”Pane e cacio”: riflessioni su privacy, comunicazione e marketing, censura

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Pier Egisto Valensin. Sembra impossibile. Ci sono notizie roboanti, enfatiche, che vengono ripetute per più giorni, praticamente uguali nella sostanza e nella forma, su tutte le reti televisive, pubbliche (si fa per dire) e private, e su tutti i quotidiani; ce ne sono altre, spesso a mio giudizio più importanti e utili per la formazione della cosiddetta opinione pubblica, che vengono costantemente sottaciute ed emergono solo se si cercano col lanternino. Non si può non registrare una profonda dissociazione tra realtà e immagine. Non è il solo settore in cui l’innegabile progresso tecnologico viene utilizzato e manipolato per fini a dir poco di scarsa nobiltà: quando non esisteva alcuna legge sulla privacy la vita privata dei cittadini non era messa in piazza come oggi avviene; quando non c’erano così impeccabili regole sulle intercettazioni telefoniche non poteva succedere che qualche funzionario da qualche parte registrasse ciò che ordinavi per la spesa quotidiana e che poi l’elenco delle tue derrate alimentari venisse riportato sulle pagine dei giornali; quando non esisteva il codice di autoregolamentazione della pubblicità gli spot non erano così aggressivi e volgari, oltre che portatori di una scientificità fasulla, la concorrenza non era così sleale, i bambini non venivano utilizzati così cinicamente e spudoratamente (mi capita di chiedermi come mai la Chiesa, che si mobilita con grande e autorevole fermezza contro il film di Dan Brown, non proferisce verbo quando Bonolis adopera nientemeno che il Paradiso per propagandare una marca di caffé, o quando frati e monache si presentano a reclamizzare mozzarelle e acque minerali). Tutti i salmi finiscono in gloria, tutta la nostra vita va a finire nel mercato (se si dice marketing suona meglio). In questa chiave nasce la Scienza della comunicazione, questa comunicazione, non una comunicazione limpida, non manipolata (chi non ha potuto ancora farlo, si vada a vedere il film War the Dog – titolo straziato in italiano come Sesso e potere – di Barry Levinson, con Dustin Hoffman e Robert De Niro, e capirà molto meglio di cosa stiamo parlando; e, già che c’è, rifletta anche un po’ sulle moviole truccate); in questa stessa chiave ci si rende conto dello sbocciare e dell’affermarsi del Centro Comunicazione e Marketing (allo stesso modo si vendono cravatte, berrettini, immagini e notizie) dell’Università di Siena, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, della C.R.U.I.
Viene così alla mente l’aborrita parola, censura, da tutti deprecata, da pochi effettivamente contrastata. In proposito, non so fare niente di meglio che ricordare una canzoncina di un’operetta goliardica di più di quarant’anni fa, partorita, se non vado errato, dalle tuttora fertili penne di Augusto Mazzini e Paolo Neri (la musica era quella del Moritat dell’Opera da tre soldi di Brecht: Siate cauti nel dileggio, non si tocca chi è protetto dal ministro dal prefetto, dal magnate al sacerdot / La notizia la vagliamo e se vera la scartiamo, solo balle propiniamo all’incauto ascoltator / Finché regna la censura che fa beffe alla cultura l’avvenire è assicurato, pane e cacio ci sarà.