L’autoreferenzialità è il cancro che blocca lo sviluppo scientifico, didattico e morale dell’Università

Alcuni passi di un interessante articolo di Segio Pimpinelli pubblicato su Europa del 12 giugno 2009.

Quando l’università smarrisce la sua missione
Anche gli atenei si sono colpevolmente appiattiti sulla politica dell’immagine

Sergio Pimpinelli. (…) lo strapotere della televisione ha significativamente contribuito a corrompere le coscienze di ormai qualche generazione di giovani dettando nuovi modelli di comportamento sociale che sono concretamente funzionali ad un potere politico che in essi si riflette e trova alimentazione. (…) È forte il sospetto che anche l’università, invece di svolgere la sua missione educativa per arginare queste degenerazioni sociali, si sia colpevolmente appiattita sulla politica dell’immagine. Forse non è un caso il continuo fiorire di facoltà di scienze della comunicazione presenti ormai in quasi tutti gli atenei italiani. Sarebbe interessante sapere quanta parte della loro attività didattica sia dedicata alla critica della tv, e dei mass media in generale, con lo scopo di smascherare le tecniche di manipolazione delle coscienze, piuttosto che insegnare come potenziare tali tecniche attraverso una sorta di compromissione collaborativa con soggetti provenienti dal mondo virtuale e svilire un’istituzione prestigiosa come la laurea ad honorem. Sarebbe bene che l’università si ponesse questo problema e si interrogasse su questa materia la quale, più di altre, mette in discussione la sua missione ideale.

 L’università, e l’istruzione in generale, dovrebbe essere il luogo dove si insegna il pensiero critico, senza bavagli ideologici o politici, come fondamento nella formazione degli studenti a diventare non solo competenti nel proprio lavoro ma anche cittadini maturi con la piena coscienza dei propri diritti e doveri e perciò immuni ad ogni tentazione di sudditanza. Per garantire una società pluralista, equilibrata e duratura attraverso le generazioni dove si esercita il rispetto per valori essenziali, oggi pesantemente offuscati, come la solidarietà sociale, la legalità, le libertà e i doveri.
Pertanto, si rende necessario un chiaro confronto interno, stimolato dalla parte più sana del mondo universitario, per una presa di coscienza dei reali compiti di questa istituzione. Ciò renderebbe tutti i docenti protagonisti di un compito di grande valore civile e morale molto più gratificante del nuotare miseramente nelle ricche acque dei previlegi, del servilismo e della connivenza. C’è bisogno però di un atto di onestà collettiva nell’adottare strumenti idonei per abbattere soprattutto l’autoreferenzialità. L’autoreferenzialità è infatti il cancro che corrode qualsiasi possibilità di un vero sviluppo armonico dell’università dal punto di vista scientifico, didattico e soprattutto morale. Essa ha finora impedito l’identificazione e il rafforzamento delle parti più deboli, ma potenzialmente virtuose, e generato le logiche clientelari e familistiche di cooptazione che hanno sempre reso inutile l’affannosa ricerca da parte di ogni governo di nuove regole per garantire la trasparenza.
Tali strumenti non possono che essere agenzie di valutazione esterne che adottano parametri riconosciuti in ambito internazionale e, nota dolente, la costituzione di atenei scientifico-umanistici e atenei o scuole delle professioni. Questo permetterebbe una più facile identificazione ed attribuzione dei meriti, delle disfunzioni ed insufficienze.

Una Risposta

  1. È vero: occorre etica. Il proliferare di Scienze della Comunicazione, insipida materia, è servito, a mio avviso, a mettere in lizza sfaccendati, falliti, giornalistucoli servi di due padroni o padrini ecc. Si torni al sano dibattico, alla postazione dell’etica, al riflettere su che mondo dobbiamo lasciare ai nostri figli e nipoti. Vedendo certo trash televisivo si rimane allibiti (cito per tutti Teo Mammuccari su Mediaset). Si rimpiange la tivù di “Non è mai troppo tardi”… I capibastone di Scienze della Comunicazione sono per intrufolarsi nel lucrativo market(ing) e non per far riflettere le coscienze. In ciò è sacrosanto denunciare questi manichini telediretti-magari dalla “nobile” Confindustria.
    «È l’oro che compra il campo ma la sposa te la dona il fato» (William Shakespeare).
    BARDUS

    P.S. Lo storico Hobsbawn, su Internet, ha rivalutato la critica marxista del capitalismo. Egli contrappone un globalismo all’altro. Non si è occupato di tecniche di marketing come i nostri volponi in terra di Siena. Forse è un “matto”.

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