Riportiamo l’intervista a Lucia Lazzerini (Ateneopulito) del giornalista Filippo Tosatto sul Mattino di Padova (24/1/08).
Lucia Lazzerini, professore ordinario di Filologia romanza all’università di Firenze, è l’animatrice del movimento Ateneo pulito che dall’omonimo sito bacchetta i vizi degli atenei italiani. Chi gliel’ha fatto fare, verrebbe da chiedere alla docente, moglie del prefetto di Padova Paolo Padoin… «Ho cominciato per una questione di decenza, è stata una reazione al degrado ambientale del mio dipartimento, poi il raggio d’azione si è ampliato. Mi sono guadagnata molte critiche e parecchie inimicizie ma ho ricevuto anche il sostegno affettuoso di tanti colleghi che si sono rivelati informatori preziosi del sito, fornendo notizie, curiosità, vignette; alcuni sono usciti allo scoperto, altri meno. Anche gli studenti hanno apprezzato. Insomma, non mi sento isolata». Lei è molto critica verso l’università italiana… «Qualche notte fa, in tv, un noto critico d’arte ha testualmente definito l’università italiana “un letamaio”. Io dico che è allo sfascio, che versa in una situazione disastrosa e che non so più cosa ci stiamo a fare qui. Siamo ai saldi di fine stagione: titoli screditati, gara a chi sforna più lauree a buon mercato, lezioni in pillole, studenti in condizioni di semi-analfabetismo. Sono pessimista, si». Quando è iniziato il declino? «Nel Sessantotto, direi, con la sua ventata di demagogia. Ma il vero degrado è coinciso con quest’autonomia fasulla che vorrebbe scimmiottare gli atenei americani ma nei fatti ne capovolge i criteri. Negli Stati Uniti non esiste il valore legale del titolo di studio: contano il merito effettivo e il prestigio degli studi compiuti. Le università competono per migliorarsi perché vivono grazie alle tasse, salate, degli studenti: se non sono in grado di fornire una preparazione adeguata, i giovani vanno altrove e per loro sono guai. Inoltre, i figli dei ricchi, con le loro rette, finanziano le borse di studio dei poveri super-intelligenti. Autonomia nella responsabilità: così, il sistema funziona. In Italia avviene il contrario. Il valore legale del titolo di studio scatena una corsa al ribasso, la competenza è ignorata, vince chi offre una laurea a condizioni più facili. Un effetto devastante che si ripercuote anche sul reclutamento del personale universitario, leggi malaffare dei concorsi. Credo sarà molto difficile risollevarsi da questo scempio. Qualcosa del genere accade anche in altri Paesi europei, ma non è una consolazione».
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