Le sottoscriventi OO.SS. avrebbero molto da dire su quanto avvenuto in Consiglio di Amministrazione e non solo. Ma inorridiscono di fronte alla palese falsità del seguente passo delle dichiarazioni del Rettore:
«In tema di stipendi, va ricordata l’impossibilità, dovuta alla normativa in vigore, di erogare il trattamento economico accessorio al personale tecnico e amministrativo nell’anno 2011. Questo avviene, peraltro, in un Paese dove gli stipendi della Pubblica Amministrazione sono già mediamente molto bassi. Consapevoli dell’importanza di tale componente salariale, tale cifra è stata iscritta a bilancio, sia nel 2011 che nel 2012, nella speranza che presto il vincolo posto dalla normativa possa essere quanto prima sbloccato».
Non esiste alcuna normativa che impedisca di erogare il trattamento economico accessorio. La cosa è dimostrata in modo palmare dalla circostanza che l’Università degli Studi di Siena è l’unica amministrazione pubblica in tutta Italia che non eroga il trattamento accessorio ai propri dipendenti. Quindi delle due l’una: o siamo gli unici in regola con questa fantomatica normativa (quello che sembra sostenere il Rettore) oppure siamo gli unici in palese contrasto con la normativa (che è quello che sosteniamo noi da quando è stata sospesa l’erogazione). Inutile, ma lo facciamo lo stesso, a questo punto, osservare che l’Amministrazione continua ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare ciò che non è assolutamente giustificabile e cioè che ha messo in atto una prepotenza col massimo disprezzo nei confronti dei lavoratori e delle loro famiglie messe seriamente in difficoltà da scelte unilaterali lontane da qualsiasi senso dell’equità e dell’opportunità.
Cisal, Cisapuni, Flc-Cgil, Ugl, Uil-Rua, Usb
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“La Signora, il Rettorino e la Brigata spendereccia (o godereccia)”
Vorrei ringraziare codesti signori (meglio tenerli alla “giusta” distanza!) per avermi sottratto (forse il vocabolo giusto sarebbe …) secondo termini di ” Legge” la mia parte di salario accessorio; avevo accumulato per la fine di quest’anno, di onesto lavoro, un bel “gruzzolo virtuale” che tutto sommato mi serviva solo per pagare le consuete scadenze di mutuo casa, assicurazioni varie, spese mediche, ecc., che ora mi vedo requisito da detti “figuri” (se “lor signori” lo desiderano posso fornire i relativi bollettini da pagare!). Ma intravedo, in lontananza (meglio stare alla larga!), le loro indistinte e sfocate sagome, in uno dei canti del sommo poeta, che se la memoria non mi “inganna”, è la VII bolgia:
Percoteansi ’ncontro; e poscia pur lì
si rivolgea ciascun, voltando a retro,
gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».
Così tornavan per lo cerchio tetro
da ogne mano a l’opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro;
e più indietro, Pluto con la voce chioccia:
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»
Ma alla fine:
quel savio gentil, che tutto seppe
disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia».
Ma cosa state aspettando, lo ascender questa roccia?
P.S. FLASH MOB “ora e subito!”
«Abbiamo un risparmio complessivo di 10 milioni, il prepensionamento ha portato all’uscita di 80 docenti con riduzioni dei costi nel 2012 di 6,2 milioni”. Anche sul fronte del personale tecnico amministrativo si sono registrati risparmi con la mobilità volontaria che ha portato al trasferimento di 50 persone: “Nel cda abbiamo valutato la possibilità che si possa potenziare il piano di prepensionamento con un programma definito che guidi i processi e non li lasci al caso.» Il Magnifico
E vai col liscio… ottanta prepensionati (in arrivo altri), pensionamenti naturali, esodo cospicuo di docenti che tornano alle loro sedi d’origine… il tutto col turn over bloccato: vorrà dire che insegneranno gli uscieri. Non tutti hanno infatti ventidue professori di ruolo in un solo settore disciplinare e anzi, è più verosimile che in molti casi ne siano rimasti solo uno o due. E bisognerebbe vedere se e dove la quantità ha prodotto anche la qualità: voglio dire, in passato l’università di Siena ha prodotto delle eccellenze, che magari in termini economici sono costate, è vero, ma che hanno prodotto benefici di cui tutti, consapevoli o meno, hanno goduto: potrei dunque capire una dissipazione di danari per costruire, che so, un bel tunnel per farci passare i neutrini a tutta birra e poi scoprirli con cinica soddisfazione in eccesso di velocità (l’autovelox segnala che si è superata la velocità consentita di 299 792,458 km/s): ma voi, mi dite quali eccellenze, quali “scuole”, quali fondamentali risultati, quale elevazione spirituale ha prodotto la dissipazione di risorse che ha generato il famigerato “buho”? Torno a ripetere: i requisiti minimi mussiano-gelminiani impongono venti docenti distinti per ogni corso di laurea e trentacinque (minimo) per un dipartimento; molti dipartimenti, con lo scioglimento delle facoltà e il varo dei “megadipartimenti”, sono spariti e di corsi di laurea se ne sono già stati chiusi in questi anni a decine (ed è opinabile che siano stati tutti “inutili”, se andate a vedere molti di quelli che sono rimasti in piedi: dove sono finiti i critici dei corsi sul “bue muschiato”?): a forza di asportare pezzi di ciccia che si reputava “inutile” in un paziente in sovrappeso, siamo infine arrivati all’osso, e l’unica possibile azione d’ora in poi è l’amputazione totale. Quello che si sta determinando, come ho già scritto, è a mio modo di vedere raffigurabile come una specie di “formaggio groviera”, con buchi che non si possono tappare perché il turn over è bloccato (si sbloccherà in futuro, forse, quando il paziente sarà deceduto e putrefatto, e a noi non è dato far risorgere Lazzaro). Rispetto a tali requisiti minimi, la fuoriuscita di docenti per diversi motivi, è come un baco, una specie di tarlo che rode le gambe del tavolo, fino a farlo cadere: cosa vuol dire “procedere ad altri prepensionamenti”? Se continuano a chiudere altri settori, altri insegnamenti, altri corsi di laurea… cosa si inventeranno per rendere attraente questo ateneo? E poi a questo punto dovranno decidersi su cosa farne delle decine di docenti non prossimi alla pensione che qui a Siena non hanno più nessuno scopo di rimanere. Pensano di proseguire a oltranza con la politica degli “accorpamenti” fantasiosi e cinobalanici, per poi magari osare sciacquarsi la bocca con “l’eccellenza”? Il sistematico ricorso, divenuto insopportabile, agli “accorpamenti”, succedaneo della mobilità che non c’è, oramai mostra la corda: sono operazioni di breve momento, dissimulate attraverso uno smodato culto della oramai soverchiante burocrazia, e consentite da una certa povertà culturale e (passatemi il termine) spirituale del mondo che le accoglie. All’inizio si diceva: “accorpiamo, buttiamoli di qui o di là”. Ciò è conforme al dettato di Bologna, di Lisbona, di Dublino o che so io; ma sono oramai anni che si “accorpa” e quello che abbiamo ottenuto è da un lato minestroni incommestibili, e dall’altro tanta gente completamente fuori posto a chiedersi “che ci faccio io qui?” Per quanto riguarda i professori, naturalmente, il discorso della mobilità è più complicato che per gli amministrativi, perché nonostante tutto, ancora non è che si può trasferire un odontoiatra ad insegnare filologia italiana (che sennò avremmo i famosi dentisti-dantisti), né un biologo ad insegnare elettronica, giacché di simili geni polimorfi non ne abbiamo poi tantissimi (e quelli che abbiamo, andrebbero dissuasi), così, come spero che nessuno di voi aspiri ad essere operato di cistifellea da un avvocato (razza questa, specializzata semmai nei salassi): dunque la mobilità ha un senso principalmente fra atenei, e tra atenei contigui non sarebbe nemmeno un dramma. La mobilità interna all’ateneo del resto, sarebbe possibile solo sopprimendo alcune sezioni distaccate, cosa che per complicati baratti politici si guardano bene dal fare. Ma anche questo ho l’impressione che oramai non basterebbe più: il sospetto, come dicevo dianzi, è che oramai toccherà riprogrammare le sedi universitarie, quantomeno a livello regionale. Se del resto guardiamo allo “spread” ed altre smorfie del genere, ci rendiamo conto che il futuro è piuttosto buio: insomma, temo che ci attendano altri tagli e basta, quindi è inutile attardarsi in minuetti e cincischiamenti. Chi potrebbe, almeno in linea di principio, con la disoccupazione e la cassa integrazione dilaganti e i licenziamenti sempre più “facili” (questo il nostro radioso avvenire in Eurolandia), obiettare ad una simile idea di “mobilità”? Per coloro che hanno alle spalle lunghi anni di precariato, trascorsi rimbalzando in varie sedi, in Italia e all’estero, la pretesa di una totale inamovibilità risulta un po’ agghiacciante e surreale. Non capisco che gusto ci proverebbero a rifiutare una prospettiva del genere, qualora si prospettasse, coloro che devono restare in servizio altri vent’anni o più, ai quali è stato detto in vari modi che qui non potranno costruire più niente, né per loro, né per gli altri: è meglio affogare tutti assieme, piuttosto che provare a salvarsi tutti assieme?
Io continuo a ripetere dunque, che a mio avviso la soluzione al problema del graduale sgretolamento di diversi comparti dell’università senese a seguito dei buchi creatisi per via dei pensionamenti o delle richieste di trasferimento, a questo punto non può essere solo locale. Forse il caso di Medicina è diverso e merita riflessioni più approfondite, perché legato anche a problematiche extra-accademiche, ma per il resto, visto che la prospettiva, non solo senese, è quella di avere decine di professori e ricercatori afferenti alle “contrade morte”, disseminati qua e là, entro entro quel “formaggio groviera” che si va delineando, a causa di defezioni di vario genere, oramai a livello regionale, non costituendo, in ciascuna sede, la massa critica che le leggi vigenti considerano necessaria per tenere aperte strutture didattiche e di ricerca. Considerato poi che, anche se formalmente certi indirizzi o corsi di laurea esistono ancora, non esistono più nella sostanza (un’apoteosi della vaghezza), se non vogliamo che certe, talvolta consolidate tradizioni, si perdano, l’unico modo è quello concentrare gli studiosi “in esubero” (ma che linguaggio tocca usare…) che ancora abbiano voglia di fare qualche cosa, in una o due città della regione, attraverso una programmazione delle sedi che si svolga appunto, almeno a livello regionale (l’alternativa sarebbe, come ho già detto, assumere la imbelle contemplazione della putrefazione a “politica di risanamento”).
Credo che l’unica ragione di non pagamento dell’accessorio sia la carenza di liquidi. Cosi come ai docenti mancano gli scatti. Ma che c’è una enorme crisi i sindacati lo hanno capito? Perché buttare dentro centinaia di persone senza avere i soldi per pagarli genera questi problemini. Ora certo è Riccaboni che non paga ma chi ha fatto assumere tutta sta gente?
«Credo che l’unica ragione di non pagamento dell’accessorio sia la carenza di liquidi.» Cal
Ti sbagli! L’unica ragione, esposta in modo inequivocabile da Riccaboni, è: «l’impossibilità, dovuta alla normativa in vigore, di erogare il trattamento economico accessorio al personale tecnico e amministrativo nell’anno 2011.» L’incazzatura dei sindacati deriva proprio dall’inesistenza (a loro dire) di una normativa del genere.
«Perché buttare dentro centinaia di persone senza avere i soldi per pagarli genera questi problemini. Ora certo è Riccaboni che non paga ma chi ha fatto assumere tutta sta gente?» Cal
Ma quando tutto questo avveniva, Riccaboni era forse nel Burundi? Come presidente del Nucleo di Valutazione interno, avrebbe dovuto «valutare la gestione amministrativa, le attività didattiche e di ricerca, gli interventi di sostegno al diritto allo studio» e non lo fece. Sempre come presidente del Nucleo di Valutazione avrebbe dovuto valutare i bilanci consuntivi di Tosi e non lo fece. In seguito, come Preside, ha approvato senza fiatare, in Senato Accademico, tutte quelle assunzioni di cui ci si lamenta oggi, prima ad opera di Tosi, a tempo determinato, e dopo, da Focardi, a tempo indeterminato.
Ecco perché condivido totalmente quanto affermato dal curatore del blog nel post (11 novembre 2011): «E anche se Riccaboni, al momento, non è tra i destinatari di un avviso di garanzia, appare quanto mai opportuna una dichiarazione per escludere ogni sua forma di responsabilità nel dissesto dell’ateneo, in considerazione del ruolo svolto come presidente del nucleo di valutazione, preside di Facoltà e presidente del Cresco.»
Infine, come mai i lettori di questo blog, proprio sui punti cruciali delle responsabilità (come quelle di Riccaboni e di altri) sorvolano concentrandosi su temi che non hanno più bisogno di essere approfonditi, ormai s’è detto tutto. Ditelo con chiarezza: Riccaboni è o non è responsabile del dissesto? Quanti occhi, orecchie e bocche ha chiuso quando si approvavano quei provvedimenti, a firma Tosi e Focardi, che hanno portato alla bancarotta il nostro Ateneo?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/04/la-%E2%80%9Cbuona%E2%80%9D-coscienza-di-don-verze/175106/
@ Ghinacco
Vanno bene le questioni di principio, ma se i soldi non ci sono che cambia? Stiamo facendo polemiche su cose che hanno poco senso secondo me.
@ Barbicone
Io penso che Riccaboni fosse là durante la fase di dissesto. E che quindi qualche responsabilità ce l’abbia anche se non era lui che decideva. Erano altri e durante il periodo al nucleo ha più volte avvisato degli incombenti squilibri pur basandosi sui bilanci falsi della ragioneria.
@ Cal: «non era lui che decideva»
Altri, eseguendo “ordini superiori” hanno commesso ignobili nefandezze, meno male che qui si tratta di innocui bilanci.
«Soppressa l’Inpdap… Addio a Enpals e Inpdap, si va verso il ‘Super-Inps’: saranno trasferiti all’Istituto anche personale e risorse finanziarie. È quanto prevede una bozza del decreto-manovra all’esame del Consiglio dei ministri in corso in queste ore a palazzo Chigi»
Scusate, ma il San Niccolò, non è dell’Inpdap? E ora che succede?
«Infine, come mai i lettori di questo blog, proprio sui punti cruciali delle responsabilità (come quelle di Riccaboni e di altri) sorvolano concentrandosi su temi che non hanno più bisogno di essere approfonditi, ormai s’è detto tutto.» Barbicone
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Io no. Mi pare di aver scritto su temi intorno ai quali, non solo non si è discusso un granché, ma addirittura è scesa la più totale e inquietante omertà: eppure, al di là del giusto e persino piacevole dibattito su quante frustate o anni di galera meriterebbero i responsabili del “buho”, temo che il futuro di questo ateo (e soprattutto di un congruo numero di persone che ci lavorano) dipenda essenzialmente dalla risposta a quei quesiti: ignorarli è un segno di miopia senza precedenti che purtroppo accomuna carnefici e vittime. L’idea che si sono fatti alcuni, di poter sopravvivere mentre mezzo ateneo sprofonda, appare vieppiù puerile.