Il “venditore di sogni”, i dati non comparabili ed i vecchi stereotipi demagocici e populistici. Pietro Citati. «Così rinasce l’università per i ricchi». (…) «Le università italiane sono pessime. Il disastro è cominciato con la riforma Berlinguer, entrata in vigore sei anni fa. A partire da allora, le leggi ministeriali hanno costretto gli studenti a non studiare, o a studiare il meno possibile, e soprattutto a non leggere libri o solo fascicoletti di poche pagine. Lo Stato italiano ha il perverso piacere di laureare ignoranti e incompetenti. Il paradosso è che, nelle università italiane, esistono eccellenti professori ed eccellenti studenti, non meno bravi che in qualsiasi paese europeo, (…) drammaticamente sconfitti da un sistema che impone di non insegnare e di non studiare. (…) Fra poco non sapremo a chi affidare l’insegnamento nei licei o all’università, o la direzione delle nostre imprese o il governo dell’economia. Intanto, i figli delle famiglie ricche vanno a studiare negli Stati Uniti o in Inghilterra. Così assisteremo (ancora una volta) a questa insensatezza: la Riforma Berlinguer, che pretendeva di essere democratica, farà in modo che tutta la nostra classe dirigente sarà formata da ricchi.» Luigi Berlinguer (ex ministro dell’Università). Questa è l’università di cui Citati è nostalgico. «Fino a 10 anni fa si laureavano in Italia solo 30 studenti su 100. Di questi meno del 10% era in corso: quasi tutti gli studenti cioè erano fuori corso. L’età media dei laureati, 28 anni. La loro maggioranza stentava altri anni a trovare lavoro. Un bilancio fallimentare. È questa l’università di cui è nostalgico Pietro Citati, che imputa alla “riforma Berlinguer” di aver provocato un disastro e propone sommarie valutazioni. Non vi si legge una sola cifra, non un fatto documentato, non un’analisi reale comparativa. Affermazioni apodittiche o apocalittiche, senza citazioni di supporto. Ho imparato nella ricerca che uno studioso tanto vale quanto cita, quando prova. Specie se fa il censore. (…) Ecco i dati di Alma Laurea sui laureati 2006, ignorati totalmente da Citati: salgono al 24%, decisamente più che nel passato, i laureati con entrambi i genitori senza laurea, che appartengono cioè a famiglie non acculturate (causa tradizionale di esclusione sociale). Aumentano quelli con redditi bassi (e Citati parla inconsapevolmente di università dei ricchi). Aumenta la frequenza alle lezioni (il 75% degli studenti è presente, mentre ieri l’Italia era l’università degli assenti. L’età media è di 24 anni (ben 4 in meno del passato). Si laurea in corso il 50%, un altro 42 solo un anno dopo. Uno scossone.» (…) Pietro Citati. «Risposta sull’università a Luigi Berlinguer». (…) Le statistiche dell’ex ministro Berlinguer non significano quasi niente. È facilissimo far laureare dei giovani, o ridurre i loro anni fuori corso, quando si degrada l’insegnamento, e i rettori delle diverse università si contendono i ragazzi offrendo studi elementari. (…) All’Università non regna il gioioso fervore di cui parla Berlinguer, ma avvilimento, umiliazione, rancore impotenza. I professori di talento cercano di andarsene. Invidio l’ex-ministro Berlinguer, che la notte sogna e accarezza la sua cara Riforma e le sue statistiche. Purtroppo, quello che dico non è affatto “apocalittico”. Ogni anno, la situazione si aggrava. Il prestigio delle nostre Università diminuisce. Se non ci saranno (come spero) interventi profondi, fra una quindicina di anni la classe dirigente italiana sarà formata da figli di ricchi che hanno studiato negli Stati Uniti e in Inghilterra, e da rumeni, bulgari, ucraini, polacchi, uzbechi, cinesi, coreani, emigrati da paesi dove si studia meglio che da noi.» Aurelio Magistà. Chiamalo, se vuoi spezzatino accademico. (…) l’ottimismo dell’ex ministro non appare così giustificato dai dati e dai fatti che, insieme al Censis, accertiamo ormai da otto anni (…) è aumentato il numero degli esami per laurearsi, ma ciascun esame è diventato meno impegnativo, con una conseguente, come dire, liceizzazione dell’università. Sono aumentate del 14,5% le facoltà, da 510 a 584, e sono aumentati i comuni che ospitano corsi di laurea, o parti dell’insegnamento universitario; un aumento che risponde più a esigenze di potere e di prestigio che a bisogni degli studenti, e che porta soprattutto a una dispersione delle risorse. In particolare, sono enormemente aumentati i corsi di laurea: del 48,8%, da 2225 a 3310. L’offerta formativa tende a diventare babelica e non paragonabile (corsi che hanno nomi diversi ma contenuti simili e viceversa, corsi che cambiano nome per apparire più appetibili senza cambiare contenuti, corsi che rispondono a desideri dei professori più che a bisogni degli studenti etc.), con un esito di figure professionali sempre più eterogenee, a identità debole e scarsamente spendibile nel mondo del lavoro. (…)» Piero Marietti (pro-Rettore la Sapienza, Roma). Caro Berlinguer ammetti: il 3+2 è stato un disastro. «Caro Luigi Berlinguer, compagno di tante battaglie, ti chiedo con rispetto ma con fermezza di rassegnarti: la riforma del 3+2 che porta il tuo nome e i susseguenti interventi legislativi a diverso livello (anche del Ministro Moratti) sono stati un disastro per l’Università italiana. (…) Si doveva porre rimedio ad alcune eccessive lunghezze dei corsi? Certamente: ma non semplificando i percorsi tanto da intaccare il livello di formazione dei giovani. Si doveva porre rimedio alla pletora dei fuoricorso? Certamente, ma dando alle Università i mezzi per assistere più da vicino gli studenti. Si doveva sanzionare chi intende l’università come una sine cura aggiunta alla sua professione e alla sua vita? Ebbene, oggi quello sta una meraviglia dentro i crediti e le stoltezze di 30 esami in tre anni al posto dei 25 in cinque anni. Oppure “incardinato”, con lo stesso stipendio, in università paesane o telematiche (sic!) che chiedono la presenza di un paio di giorni la settimana, quando nemmeno quello. (…) Paradossalmente, caro Luigi, un ancora possibile salvataggio dell’università è impedita oggi dalla tua persistente difesa di una mezza sconfitta (…). Quindi, per favore, ammetti che Citati abbia ragione e farai una cosa che libererà risorse ideali, politiche e umane. (…)» Piero Lucisano (Prorettore La Sapienza di Roma). Sono anch’io Prorettore e difendo Berlinguer. (…) È difficile valutare in un tempo così breve gli effetti della riforma universitaria (3+2 di Berlinguer). Certamente vi sono stati errori e certamente sono mancati sostegni e risorse. Ma, se è sbagliato lodare i tempi andati in cui l’università ha prodotto la classe dirigente di questo paese, la cui preparazione professionale, scientifica e morale è sotto gli occhi di tutti, è altrettanto sbagliato liquidare con poche battute il lavoro a cui ci siamo appassionati in questi anni. Lavoro che ha portato risultati migliorabili, ma di un qualche rilievo. Tanto che anche l’Ocse rimarca un progresso in Italia del numero dei laureati: abbiamo raddoppiato i tassi di laureati ottenendo risultati migliori per la prima volta di Usa, Giappone, Spagna, Francia e Germania.
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