Le università di massa sono da alcuni anni sempre più terra di conquista che, proiettando i loro messaggi sulla società, fanno audience. Siena ha fatto scuola ai tempi del rettore Luigi Berlinguer. Politici, letterati famosi e scienziati di vaglia si sono succeduti alle inaugurazioni. Quel che era un fatto interno all’università, un momento per conoscere lo stato dell’Ateneo e ascoltare la prolusione di un professore autorevole di una facoltà (a turno), è così divenuto un happening. Chi ricorda l’ultimo “prolusore” ufficiale dell’ateneo romano?
A Pisa, la sede universitaria “democratica” per definizione, che ha rimosso la lapide di Giovanni Gentile, terrà, con la Massoneria toscana, un bel convegno sullo “Stato laico in una società multiconfessionale”, moderato dal prof. Romano Lazzeroni, presente il Gran Maestro Gustavo Raffi. Autorevoli, i relatori: il prof. Gian Mario Cazzaniga, cultore di storia massonica, altri due professori “laici” come Raimondo Cubeddu e Mario Montorzi, un laico “liberal” come il prof. Gaetano Quagliariello, che, avendo spesso polemizzato con la massoneria, ha inviato una lettera aperta a tutti i partecipanti per spiegare il motivo della sua presenza. Poi due senesi: Roberto Barzanti, già parlamentare europeo, uomo di cultura riconosciuto e di apertura culturale indubbia, e Stefano Bisi, giornalista e caporedattore del “Corriere di Siena”, che, con il rettore pisano Marco Pasquali, vi appare per i saluti nella veste inedita, per i senesi almeno, di “presidente del Collegio dei maestri venerabili della Toscana”. Complimenti per la carriera! “Sena triumphans” anche a Pisa! Si potrebbe proporre un palio straordinario…
Roma e Pisa: l’università si “apre” al mondo in modo molto diverso. Credete che la libertà di parola dei massoni sarà messa in discussione a Pisa? Credete che frange estremistiche si ricorderanno che la Toscana è stata il cuore territoriale, quanto meno, della P2? Pensiamo e speriamo di no. Come avremmo pensato e sperato per Roma. I tumultuanti potevano anche aver ragione storicamente (vista la potenza d’urto sui media del Vaticano), ma hanno peccato sul piano dell’opportunità politica. Per i laici la vicenda si conclude con una débâcle. “Non creare martiri” è sempre stato un imperativo categorico della coscienza, anche laica, ma in più lo ha sempre insegnato anche la cultura politica spicciola, quella terra terra dell’opportunità, del buon senso: che più si va avanti negli studi, più si può perdere. È un aspetto della crisi dell’università?
Davide Carlucci ha citato questo post nella sua inchiesta “Università il crepuscolo dei baroni” (la Repubblica, 23 gennaio 2008).
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