L’umiliazione di dover ringraziare chi ci dà quello che già ci appartiene
Mauro Aurigi. Nel Sud-est asiatico da tempo immemorabile si fa ricorso a questo metodo ingegnoso e incruento per la cattura delle scimmie: si assicurano saldamente al suolo delle brocche, la cui bocca sia grande abbastanza perché i poveri animali possano introdurvi la mano aperta, ma non abbastanza per poi poterla estrarre col pugno chiuso, quindi vi si versa un poco di riso e ci si nasconde in attesa. La scimmietta, attratta dall’odore del riso, si avvicina al vaso con fare assai circospetto, vi infila curiosa la zampa, afferra un pugno di riso e lesta cerca di correre al sicuro per mangiarselo. Ma inutilmente: per quanti sforzi faccia non riesce a tirare fuori dalla brocca la zampa insieme al riso. Quando si accorge degli uomini che vengono a catturarla comincia ad urlare e si vede benissimo che è combattuta tra due terribili alternative: perdere il riso o perdere la libertà. Tutte le scimmie scelgono la seconda (poi perderanno anche il riso), salvo pochissime eccezioni rappresentate evidentemente dagli individui più intelligenti.
Un comportamento stupido, è vero, ma c’è poco da criticare, perché nella società dell’uomo, sia nella storia che nell’attualità, quello è un atteggiamento più diffuso di quanto si creda: quelli che per un pugno di riso vendono la propria libertà e la propria dignità sono molti, moltissimi, troppi. Il caso più banale e volgare è quello di quei Napoletani che negli anni ’50 votavano il monarchico Lauro per un pugno di spaghetti (non ci furono ulteriori distribuzioni di spaghetti, nel senso che la loro situazione peggiorò ulteriormente). Ma ci sono forme più subdole e sofisticate per cui i pochi riescono, con il classico piatto di lenticchie, a sottomettere i molti o per cui i molti accorrono volentieri a sottomettersi ai pochi (o all’uno solo). E quei molti sono talmente tanti, assai più di quanto s’immagini, che alla fine s’arriva a quella sconsolante conclusione di cui dicevo: la nostra distanza intellettiva da quella povera scimmietta non è poi così grande.
Ma c’è almeno una situazione che costituisce un caso a sé: è quella senese. Qui vendere la propria libertà e la propria dignità per un pugno di riso è lo sport cittadino. E ai molti che volentieri si sottomettono corrisponde la proterva e fascista volontà dei pochi di dominarli (oh, quanto inutilmente qualcuno, a suo tempo, imbracciò il mitra e salì in montagna!). Ma fin qui siamo nella norma. L’eccezionalità sta nel fatto che il pugno di riso che viene distribuito a Siena non appartiene ai pochi che lo distribuiscono, ma ai molti che lo ricevono. E quando sento i servili e ottusi ringraziamenti che questi ultimi – del tutto indifferenti al fatto che ai nostri figli saranno richiesti costi ben superiori – indirizzano alla Fondazione e soprattutto al suo presidente Mussari, perché ci elargiscono graziosamente ciò che è già nostro, penso che la nostra distanza da quella scimmia che almeno rubava il riso altrui, diminuisca ancora. E forse forse …
(Da: il Cittadino Oggi del 27.11.2005)
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