Tre candidati a sindaco che non si sono ancora pronunciati sulle dimissioni o beatificazione di Riccaboni e Fabbro!

Triosenese

In attesa di una parola chiara sui vertici dell’università di Siena da parte dei tre candidati a sindaco, riportiamo le posizioni di altri candidati, del direttore de “Il Cittadino Online” o di semplici lettori.

Raffaella Zelia Ruscitto. La sentenza di qualche giorno fa, che ha dato ragione ai dipendenti dell’Ateneo senese in merito al salario accessorio (con un sostanzioso danno economico per l’istituzione “culturale” cittadina), non ha scosso i suoi vertici. Nessun commento, nessun “atto penitenziale”, nessun passo indietro da parte di rettore e direttore amministrativo. Alcuni candidati a sindaco ne hanno chiesto le dimissioni (non tutti, a onor del vero) ma non sono stati neppure “smusati”. La ragione è che la politica, quella che ancora conta in città (o che crede di poter ancora contare) appoggia queste nomine e non fa mancare segnali di “rafforzamento” in barba ad ogni possibile, umano, opportuno pudore.

Gianni Guazzi e Katia Leolini (candidati Pd). La sentenza del Tribunale di Siena va nella direzione di quanto il Partito Democratico sostiene da anni, ovvero che non possono essere i dipendenti con gli stipendi più bassi a sostenere il peso maggiore del risanamento dell’ Università. Centinaia di lavoratori si vedono finalmente riconosciuto un diritto ingiustamente negato, che costituisce una parte importante della retribuzione per moltissime famiglie senesi. Vogliamo ribadire con forza che l’azione di risanamento dell’Ateneo senese, avviata negli anni scorsi, deve proseguire con forza ma senza colpire le fasce più deboli della popolazione universitaria. È necessario proseguire nell’accertamento della verità e di tutte le responsabilità nella gestione economico-finanziaria dell’Università. Riteniamo poi che il prossimo Consiglio comunale dovrà valutare urgentemente l’opportunità per il Comune di Siena, visto il danno subito dalla città, di costituirsi parte civile nel processo in corso.

Francesco. L’Università si avvia verso la federazione, ma forse sarebbe meglio dire assorbimento, con Firenze. La parte universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese (AOUS) è già stata venduta alla regione e i risultati di una mancanza di politica lungimirante e di difesa degli asset si vede dal progressivo smantellamento della facoltà di medicina, facoltà storica, fonte di attrazione studentesca e che ha già perso odontoiatria. L’Università in se è poi sempre alle prese con un disavanzo strutturale crescente che la pone in condizione di subordine rispetto alle concorrenti regionali in materia di offerta didattica e funzionamento e quindi sopravvivenza.

Carlo Regina (candidato di “Siena si muove”). Ma lei sig. Valentini ha dovuto aspettare una sentenza sacrosanta di un giudice, per prendere le parti di coloro che erano stati privati di un loro diritto sacrosanto, sancito dalla costituzione? Si rende conto che nella sua posizione sarebbe meglio tacere? Mi spiega sig. Valentini dove era fino ad ora? Lo sa che ben due componenti del suo partito, il PD, sedevano nel CDA dell’università quando venivano deliberate certe decisioni sul salario? Come si sono comportati al riguardo il sig. Cucini rappresentante del comune di Siena ed il sig. Morrocchi rappresentante della provincia? Ci ha parlato allora? Se ne è preoccupato? Deduco che lei abbia dei problemi di comunicazione nel suo partito. Mi pare che la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra. Quindi? Lei vorrebbe governare? Vogliamo parlare di coloro che hanno sostenuto i vertici dell’università ed ora presenti nelle sue liste di sostegno o candidati consiglieri? Ma lei Valentini pensa davvero che qui a Siena siamo tutti con l’anello al naso?

I candidati a sindaco a occhi chiusi sulle vicende dell’università di Siena

Candidati sindaci: Corsini-Falorni-Marzucchi-Neri-Pinassi-Tucci-Valentini-Vigni

Candidati sindaci: Corsini-Falorni-Marzucchi-Neri-Pinassi-Tucci-Valentini-Vigni

Con la nomina dell’attuale direttore amministrativo, l’università di Siena ha scritto una brutta pagina – contraddistinta da ingerenze esterne, procedure calpestate, abusi, omissioni, organi di governo esautorati e acquiescenti – culminata con due esposti in Procura. In seguito, le intercettazioni telefoniche ufficiali dell’autorità giudiziaria hanno rivelato come il rettore anteponesse interessi di gruppo a quelli dell’ateneo e come fosse proprio il futuro direttore a dettare le condizioni, chiedendo «un contratto scarno, di quelli standard, non attaccabile». A tal proposito, apparare emblematica la retribuzione del direttore amministrativo, sottratta alle competenze del CdA e maggiorata di circa 60.000 € lordi, probabilmente non dovuti. Alle contestazioni successive, che chiedevano almeno un adeguamento della retribuzione ai mutati parametri (fondo di finanziamento ordinario, numero di studenti e dipendenti) dell’ateneo senese, la Dott.ssa Fabbro rispondeva, nel dicembre 2012, che «la Corte dei Conti ha chiarito che non si applicano automatismi diretti tra la variazione dei parametri e il calcolo della retribuzione, che rimane fissata in base ai criteri validi al momento della sottoscrizione del contratto». Sarebbe interessante sapere se nel quesito rivolto ai magistrati contabili, la DA abbia evidenziato la seguente condizione del contratto da lei sottoscritto: il «trattamento verrà automaticamente adeguato in caso di modifiche ed integrazioni dei criteri e dei parametri indicati nel decreto interministeriale del 2001».

In questi giorni, però, ecco un colpo di scena! Sul sito dell’ateneo è comparsa una scheda con la quale il direttore amministrativo informa d’essersi ridotto lo stipendio tabellare di ben 16.391,37 € lordi annui (bontà sua!). A nostro parere, la DA è tenuta anche a rimborsare all’ateneo quel che ha riscosso nei due anni precedenti. E cioè: 32.782,74 € lordi di stipendio tabellare, ai quali si aggiungono 59.009,24 € lordi di retribuzione di risultato, tra l’altro non giustificati. Da notare, inoltre, che la Dott.ssa Fabbro percepisce anche un assegno pensionistico annuo superiore a 160.000 euro.

A questo punto, ci si chiede cosa e chi abbia fatto cambiare idea al direttore amministrativo. Forse la ventilata ipotesi di reato che l’importo, superiore a quello dovuto, dovesse servire a pagare le consulenze personali a professionisti, per lei necessari allo svolgimento della sua attività di direttore amministrativo? E se così fosse, qual è l’interesse per l’ateneo di un DA che, per svolgere la sua attività, necessita di consulenti esterni (pur in presenza di competenze interne) e pone come condizione, per accettare il prossimo incarico di Direttore generale, la nomina di tre nuovi dirigenti? Ovviamente, non mi rivolgo ai Procuratori, sotto organico e troppo impegnati con la vicenda della Banca Mps. Ma i candidati a sindaco non hanno proprio nulla da dire?

Articolo pubblicato anche dail Cittadino Online (9 maggio 2013) con il titolo «Università e retribuzioni dei vertici. I candidati a sindaco tacciono?»