Le classifiche farlocche nel ridisegno golpista dell’Università italiana

Altan-estero

Siena al 24° posto e Pisa al 34°

Rabbi Jaqov Jizchaq. Eccole! Arrivano le pagelline di Babbo Natale dell’ANVUR: «La classifica dell’Agenzia di valutazione degli atenei vigilata dal ministero di Istruzione. Scuole superiori in testa. L’università con il livello di ricerca più elevato resta la Scuola di alti studi di Lucca (Imt) che, tuttavia, ha perso metà del punteggio del 2010 (il 46 per cento), a dimostrazione che nella nuova valutazione le diversità tra gli atenei si sono sensibilmente assottigliate. Seconde e terze nel ranking, due scuole superiori di Pisa: Sant’Anna e Normale (che guadagna il 20 per cento e sette posizioni).» E gli altri atenei toscani? «La distanza con le prime tre fuoriclasse è giustificata dal fatto che le tre istituzioni sul podio sono specializzate in ricerca, negli altri atenei è la didattica che la fa da padrone. In classifica incontriamo l’università per stranieri di Siena al 13esimo posto, Firenze tra le grandi università della nostra regione è prima al numero 17. Seguono Siena al 24° posto, Pisa al 34°».

Chiaro no? «Negli altri Atenei è la didattica che la fa da padrone». È la seconda volta, dopo il celebre articolo di Repubblica, che un quotidiano di peso nazionale esprime questo concetto. Si dà per scontato che gli altri atenei toscani (incluso Pisa, eccetto il Sant’Anna e la Normale!) oramai siano “teaching universities”: lo ripete il Corriere, dopo che Repubblica già aveva scritto senza giri di parole che quello di dedicarsi essenzialmente all’insegnamento sarebbe stato il destino di Siena. Segnatamente Siena viene presa in considerazione solo per evidenziare l’ottima performance della “Stranieri”, che risulta in posizione assai più avanzata rispetto a Unisi riguardo alla ricerca (ma che “ricerca” fanno?).

Dunque, per venire alle considerazioni di Andrea, qui il “ridisegno” già sta avvenendo, lasciando morire i settori entrati in crisi per via dei pensionamenti, o non funzionali al progetto di trasformazione degli atenei di provincia in Fachhochschulen (o qualcosa di simile) di cui sopra. Del resto la sparizione di circa 400 ricercatori in pochi anni non può non aver ripercussioni sulla mole di ricerca prodotta. Ripeto ad nauseam che anche per portare a compimento una simile e più volte annunciata svolta si sarebbe dovuto pensare più razionalmente e costruttivamente a questo “ridisegno” complessivo degli atenei sul territorio, in modo tale che se una cosa (utile) la togli qui, allora la sposti e la rinforzi di là.

Per concludere, sulle parole (Vóce del sén fuggita Pòi richiamàr non vale) del ministro Poletti, devo dire che una certa retorica sui cervelli in fuga (come se quelli che sono ritornati o che vanno e vengono, in un mestiere che non è esattamente di genere impiegatizio, fossero tutti dementi) mi risulta indigeribile: beato te, che trovi da fare l’ingegnere a Stoccolma! Ciò detto, quella della fuga non può diventare l’unica alternativa: che prospettive hanno, per esempio, gli studenti, i dottorandi, i ricercatori di quelle aree scientifiche che sempre di più vengono prosciugate in nome del “ridisegno” del nostro ateneo, se non quella di andarsene? E dove se ne vanno, se non all’estero? Insomma, la trasformazione di molti atenei in qualcosa tipo Fachhochschulen – scelta di per sé già opinabile – avviene con queste modalità.

Quello che si sta profilando con questo “ridisegno”, a mio modesto parere, più che una riforma è un golpe, per cui anche le vite di molte persone (ricercatori, dottorandi, gli stessi studenti cui non si offre alcuna prospettiva) vengono compromesse, aree scientifiche e tradizioni vengono cancellate, sovente con una rozzezza di argomentazioni da lasciare allibiti, come se si trattasse di mera routine burocratica, con un impoverimento globale dell’università e della comunità tutta: insomma, un “danno erariale” e culturale sul quale però non indagherà nessuna Corte dei Conti e che oramai sarà appannaggio degli storici del futuro.

P.S. Sicché oramai in Toscana la competizione è fra Pisa e Lucca, anche se i lucchesi appaiono un po’ in ribasso. Del resto è una contesa che affonda le sue radici nel passato: «Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio.» (Proverbio lucchese di origine medievale)

Andrea. Concentriamoci su questa classifica: Firenze al 17° posto, Siena al 24° posto e addirittura Pisa al 34° posto !!! Certo mancano i parziali per area, quando verranno forniti o ci sono già? Siena la vedo in lento declino, Pisa non me lo spiego e Firenze tiene il passo. Indipendentemente dai primi 5 che sono scuole speciali con ordinamento speciale e con finanziamenti ancor più speciali, la vera classifica inizia a mio avviso da Trento. Ergo i primi 10 atenei sarebbero dal sesto al quindicesimo posto, con la sola stranezza di Siena Stranieri (????): Trento, Padova, Venezia, Milano Bicocca, Bologna, Verona, Torino, Siena stranieri, Ferrara e Piemonte orientale. Se escludiamo Siena stranieri, nella mia ipotetica classifica delle prime dieci rientrerebbe Milano Statale classificata al 16° posto. Potrei dire delle sciocchezze, ma il “ridisegno” guardando questi dati è: Atenei generalisti e votati alla ricerca nel quadrante tra Torino Bologna Padova e Venezia (con Trento inclusa). Scuole speciali al centro e il resto…
Strano il risultato dei Politecnici di Milano e Torino con una quota premiale del 3% e 4% rispettivamente, ma un occhio di riguardo questi due atenei lo avranno sempre.

Avevamo parlato di investimenti in determinate aree geografiche come ad esempio Human Technopole di Milano, Parchi della salute in Piemonte ecc. ecc. Mi sembra che non ci siamo andati distante. Sta di fatto che questi nascenti centri non faranno altro che trainare alcune università coinvolte nelle prossime classifiche Anvur e gli altri a guardare. Ecco, il “ridisegno” è servito.

Rabbi Jaqov Jizchaq. …Siena al 24° posto e Pisa al 34°… Con tutto l’affetto per Siena (o quello che ne rimane), ma ci stiamo prendendo per il didietro?