Il Censis premia L’Università di Siena: è il miglior ateneo statale (Il Cittadino)
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L’Università di Siena è il miglior ateneo in Italia, eccellenti i corsi ad Arezzo (La Nazione)
Classifica delle Università. Siena è regina d’Italia, bene anche Firenze e Pisa
L’Università di Siena 4° in Europa per Times Higher Education
Classifica atenei statali medi e piccoli: primi posti per Siena e Camerino
Visto che ci sono alcuni politici senesi e qualche blogger che continuano a parlare della città in toni catastrofici mettendo nel sacco delle corbellerie anche lo stato del nostro Ateneo, ecco che giunge a fagiolo la classifica stilata come ogni anno dal Censis…
Rabbi Jaqov Jizchaq. … gaudemus, ma perché brandire queste classifiche per dire che tutto va bene madama la marchesa?? A parte il titolo “Quarta in Europa”, cioè immediatamente dopo Oxford, Cambridge e La Sorbonne (sesquipedale “corbelleria” palesemente, quanto ovviamente, fasulla: in Europa, secondo Times Education, Siena staziona tra il 51° e il 75° posto, che, a scanso di equivoci, è già un risultato molto incoraggiante!), la domanda è a chi serva tanta piaggeria. Singolare l’ultimo articolo citato, dal quale si evince che sugli elevati standard qualitativi della ricerca e della didattica erogata all’università (quella che ancora ha la possibilità di essere erogata), non ha evidentemente alcuna influenza l’opera di chi quei risultati scientifici e didattici li ha prodotti, se vile disfattista che non ritiene di vivere nel migliore dei mondi possibili. Né è chiaro perché il gramsciano “pessimismo della ragione” dovrebbe risultare offensivo (“che sempre allegri bisogna stare, il nostro piangere fa male al Re”). Evidentemente solo chi si astiene da ogni forma di pensiero, o aderisce al Pensiero Unico, prêt-à-porter è da considerare un buon cittadino e un docente con elevati H-index, da leggere come “indice di ottimismo”. Però sarebbe interessante sapere:
1. Quali sono le “corbellerie” divulgate da questo blog, dove mi pare di constatare lo sforzo di sostenere ogni argomento con dati pubblicamente accessibili e facilmente verificabili, lontano dallo stupidario quotidiano dei luoghi comuni. La prima “corbelleria”, ovvero il primo dato allarmante è la sparizione di quasi il 40% del corpo docente di ruolo a casaccio (ad oggi risultano 664 professori confermati, a fronte degli oltre 1000 che furono), con interi settori non esattamente trascurabili entrati in crisi: una metamorfosi dell’ateneo ancora in corso e dell’approdo incerto e un problema che impone di tenere ben vigile l’attenzione, anziché bamboleggiarsi con le classifiche del CENSIS.
2. Perché tali presunte “corbellerie” le si attribuisce ad una non meglio precisata “destra”, e se uno “de sinistra” dovrebbe per caso essere contento di quello che è successo a Siena, non nutrire alcuna riserva sull’applicazione della riforma Gelmini, non covare alcuna preoccupazione, soprattutto se nella bufera ci si è trovato in mezzo, dalla parte di chi ha dato più che ricevere (ci sarebbe anche da chiedersi quanto “de sinistra” sia certa gente, ma transeat…). A forza di dire che “tutto va bene”, il centrosinistra è stato estromesso dalla guida del comune, non ad opera dei marziani, bensì dei cittadini che evidentemente non ne erano convinti;
3. Se chi in questo ateneo ha contribuito, in un decennio di pesante difficoltà, a quei successi didattici e scientifici di cui la politica, distorcendoli, subito si appropria, ha diritto o no, non considerandosi un minus habens bisognoso di tutela, di esprimersi sui problemi e sulle scelte culturali ed organizzative che lo/la riguardano in modo diretto e sulle quali ha sufficiente competenza per discuterne sensatamente, senza ricevere minacce ed ostracismi;
4. Perché ogni tentativo di pubblica e civile discussione nel merito (cioè senza brandire astratte “classifiche” distrattamente leggiucchiate o vacui ideologismi) debba essere sempre soffocato da una nube tossica di livore fazioso, o tacciato di empietà, se si discosta dal Pensiero Unico delle gazzette, fatto di assolute banalità o di asfissiante demagogia.
5. Se in definitiva ogni tentativo di interlocuzione dialettica debba essere considerato un reato di lesa maestà, tanto da essere additati come sospetti (con ciò che ne consegue). Il “così è se vi pare”, oppure “zitto e mangia”, non si addicono all’istituzione universitaria: “vogliamo che sia la palestra di cittadinanza voluta dai Costituenti, o un vivaio di servi armati di burocratiche “competenze”?”, si chiede Salvatore Settis.
Paventando dunque di vedere a breve Zelig-Salvini che si fa un selfie anche dalle finestre del rettorato, o la Meloni che reclama l’uso della tortura durante gli esami, mi domando se non sarebbe il caso di assumere un atteggiamento meno infantilmente demagogico. Ma oggi brindiamo e attacchiamoci al CENSIS, felici che tutti i problemi di cui si è cercato qui di discutere, a Siena siano solo l’incubo di qualche “blogge”.
P.S. Involontariamente sarcastico (in cauda venenum) quel: “bene anche Firenze e Pisa”. Sembra anzi che Pisa e Firenze si accingano ad essere annesse a Siena.
«L’ottimismo comporta pur sempre una certa dose di infatuazione, e l’uomo di ragione non dovrebbe essere infatuato.» Norberto Bobbio
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Alcune geniali azioni di Angelo Riccaboni per il risanamento dell’Ateneo senese
Marco Sbarra. Caro Professor Grasso, vorrei esprimerle il mio dispiacere per l’esito del processo e la speranza che quello di secondo grado possa essere a Lei favorevole.
Ora il professor Riccaboni, dopo aver così bene operato nell’Università di Siena, avrà la possibilità di mettere in mostra le sue indubbie qualità manageriali nel governo del Monte. Finalmente, grazie alla sua riconosciuta indipendenza dal Sistema Siena – l’elemento magmatico che ha “liofilizzato” pure l’Università – la Città riavrà una banca pulita, efficiente e rispettosa dell’etica.
Coraggio Professore, tenga duro e continui ad esserci d’esempio come uomo libero e coraggioso.
Rabbi Jaqov Jizchaq. C’è sicuramente l’esigenza di fare luce sul passato, ma ancor più pressante è l’esigenza di “fare luce” sul futuro. I dati parlano chiaro: i docenti di ruolo oggi sono poco più di 600, dunque perdita di 400 docenti su 1.000 a casaccio e smantellamento di intere aree scientifiche solamente a causa dell’anagrafe: anzi, chi meno mangiò al tempo delle abbuffate, quello risulta adesso più penalizzato. Anche chi dice che il numero è quello “giusto” per un piccolo ateneo, dovrebbe spiegare “giusto” per cosa, giacché si tratta semplicemente di quelli che non sono andati in pensione, senza dunque particolari affinità, che non siano quelle anagrafiche. Chi, sovente per puro caso, è sopravvissuto al terremoto, ha maturato un’insana idea di predestinazione e di onnipotenza, ritenendosi talvolta autorizzato a calpestare la dignità altrui.
E poi ci si dovrebbe chiedere se nella cornice della politica universitaria oramai consolidatasi, a prescindere dal colore dei governi (prossimo ministro: Superciuk, l’eroe dei fumetti che rubava ai poveri per donare ai ricchi), un “piccolo ateneo” povero ha una qualche possibilità di sopravvivenza, insistendo in un territorio dove nel raggio di cinquanta chilometri vi sono altri due grandi atenei ricchi. Dopo la débacle della perdita del 40% dei docenti, il reclutamento è ripreso a scartamento ridotto (non al livello di oltre il 50% come nei grandi atenei finanziariamente “virtuosi”, a causa del gravame dei debiti che ancora pesano su Siena). E poi in quali settori? Ci sono le emergenze, e poi c’è semplicemente la legge del più forte e la lotta per la vita, come Tarzan nella giungla.
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