …. ecco, nelle commissioni per il reclutamento degli astrofisici o dei chimici mettiamoci una personalità esterna, come per esempio un assessore di qualche cosa, il segretario di un partito, un noto avvocato, il titolare di un mobilificio, un rinomato chef, per garantire una maggiore obiettività. L’obiettività poi sarebbe totale, se ci mettessimo solo personalità esterne, prese a caso per la strada o al bar: cosa c’è di più obiettivo di un giudizio del tutto casuale e di una scelta inconsapevole, un tirare su a casaccio come all’ estrazione del lotto? Non so però se in una azienda privata a reclutare il personale specializzato ci metterebbero gente che non ci capisce assolutamente niente.

    • “Gli italiani laureati hanno, in media, un più basso tasso di
      competenze – capacità di lettura e competenze matematiche – rispetto ai laureati in altri
      paesi (26° posto su 29 paesi OCSE, in ambedue i campi).” (OCSE)

      I “laureati in media” è un bel concetto trilussiano. Che i laureati in giornalismo abbiano scarse conoscenze di topologia non mi sorprende. Che i laureati (quinquennali? Triennali?) italiani in materie scientifiche abbiano minori competenze dei loro colleghi stranieri mi pare un concetto molto bisognoso di approfondimento e, sospetto, una bufala. Il rapporto da te citato poi dice più precisamente questo, e vorrei capire meglio cosa intendono per “le scienze”:

      “L’Italia, negli ultimi anni, ha fatto notevoli passi in avanti nel miglioramento della qualità dell’istruzione, come dimostrano, nelle recenti comparazioni internazionali, i risultati in lettura (reading literacy), in matematica (numeracy) e nelle scienze. Mentre le
      performance in matematica sono ormai in linea con la media OCSE, gli studenti italiani restano, tuttavia, ancora indietro rispetto ai loro pari in altri paesi dell’OCSE per quanto
      riguarda lettura e scienze.”(OCSE)

      Poi la”gggente” oramai dice quello che le si mette in bocca. Se ci sono troppi laureati “umanistici” , come dicevano i giornali una settimana fa, e nonostante questo c’è una scarsa alfabetizzazione, forse qualche problema bisognerà porselo. Queste “statistiche”, interpretate con lo stesso criterio con cui gli aruspici interpretano le budella di qualche animale, vengono puntualmente anche oggi caricate nel fucile a pallettoni delle quotidiane aggressioni giornalistiche all’università pubblica.

  3. In primis sottoporrei a test matematici tutti i giornalisti che sparlano delle incompetenze matematiche degli studenti (e facciamo anche un confronto con i livelli dei diplomati che escono da scuole pubbliche anglosassoni). Poi sottoporrei i medesimi giornalisti a una bella analisi logica e tematica di qualche poesia di Pascoli (lo so, la poesia all’OCSE gli fa schifo, ma guarda caso abbiamo una grande letteratura poetica, come ce l’hanno tutti i paesi europei). Poi mi chiederei come mai non ci preoccupiamo tutti della preoccupante incultura storica dei giovani (tagliata brutalmente la storia antica), dell’impoverimento lessicale, della riduzione del greco e del latino, della scomparsa del francese dalle medie e dalle superiori, della sostituzione dei ragionamenti astratti con umilianti ‘competenze’ per subnormali, delle certificazioni di dislessia, discalculia, disgrafia, dis-tutto. Soprattutto chiederei al ministero perché non si preoccupa di tutto questo.
    Ma non mi attendo risposte e, in ogni caso, non sarebbero oneste.

    • dopo lo sciopero dei docenti e le vicende dei tributaristi fantozziani adesso con le “statistiche” dell’OCSE, liberamente interpretate, sono tre settimane che ogni giorno tutti i principali giornali nazionali attaccano senza sosta l’università pubblica: un gran polverone in cui tutti sono colpevoli di qualche cosa e tutto va male. Non so se Kim riceverebbe lo stesso spazio se facesse esplodere la bomba termonucleare sotto il sedere di Trump, ma non credo si possa parlare di libero esercizio della critica.

  4. Ve ne dico una nuova: siccome gli splendidi ministeriali hanno introdotto l’alternanza scuola-lavoro, non sapendo con che pretesto tener gli studenti lontano dai banchi, hanno fatto pressione sull’università perché elabori progetti lavorativi per liceali (sarebbe la nostra missione?). E ben il 5% dell’FFO sarà destinato dal mio ateneo a tale fantasiosa pagliacciata: il dipartimento con più idee lavorative beccherà soldi extra (in realtà quelli di prima, ma erogati su base premiale).
    Si distingue subito una mia collega, la quale ha detto apertis verbis di aver utilizzato un minorenne come schiavetto per metterle a posto i faldoni in ufficio mentre lei studia. Ci suggerisce dunque di procedere in questa direzione.
    Viviamo ormai in una realtà surreale.

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