Ateneo di Siena: cronaca di un declino annunciato

Aldo Ferrara. Non è infrequente che un interlocutore mi chieda dove insegni ed alla mia risposta “beh, sì insegno a Siena”, lui mi risponde con candore “ah, certo Pisa, che bell’Ateneo!”. Nell’immaginario collettivo e non, Siena non significa più Ateneo colto e proiettato nel futuro. Esattamente il contrario avveniva dopo la guerra quando l’Ateneo fu sede di prestigio. I nomi che diedero lustro si sprecano: dopo la guerra venne a dirigere la Clinica Medica Izar, maestro del nostro Di Perri, proveniente da Messina, Aminta Fieschi che veniva da Genova diede luogo ad una celebrata scuola d’ematologia, Cesare Bartorelli, fisiologo prima e cardiologo dopo, padre, tra gli altri, della moderna cardiologia, a Milano riprodusse nel Centro Monzino i suoi sogni da giovane Clinico che vedeva un futuro autonomo per la cardiologia, anche sotto il profilo assistenziale. Gallone e Rocco, grandi Chirurghi la cui Scuola è testimoniata da Trattati di Chirurgia dove tutti noi abbiamo studiato. Senza dimenticare un personaggio che ha lasciato una traccia indelebile nella immunologia ed anche nella Siena imprenditoriale, per via dello Sclavo, Giovanni Petragnani, cui mi legano ricordi d’infanzia essendo cugino di mia madre. Lasciando il panorama medico, come non ricordare il grande Franco Fortini alle cui lezioni venivano da tante altre città, anche non vicine. Questi esempi hanno lasciato una traccia di cultura e di scienza, alcuni hanno addirittura lasciato allievi che riproducessero quel percorso felice. Era il vantaggio di un Ateneo di “passaggio” dove si formavano le scuole e poi i Maestri ritornavano laddove erano partiti, dando luogo ad una staffetta ricca di testimonianze.
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