Università degli Studi di Siena
Tavola Rotonda-Dibattito (31 maggio-1° giugno 2007)
Aula Magna del Rettorato, Via Banchi di Sotto 55
Economista, storico, polemista, giornalista d’inchiesta tra i più efficaci, Ernesto Rossi (1897-1967) fu tra i fondatori di «Giustizia e Libertà» e pagò la sua opposizione al regime fascista con nove anni di galera e quattro di confino sull’isola di Ventotene, dove elaborò con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni il Manifesto del federalismo europeo. Nel dopoguerra divenne paladino di un’Italia laica, liberale, anticomunista, capofila del processo di unificazione europea in senso federalista. Amico dei fratelli Rosselli, discepolo di Gaetano Salvemini e interlocutore privilegiato di Luigi Einaudi, Ernesto Rossi fu implacabile nel denunciare con i suoi libri e dalle pagine de «Il Mondo» e «L’Astrolabio» le commistioni tra politica ed economia, il potere monopolistico della grande industria e dell’alta finanza, il conservatorismo dei sindacati, la corruzione amministrativa, le ingerenze clericali nello Stato. Ma seppe anche offrire un modello di sana e oculata gestione pubblica negli anni in cui diresse l’Azienda Rilievo Alienazione Residuati bellici (ARAR), tra il 1945 e il 1958. Nel 1955 partecipò alla fondazione del Partito radicale. Morì a Roma il 9 febbraio 1967: tre giorni dopo avrebbe dovuto presiedere al teatro Adriano la manifestazione di apertura dell’Anno Anticlericale.
Ernesto Rossi fece luce sulle zone d’ombra che avvolgevano il progresso economico, politico e civile dell’Italia del dopoguerra. Alcune di queste ombre si sono allungate fino ad oggi, a quarant’anni dalla sua scomparsa.
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