Scandalo Monte dei Paschi di Siena: mozione comunale per un’azione di responsabilità

FondazioneMps

Al Presidente del Consiglio Comunale di Siena, Al Sindaco di Siena (Siena, 30 luglio 2013)

Oggetto: Mozione dei consiglieri Mauro Aurigi e Michele Pinassi (Movimento Siena 5 Stelle), Enrico Tucci (Cittadini di Siena) e Laura Vigni (Sinistra per Siena, RC, SsM) per chiedere l’avvio di una azione di responsabilità nei confronti degli Organi Amministrativi  della Fondazione MPS.

PREMESSO 

–       che la Fondazione MPS, come recita l’art. 1 del suo statuto, è un’emanazione del territorio e della Comunità Senese, avendo ricevuto in conferimento l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare dell’ex Istituto di Credito di Diritto Pubblico Monte dei Paschi di Siena, a sua volta erede diretto del Monte dei Paschi di Siena “creato per voto della Magistratura e del Popolo senese nel 1622 (…) e poi riunito al Monte dei Paschi di Siena fondato nel 1472”;

–       che gli art. 3 e 4 dello Statuto della Fondazione MPS prescrivono, tra i vari punti, che “La Fondazione persegue i propri fini istituzionali salvaguardando la consistenza del suo patrimonio e promuovendone la valorizzazione. Amministra il proprio patrimonio secondo criteri prudenziali di rischio e di economicità tali da conservare il valore ed ottenere un’adeguata redditività. Amministra le partecipazioni detenute nel rigoroso rispetto delle finalità statutarie”, e che “La Fondazione non può contrarre debiti per un importo complessivo superiore al 20% del proprio patrimonio”;

–      che in più occasioni sono state presentate nelle sedute del passato Consiglio Comunale interrogazioni e mozioni sulla sempre più pesante situazione della Fondazione MPS senza ottenere adeguate risposte.

RICORDATO 

–      che il titolo di Banca MPS, avendo perso il 95% del suo normale valore, è ormai da tempo a valori minimi e di conseguenza è sempre più esiguo il patrimonio della Fondazione MPS, poco accortamente concentrato su questo unico asset;

–      che la partecipazione della Fondazione MPS nella Banca MPS si è progressivamente ridotta, attestandosi ora a circa il 33% e che, anche alla luce della modifica dello statuto votata dalla Fondazione MPS del limite di voto al 4% per i soci privati, è necessariamente destinata a ridursi ulteriormente e considerevolmente;

–      che la Fondazione MPS è rimasta del tutto indifferente al fatto che alcune voci, anche di ex dirigenti della Banca MPS, proprio nelle Assemblee dei soci della Banca MPS si siano ripetutamente levate a dimostrare l’assoluta perniciosità delle scelte gestionali della Banca stessa;

–      come a seguito di tale sciagurata gestione la Banca MPS abbia smesso quasi subito di produrre utili e subito dopo a dichiarare perdite nella gestione tipica, coperte contestualmente dalle plusvalenze ricavate dalla vendita di cespiti attivi (immobili e partecipazioni) fino a dover dichiarare negli ultimi due esercizi perdite per un totale di 8 miliardi di euro, per cui dei 20 miliardi stimati all’atto della privatizzazione del 1995 alla data odierna ne residuano appena 2,4;

–      che, come ulteriore pesante conseguenza, la Fondazione non eroga più risorse al suo territorio di riferimento.

CONSIDERATO

–      che il tutto debba addebitarsi all’approvazione che la Fondazione MPS, già azionista di maggioranza assoluta ed ora di maggioranza relativa (ma maggioranza assoluta nelle Assemblee dei soci MPS), non ha mai fatto mancare alle spericolate operazioni architettate dal vertice della Banca MPS (vedasi soprattutto acquisizione della Banca 121 e della Banca Antonveneta, ma non solo);

–      che la Fondazione MPS ha inopportunamente contratto debiti per fronteggiare l’ultimo aumento di capitale, a fronte dei quali ha concesso in garanzia tutte le quote della Banca MPS rimaste attualmente in suo possesso;

–      che conseguentemente la Fondazione MPS ha visto ridursi il proprio capitale – rappresentato originariamente dal possesso dell’intero capitale della Banca più l’ingente patrimonio proprio – a meno di 700 milioni in massima parte rappresentati da azioni della Banca cedute in pegno come sopra detto;

–      che tutto ciò è avvenuto nell’arco temporale di appena una quindicina di anni, per cui si è trattato di una perdita annua di ricchezza valutabile a ben oltre 1,5 miliardi all’anno, senza che mai gli organi dirigenti della Fondazione abbiano sollevato la minima osservazione, anzi approvando in ogni sede ed entusiasticamente il proprio operato e quello della Banca MPS.

il Consiglio Comunale impegna il Sindaco

a intraprendere un’azione di responsabilità nei confronti dei componenti degli Organi Amministrativi della Fondazione MPS che saranno ritenuti responsabili di avere agito in difformità di quanto prescritto dallo statuto e di avere compiuto una serie impressionante di errori gestionali, causando la perdita del controllo e della Senesità della Banca MPS, una spaventosa distruzione di patrimonio e un ingente indebitamento della Fondazione MPS, che potrebbe portare a breve alla perdita quasi totale della residua partecipazione nella Banca MPS e a mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Anche “il MoVimento 5 stelle” chiede le dimissioni del rettore, alla luce della condanna dell’ateneo senese sul salario accessorio

Michele-PinassiMichele Pinassi. Ieri l’ateneo è stato condannato a pagare l’accessorio e alla luce di questo chiediamo le dimissioni del rettore: Siena è al punto di rottura con il passato e di rilancio verso il futuro. La situazione economica poi dell’ateneo è conseguenza del disastro della Banca: se questa avesse continuato a elargire dividendi non si dovrebbero ora ridurre i costi di gestione. Una riduzione che a oggi va ad intaccare solo le fasce deboli e non i baroni dell’ateneo. Poi è necessaria una politica contro gli affitti in nero e a favore degli studenti. Qui l’amministrazione può agire, con la promozione di una vita culturale extrascolastica, a rendere l’esperienza di studio anche sociale.

Un secondo comunicato del MoVimento 5 Stelle sull’argomento.

La condanna che il Giudice del Lavoro, Delio Cammarosano, ha inflitto all’Ateneo senese, decretando finalmente quello che già molti si aspettavano da quasi due anni, è l’ennesimo duro colpo di immagine ad una realtà importante come l’Università. È bene chiarire che ad essere stata condannata è stata l’amministrazione dell’Università, a conferma che l’attuale gestione Riccaboni-Fabbro non solo è inadatta a gestire il rilancio dell’Ateneo (gli ultimi bilanci lo confermano) ma, come se non bastasse l’enorme voragine creata dai loro predecessori, continuano a picconare le già fragili fondamenta attuando politiche illegittime, come quella della decurtazione del salario accessorio agli oltre 1000 dipendenti tecnico-amministrativi, che aggiungono – oltre al danno economico – pure la beffa. Presente alla lettura della sentenza il candidato sindaco Michele Pinassi, dipendente tecnico-amministrativo dell’Università senese, che ha subìto direttamente sulla propria pelle le scelte di una amministrazione che ha colpito i più deboli per tutelare i tanti “baroni” universitari.
In questa occasione vogliamo sottolineare come il personale tecnico-amministrativo sia fondamentale per garantire i tanti servizi agli studenti e alla didattica che l’Università offre e che dovrà potenziare per garantire sempre di più servizi di qualità, così da tornare ad essere un grande polo attrattivo per gli studenti italiani e stranieri, con ricadute economiche positive sull’intera città. Certo è che una condanna nei confronti dell’Amministrazione non aiuta nel processo di risanamento: per questo i responsabili devono fare immediatamente un passo indietro.

I candidati a sindaco a occhi chiusi sulle vicende dell’università di Siena

Candidati sindaci: Corsini-Falorni-Marzucchi-Neri-Pinassi-Tucci-Valentini-Vigni

Candidati sindaci: Corsini-Falorni-Marzucchi-Neri-Pinassi-Tucci-Valentini-Vigni

Con la nomina dell’attuale direttore amministrativo, l’università di Siena ha scritto una brutta pagina – contraddistinta da ingerenze esterne, procedure calpestate, abusi, omissioni, organi di governo esautorati e acquiescenti – culminata con due esposti in Procura. In seguito, le intercettazioni telefoniche ufficiali dell’autorità giudiziaria hanno rivelato come il rettore anteponesse interessi di gruppo a quelli dell’ateneo e come fosse proprio il futuro direttore a dettare le condizioni, chiedendo «un contratto scarno, di quelli standard, non attaccabile». A tal proposito, apparare emblematica la retribuzione del direttore amministrativo, sottratta alle competenze del CdA e maggiorata di circa 60.000 € lordi, probabilmente non dovuti. Alle contestazioni successive, che chiedevano almeno un adeguamento della retribuzione ai mutati parametri (fondo di finanziamento ordinario, numero di studenti e dipendenti) dell’ateneo senese, la Dott.ssa Fabbro rispondeva, nel dicembre 2012, che «la Corte dei Conti ha chiarito che non si applicano automatismi diretti tra la variazione dei parametri e il calcolo della retribuzione, che rimane fissata in base ai criteri validi al momento della sottoscrizione del contratto». Sarebbe interessante sapere se nel quesito rivolto ai magistrati contabili, la DA abbia evidenziato la seguente condizione del contratto da lei sottoscritto: il «trattamento verrà automaticamente adeguato in caso di modifiche ed integrazioni dei criteri e dei parametri indicati nel decreto interministeriale del 2001».

In questi giorni, però, ecco un colpo di scena! Sul sito dell’ateneo è comparsa una scheda con la quale il direttore amministrativo informa d’essersi ridotto lo stipendio tabellare di ben 16.391,37 € lordi annui (bontà sua!). A nostro parere, la DA è tenuta anche a rimborsare all’ateneo quel che ha riscosso nei due anni precedenti. E cioè: 32.782,74 € lordi di stipendio tabellare, ai quali si aggiungono 59.009,24 € lordi di retribuzione di risultato, tra l’altro non giustificati. Da notare, inoltre, che la Dott.ssa Fabbro percepisce anche un assegno pensionistico annuo superiore a 160.000 euro.

A questo punto, ci si chiede cosa e chi abbia fatto cambiare idea al direttore amministrativo. Forse la ventilata ipotesi di reato che l’importo, superiore a quello dovuto, dovesse servire a pagare le consulenze personali a professionisti, per lei necessari allo svolgimento della sua attività di direttore amministrativo? E se così fosse, qual è l’interesse per l’ateneo di un DA che, per svolgere la sua attività, necessita di consulenti esterni (pur in presenza di competenze interne) e pone come condizione, per accettare il prossimo incarico di Direttore generale, la nomina di tre nuovi dirigenti? Ovviamente, non mi rivolgo ai Procuratori, sotto organico e troppo impegnati con la vicenda della Banca Mps. Ma i candidati a sindaco non hanno proprio nulla da dire?

Articolo pubblicato anche dail Cittadino Online (9 maggio 2013) con il titolo «Università e retribuzioni dei vertici. I candidati a sindaco tacciono?»