Roberto Barzanti e l’università di Siena: verità, “post–verità”, propaganda e Pensiero Unico

Roberto Barzanti

Roberto Barzanti

Rabbi Jaqov Jizchaq. Leggo anche questo singolare commento di Roberto Barzanti«Non hanno ragione quanti si fregano le mani di soddisfazione per la non positiva performance nei finanziamenti ricevuti.»

Ma chi è che “si frega le mani”? Mi permetto sommessamente di ricordare che dire “piove” quando piove è semplicemente dire la verità. O siamo già entrati nell’era della “post-verità”, insomma delle panzane anche all’università (tutto va bene, e se va male, la colpa è degli alieni), ovvero nel tempio del pensiero critico, dove però il dibattito è assente? E interrogarsi sul presente e sul futuro dell’ateneo senese credo sia un diritto/dovere per chi ci lavora, specie se non è alle soglie della pensione (che non avrà mai), se ha dedicato tutta la vita alla ricerca (e non alla politica) e se la propria esistenza è e sarà pesantemente condizionata dalla crisi che sta attraversando l’università senese (dieci anni di blocco di turnover e carriere, smantellamento di intere aree scientifiche…) e dalle trasformazioni in atto nell’università italiana, riguardo alle quali dice bene Viesti: «Le decisioni prese e in corso provano che si mira a differenziare il sistema fra un nucleo limitato di atenei sui quali far convergere le risorse umane e finanziarie disponibili e tutti gli altri, abbandonati ad un futuro di difficoltà sempre maggiori. Tuttavia il Governo non ha mai pubblicato un documento che argomenti questo indirizzo.»

Mi dispiace se l’on. Barzanti mi annovera fra i disfattisti (e non amo le polemiche ad personam), non è una missione o una crociata, né devo difendere qualche interesse particolare e personale o pensi di dispensare stille di saggezza a chicchessia. Il punto è che trovo insopportabile il Pensiero Unico, la descrizione manierata e convenzionale somministrata dalle gazzette (la “post–verità”, come oggigiorno i sociologi definiscono le balle): ma quando i media riusciranno a incanalare l’informazione circa gli eventi occorsi all’ateneo senese su un binario di verità e di realismo, anziché di mera e grossolana propaganda? Non è che interrogarsi sul proprio destino, su quello della propria disciplina, sul destino dei propri laureandi e dottorandi sia sinonimo di disfattismo: al contrario, non farlo sarebbe sintomo di irresponsabilità.

Ecco come ci somministrano la (post)verità le gazzette: «Questione di merito. Università di Siena, –39% di finanziamenti statali. Pesano qualità ricerca e mancata assunzione docenti. Primato nazionale, in termini negativi, per l’Università Siena. È quanto emerge dall’elenco del Fondo di Finanziamento Ordinario del Miur, ossia quanto lo stato trasferisce agli atenei italiani sulla base di 4 criteri: qualità complessiva della ricerca, politiche di reclutamento dei docenti, qualità della didattica in relazione alla mobilità internazionale degli studenti e qualità della didattica in relazione alla quota di studenti in regola con gli studi. Sulla risultante di questi 4 criteri di valutazione, rapportati al 2015, l’Università di Siena fa un enorme passo indietro in termini relativi con il suo –39,4%.»

Sulla qualità della ricerca sono cambiati più che altro i criteri di valutazione. Ciò viene sottolineato anche da Il Fatto Quotidiano: «Con l’applicazione dei contestati Vqr 2011-2014, cambiano i parametri per la valutazione della ricerca. A guadagnare più di tutti in percentuale è l’Università per stranieri di Perugia, di cui l’ex ministro è stato rettore: +114,8%. Maglia nera Siena che perde più del 35%… La ripartizione del FFO 2016 avviene sulla base di un complesso algoritmo che non permette di capire a cosa sia dovuto l’exploit dell’università dell’ex ministra Giannini.»

Il sito ROARS fa notare che anche l’indicatore relativo alla qualità del reclutamento (20%) è misurato con la nuova metrica della VQR 2011-2014, diversa da quella impiegata nella VQR 2004-2010. Ma tant’è, e a parte l’interpretazione sadico-punitiva delle gazzette il risultato è questo.

15 Risposte

  1. Chiaro che il governo non dica la verità: lo sterminio deve avvenire in silenzio e con il consenso degli sterminandi. Chi direbbe, papale, papale, che gli atenei italiani (tranne tre o quattro) devono diventare liceoni che offrono corsi di teatro e accesso per handicappati, ma non didattica e ricerca di qualità?
    Ho l’idea che i rettori sappiano e tacciano, ovvero sappiano che i punti-organico sono destinati a rimanere tali e quali o a ridursi, ergo i pensionati non verranno sostituiti. Il loro compito è propinare questa verità a piccole dosi e gestire la dismissione dietro paroloni come informatizzazione e internazionalizzazione, startup e rapporti con il territorio.
    Nel frattempo mettono i docenti gli uni contro gli altri: io salvo il mio corso e faccio morire il tuo; cosa ci sta a fare un docente con cinque studenti (magari fisica teorica) quando io ne ho 1000 (magari storia della pubblicità); come mai si tengono un grecista e non prendono quello che fa l’inglese per l’impresa.
    Queste sono le basi di una morte di fatto (morte della scienza, intendo), anche se qualche simulacro continuerà a vivere per tener buona l’opinione pubblica.

    • Laboratori scientifici che non vengono aggiornati con nuove strumentazioni, e poi ti vengono a dire in faccia con un sorrisino da presa ….( la dove non batte il sole) che la tua ricerca non è competitiva, non ci sono risorse ed è meglio concentrarle in altre aree che maggiormente rispecchiano i bisogni del territorio….e una pacca sulla spalla!

    • Tempo di classifiche per le università d’Italia: Napoli mal messa, ultimo posto per la Parthenope
      …anche queste so’ soddisfazioni: l’università “Parthenope” arriva sempre ultima fra le pubbliche (l’ultima fra le private è risultata la “Kore” di Enna, che ha denunciato il Sole 24 ore), ma la classifica del Sole 24 ore http://www.tpi.it/mondo/italia/quali-sono-le-migliori-universita-italiane ha qualcosa di surreale: Roma “Foro italico” (prego astenersi da battute ovvie) straccia Pisa, Viterbo si classifica a pari merito con Milano, tramortisce Torino e surclassa alla grande Roma “La Sapienza”. Pavia soccombe sotto i colpi del Politecnico delle Marche, che annichilisce pure Firenze e distanzia di varie lunghezze Milano. Come mai nei ranking universitari internazionali che contano (ARWU, Times Higher Education, Quaquarelli Symonds….), oltre che nel buon senso delle nostre nonne, è tutto rovesciato? Se volete, accontentatevi di queste blandizie, ma quando–in concreto– si parla di finanziamenti, “già capite, già capite come andò”.

    • Non darei molta importanza nemmeno a questi ARWU, Times Higher Education, Quaquarelli Symonds…

  2. Ho trovato istruttivo l’ultimo consiglio cui ho partecipato; tutti insultavano gli altri, evocando la chiusura di corsi (guarda caso) altamente qualificati per tenere aperto il loro (che ha millanta studenti e il canale you tube). Non credevo, non credevo davvero, che in un paio di decenni avrei visto tanto degrado.

    • Leggo dall’articolo citato da Andrea:

      Seghezzi: “Servono degli hub della conoscenza che vadano oltre la dimensione territoriale, gestiti in maniera autonoma”

      Intervistatore: “Che governance immagina per questi competence center?”

      Seghezzi: “A livello territoriale, laddove viene individuato il centro dell’hub è importante che la gestione sia libera dai veti di player locali, pubblici o privati che siano. Una modalità potrebbe essere quella di introdurre figure simili ai prefetti …”
      http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/45237_industria-40-la-proposta-di-adapt-prefetti-per-i-competence-center.htm

      …. fantastico, un prefetto al posto del direttore di dipartimento o del rettore: anzi, per maggiore ossequio all’autonomia universitaria ed alla libertà di pensiero e di insegnamento, si potrebbe addirittura chiamare Gauleiter o Podestà. Ecco cosa sta diventando l’università. Ma a parte la “governance”, perché non si decidono a fare ‘sti “hub” regionali, se ci credono davvero? Non è che il metodo per realizzare un simile progetto può essere quello di lasciar morire per asfissia chi vive alla periferia dell’Impero.

      John Stuart Mill, nel suo discorso di Rettorato presso la St. Andrew University (1867) ebbe a dire:

      «L’università non è stata concepita per offrire le conoscenze che consentano di accedere a un particolare modo di guadagnarsi da vivere. Il suo scopo non è quello di preparare e dotare di competenze degli avvocati o dei medici oppure degli ingegneri, ma è quello di formare degli esseri umani colti e capaci.»

      Ora, a mio modesto avviso la posizione di Stuart Mill è un po’ troppo estremista, evidentemente riguarda l’università di élite dei suoi tempi, ignora gli aspetti teoretici delle scienze applicate ed il profondo intreccio, nelle scienze, fra teorico ed applicativo. Personalmente, intervenendo con diversi post in questo blog, ho al contrario sottolineato come, a mio avviso, il recupero anacronistico della contrapposizione fra “le due culture” sia un aspetto dello scadimento provincialoide del livello intellettuale di questo paese, col riemergere dal tombino di teorie che da un lato negano ogni valore conoscitivo alle scienze, oppure, dall’altro, affermano l’inutilità della cultura non immediatamente convertibile in soldoni.

      Ciò detto, mi permetto di sottolineare il fatto che con la ristrutturazione del sistema universitario mirante a confinare gli atenei medio piccoli in una dimensione di teaching universities o Fachhochschulen, o Community Colleges, o chiamatele come volete, stiamo di fatto accettando una tesi estremista uguale e contraria, secondo cui la “cultura”, astratta, speculativa non è roba per i giovani di provincia della middle class che, per dirla con Gadda, debbono essere solo “dekirkegardizzati” e messi alla produzione.

      Le polveri cosmiche così come gli strati di polvere che si addensano su antichi manoscritti, vengono in tal modo egualmente ridotte al rango di inutile sporcizia da rimuovere. Fra un po’, in nome dell’igiene e della razionalità economica, qualcuno proporrà di passare una mano di bianco sulla Maestà di Simone Martini. Questa “riforma dell’università”, stravolgimento del dettato costituzionale da nessuno votato, ha trovato zelanti sostenitori ed esegeti in un ceto intellettuale il cui atteggiamento prono, quando non l’asservimento ad interessi politici ed economici, autorizza a parlare di “tradimento dei chierici”, come dal titolo del celeberrimo pamphlet.

      Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris…

  3. «Questa “riforma dell’università”, stravolgimento del dettato costituzionale da nessuno votato, ha trovato zelanti sostenitori ed esegeti in un ceto intellettuale il cui atteggiamento prono, quando non l’asservimento ad interessi politici ed economici, autorizza a parlare di “tradimento dei chierici”, come dal titolo del celeberrimo pamphlet.» Rabbi

    Non avrei saputo dirlo meglio.
    Comunque, finché posso, non applico e invito gli uomini di coscienza a fare altrettanto. Abbiamo qualche dovere verso le materie che insegniamo e verso gli studenti.

    • http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/2035514-l-avviso-di-calenda-uniti-o-niente-fondi-intervista-a-il-piccolo

      In cabina di regia abbiamo chiamato con noi i politecnici di Milano, Torino, Bari e la Scuola di Sant’Anna di Pisa, che sono ovviamente i primi punti di riferimento. E da qui abbiamo selezionato Bologna, Napoli e la federazione degli atenei del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

    • p.s. segnalo questo divertentissimo e caustico articolo di Tomaso Montanari http://www.roars.it/online/quale-cultura-umanistica/ sul “modello Briatore” di cultura. La verità è che la “cultura” in Italia non conta più niente. Dice meglio di me quello che anche io ho tentato di dire in alcuni messaggi:

      “Cultura umanistica, creatività e made in Italy (rigorosamente in inglese) sarebbero dunque sinonimi: per conoscere il patrimonio culturale, la Ferrari e il parmigiano (tutto sullo stesso piano) bisogna essere creativi. Si stenterebbe a credere alla consacrazione scolastica di questo ‘modello Briatore’ se la relazione illustrativa del decreto non fosse ancora più chiara: «Occorre rafforzare … il fare arte, anche quale strumento di coesione e di aggregazione studentesca, che possa contribuire alla scoperta delle radici culturali italiane e del Made in Italy, e alla individuazione delle eccellenze già a partire dalla prima infanzia». Insomma: fin da bambini bisogna saper riconoscere (e, inevitabilmente, desiderare) una giacca di Armani o una Maserati. E visto che si raccomanda «la pratica della scrittura creativa», la via maestra sarebbe fare il copywriter per gli spot, o scrivere concept per reality show, per rimanere alla lingua elettiva del Miur.”

  4. …ancora sui disfattisti (ossia coloro che subiscono le conseguenze dei misfatti degli ottimisti e da questi ultimi per giunta vengono fatti segno di anatema per il fatto di non esserne contenti):

    «Gli scrittori che hanno un obiettivo, non fosse che un ritorno ai princìpi che ci vengono dal passato, quindi eterni, devono sempre sbarazzare il terreno. Perciò chiunque posi la sua pietra nel campo delle idee, chiunque segnali un abuso, chiunque denunci il cattivo per farlo individuare, questi potrebbe essere considerato immorale. Essere accusato d’immoralità, cosa che accade di frequente allo scrittore coraggioso, è l’ultima cosa che resta quando non si trova più nulla da dire a un poeta. Se i vostri quadri
    sono genuini, se lavorando giorno e notte riuscite a scrivere nella lingua più difficile del mondo, vi accuseranno di essere immorale. Socrate era immorale, Gesù Cristo era immorale. Entrambi furono perseguitati nel nome delle Società che rivoluzionavano o cercavano di riformare. Quando si vuole
    uccidere qualcuno, lo si taccia d’immoralità. Questa manovra, ben nota ai partiti, è la vergogna di tutti quelli che ne fanno uso.»
    HONORÉ DE BALZAC, Premessa a “La Commedia Umana”.

    ….naturalmente non possiamo vanagloriosamente considerarci scrittori, se non per il fatto che materialmente scriviamo, comunicando per iscritto le nostre opinioni. Tuttavia il ragionamento di Balzac si confà a chiunque esprima con ogni mezzo pensieri controcorrente, e venga perciò stesso sovente apostrofato – in una società che è adusa alle ubriacature totalitarie – come disfattista.

    • …. Facciamo dunque balzachianamente il punto della situazione, come agenda per l’anno appena iniziato, traendo spunto dai titoli della Comédie humaine:

      Le théâtre comme il est
      “Ffo 2016, cambiando l’ordine dei parametri la povertà delle università non cambia… il ministero ha sicuramente proseguito la propria politica, lasciando sostanzialmente invariati i fondi dopo gli 800 milioni di tagli dal 2008, incrementando il peso della quota premiale, che per il 2016 passa dal 20% al 22%, ed aumentando dal -2 al -2,25% le perdite massime che possono subire gli atenei. Dall’altro lato, però, il risultato della distribuzione della quota premiale contiene delle novità: la quota premiale registra forti cali per atenei ampiamente premiati negli anni precedenti, mentre aumenta in modo netto per alcuni Atenei in passato penalizzati. Tutto questo avviene non per un cambiamento della qualità di didattica e di ricerca degli atenei, ma per un semplice cambiamento delle scale utilizzate per pesare i risultati della nuova Valutazione della qualità della ricerca (Vqr 2011-2014), e per effetto delle clausole di salvaguardia, che ha portato a dei risultati maggiormente concentrati attorno al valore medio.” http://www.scuola24.ilsole24ore.com/art/universita-e-ricerca/2017-01-11/ffo-2016-cambiando-l-ordine-parametri-poverta-universita-non-cambia-192719.php?uuid=AD62WMVC&refresh_ce=1

      La Muse du département
      Perugia ebbe la sua musa: “Miur distribuisce la quota premiale dei Fondi 2016. Redistribuzione al Sud. E l’ateneo della Giannini raddoppia: +115%. …
      Nella Top Ten, per il Nord compaiono solo Venezia Iuav e Ca’ Foscari, Torino e Genova. La peggiore in assoluto, invece, è Siena (-39,4%, pari a circa 11 milioni in meno), ma pagano anche università rinomate come Milano (-8,6%), Firenze (-6,8%) e persino la Normale di Pisa (-2%).” http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/06/miur-distribuisce-la-quota-premiale-dei-fondi-2016-redistribuzione-al-sud-e-lateneo-della-giannini-raddoppia-115/3298229/

      Aventures administratives
      “L’Università di Siena si conferma ancora una volta tra le migliori Università italiane, conquistando il sesto posto nella classifica pubblicata dal Sole 24 Ore… Come recentemente dimostrato anche dalla valutazione di ANVUR – ha precisato il Rettore – la qualità della ricerca dei docenti di USiena continua ad essere ben superiore alla media nazionale: un risultato conseguito mentre l’Ateneo stava uscendo dalla propria crisi finanziaria.” http://www.ilcittadinoonline.it/cronaca/siena-cronaca/siena-sesta-nella-classifica-delle-universita-italiane/

      Se Siena è sesta nella classifica del Sole 24 ore, l’uomo della strada (che d’ora innanzi chiamerò Simplicio) non capisce come mai continuano a tagliarle i fondi che in teoria dovrebbero premiare il merito. Qui c’è qualcosa che non quadra.
      O la classifica del Sole 24ore non è attendibile, o non è attendibile l’ANVUR, ne conclude Simplicio.
      L’ANVUR (si chiede Simplicio, con sconcerto) ti punisce perché la qualità della tua ricerca è molto elevata, come essa stessa riconosce? In realtà un parametro che ha determinato la caduta in disgrazia di Siena agli occhi dell’ANVUR è stato la scarsa produttività scientifica dei nuovi assunti (sic, uno degli IRAS): marrani fannulloni!, griderà Simplicio, scandalizzato. Orbene, questa affermazione è vera a vuoto, giacché per dieci anni non ci sono stati affatto nuovi assunti perché il turnover era bloccato! Non solo: “continuano a perdere finanziamenti tutti quegli atenei che hanno visto crollare i propri iscritti negli ultimi anni, anche quando la quota premiale cresce. Ciò è causato dal peso sempre maggiore dato al costo standard per studente nella suddivisione della quota storica del Ffo (arrivato al 28% della quota base).” http://www.scuola24.ilsole24ore.com/art/universita-e-ricerca/2017-01-11/ffo-2016-cambiando-l-ordine-parametri-poverta-universita-non-cambia-192719.php?uuid=AD62WMVC&refresh_ce=1 e qui mi pare che di studenti ne siano evaporati 15.000 circumcirca: del resto sono stati anche chiusi decine di corsi di laurea, avviando in tal modo un circolo vizioso.

      Anatomie des corps enseignants
      In generale la forte contrazione del corpo docente senese (400 pensionamenti di docenti tra il 2008 e il 2020, su 1056 che erano, con forse due o tre dozzine di rimpiazzi di ruolo da qui a tre anni), salutata da Simplicio come un bene (“eh so’ troppiii!”) di certo non ha giovato né alla mole, né all’organizzazione della ricerca, oltre a tramortire una generazione di ricercatori. Il Rettore, giustamente, sottolinea la necessità urgente di riprendere le assunzioni ed annuncia con un certo sollievo la fine del Ramadan, anche se le assunzioni future di certo non compenseranno la drammatica perdita subita, né copriranno molte delle voragini che si sono aperte. Sarebbe dunque utile per tutti capire in che direzione evolverà l’ateneo, che non sarà di certo quello di prima (nel bene e, si spera, neanche nel male).

      L’Envers de l’histoire contemporaine
      L’esclamazione “eh so’ troppiiii!” di Simplicio è singolarmente contraddetta (oltre che dai dati OCSE) da quest’altra notizia: “Il 70 per cento degli italiani è analfabeta (legge, guarda, ascolta, ma non capisce)”
      http://www.lastampa.it/2017/01/10/blogs/il-villaggio-quasi-globale/il-per-cento-degli-italiani-analfabeta-legge-guarda-ascolta-ma-non-capisce-MDZVIPwxMmX7V4LOUuAEUO/pagina.html

      Adam-le-Chercheur
      Ogni tanto qualcuno si ricorda di sottolineare anche “il dramma degli attuali oltre 40.000 ricercatori destinati, come coloro che li hanno preceduti, all’espulsione dall’Università, senza che si sia dato loro alcuna seria possibilità di concorrere a posti di docenza a tempo indeterminato. Il precariato non è un incidente, ma il frutto di una lucida e cinica scelta di chi vuole una docenza universitaria con pochi docenti ‘veri’ (gli ordinari), un po’ più di docenti subalterni (gli associati) e decine di miglia di precari “usa e getta”, sparpagliati in una giungla di figure (dottorandi, borsisti, assegnisti, ricercatori a tempo determinato, ecc). Precari senza i quali non sarebbe possibile assicurare i già ridotti livelli di ricerca e di didattica.” http://www.agenpress.it/notizie/2017/01/10/basta-tritacarne-precariato/

      Les martyrs ignorés
      Ed ecco su cosa si fonda la “meritocrazia” italica. Vorrei sapere questi qua che stipendio hanno, come faranno a mettere su famiglia (se nessuno li mantiene) e che pensione avranno. L’implementazione della riforma del 3+2 è avvenuta con lo sfruttamento massiccio del lavoro precario e della “terza fascia” (i ricercatori) poi abolita. È evidente che un simile metodo di scrematura prevede che il ricercatore non abbia necessità economiche di sopravvivenza, dunque è basato essenzialmente sul censo, altro che abracadabravaneliana “meritocrazia”!.

      Les parents pauvres
      Il sottosegretario, Gabriele Toccafondi afferma: «Con un tasso di disoccupazione giovanile che è tornato a sfiorare il 40% è opportuno che anche l’università allarghi la sua offerta professionalizzante, ma ciò non deve andare a discapito degli Its, un segmento dell’offerta formativa che ha dimostrato, in questi anni, di funzionare con un tasso d’occupazione dei neo-diplomati superiore all’80 per cento». http://www.scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2017-01-10/formazione-professionale-una-cabina-regia-distinguere-its-corsi-post-diploma-204056.php?uuid=ADjHNTUC&refresh_ce=1

      A pensar male si fa peccato, ma… non è che quello di sfornare diplomi professionalizzanti diverrà lo scopo principale degli atenei minori (i parenti poveri) di provincia?

      Histoire des Treize” (meno 1)
      “Assoluzione dall’accusa di falso in atto pubblico per i 12 imputati al processo per il ‘buco’ da 200 milioni di euro nei bilanci.”
      Il Tribunale di Siena sentenzia: “la vicenda dell’Università di Siena che oggi occupa il Tribunale, in definitiva, “non è una storia di ruberie”, nel senso che il buco di bilancio non è risultato essere il frutto di appropriazioni o distrazioni. Con riferimento a tale ultima affermazione, occorre però precisarsi che – se è ben vero, come appena detto che quella dell’Università di Siena “non è una storia di ruberie” – è altrettanto innegabile come essa costituisca il frutto di una (non meno grave ed allarmante) gestione di ingenti risorse pubbliche assolutamente dissennata e fuori controllo (…), di dipendenti infedeli e di mancati o inadeguati controlli da parte degli organi apicali di indirizzo politico-amministrativo (Rettori e Direttori amministrativi) e di vigilanza (Collegio dei Revisori). Tutto ciò in totale spregio, non solo delle comuni regole di buona amministrazione, ma anche e soprattutto del senso dello Stato che dovrebbe costituire l’idem sentire di chi svolge una funzione pubblica “con disciplina ed onore” (come impone l’art. 54, comma 2, della Costituzione) e con evidentissime ricadute negative sul buon andamento della gestione della res publica (art. 97 Cost.).” http://www.radiosienatv.it/tutti-i-processi-della-citta-lettera-choc-del-procuratore-della-repubblica-salvatore-vitello/

      Splendeurs et misères des courtisanes
      Come reazione alle esternazioni di Cantone (un assist perfetto) sul nepotismo e la cortigianeria: “il governo sta per varare una contromisura: un fondo intitolato al Nobel Giulio Natta per finanziare la chiamata diretta di 500 docenti scelti, senza concorso, tra i migliori ricercatori italiani e stranieri” (scrive Francesco Margiocco, giornalista del Secolo XIX). Gli fa eco, lesta, una esponente politica della maggioranza: “il decreto Natta sarà una sperimentazione per la selezione dei docenti universitari. Potrebbe rivelarsi un procedimento da estendere a tutti i docenti universitari, non solo alle supercattedre” http://www.roars.it/online/i-problemi-delluniversita-italiana-nel-conflitto-fra-nepotismocorruzione-e-disinvestimento-sistemico-ecco-il-vero-pericolo/

      Per abolire la cortigianeria si istituisce un canale speciale di reclutamento, con commissioni … di diretta nomina politica?!?!?! Pensando di generalizzare il metodo?!?!?!?!! Ohibò…

      Illusions perdues
      “Sono bravi: questo nessuno lo mette in dubbio. Ma sono penalizzati dal vivere nel Paese che investe meno di tutti in ricerca, in Europa. Le capacità degli scienziati italiani non sono evidentemente in discussione, se uno studio clinico su cinque di quelli prodotti nel Vecchio Continente giunge da quello che era il Belpaese.
      Numeri che vengono confermati su scala mondiale, dove gli scienziati italiani sono ottavi, alle spalle dei colleghi che operano in contesti di ben altra levatura: dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dalla Cina alla Germania. Paesi che investono molto più dell’Italia e che attraggono i cervelli nostrani: poco apprezzati entro i confini nazionali, merce pregiata al di là delle Alpi. “http://www.lastampa.it/2017/01/12/scienza/benessere/dovete-sapere/studi-scientifici-in-europa-uno-su-cinque-targato-italia-KFsuk75y7F0XVnkfNeNdBK/pagina.html”

      “In Italia … la spesa complessiva per l’istruzione universitaria è ferma allo 0.9% del PIL, penultima fra gli Stati dell’area Ocse e contro una media UE pari all’1,5%.” http://www.tecnicadellascuola.it/archivio/item/26610-studenti-in-fuga-dalle-universita,-vi-spieghiamo-perche.html

  5. […] Jaqov Jizchaq. Ancora sui disfattisti (ossia coloro che subiscono le conseguenze dei misfatti degli ottimisti e da questi ultimi, per […]

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