Servizi informatici nell’Università: ignoranza, negligenza o malaffare?

Cineca-U-GovUniversità, terremoto sul consorzio degli errori. ‘Basta milioni senza gare a Cineca’ (da: il Fatto quotidiano, 30 maggio 2015)

Thomas Mackinson. Il Consiglio di Stato demolisce il gigante dell’informatica per la scuola, scivolato nei mesi scorsi sui test di medicina. Cineca prende soldi da 80 atenei, 40 milioni dal Miur. “Ma non è una società pubblica”. E per avere risorse dallo Stato deve fare le gare. E quello che sembrava solo una tegola rischia di diventare invece un terremoto per l’università italiana. A traballare è il “sistema Cineca”, il consorzio interuniversitario tornato alla ribalta delle cronache per la vicenda del flop dei test di medicina che a fine ottobre ha gettato nel panico 12mila candidati. L’incidente è finito presto nel dimenticatoio, archiviato come “mero errore tecnico” e sono rimasti al loro posto i vertici che avevano annunciato a caldo le dimissioni. Il Consiglio consortile, in sordina, le ha respinte un mese fa.

Ma la vera storia è un’altra. In un articolo successivo all’incidente, ilfattoquotidiano.it aveva ricostruito cosa c’era dietro la falla: come la fusione dei consorzi universitari per lo sviluppo di soluzioni informatiche in “Cineca” avesse dato vita a un gigante da 700 dipendenti in grado di monopolizzare e alterare il mercato grazie a fondi e finanziamenti attribuiti direttamente, senza gare. Per circa 100 milioni di euro l’anno, tra stanziamenti diretti e compensi per servizi. Una montagna di soldi pubblici che Miur e 80 atenei concedevano al consorzio sulla base di un presupposto che appariva molto incerto: che la sua natura giuridica fosse quella di una società “in house”, con attività esclusiva nell’ambito di pubblici servizi. Tale da qualificarlo per legge come “unico soggetto a livello nazionale”, ovviamente secondo l’interpretazione dei “consorziati” Cineca, ossia gli stessi che gli affidavano il denaro pubblico senza gara e gli stessi che dall’altra parte li ricevevano.

Allora avevamo messo in dubbio questa natura “speciale”, sostenendo invece che il mega consorzio non avesse nessuno dei requisiti di cui sopra e che facesse invece affari milionari qualificabili come attività d’impresa tradizionale, al punto che il 95% dei ricavi gli arrivava dalla produzione commerciale e solo il 5% dalla produzione “istituzionale”, cioè da progetti di ricerca e sviluppo affidati dal ministero. Così, sostenevamo allora, si sono aperte le falle nei servizi resi allo Stato, come nel caso clamoroso dei test di medicina. Non solo. Cineca, il ministero e le università italiane avevano alterato negli anni la concorrenza del settore, fino a compromettere un mercato di servizi che in Italia non è mai nato, appunto perché “oscurato” dal gigante pubblico.

Che di pubblico, in realtà, non ha proprio nulla. A certificarlo – in via definitiva – è una sentenza del Consiglio di Stato. I giudici di Palazzo Spada, sesta sezione, hanno fatto chiarezza sul punto, dopo i dubbi sollevati negli anni passati anche dall’Agcm (due volte, nel 2010 e poi nel 2013) e dalla Corte dei Conti. Erano chiamati a decidere sul ricorso presentato da Cineca stesso contro una sentenza del Tar Calabria che aveva accolto il ricorso proposto in primo grado da Be Smart srl, una società privata che opera nel campo delle soluzioni informatiche per l’università.

Il contenzioso riguardava un affidamento dei servizi informatici di segreterie studenti e didattica (U-GOV ed Esse3) che il Cda del 14 aprile 2014 dell’Università della Calabria aveva concesso un anno prima a Cineca, senza espletare alcuna gara, per un importo triennale pari a 1.592.843 euro +Iva. Il titolare della società, che aveva proposto una soluzione economicamente più vantaggiosa, si è ritenuto ingiustamente escluso e ha contestato l’assegnazione e l’insussistenza dei requisiti che l’hanno permessa: il fatto che Cineca sia titolare di un “diritto esclusivo”, che il rapporto tra università e consorzio si configuri come “in house”, e che il servizio affidato rientri nell’ambito della “attività prevalente” del consorzio.

Tocca dunque ai giudici definire una volta per tutte la natura giuridica del Consorzio. E il responso, stavolta, rischia di innescare un effetto a catena su tutti gli affidamenti concessi negli anni, legittimamente o meno, dalle università italiane. Stesso discorso per i contributi a fondo perduto, 40,7 milioni di euro nel solo anno 2014, erogati senza gara dal Miur a Cineca. Dietro questa disamina, apparentemente tecnica e in punta di diritto, ballano dunque centinaia di milioni di euro.

I giudici scartabellano tra codici, documenti e contratti e arrivano al verdetto: no, Cineca non è un soggetto pubblico. Non lo è mai stato. E dunque né lui né le università consorziate o il ministero possono far valere questa natura per “affidare in via diretta i servizi senza alcuna procedura competitiva”. Chi volesse addentrarsi sulle motivazioni non ha che da leggere integralmente la sentenza (clicca). Quello che qui conta è rilevare i possibili effetti della decisione, sui quali c’è grande incertezza. La sentenza infatti da una parte mette un punto fermo e agisce sui futuri affidamenti costringendo di fatto Stato, Miur e Università a fare le gare.

Ma pone anche una pregiudiziale rispetto a quella quarantina di milioni che il Ministero eroga ogni anno al Cineca sulla base di un presupposto di pubblicità del soggetto che è smentito ora per sentenza. Lascia tuttavia il campo aperto rispetto agli effetti delle decisione sugli affidamenti passati e in corso. Di certo salta quello a Cosenza, per la soddisfazione del titolare di Be Smart che esulta: “Giustizia è stata fatta: ci auguriamo che finalmente potremo partecipare alle gare pubbliche e concorrere con i nostri prodotti in un mercato libero”. Tutto il resto si vedrà, ma di sicuro l’incidente ai test di medicina non è era una tegola caduta accidentalmente. Era il presagio di un terremoto.

L’ateneo senese si affossa anche con la disorganizzazione amministrativa programmata dai vertici

Altan_dirigentiUSB PI Università di Siena. Stiamo cercando nelle ultime settimane di mettere in chiaro alcuni aspetti dell’organizzazione di questo Ateneo. Tocca alle segreterie amministrative: si parla del lavoro di 72 colleghe e colleghi, ma anche di un problema più grande la contabilità di questo Ateneo e del programma che la gestisce. Vogliamo proprio partire da questo ultimo aspetto perché la questione è oltremodo complessa. Il nostro Ateneo ha deciso di fare nel 2013 il passaggio alla contabilità economico patrimoniale con bilancio unico, di utilizzare dal 2013 un nuovo programma di contabilità e di riorganizzare le strutture dipartimentali dell’Ateneo.

Attuare una trasformazione così radicale in un Ateneo normale è azzardato, farlo da noi è follia a nostro modo di vedere. Non lo scriviamo perché reputiamo che non vi siano le professionalità ma perché presuppone una organizzazione svizzera nella gestione delle fasi, che noi non abbiamo. Si può essere bravi, svegli e competenti, ma se si aumenta il carico di lavoro, e lo si trasforma per giunta in disorganizzato carico di lavoro, tutto questo vanifica le competenze e serve solo ad aumentare lo stress. Proviamo a fregarcene dello stress e cerchiamo di focalizzarci sui “benefici” di tutto questo cambiamento.

Il passaggio alla contabilità economico-patrimoniale fatto in un solo anno e prima del 2014 ci ha permesso di avere un premio da parte del Ministero di poco più di 100.000 euro! A fronte però di un lavoro allucinante di migrazione manuale di tutti i dati contabili dell’anno 2012 dei vecchi dipartimenti, degli impegni assunti e da rendicontare quest’anno e di viaggi infiniti dai dipartimenti alla ragioneria per inserire i dati (è normale, ci domandiamo, che tutte le spese di viaggio con i mezzi pubblici siano a carico dei dipendenti che si spostano per motivi di servizio?). Infatti solo da lì si sono potuti caricare i dati avendo un bilancio unico. I 100.000 euro non sono serviti a niente nemmeno ce li hanno dati in medicine per lo stress!

L’acquisto del software dal Cineca, cioè di U-GOV ci è costato molto, è uno strumento versatile, che ragiona in modo trasversale, che è tarato sul mondo degli Atenei, ma noi abbiamo acquistato la versione base! Sarebbe troppo lungo spiegare come funziona, nello scrivere questo comunicato abbiamo letto i vari manuali e oltre ad esserci spaventati, ma non è la nostra materia, abbiamo capito che non si può riassumere un enciclopedia in una pagina. Ogni volta che i nostri colleghi con competenza chiedono se si può utilizzare per fare un dato procedimento viene risposto: “si ma voi avete il pacchetto base, questo modulo va acquistato separatamente.”

La riorganizzazione delle segreterie in funzione dei nuovi dipartimenti, adempimento obbligatorio, è stato fatto senza una reale valutazione dei carichi di lavoro delle singole strutture, attraverso una aggregazione di colleghe e colleghi con diverse professionalità che nel momento in cui hanno iniziato a lavorare insieme, a conoscersi, si sono visti scaraventare addosso l’immaginabile. Sì, perché U-GOV gestisce tutto dalla contabilità, alle risorse umane, alla didattica intesa come contratti, costi, ecc., e quindi tutto ciò che insiste sui dipartimenti è stato gettato nel tritacarne delle segreterie amministrative, dove però ad essere tritati sono i colleghi e non i dati contabili, ecc.. Facciamo l’esempio del software Titolus per il protocollo: tutta la posta in entrata (didattica e amministrazione) deve essere protocollata dalla segreteria.

Ciliegina sulla torta è la cassa economale prevista per ogni dipartimento nel regolamento delle strutture scientifiche, al momento è unica e gestita centralmente. Così quando un professore oppure la segreteria ha bisogno di soldi per pagamenti pronta cassa si deve andare al Rettorato. Arriva un corriere che devi pagare al momento del ritiro e tocca dirgli: “aspetti arrivo in centro prendo i soldi e torno”, o dobbiamo anticiparli!?!

Non è stata fatta poi una valutazione della funzionalità di certe scelte di ricollocazione dei procedimenti, basta fare un esempio: master universitari. I master sono materia complessa, fondamentale per un Ateneo come il nostro che vuole differenziare l’offerta oltre i moduli classici di formazione e studio. Uno penserebbe che tutti gli attori della gestione degli stessi si fossero incontrati per mettere a punto una nuova procedura di gestione, e invece no, c’è chi ha deciso senza conoscere la materia, senza parlare con chi se ne occupava e in parte continua a farlo e con chi se ne deve occupare per intero da oggi, cioè le segreterie amministrative. Risultato? Confusione più totale, evidenziata dai segretari, ma che non trova soluzione. Alcuni vedono i suggerimenti come giudizi e si offendono irrigidendosi, non capendo che si sta cercando di lavorare bene. Ognuno pensa di essere il più sfortunato della terra, ma noi non stiamo stilando una classifica stiamo evidenziando la necessità di parlare e confrontarsi per trovare le soluzioni.

Benefici da tutto questo cambiamento non ve ne sono stati, ma solo rischio di ulcere e gastriti. La Direttrice Amministrativa può liquidare come un nulla la ventilata minaccia di dimissioni di tutti i 15 segretari amministrativi di qualche settimana fa, ma sa bene che questa non deriva da una mancanza di voglia di lavorare, ma dalla mancanza di voglia di lavorare in questo modo. In certi consessi può sminuire il senso di una tale azione, ma in privato è meglio che rifletta, e bene. La DA non ha parlato poi con i collaboratori delle segreterie e ha fatto bene perché forse, per una volta, non avrebbe potuto utilizzare i suoi modi rudi ed intimidatori, ma si sarebbe trovata di fronte 57 persone imbufalite. Le decisioni assunte a livello centrale si ripercuotono nei dipartimenti e poi sono le segreterie amministrative a dover “dialogare” con i docenti. I docenti devono capire che coloro con cui si rapportano stanno cercando di capire anch’essi perché vengono assunte certe decisioni.

O l’azione di semplificazione è coordinata fra tutti oppure si cola a picco: ma forse è quello che si vuole ottenere. Le segreterie amministrative non hanno saputo lavorare! Spiegazione utile a livello centrale, ovvia per le ditte esterne, e semplice per i docenti. Troppo comoda e falsa!