Tutta la tecnologia “touch screen” è nata in laboratori pubblici e l’innovatività dei giganti della Rete si vede solo nei trucchi usati per evitare le tasse

RampiniRetepadronaConoscere i nuovi Padroni dell’Universo per imparare a difendersi

Federico Rampini. La deriva che porta la Rete sempre più lontana dagli ideali libertari, egualitari e antimercenari dei suoi fondatori si accompagna a un’ideologia privatistica che è un’impostura. La Silicon Valley oggi vive un’orgia di autocompiacimento per il suo dinamismo imprenditoriale, gli “spiriti animali” del suo capitalismo innovativo. Dimenticandosi quanto lo Stato abbia avuto un ruolo decisivo, trainante, insostituibile. E non solo nella genesi di Internet, che non esisterebbe nella sua forma attuale senza l’iniziativa originaria che fece capo al ministero della Difesa americano. Ma il ruolo dello Stato è andato ben oltre. Una ricercatrice italoamericana, Marianna Mazzucato, ha dimostrato che Steve Jobs ha potuto sviluppare gli iPod, iPhone e iPad grazie a ricerche finanziate dal settore pubblico. Tutta la tecnologia “touch screen” – quella per cui diamo i comandi agli smartphone e ai tablet sfiorando la superficie dello schermo con i polpastrelli delle nostre dita – è nata in laboratori pubblici. È una storia che si ripete dalle origini della Silicon Valley, che esiste perché nella Seconda guerra mondiale l’America spostò in California una parte delle sue risorse di ricerca scientifica a scopi bellici (il primo avversario da sconfiggere era il Giappone nel Pacifico).

Quel che è vero per l’elettronica, l’informatica e Internet è altrettanto valido nel campo delle biotecnologie, altra industria portante della Silicon Valley. Nell’era più recente, dal 1993 al 2004, il 75% delle scoperte più innovative è stato generato nei laboratori del National Institutes of Health sotto gestione federale, non nelle aziende biotech private. Eppure le risorse per la ricerca di base oggi si stanno riducendo anche in America, perché il privato prevale sul pubblico. Quanta ricerca “pura” sta finanziando Facebook, al servizio dell’innovazione? Con una valutazione di Borsa superiore ai 100 miliardi, Facebook può permettersi di staccare un assegno da 19 miliardi per una singola acquisizione di una piccola start up come WhatsApp. Quanta ricerca si sarebbe potuto finanziare con quei 19 miliardi? La retorica dei giganti della Rete, come Google e Apple, Facebook e Amazon, esalta la loro funzione innovativa. Nella realtà questi gruppi capitalistici si sono appropriati a fini di profitto anche dei “terreni di pascolo comune” che sono gli investimenti statali per la ricerca. E quando si tratta di dare allo Stato una parte dei loro proventi, l’innovatività si vede solo nei trucchi usati per evitare le tasse.

Elezioni bulgare anche per la rappresentanza studentesca negli organi di governo dell’Ateneo senese?

Kris-Cipriani

Elezioni universitarie senza rappresentanza

Kris Cipriani (Gioventù Universitaria). Prima che da ex membro del Consiglio di Amministrazione, mi trovo costretto con grande rammarico a scrivere da studente questa lettera, a breve distanza di tempo dalle mie dimissioni rese al Consiglio di Amministrazione dell’Università di Siena. Il mio auspicio, rendendo le mie dimissioni, era quello di garantire la possibilità a tutti gli studenti di vedere finalmente la realizzazione di elezioni studentesche trasparenti, partecipate e utili al normale e regolare funzionamento degli Organi di governo dell’Ateneo. L’Associazionismo studentesco, concretizzato nella Rappresentanza studentesca, è una componente fondamentale della vita universitaria, perché oltre a facilitare il compito di comunicazione e informazione all’Amministrazione, è imprescindibile per l’esercizio di difesa dei diritti degli studenti e della loro tutela, senza menzionare il carico di lavoro e di responsabilità che viene portato avanti con l’organizzazione di eventi, dibattiti, approfondimenti. Il mio mandato è stato concluso rivendicando il senso di Responsabilità, attaccamento alle Istituzione e alla cosa pubblica, che ho portato avanti sia come Rappresentante sia come Presidente di Gioventù Universitaria, tra le cui fila conta decine di militanti, simpatizzanti e centinaia di votanti, con i quali l’Associazione ha espresso sempre un numero copioso di Rappresentanti e fatto rappresentanza.

Ad oggi, dopo una comunicazione inviatami dall’Ufficio Responsabile delle Procedure Elettorali, vedo l’esclusione della mia lista dalla competizione elettorale negli Organi di Governo dell’Università degli Studi di Siena, anche dopo che all’unanimità il Consiglio Studentesco si era espresso evidenziando le stesse criticità e anomalie dai Noi sottoposte. Il mio stupore, oltre ad essere condiviso da tutti i membri della mia stessa Associazione e da tanti studenti, è accompagnato da un profondo senso di perplessità, dopo che avevamo più volte, in via ufficiosa in un primo momento, e sotto forma scritta poi, evidenziato delle difficoltà e delle anomalie oggettive sia ai diversi uffici competenti sia all’Amministrazione. Non abbiamo potuto verificare e consultare la documentazione che quanto prevede il Decreto Elettorale, doveva essere pubblicata sull’Albo Online secondo le modalità e le tempistiche previste dallo stesso. La poca chiarezza e la mancata pubblicazione di documentazione ha portato, infatti, alla scarsa candidatura di tanti studenti legittimati a farlo e, probabilmente, alla totale assenza di liste nei tanti Comitati e Dipartimenti. Gli studenti, che non erano scritti sulle liste dell’elettorato attivo e passivo, oltre che segnalarlo alle segreterie, non si sono potuti rivolgere alla Commissione elettorale perché mai riunitasi e formalizzata. Per mancanza di chiarezza e flessibilità, come, purtroppo, succede in Italia, le vie tortuose della burocrazia rischiano di minare la Democrazia e la Rappresentatività nella vita pubblica. Confidiamo nel buon senso e nell’intenzione del Rettore e dell’Amministrazione di risolvere quanto prima la vicenda, non incorrendo nel rischio di assistere ad elezioni con una sola lista concorrente agli Organi di Governo o peggio ancora illegittime e irregolari.

Per ricordare Alessandro Mastrangelo, studente universitario di “Geologia”, scomparso ieri

Alessandro Mastrangelo

Alessandro Mastrangelo

Abbiamo scelto, per ricordare Alessandro, le parole di chi lo ha seguito negli anni della sua formazione scolastica presso il “Sarrocchi” di Siena. I funerali si svolgeranno martedì 18 novembre alle ore 10,00 nella Chiesa di S. Ansano a Dofana, Loc. Casetta, Siena.

Emanuela Pierguidi e tutta la comunità del Sarrocchi. Ieri, dopo una breve dolorosa malattia, è morto Alessandro Mastrangelo, uno studente del Sarrocchi che si era diplomato qualche anno fa e a cui tutti eravamo molto legati. 
Alessandro, nonostante i problemi di salute, aveva affrontato gli anni del Liceo con grinta e allegria, sostenuto dai genitori e dall’affetto di compagni e professori. Ha superato le difficoltà con tenacia e impegno e non si è ma nascosto dietro ai suoi problemi di salute. 
Oggi che è volato via, come una di quelle farfalle di cui era studioso competente e appassionato, lascia un gran vuoto nei nostri cuori, ma anche un grande esempio di vita.
 Una vita vissuta pienamente con la certezza che tutto si può raggiungere con la forza di volontà, l’amore e l’amicizia. 
Non ci sono parole per esprimere il dolore, la tristezza, lo smarrimento che pervadono me e tutti coloro che lo hanno conosciuto. 
A mamma Doris e a babbo Domenico vogliamo far sentire l’abbraccio fortissimo di tutta la comunità del Sarrocchi che oggi si stringe intorno a loro e al loro dolore.
Ciao Alessandro, farfalla meravigliosa volata via troppo presto, 
porteremo nei nostri cuori la tua dolcezza  e il tuo sorriso.

In fondo ai tuoi occhi. La morte di un ragazzo di venti anni è uno di quegli eventi che nessuno vorrebbe mai raccontare e neppure vivere. In particolare se questo ragazzo è Alessandro Mastrangelo, 20 compiuti un mese fa, un ragazzo speciale, dal cuore d’oro che dopo aver affrontato già alcune difficoltà nella sua breve vita, non è riuscito a superare l’ultima, una importante operazione effettuata a Genova. Alessandro è figlio di Doris Hadistjilianou, la dottoressa responsabile del centro di riferimento per il retinoblastoma nel reparto di Oculistica dell’ospedale “Le Scotte” di Siena, e di Domenico Mastrangelo, medico, ricercatore che ha dedicato buona parte della propria vita e dei propri studi a trovare soluzioni alla cura del tumore che colpisce agli occhi i bambini in età pediatrica. Doris e Domenico sono due punti di riferimento per la nostra associazione che si stringe a loro in un grande e forte abbraccio. Momenti simili non sono semplici da affrontare e le parole non servono mai a consolare né a spiegare il dolore. Per questo vogliamo soltanto dire: «Ciao Alessandro che la terra ti sia lieve».

Il solito silenzio assordante sullo stato di salute dell’ateneo senese

Altan-mismuovoRabbi Jaqov Jizchaq. Il “radioso avvenire” che ci attende, senza troppe illusioni, è questo:

«Ricercatori precari a vita solo uno su cento ce la fa. Effetto perverso delle riforme in serie: la stabilizzazione negli Atenei è una chimera. Solo un ricercatore precario su 100 nelle università italiane ha davanti a sé una possibilità vera di stabilizzazione, gli altri 99 stanno perdendo tempo» (La Stampa, 3 novembre 2014)

Le nubi sul futuro mi paiono dunque tutt’altro che diradate; i finanziamenti diminuiranno e i problemi restano sul tappeto; a parte alcuni grossi atenei, gli altri paiono destinati a vivacchiare. Comunque, noto il solito silenzio assordante che accompagna ogni notizia, bella o brutta, sullo stato di salute dell’ateneo, rotto a tratti da moti rapsodici di esultanza, o da stantie battute di dileggio. Sarà una forma di “pruderie”, di affettato ed ipocrita pudore, ma di quello che sta succedendo realmente pare vietato parlarne.

“Eh so’ troppi, guadagnano un fottìo di quattrini e un fanno una sega; du’ ore di lezione, e poi al bar!”, ribadisce il genius loci, attossicato dall’acquavite come i Pellerossa d’America. Eppure all’Università di Siena non entra un “giovane” da dieci anni quasi. In compenso, di giovani ne sono stati buttati fuori parecchi. Quasi tutti. Età media, quella di Matusalemme. Quelli che (forse) entreranno nei prossimi anni saranno una quota infinitesima, e tutti in settori accademicamente e politicamente forti, ove sono rimaste in piedi gerarchia, catena di comando e potere accademico, mentre il 50% dei docenti che va in pensione e l’offerta formativa si impoverisce ulteriormente in modo drammatico.
E poi starei attento a certe generalizzazioni, perché anche tra i docenti di ruolo (“privilegiati”, entrati prima che si fermasse tutto, anche se giunti esangui al traguardo dopo innumerevoli anni di precariato a pane e acqua), ve n’è per tutti i gusti e tutti gli stipendi, tra i 1.700 e i 10.000 euri. Ce ne sono alcuni che, pur essendo gerarchicamente pari grado di altri, avendo avuto la fortuna di vivere quando ancora c’erano gli scatti, per il solo effetto dell’anzianità guadagnano incomparabilmente più dei loro sfortunati colleghi che sono venuti dopo (oltre ad averci la pensione assicurata): due epoche, due mondi, prima del diluvio e “àpres le déluge”.

Soprattutto, a Siena circa il 50% (e scusate se è poco), è costituito da ricercatori (prego verificare nel sito MIUR), congelati nel freezer da un decennio nella vana speranza, forse, che non invecchino, già pesantemente barcocchiati e colpevoli solo di essere venuti al mondo dopo una certa data; buona parte di costoro non sanno cos’è uno scatto stipendiale, non hanno avuto e non avranno alcuna prospettiva di carriera e non avranno mai una pensione.
Voglio sperare non si sia così inetti, da pensare che la prospettiva di vivacchiare per il resto dei propri giorni, pur percependo un modesto salario, sia in cima ai desideri di ogni “giovane ricercatore” (locuzione oramai vuota, visto che, come già ricordato, sono quasi dieci anni che a Siena non entra stabilmente un “giovane”), anche perché oramai gli aguzzini dell’ANVUR non lo consentono. Chi ci riesce perciò scappa, accentuando le voragini nella didattica e nella ricerca.

Silenzio di tomba da parte di politici, accademici e OO.SS, e una discussione rivolta al futuro, alle prospettive, agli indirizzi, ma in termini concreti ed operativi, cioè al di là degli slogan, personalmente non l’ho ancora sentita. È del tutto evidente che, prescindendone, non si va oltre gli alti lai o gli slogan, riproducendo solo l’insopportabile teatrino che mette in scena le corporazioni e la finzione di una realtà immutata, cartapesta che copre le macerie: i “docenti” contro “TA” , “noartri” contro “voartri”, senza additare una prospettiva e perdendo di vista l’essenziale: quando la fabbrica fa fallimento e chiude gli stabilimenti, è evidente che vi sono delle ripercussioni disastrose su tutti i lavoratori (che ovviamente risultano più gravi per quelli meno tutelati) e per l’indotto, e qui pare che taluni in fondo godano, luddisticamente, nel vedere gli impianti in fiamme; godano cioè, nel tagliarsi i cabbasisi.