È un giornalista o un giornalaio chi scrive dell’Ateneo senese usando solo le veline del rettore?

Altan-merdaventilatore

Il supplemento del Sole 24 Ore (1 aprile 2015) pubblica un lungo articolo sugli atenei toscani a firma di un freelance che in rete si presenta con il seguente profilo: «Giornalista fin dal primo giorno di vita. Amante delle novità, cerco tutto ciò che ha un senso nella nostra vita. E lo scrivo. Mi lamento per tutto (tranne che per la Fiorentina)! L’anti-genio per eccellenza. Presunto giornalista o, più semplicemente, giornalaio… Ma sempre e comunque IDOLO!!!».

Peccato che, per descrivere la “nuova vita economica” dell’ateneo senese, abbia “cercato” pochissimo, niente, altrimenti avrebbe evitato tutti gli strafalcioni presenti nel suo articolo. Infatti, gli studenti (la fonte è il SIGRU, sistema informativo gestione delle risorse umane dell’Università di Siena) sono 14.793 e non 16.099; pertanto, il calo degli iscritti nell’anno corrente non è del 4% ma supera il 9%; la vendita dell’Ospedale “Le Scotte” non può essere attribuita, implicitamente, all’attuale rettore; il prepensionamento dei docenti non è opera di Riccaboni; con la “coesione interna” non si «rialza» certo l’ateneo senese, al massimo si fanno delle buone polpette, se il macinato è di buona qualità; s’è proceduto in modo oscuro all’esternalizzazione della Certosa di Pontignano, mantenendo gli oneri più pesanti per l’ateneo; la crisi, cominciata nel 2000, è scoppiata nel 2008 e non è certo «partita anche per la riduzione del fondo di finanziamento ordinario (Ffo)», il cui calo è successivo; infine, il giornalista “anti-genio per eccellenza”, invece di riportare acriticamente i risultati trionfalistici forniti dal rettore per gli esercizi 2013 e 2014, consulti i bilanci (in fondo, scrive per un giornale economico!): sarò lieto di discutere con lui se gli eventuali “attivi” siano reali o l’effetto di un sapiente maquillage. Sempre che, come scrive il giornalista freelance, «tutto ciò abbia un senso nella nostra vita».

La nuova vita (economica) degli atenei toscani (Sole 24 Ore, 1 aprile 2015, supplemento)

Niccolò Gramigni. Due su tre hanno rischiato il tracollo finanziario. Poi però – nel giro di pochi anni – sono riusciti a riportare i conti in ordine. Gli Atenei di Siena, Firenze e Pisa hanno vissuto un periodo complicato: debiti su debiti (soprattutto per Siena e Firenze), molte scelte sbagliate e un declino che sembrava inesorabile. Dopo la tempesta – anche giudiziaria, per i conti in disordine le spese fuori controllo e perfino la procedura relativa all’elezione del rettore nel 2011 – Siena è riuscita a svoltare: da un debito di oltre 200 milioni di euro, grazie a una politica rigida imposta dal nuovo corso l’Ateneo ha dimezzato l’esposizione finanziaria, che oggi ammonta a poco più di 100 milioni, di cui 71 sotto forma di mutui bancari (spalmati fino al 2026), con circa 9 milioni di avanzo nei conti 2013 e un risultato che dovrebbe essere positivo anche per il 2014. Il risanamento ha portato a diversi sacrifici, tra cui la vendita dell’Ospedale “Le Scotte” alla Regione Toscana. (…) La svolta degli Atenei toscani è, dunque, arrivata. Ecco come.

L’Università di Siena è tornata a programmare e a pensare agli studenti: oggi sono 16.099 gli iscritti, mentre i docenti sono 750 (comprendendo ordinari, associati e ricercatori), per un totale di 62 corsi di laurea. Lo standard qualitativo è alto, tanto che l’Ateneo ha guadagnato il primo posto nella classifica per premialità, a livello nazionale. «Il momento più difficile – spiega a Toscana 24 il rettore Angelo Riccaboni – è relativo al biennio 2010-11, nel momento in cui sono stato eletto. Mi aspettavo una situazione difficile, ma non così critica. Ho dovuto agire di conseguenza. Abbiamo ridotto le società esterne, così come le consulenze e i contratti esterni. Segnalo poi la diminuzione degli affitti e dei materiali di consumo. Abbiamo esternalizzato la Certosa di Pontignano: l’Università non è un ente che gestisce alberghi, per cui quelle 30 persone che erano impegnate in quel luogo sono state utilizzate per altre attività all’interno dell’Università. Inoltre abbiamo aiutato la mobilità volontaria del personale tecnico-amministrativo». 
Un lavoro complesso che ha portato anche all’aumento del carico didattico dei docenti (e al prepensionamento di parte del personale) ma il peggio è passato. “Coesione interna” ripete più volte Riccaboni, nel descrivere il motivo per cui Siena è riuscita a rialzarsi. L’Ateneo ha mantenuto livelli qualitativi alti: «Gli studenti di Siena hanno una certa genialità» commenta con soddisfazione Riccaboni. Nonostante una flessione del 4% del numero di iscritti rispetto allo scorso anno e la razionalizzazione dei corsi di studio, Siena viene scelta per la qualità e l’impatto dei prodotti scientifici realizzati. E adesso? Il bilancio 2014 sarà in equilibrio (nonostante la previsione annuale di -19 milioni per il 2014 e -15 per il 2015, previsioni decisamente prudenti), anche grazie al Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) dello Stato e all’aumento di 4,4 milioni rispetto al 2013: un primo segnale positivo, dopo anni di flessione.
Negli anni 2009-2013 Siena ha perso infatti 15 milioni nel finanziamento statale annuo: «La crisi è partita anche per questo motivo, alcune scelte erano basate su finanziamenti che sarebbero dovuti arrivare e che poi invece nessuno ha visto» spiega Riccaboni. Che rilancia, nel nome di Siena: «Vogliamo mantenere questo equilibrio, puntare sui giovani, valorizzare i profili di chi lavora all’interno dell’Ateneo».

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (2 aprile 2015) con il titolo: Grasso scrive al giornalista che parla dell’università di Siena (Il noto professore e blogger ribatte a quanto scritto sul supplemento de Il Sole 24 Ore).

– Bastardo Senza Gloria (7 aprile 2015) con il titolo: Pubblichiamo un intervento del professor Giovanni Grasso sullo stato della comunicazione riguardo l’Università di Siena.

4 Risposte

  1. «Sono lieto di comunicarvi che oggi è stato pubblicato l’avviso per la copertura di trenta posti di professore associato, nell’ambito del Piano Straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia.» Il Rettore

    Lietamente accogliamo la notizia, ma siccome siamo soliti cibarci di un sano e genuino scetticismo, piuttosto che di tossica propaganda, essa andrebbe precisata ad uso del volgo, giacché se non vado errato non si tratta di nuovi arrivi, ma di avanzamenti di carriera di gente che già era di ruolo, dunque già conteggiata per “i requisiti minimi”. Pertanto il discorso più volte sottolineato sui numeri che precipitano vertiginosamente e che imporranno di ripensare nuovamente buona parte della struttura di corsi e dipartimenti (-500 docenti circa cioè la metà rispetto al 2008 entro i prossimi quattro anni), rimane invariato: rimarranno in piedi solo i settori dove, o sono in tanti, oppure, spesso per caso, ci sono docenti relativamente “giovani”: e che cacchio di criterio “strategico”,”qualitativo” e “meritocratico” sarebbe?

    «Un lavoro complesso che ha portato anche all’aumento del carico didattico dei docenti.» Gramigni

    Ma che vuol dire? Questo signore non sa nemmeno di cosa parla: il problema non è e non era tanto quello di aumentare ulteriormente le ore (magari fosse così! Si potrebbe fare come in Germania, se siamo di meno, si lavora di più); qui, sin dal tempo di Mussi, esiste quel meccanismo infernale detto dei “requisiti minimi”: per tenere aperto un corso di studio ci vuole quell’esatto numero di docenti, secondo una precisa miscela, e se non ce lo hai, perché, come sta succedendo a Siena, va in pensione il 50% del corpo docente, chiudi bottega punto e basta, non è che puoi risolvere facendo lavorare di più quelli che restano: è la legge che non te lo consente.

    «I docenti sono 750 (comprendendo ordinari, associati e ricercatori), per un totale di 62 corsi di laurea… il peggio è passato.» Gramigni

    A parte il dato sbagliato sul numero di studenti, Gramigni dia un’occhiata al grafico “memento mori” su in alto; anche per capire che 750 docenti (di cui la metà sono ricercatori) non è il punto d’arrivo, ma una tappa intermedia di un processo di annichilimento che raggiungerà la soglia critica di sopportazione fra un paio di anni (e di reclutamento vero e proprio non mi pare si senta parlare). Alla fine, è grasso che cola se ne rimarranno i 600 previsti (sebbene un’ottantino forse diventeranno associati, in maggior parte saranno vecchi ricercatori di ruolo). Quanto ai 62 corsi di laurea, se guardate nel sito http://www.unisi.it/didattica/corsi-di-studio, questo numero assomma – a mio modesto avviso impropriamente – triennali e magistrali: ma vi pare questo il modo di presentare i dati, cioè sostanzialmente contando ogni corso due volte? Se consideriamo cicli completi di studi degli attuali ordinamenti, ad esclusione di pochi casi ove sussiste solo la triennale o solo la magistrale, i corsi di studio saranno dunque la metà. Una parte dei quali destinati a scomparire a breve termine per le ragioni suddette.

    Il peggio è passato? Cantare vittoria quando la battaglia ancora infuria, mi ricorda il trionfo prematuro di George Bush jr. a Baghdad. Temo che certi problemucci che mi sono sforzato di evidenziare nei precedenti post, neanche adombrati dall’articolo sul Sole, non inquietino solo il sottoscritto.

  2. “L’Ateneo chiude il bilancio in utile e assume settantasei professori. E’ già stato licenziato un bando per trenta associati. A breve ne partirà un secondo per altri trentacinque. A questi nuovi ingressi vanno aggiunti altre undici persone nell’area medica ecc.” (La Nazione 25 Aprile 2015)

    ….”nuovi ingressi”? Scusate, sono stato in viaggio e forse ho perso qualche puntata: a me risultava che si trattasse di avanzamenti di carriera di gente già in forze presso l’ateneo senese, non di nuovi professori. È così?

  3. …questo la dice lunga sullo stato della libertà d’espressione e di pensiero in questa città: festeggiamo il 25 Aprile, ma “veline” edulcorate di tono adulatorio e del tutto acritiche come quelle che si leggono sugli organi di stampa locale, nemmeno al tempo del fascio! Al “barre” l’uomo della strada sorseggia il suo caffè e mormora: “ma che rompono i hoglioni questi qui, se tutto va per il meglio?”. Silenzio di tomba da parte dell’intellighenzia…tutto va bene signora la marchesa.

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