Siena: numero chiuso all’Università e in Piazza del Campo

A proposito di sicurezza e Palio

Mauro Aurigi. Dopo la strage dei ragazzini a Manchester il 22 maggio, e soprattutto dopo i 1500 feriti e almeno un morto a Piazza San Carlo di Torino il 3 giugno, era come minimo auspicabile che a livello istituzionale a Siena qualcosa si facesse e soprattutto che si dimostrasse che qualcosa si stesse facendo in previsione della calca in Piazza del Campo per le ormai vicine giornate del Palio. Invece niente, come se niente fosse successo.

Per cui, considerata non campata in aria l’ipotesi che anche Siena fosse nel mirino del terrorismo islamico e valutato che la conta dei morti e dei feriti in Piazza potesse essere tale da mettere in discussione la stessa sopravvivenza del Palio, per il sottoscritto è stato abbastanza naturale depositare una mozione urgente presso la segreteria del Consiglio comunale con la quale si chiedeva che Sindaco e Giunta provvedessero urgentemente alla costituzione di una speciale commissione che valutasse – e se del caso intervenisse – i provvedimenti assunti per scongiurare ogni ipotesi di attentato. In subordine, nel caso che la sicurezza in Piazza non fosse convenientemente assicurata, non si escludeva l’ipotesi del divieto d’ingresso al pubblico nella Piazza (non ai palchi).

Il fatto che il 6 giugno mattina, nella conferenza dei capigruppo che si tiene prima del Consiglio comunale, tutti si siano espressi contro non solo l’urgenza della mozione, ma anche contro il suo contenuto, mi ha confermato nella decisione di depositare comunque il documento, come Consigliere del M5S certo, ma a titolo personale. E ciò per un banalissimo motivo: sarò ingenuo, ma per me l’interesse di Siena travalica di gran lunga l’interesse di qualsiasi forza politica o corporativa.

Nel testo della mozione avevo anche esplicitato bene la motivazione che non è affatto politica, e neanche morale o etica, ma visceralmente affettiva. Cito esplicitamente: «prima della privatizzazione del Monte dei Paschi, la minuscola Siena, la città più piccola della Toscana, fatte le debite proporzioni, era una delle città più potenti d’Italia. Se Siena fosse ancora quella autorevole e potente di allora, certamente oggi non avremmo dovuto assistere impotenti, dopo il dramma del Monte, anche alla lenta ma inesorabile erosione del nostro millenario Ospedale e della nostra quasi millenaria Università da parte di Pisa e Firenze. L’abolizione del Palio sarebbe il colpo di grazia. Inutile argomentare altro, perché tutti siamo esperti della materia.» Insomma la piccola grande Capitale sta perdendo la sua anima.

Le proteste che questa mia azione ha sollevato, non mi meravigliano più di tanto. È già risuccesso una ventina di anni fa. Anche allora, vox clamantis in deserto, da dipendente del Monte e consapevole che ci avrei rimesso la carriera, cercai con ogni mezzo di oppormi alla privatizzazione della Banca, che avrebbe comportato non solo la perdita del venerando Istituto da parte della Città, ma anche la perdita della senesità da parte della Banca, unico, esclusivo motivo della sua longevità e della sua affermazione mondiale. E anche allora fui ugualmente deriso e ingiuriato: tutti preferirono allinearsi con la classe dirigente locale, la più ottusa, ignorante e gazzillora del Paese, la quale, manco a dirlo, è rimasta gloriosamente in sella.

C’è un vecchio adagio che dice “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. Io, da parte mia, ho ritirato la mozione.


E il sindaco decide per un Palio “a numero chiuso” per il 2 luglio.

Commenta Mauro Aurigi su “Il Cittadino online”: «Insomma, al solito, si è fatto il possibile affinché il Consiglio comunale fosse tenuto alla larga dal problema. Come se avessimo avuto bisogno di ulteriori prove del democratico disprezzo che questi signori nutrono per il popolo e i suoi rappresentanti. Successe anche con la privatizzazione del Monte nel 1995: ben 3 volte fu rigettata la richiesta di un referendum cittadino che vi si opponesse. La vittoria dei NO era scontata. Si è visto come è andata a finire. Ormai quello della casta è un regime consolidato, difeso dalle alabarde di un nutrito stuolo di servi.»

Orgoglio senese con requiem per l’università

Orgoglio5stelle

Scandalo Monte dei Paschi di Siena: mozione comunale per un’azione di responsabilità

FondazioneMps

Al Presidente del Consiglio Comunale di Siena, Al Sindaco di Siena (Siena, 30 luglio 2013)

Oggetto: Mozione dei consiglieri Mauro Aurigi e Michele Pinassi (Movimento Siena 5 Stelle), Enrico Tucci (Cittadini di Siena) e Laura Vigni (Sinistra per Siena, RC, SsM) per chiedere l’avvio di una azione di responsabilità nei confronti degli Organi Amministrativi  della Fondazione MPS.

PREMESSO 

–       che la Fondazione MPS, come recita l’art. 1 del suo statuto, è un’emanazione del territorio e della Comunità Senese, avendo ricevuto in conferimento l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare dell’ex Istituto di Credito di Diritto Pubblico Monte dei Paschi di Siena, a sua volta erede diretto del Monte dei Paschi di Siena “creato per voto della Magistratura e del Popolo senese nel 1622 (…) e poi riunito al Monte dei Paschi di Siena fondato nel 1472”;

–       che gli art. 3 e 4 dello Statuto della Fondazione MPS prescrivono, tra i vari punti, che “La Fondazione persegue i propri fini istituzionali salvaguardando la consistenza del suo patrimonio e promuovendone la valorizzazione. Amministra il proprio patrimonio secondo criteri prudenziali di rischio e di economicità tali da conservare il valore ed ottenere un’adeguata redditività. Amministra le partecipazioni detenute nel rigoroso rispetto delle finalità statutarie”, e che “La Fondazione non può contrarre debiti per un importo complessivo superiore al 20% del proprio patrimonio”;

–      che in più occasioni sono state presentate nelle sedute del passato Consiglio Comunale interrogazioni e mozioni sulla sempre più pesante situazione della Fondazione MPS senza ottenere adeguate risposte.

RICORDATO 

–      che il titolo di Banca MPS, avendo perso il 95% del suo normale valore, è ormai da tempo a valori minimi e di conseguenza è sempre più esiguo il patrimonio della Fondazione MPS, poco accortamente concentrato su questo unico asset;

–      che la partecipazione della Fondazione MPS nella Banca MPS si è progressivamente ridotta, attestandosi ora a circa il 33% e che, anche alla luce della modifica dello statuto votata dalla Fondazione MPS del limite di voto al 4% per i soci privati, è necessariamente destinata a ridursi ulteriormente e considerevolmente;

–      che la Fondazione MPS è rimasta del tutto indifferente al fatto che alcune voci, anche di ex dirigenti della Banca MPS, proprio nelle Assemblee dei soci della Banca MPS si siano ripetutamente levate a dimostrare l’assoluta perniciosità delle scelte gestionali della Banca stessa;

–      come a seguito di tale sciagurata gestione la Banca MPS abbia smesso quasi subito di produrre utili e subito dopo a dichiarare perdite nella gestione tipica, coperte contestualmente dalle plusvalenze ricavate dalla vendita di cespiti attivi (immobili e partecipazioni) fino a dover dichiarare negli ultimi due esercizi perdite per un totale di 8 miliardi di euro, per cui dei 20 miliardi stimati all’atto della privatizzazione del 1995 alla data odierna ne residuano appena 2,4;

–      che, come ulteriore pesante conseguenza, la Fondazione non eroga più risorse al suo territorio di riferimento.

CONSIDERATO

–      che il tutto debba addebitarsi all’approvazione che la Fondazione MPS, già azionista di maggioranza assoluta ed ora di maggioranza relativa (ma maggioranza assoluta nelle Assemblee dei soci MPS), non ha mai fatto mancare alle spericolate operazioni architettate dal vertice della Banca MPS (vedasi soprattutto acquisizione della Banca 121 e della Banca Antonveneta, ma non solo);

–      che la Fondazione MPS ha inopportunamente contratto debiti per fronteggiare l’ultimo aumento di capitale, a fronte dei quali ha concesso in garanzia tutte le quote della Banca MPS rimaste attualmente in suo possesso;

–      che conseguentemente la Fondazione MPS ha visto ridursi il proprio capitale – rappresentato originariamente dal possesso dell’intero capitale della Banca più l’ingente patrimonio proprio – a meno di 700 milioni in massima parte rappresentati da azioni della Banca cedute in pegno come sopra detto;

–      che tutto ciò è avvenuto nell’arco temporale di appena una quindicina di anni, per cui si è trattato di una perdita annua di ricchezza valutabile a ben oltre 1,5 miliardi all’anno, senza che mai gli organi dirigenti della Fondazione abbiano sollevato la minima osservazione, anzi approvando in ogni sede ed entusiasticamente il proprio operato e quello della Banca MPS.

il Consiglio Comunale impegna il Sindaco

a intraprendere un’azione di responsabilità nei confronti dei componenti degli Organi Amministrativi della Fondazione MPS che saranno ritenuti responsabili di avere agito in difformità di quanto prescritto dallo statuto e di avere compiuto una serie impressionante di errori gestionali, causando la perdita del controllo e della Senesità della Banca MPS, una spaventosa distruzione di patrimonio e un ingente indebitamento della Fondazione MPS, che potrebbe portare a breve alla perdita quasi totale della residua partecipazione nella Banca MPS e a mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Dopo l’Università si passa alla svendita del Monte dei Paschi di Siena

Mauro-AurigiLa svendita del Monte dei Paschi di Siena

Mauro Aurigi (Consigliere comunale MoVimento 5 Stelle). Come già temuto, il 12 luglio la maggioranza di centro-sinistra del Consiglio comunale ha dato alla Fondazione MPS e alla Banca Monte Paschi di Siena il via libera all’abolizione del limite del 4% per le quote della Banca detenute da soci privati rendendo il Monte scalabile da chiunque ne abbia la voglia e i soldi. Il sindaco Valentini si è rimangiato tutti gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale sul mantenimento di quel vincolo, impegni che gli hanno consentito di guadagnare quel risicato 2% con cui ha sopravanzato il suo antagonista al ballottaggio del 9-10 giugno. Così si è tranciata via l’ultima barriera del forte legame che da 500 anni legava il Monte dei Paschi e la comunità senese, che non era solo materiale, ma emotivo al limite dell’amore fisico, causa principale quest’ultimo – come per il sistema contrada – del longevo successo della Banca. 
In una mozione di sei pagine, la maggioranza di centro-sinistra ha sostenuto che l’ingerenza della politica nella banca e nella fondazione sia un rapporto contro natura, salvo poi dire il contrario in ognuna di quelle pagine, essendo queste tutte dedicate a ciò che la Fondazione e la Banca devono fare. Neanche la pudicizia di un pallido rossore per come quella “riserva di caccia” è stata ridotta in un decennio di assidue “ingerenze” della sinistra di lotta e di governo negli affari “strepitosi” della Banca e della Fondazione. De Bustis, Baldassarri, Mussari, Profumo, Viola, la gran parte dei membri dei CdA del Gruppo Monte e tutte le deputazioni della Fondazione, cos’altro sono state se non “ingerenze politiche” del PCI-PDS-DS-PD nella banca? Tutto quello fatto con l’approvazione entusiasta della sinistra (svendita dell’enorme patrimonio immobiliare per pagare dividendi agli azionisti in mancanza degli utili, finanza creativa, Banca Mantovana, Banca 121, Antonveneta, svendita della Cassa di Risparmio di Prato e di partecipazioni come nel San Paolo di Torino, in Mediobanca, nelle Generali) cos’altro è stato se non ingerenza della politica? Della “loro” politica ovviamente, non di quella della comunità. Una mozione, quella della maggioranza, dove si eleva l’ipocrisia a livello di arte. La realtà è che mancano all’appello 20 miliardi di euro rispetto a quando, con la privatizzazione del 1995, la presunta sinistra ha preso in mano le sorti della Banca e della Fondazione.
 All’atto della privatizzazione le azioni furono emesse a 4 euro, ma nel 1999, con l’ammissione alla Borsa, la quotazione schizzò a 5 euro (richieste d’acquisto pari a 10 volte l’offerta) grazie all’eccellente solidità ereditata dalla virtuosa banca pubblica. Se si fosse conservata la buona gestione della tradizione, il Monte varrebbe in borsa 60 miliardi (€5x12mld di azioni). Non si tratta di un’esagerazione: dopo ognuna delle tre grandi crisi dell’Italia unitaria, quella di fine Ottocento e del primo e secondo dopoguerra, mentre tutte le grandi banche private sparivano per una spericolata finanza “creativa”, il Monte, banca pubblica, estraneo ai grandi e piccoli scandali nazionali e locali, ne usciva ogni volta col patrimonio raddoppiato o triplicato. Bastava arrivare in salute e liquidità al momento in cui tutti chiudevano e il meglio poteva essere comprato a prezzi di liquidazione. Con la crisi attuale il Monte, se fosse restato quello di sempre, sarebbe diventato la più grossa banca d’Italia, una delle massime d’Europa e solo il cielo sa cosa oggi avrebbe potuto significare per la salute economica del Paese. Ora le azioni del Monte valgono solo € 0,20, ossia la Banca capitalizza solo 2,4 mld. In 10 anni ha perso il 95% del suo valore. 
Ma c’è un’altra cosa ancora più preoccupante, visto il ruolo che questa pseudo-sinistra ha a Siena, a Firenze e a Roma. L’idea dell’abolizione del limite del 4% è venuta al presidente del Monte, Profumo. Poco dopo, la stessa idea, ci dicono, è improvvisamente venuta alla Banca d’Italia, al ministero dell’Economia, alla BCE e alla Fondazione MPS, che ha ancora il 34% del capitale del Monte, e poi anche al PD e cespugli vari. Se 2+2 fa 4, vuol dire che si è trattato di un’ingerenza della banca nella politica, per giunta allegramente accettata. Ma se per il PD & C. l’ingerenza della politica nella banca diventa cosa turpe, mentre quella della banca nella politica è cosa buona e giusta, allora vuol dire che questa destra mascherata da sinistra porterà non solo Siena, ma l’intero Paese alla rovina. E non sarà impresa ardua visto che siamo già un pezzo avanti.