Sincerità è un elemento imprescindibile per un risanamento stabile che punti alla rinascita dell’università

Forse, canticchiandola sulle note del motivetto dell’ultimo festival di Sanremo, si riuscirà a far capire la drammaticità della situazione dell’ateneo senese. Eppure i dati, che questo blog espone da tempo e aggiorna di continuo, parlano da soli. Evidentemente non basta, se si sottovalutano persino i rilievi (approssimati per difetto) del ministro Giulio Tremonti: «…l’università di Siena ha due dipendenti per ogni dieci studenti. Mi sembra un rapporto che non riflette una gestione illuminata.» Cose ovvie e note da tempo, dette con garbo. Eppure, come si legge ne “La Nazione”, «qualcuno, facendo due calcoli a caldo (22 mila studenti e 1100 dipendenti) ottiene un rapporto diverso». Altro che sincerità! Sono dati completamente inventati, come si evince dalla tabella che apre questo post. In realtà, nell’ateneo senese, vi è una unità di personale ogni 3,7 studenti; precisazione, questa, che “La Nazione” ha pubblicato integralmente. È veramente singolare che i dati di questo blog, ripresi dalla stampa nazionale e dagli uffici stampa del ministero, continuino ad essere ignorati dai mezzi di informazione locali. Ripetiamoli, aggiornati, soprattutto per quella classe accademica senese (uso – augurandomi che si sbagli – le parole del Favi di Montarrenti) «che ha la forza culturale (fatte le debite eccezioni) di spendere 11 milioni di € fuori bilancio, di non aver riscosso 8 milioni di € di crediti, di aver integrato i propri stipendi con l’uso dissennato delle carte di credito, delle spese postali, dei rimborsi per missioni». Riportiamo questi dati all’attenzione di quei “furbetti”, che avendo prodotto lo sfacelo si presentano come paladini del risanamento dell’ateneo, invocando un ritorno ai bei tempi passati, i tempi degli sprechi e illegalità eretti a sistema. All’attenzione, quindi, dei “comitati d’affari” che considerano nemici tutti coloro che, a vari livelli, cercano di riportare l’ateneo senese alle sue funzioni istituzionali.

16 Risposte

  1. Rispondo in parte a Sesto Empirico

    La mia precisazione su “La Nazione” si conclude con la seguente frase: «Comunque, togliendo il numero dei professori a contratto, si ottiene il rapporto riferito dal Ministro.»

    938 collaboratori in attività di ricerca comprendono:
    – 111 borse di studio e di ricerca per laureati;
    – 40 borse di studio post dottorato;
    – 276 assegni di ricerca;
    – 48 contratti di prestazione autonoma per programmi di ricerca;
    – 17 ricercatori con contratto a tempo determinato;
    – 446 contratti di formazione specialistica dei medici.

    Giovanni Grasso

  2. Prof. Grasso: «Comunque, togliendo il numero dei professori a contratto, si ottiene il rapporto riferito dal Ministro.»

    Esatto, infatti i contratti di docenza di consistenza simile ad uno stipendio si contano sulle dita di una mano, mentre per la maggior parte sono docenze di poche ore, spesso gratuite. Non sono comparabili ad uno stipendio di ruolo.
    E togliendo anche i 938 “collaboratori di attività di ricerca” (che a parte i 17 ricercatori a tempo determinato con gli studenti c’entrano poco, anzi includono 446 specializzandi che secondo me vanno sommati ad essi) si ottiene il rapporto riferito da me di 1,44.

    Io continuo a preferire la mia stima perché altrimenti sarebbe troppo facile (si fa per dire) tagliare qualche migliaio di contratti e vantarsi di aver dimezzato i dipendenti, mentre i conti resterebbero più o meno gli stessi. Ma, ripeto, non è questo il punto: che siano troppi risulta da qualsiasi statistica si faccia, a partire dal bilancio.

    Il mio punto è che ci possono essere disparità fra le varie facoltà di cui pure, prima o poi, bisognerà tenere conto.

    saluti scettici,
    Sesto Empirico

  3. Ottimo! Tutto condivisibile.

  4. A giudicare dal “volto d’arme” con cui alcuni sedicenti docenti guardano chi vuole legalità, giustizia, competenza, ricerca vera ecc., si è nel giusto.
    “Difendete anche lo Studio come uno degli occhi della città…” (San Bernardino da Siena)
    Il Bardo

  5. Scusate, ma a me pare che si stia facendo confusione fra due attività. Una cosa è la didattica, che in questo momento è quella che dovrebbe soccorrere, sia pure parzialmente le finanze dell’Ateneo, una cosa è la ricerca che invece non soccorre proprio nessuno perché non fa che finanziare sé stessa. Stare a fare i puntigliosi sui numeri e sulle percentuali è del tutto inutile, se si tiene conto di questo aspetto, a parte il fatto che 1.44 o 3.2 o 2, comunque la si giri non sono una dimostrazione di amministrazione illuminata, giuste le parole di Tremonti. Per quanto attiene alla didattica molto semplicemente non possiamo permetterci di spendere quella mostruosità di denaro che c’è stata buttata finora. Nella tabella proposta per i duri di comprendonio per l’ennesima volta da Giovanni appaiono 1059 docenti di ruolo. Correggo il dato di qualche post fa e dico che se tutti costoro facessero 120 ore di didattica l’anno (cioè diciannove minuti il giorno inclusi i festivi) otteniamo 127.080 ore di didattica. Siccome altrove ho dimostrato, grazie al database del personale denominato SIGRU (ora del tutto inutile perché non riporta le somme corrisposte ai docenti a contratto e non ha mai riportato quelle delle supplenze), che nell’anno 2008 si è speso quasi 2 milioni di € per contratti di docenza (e non di ricerca, capito Sesto?), secondo la modesta opinione di questo boscaiolo (nonché cacciatore provetto), di contratti non se ne dovrebbe fare nemmeno uno e nemmeno di supplenze, perché non si vede chi ci sia da supplire con più di mille persone che vengono pagate tutti i mesi (almeno per ora) per questo. Ho capito che subentra tutta la questione dei poveri precari e patapìm e patapàm, ma i soldi non ci sono. In che lingua va detto? Quanto al fatto che ci siano facoltà che hanno contribuito di più e altre di meno al disastro posso essere anche d’accordo, ma la questione che al momento è della massima rilevanza è che, di diritto o di rovescio, abbiamo bisogno di altri 160.000.000 € per arrivare in fondo all’anno. Quanto la vogliamo fare lunga ancora con questa storia dei bilancini? Quando saremo usciti da questo macello, peseremo (io no di certo, altri lo faranno) chi ha più o meno colpe. Al momento si deve considerare che il bilancio di previsione 2009 è stato presentato in disavanzo di 35.573.000 €, dei quali un paio di milioni vanno per contratti e supplenze, più di un milione di affitti (ma di strutture scientifiche e non didattiche, salvo le due biblioteche sulle quali ho già più volte detto la mia). Vale a dire che un decimo del disavanzo di competenza va in spese che potremmo tranquillamente risparmiare. Non ne parliamo se si fossero stesi i poli come era peraltro previsto dal piano di risanamento. Non ne parliamo se si fossero ridotte ad una (secondo il noto principio di San Tommaso: entia non sunt multiplicanda sine necessitate) le due facoltà di lettere.
    La ricerca è un’altra cosa, tant’è che i 938 collaboratori di ricerca (espressione – scusa Giovanni – abbastanza vaga che per fortuna hai chiarito benissimo in testa ai commenti) non incidono sul famigerato FFO, sono quasi tutti o cofinanziati o interamente finanziati con fondi provenienti dall’esterno, come tanto le facoltà scientifiche che quelle umanistiche sanno benissimo. Anzi, tanto per metterci il carico da undici come quando gioco a briscola e tresette al circolo di Rosia, vi regalo un altro dato di cui non è detto che tutti siano a conoscenza: proprio con questo giochino dei cofinanziamenti si sono creati 121 (centoventuno) posti di ricercatore nel corso degli anni. Bene. Bravi. Peccato che i cofinanziamenti abbiano naturalmente una durata determinata. Chiunque dotato di buon senso (qualità che dovrebbe prevalere tanto in Senato che in CdA, perdiana, rappresentano tutti lì! Decidono le strategie! Ecchediamine!) avrebbe bandito 121 posti di ricercatore a tempo determinato, perché alla fine del cofinanziamento sarebbe mancata la copertura finanziaria. Giusto? Indovinate un po’ come sono stati banditi? A tempo indeterminato. Sul groppone di chi sono finiti (per intero fra l’altro)? Sull’FFO e lì sono, per giunta con tutti gli scatti di carriera (automatici), conferme (automatiche) e progressioni in seconda e prima fascia. E stiamo parlando anche qui di centinaia di migliaia di euro se non di milioni, non di noccioline.
    Per concludere, la critica di Tremonti (che Giovanni, e più modestamente io, abbiamo interpretato in senso peggiorativo) mantiene, nonostante tutto, intatto il proprio significato e contiene un’osservazione sacrosanta che nessun ritocco alle cifre può negare.
    Una buona (se possibile) notte dal Favi di Montarrenti

  6. Se è vero come si afferma che siamo d’accapo, che non si riesce a pagare stipendi ecc ecc, mi spiegate per quale motivo non si è ancora iniziato il processo di licenziamento? Le uniche persone mandate via sono i “non soci” della cooperativa portinai. Mi risulta che anche i ricercatori brizzolati siano ancora al suo posto. Ma mandate pure ordinari e tutto il resto. Non mi risulta che ci siano grandi premi Nobel nell’organico.
    E poi, Favi ha ragione. Con tutto quel personale i docenti dovrebbero prendersi carico di tutto il carico didattico. Basta contratti di insegnamento. Insomma per favore!

  7. Favi, riguardo ai carichi didattici, mi consta che dall’anno prossimo 120 ore diventeranno 144 e non credo che neanche il più svogliato ed imboscato ricercatore potrà esimersi dall’ insegnare almeno 108 ore, perché cambia la misura dei corsi; ma se volessimo fare sul serio (e ne dubito), anziché il solito gioco delle tre carte in cui alla fine prevale l’atteggiamento omertoso, sarebbe bene una volta tanto verificare chi insegna veramente in questo ateneo e chi percepisce solo uno stipendio comparendo occasionalmente entro i confini de Granducato (un problema non secondario sul quale la casta baronale stende volentieri un velo da sempre).
    Peraltro, è da verificare se chi fa meno ore sia lo sfigato “ricercatore” di cui sopra. Una volta per tutte si dovrebbe fare un censimento delle latitanze e valutare oggettivamente chi lavora e chi no, giacché molti luminosi ordinari di cui si è pregiato questo ateneo, varcano o hanno varcato raramente i confini del Granducato, comparendo quasi esclusivamente come targhette sulle porte e nomi a libro paga.
    Il richiamo del Favi ai dati relativi alla legione di docenti e alle medie del rapporto studenti/docenti per facoltà rischia di avere un sapore trilussiano, giacché non credo che essi siano egualmente distribuiti in tutti i settori: andrebbero fatte piuttosto per corso di laurea e per materie, giacché come sapete bene negli anni passati non tutti hanno munto la mucca allo stesso modo, né hanno moltiplicato i posti “praeter necessitatem” (anzi… vogliamo ritornare a vedere chi negli anni delle vacche grasse ci ha zuppato di più il biscottino? Chi ha triplicato cattedre per tre studenti? Chi ha sistemato familiari e famigli? La tentazione di fare ora di tutta l’erba un fascio è irresistibile…): probabilmente in certi ambiti i docenti sono così tanti e dislocati su materie non fondamentali, che basterebbero la metà, ma in altri non è affatto così, e così come biasimo che in certi casi essi siano troppi, parimenti mi auguro che la gente non insegni quello che non sa, accentuando quella tendenza al dilettantismo e alla tuttologia che accelererà la fuga di ricercatori e studenti da questo ateneo, riducendolo ad un college di serie B. Sui contratti, mi pare che siano stati abbondantemente decurtati, addirittura resi gratuiti o semigratuiti (una cosa vieppiù ridicola) e gli assegnisti non potranno essere titolari di corsi, mi pare. Atteso che sapete come la penso al riguardo, giacché ho rimbalzato io l’articolo del Corriere Fiorentino, ossia che andrebbero aboliti sic et simpliciter, ripeto che se n’è fatto (taluni ne hanno fatto) un uso massiccio, improprio se non clientelare; ma non mi pare altresì accettabile la strage generalizzata di giovani ricercatori titolati, tenuti in ostaggio per anni distruggendo loro di fatto la vita e la carriera, azzerando altresì quelli che dovevano costituire i ricambi della pensionanda classe di ordinari; la quale ora additando ad essi il cumulo di macerie fumanti e di terre disseccate esclama: “figlio, un giorno tutto questo sarà tuo!”.

  8. Favi – «Scusate, ma a me pare che si stia facendo confusione fra due attività. Una cosa è la didattica, che in questo momento è quella che dovrebbe soccorrere, sia pure parzialmente le finanze dell’Ateneo, una cosa è la ricerca che invece non soccorre proprio nessuno perché non fa che finanziare sé stessa.»

    Questa volta mi pare sia tu a fare confusione, vediamo di chiarire:
    1) Nessuno ha mai parlato di ricerca, ma se le cose stanno come dici tu, abbiamo ragione io e Tremonti a non mettere nel conto gli assegnisti
    2) Due milioni di contratti fanno in tutto poco più di 1000 euro ogni 10 studenti. Due dipendenti (o 1.44, cambia poco) fa quasi 100 volte tanto, per gli stessi 10 studenti. Togli dal groppone dei 10 studenti di alcune facoltà il mezzo stipendio di un dipendente che vi grava in più che in un’altra, e il bilancio si allevia parecchio di più.
    3) Vero che i contratti sono fra le poche cose che si possono tagliare da subito e che vada fatto. Ma alla lunga l’unico rimedio è di non rimpiazzare i pensionati, e sarà molto meglio avere facoltà con meno docenti di ruolo e più contratti che viceversa. (Incidentalmente, diversi luminari che trascorrono il loro tempo proficuamente a fare consulenze, scrivere libri di successo e fare conferenze, sarebbe parecchio meglio se fossero pagati con un contratto che non con uno stipendio).
    4) Non vedo a chi possa sfuggire che la situazione dell’università di Siena è già chiaramente drammatica di per sé e non ha alcun bisogno di essere enfatizzata, se non da coloro che ne hanno interesse per far finta di porvi rimedio (non parlo di te, ovviamente: ricordo a caso e alla rifusa le finte riduzioni dei dipartimenti e dei corsi di laurea e il miracoloso calo del debito Inpdap). Il migliore servizio che si possa fare per cercare di inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità è di descriverla nel modo più ragionevole possibile
    5)Allo stesso modo, non vedo come si possa pensare che io o Tremonti (i nostri conti sono piuttosto simili, e mi pare di aver ben spiegato dove e perché divergono) abbiamo “ritoccato le cifre” al ribasso rispetto a quelle del prof. Grasso. Come ho via via spiegato (e come il prof. Grasso ha giustamente chiarito nella sua lettera alla nazione e nel primo commento di questo thread) i nostri numeri si riferiscono a costi specifici diversi.
    6) Come tu stesso dici e come sempre mi pare di aver espressamente ricordato in questa discussione, la situazione è purtroppo ben descritta dalle cifre dei conti, e non è certo suscettibile di essere edulcorata dal maquillage dei numeri, che servono per capire aspetti specifici, come mi pare di aver sempre chiarito con precisione. Per cui il tuo commento mi appare incomprensibile

    un perplesso
    Sesto Empirico

  9. Ok, ok, ma è vero che persino le sedi periferiche non son state chiuse? E che i revisori dei conti non son stati ancora avviati a (in-)giusto riposo? Si continuano a ricevere infiniti inviti dal Santa Chiara: quanto costa il tutto? Ultimo: didattica. Nei Paesi con università serie, rappresentanti degli ordini professionali entrano durante le lezioni per valutare la qualità delle lezioni. Non basterebbe la minaccia per stimolare qualche attenzione in più da tanti, illustri e meno illustri? Pensateci!
    Archie

  10. Miccolis, faccia un giro da giugno fino a fine settembre fra le diverse sedi. I dipartimenti sono deserti. Eppure mi risulta che il corpo docente riceva lo stipendio anche per questi quattro mesi. Nei “paesi con università serie” il corpo docente è sempre presente. E non solo quando deve fare lezione. Mi chiedo, è necessario fornire uffici per ogni singolo assenteista? Faccia i conti e vedrà che tanti spazi possono essere recuperati. Gli affitti possono essere totalmente azzerati.

  11. …Si, han pensato solo a intascare lauti stipendi, la didattica e la ricerca alla malora. La “Stranieri” ha solo cento iscritti… Vedovelli solo ride, foraggiato, forse, dal Gotha degli “Ideologi”. Ma speriamo si possa dire col bardo:
    «Cesare fa denaro e perde i cuori» (Shakespeare)
    Sienese Bardus

  12. Giusto il controllo dei locali! Ripeto che in molti paesi con università funzionanti gli uffici dei signoli non esistono. Mi pare che me ne parlasse Catoni o Ascheri a proposito della Redon a Parigi! Ai tempi d’oro, la Facoltà di Giurisprudenza aveva solo una “stanza dei professori”, un tavolone con un armadio per depositare cappotto e registro delle lezioni… ci vorrebbe un bagno di austero buon senso! Cominciando dal Santa Chiara…

  13. Non dimentichiamo gli sprechi per riscaldare “le stanze vuote” durante l’inverno?

  14. «Non dimentichiamo gli sprechi per riscaldare “le stanze vuote” durante l’inverno?» undertaker
    ……………………
    Non avendo mai goduto del privilegio di uno studio singolo, e per lungo tempo neppure di uno studio, non so bene di cosa state parlando; ma il problema dei locali in affitto ha ben poco a che fare con gli studi dei docenti (taluni dicono che non servono semplicemente perché sono assenteisti cronici), bensì è legato alla dislocazione delle biblioteche: quando troveranno un rimedio a queste, stabilendo dove buttare qualche centinaio di migliaia di volumi, allora il discorso della cessazione degli affitti potrà essere posto seriamente. Ma siccome c’è gente che va vociando di licenziare i professori e bruciare i libri, temo che alla fine non se ne farà di niente.
    P.S. Lassù qualcuno ci ama: le tabelle di qualità pubblicate da “la Repubblica” di oggi collocano Siena al primo posto fra i medi atenei italiani. Io credevo che parlassero di basket.
    Questi sono i dati del CENSIS (pare):
    “Aristocrazia accademica al Nord, miglior facoltà a Padova, miglior ateneo Siena.
    Lo dice il Censis nella superclassifica…
    Il Nord e le città di provincia sono l’aristocrazia accademica italiana: le classifiche delle migliori università stilate dal Censis emettono un verdetto chiaro. La facoltà “regina” è a Padova. Negli atenei primeggia Siena.” http://download.repubblica.it/pdf/2009/r2-170609.pdf

    Mi pare una mezza bufala, ma se qui siamo “er mejo”, non oso pensare come stanno i peggio.

  15. Vale, amice!

  16. P.S. Si, la notizia è sui giornali anche oggi, l’ho letta in una corsia d’ospedale. Non me ne ero accorto di tutto questo Walhalla di Lettere. Finora vedevo solo prof che invitavano ragazzine, amici di prof che coi prof andavano a spinelli, studenti che flirtavano linguacciuti alla Fantozzi per ogni dove, ecc. Mbè, dirò come l'”Accattone” pasolinino in punto di morte, dopo aver saputo di Lettere: Mo’ stò bbene!
    Bardo

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