Per i sindacalisti di Siena l’università è forse un insieme di uffici in cui depositare il venerabile didietro dei loro funzionari in carriera?

vigni_iacoboni«Uno sforzo deve essere fatto da tutti – ha spiegato Claudio Vigni, segretario generale della Cgil di Siena – (…) Il discorso dei docenti oltre i 65 anni, riguardo ad un loro eventuale pensionamento, è una cosa da valutare visto che il corpo docente incide per il 66% del costo complessivo delle spese.»

Stavrogin. Mi rendo conto che il discorso che vado ripetendo, in un contesto in cui prevalgono ragionamenti meramente quantitativi da sensali, possa apparire superfluo e lontano dal mondo (ir)reale in cui stiamo vivendo, ma non cesso di ribadire che “il corpo docente” non appartiene esattamente ed in blocco alle “spese superflue” dell’università, come certi luculliani pranzi da 750 euro. E mi domando ancora se la gente ha la piena consapevolezza di ciò che fuoriesce dai propri orifizi: a ottobre prossimo partiranno i nuovi ordinamenti, fondati sui numeri attuali di docenti strutturati, che in molti casi sono risicati, e non è vero che ovunque i docenti “sono troppi” (anche qui, o andiamo a vedere come stanno le cose caso per caso, o sarebbe meglio tacere). Si aggiunga che la ministra annuncia un giro di vite, norme più rigide e l’innalzamento dei requisiti minimi di Mussi; per farla breve, i nuovi corsi nascono già moribondi: vogliamo mandare in pensione anticipatamente i docenti che abbiano maturato il diritto, determinando la caduta dei requisiti minimi di docenza e procedendo ad una pietosa eutanasia? Bene, del resto molti si sono già “pensionati” da sé e all’università “non ci risultano”: andrebbero comunque rimpiazzati con giovani aitanti e volenterosi come mera opera di misericordia nei loro confronti; ma com’è noto non si può, anche se un ricercatore costerebbe la metà della metà di un ordinario. Facciamo dunque bene i conticini, perché quand’anche l’operazione di rottamazione del corpo docente ci conducesse ai vertici degli atenei “virtuosi” da un punto di vista ragionieristico, finiremmo per ottenere (come si diceva di quel poeta) il più importante degli atenei… morenti. Ma – si dirà – sono all’orizzonte ulteriori accorpamenti, entro lo stesso ateneo e tra atenei e questo dovrebbe ripristinare i minimi e rimpinguare le fila. Personalmente, pur comprendendo che tutto ciò è inevitabile, temo che il risultato sarà un gran “troiaio” fatto di fretta, con un’accelerazione delle conflittualità e delle pulsioni autodissolutorie:  “i docenti” non sono un branco di bestie vaccine, cioè a dire non è che  contino solo come numero, e dunque non solo non si può mettere un papirologo ad insegnare ottica quantistica, ma anche semplicemente la pretesa di travasare in un dipartimento (a sua volta già in procinto di essere accorpato in una “school” anglo-italica) una carrettata di gente (sicuramente dai molti appetiti e dalle molte aspettative) che c’entra poco o nulla con le competenze locali e la ricerca che lì si pratica, sconvolgendone completamente, sia  l’impostazione della ricerca stessa, che gli equilibri e l’assetto, non può che risultare foriera di nuovi guai.

Noto che il sindacalista non accenna menomamente al fatto che in proiezione, gli amministrativi si avviino ad essere il doppio dei docenti; qualcuno gli chieda cosa diavolo amministreranno: ma cos’è “l’università” per costoro? Forse un insieme di uffici in cui depositare il venerabile didietro dei loro funzionari in carriera?

Il crac dell’ateneo senese: eppure da almeno cinque anni sapevamo tutto

Tosi_pieroUNA DILAGANTE IPOCRISIA CI PERMEA E CI AVVOLGE

Annunziata Cozzolino. Sgraniamo gli occhi di fronte ad un disastro già denunciato molti anni prima ma di cui nessuno ha voluto prendere atto. Erano gli anni dei mausolei costruiti intorno all’uomo della provvidenza; il rettore Piero Tosi (nella foto).

«23 dicembre 2004: abbiamo letto su “l’Espresso” di un paio di settimane fa che il Senato Accademico del 15 novembre 2004, su proposta del rettore, ha approvato all’unanimità una modifica di statuto per consentire allo stesso rettore, il Prof. Piero Tosi, di restare in carica un anno in più del previsto. Erano presenti alla riunione: Piero Tosi, Nicola Dimitri, Lorenzo Gaeta, Alberto Auteri, Federico Corelli, Silvano Focardi, Franco Belli, Camillo Brezzi, Gioacchino Chiarini, Antonio Vicino, Antonio Cardini, Luigi Moi, Mariano Giacchi, Giovanni Minnucci, Maurizio Bettini, Carola Haupt, Donato Montibello, Loriano Bigi.

La legalità all’Università di Siena è così piegata alle ambizioni politiche del rettore in carica, prof. Piero Tosi, che vuole conservare a tutti i costi la poltrona di presidente della Conferenza dei rettori italiani fino alle prossime elezioni politiche del 2006. Magari, forse, per arrivare a proporre un allungamento del proprio mandato, il rettore avrà da esibire meriti amministrativi e gestionali tali da far passare in secondo piano la violazione delle regole democratiche. In realtà l’elenco dei problemi e delle disfunzioni amministrative e gestionali è lungo. La grave situazione finanziaria esistente nell’Ateneo ha già imposto e imporrà pesanti manovre che ipotecheranno l’attività programmatoria dei prossimi tre rettori, proiettandone gli effetti fino al 2018-2020. E, si badi, l’Università di Siena ha la fortuna di godere, a differenza di altre sedi, delle sostanziose elargizioni del Monte dei Paschi e della Fondazione Monte dei Paschi. Per dare un’idea dell’entità dei contributi, nel solo esercizio 2004, la Fondazione Monte dei Paschi ha destinato all’Ateneo 9.350.000 euro che saranno tutti gestiti direttamente dal governo dell’Università. A questi vanno aggiunti contributi pari a 2.060.000 euro destinati a progetti di ricerca, attrezzature, arredi e organizzazione di Convegni che saranno gestiti, invece, direttamente dalle strutture didattiche e scientifiche. Ma oltre i problemi di bilancio vi è l’uso discutibile dell’autonomia, l’esistenza di strutture dispendiose, inefficienti e, talora, precarie, la moltiplicazione dei Corsi di Studio, l’esautoramento degli organi di governo e di controllo per le troppe decisioni di vertice, la moltiplicazione non sostenibile dei ruoli.» (Estratto da: Il conflitto d’interessi del rettore dei rettori Piero Tosi, di Enrico Rufi, R.R.)

Epilogo: il 24 febbraio 2006 il rettore, Prof. Piero Tosi viene sospeso dal suo incarico dal Gip della Procura della Repubblica di Siena per abuso di ufficio aggravato e falso ideologico. In seguito si sono aggiunte molto altre ipotesi di reato, tra le quali il falso in bilancio.

Ultima spiaggia per uomini liberi e docenti responsabili

spiaggiadesertaEpitaffio senese

Cosimo Loré. Ovunque un disastro come quello dell’ateneo senese sarebbe risolto con il tempestivo intervento dell’autorità politica e giudiziaria, che in simili situazioni hanno un compito preciso e obbligato: commissariare, individuare e punire i responsabili, congelare i loro beni a cominciare dagli stipendi (come si usava nell’ateneo senese allo spirar del primo venticello penale…).
Tira, invece, un’aria mefitica che tende a stordire e confondere le rare coscienze ancora attive, le sole a percepire il fetore emanato dai resti di quella che fu, fino ad epoche recenti, una gloriosa istituzione!

Si moltiplicano impiegati ed uffici invece di informatizzare tutto, come si addice ad una comunità civile e moderna che punti alla efficienza e alla eccellenza. Si lascia affondare nella voragine finanziaria il corpo docente, indiscriminatamente e ingiustificatamente sacrificato agli interessi illeciti legati ad assunzioni e promozioni, riservate ad un personale amministrativo, che a ben guardare risulta tutto residente in città ed elettoralmente appetibile (per successive consultazioni rettorali, comunali, provinciali, regionali). I docenti non danno segni di vita e appaiono inclini al declino, pronti non solo a stringersi la cinghia ma a calarsi le braghe!

Per questo siamo ridotti a tirar simboliche pietre da questo blog, ultima spiaggia per uomini liberi e docenti responsabili.
Una università, che vende i propri gioielli immobiliari e non si impegna a recuperare il maltolto, che tenta in tutti i modi di nascondere responsabilità criminali, che offende i pochi determinati a scoprire e svelare fino in fondo il mastodontico malaffare, non è degna di rispetto né di salvezza.

Ateneo senese: se cade il rettore è già pronto il commissario governativo

Augello

Questo è il risultato che otterranno, per l’ateneo senese, i “dilettanti allo sbaraglio” del tavolo interistituzionale, a giudicare dalla interrogazione ai Ministri competenti del Senatore Andrea Augello del Pdl.

Sen. Andrea Augello. Interroga i Ministri competenti per sapere «se non si ritenga necessario un ulteriore intervento al fine di consentire l’effettivo risanamento dell’Ateneo Senese e prendere sin d’ora in considerazione l’ipotesi, nel caso che nelle prossime settimane l’offensiva in atto per costringere il Rettore alle dimissioni dovesse riuscire, che non resta altro da fare che commissariare l’Ateneo senese. Considerando che:

1) Da notizie di stampa si apprende che la situazione nell’Ateneo senese sta tornando ad essere incandescente come negli ultimi 3 mesi del 2008, quando si discuteva della voragine nei conti dell’Università e delle responsabilità degli ultimi 3 rettori.
2) Il tavolo interistituzionale promosso nel 2008 da Comune e Provincia di Siena, Banca MPS, Cgil, Camera di Commercio al fine di affrontare e portare a soluzione il problema, in 10 mesi non ha prodotto un solo intervento a sostegno dell’Ateneo Senese.
3) Il primo piano di risanamento approvato dal CdA il 17 novembre 2008 ha portato alla dismissione di 5 immobili in locazione e alla vendita del Complesso del San Niccolò, per estinguere il debito Inpdap di 72 milioni di euro.
4) La revisione del piano di risanamento sta portando all’allungamento del periodo per il riequilibrio del bilancio al 2014 e che questo comporta l’apertura di una linea di credito con la Banca MPS di 160 milioni di euro, dando come garanzia gli edifici delle facoltà di Giurisprudenza, Economia e il Rettorato.
5) Per il pareggio al 2014 sono necessari altri 100 milioni di euro che potranno essere ottenuti o con la vendita dell’immobile dove è ubicato il Policlinico Le Scotte oppure, in alternativa, quella di altri immobili quali: le segreterie di Via S. Bandini, Pontignano, Santa Chiara ed il palazzetto dello sport.
6) Sembra inoltre evidenziarsi la necessità di ridurre le spese del personale mediante il prepensionamento dei docenti, la mobilità del personale tecnico ed amministrativo, l’azzeramento dei fondi per la ricerca, per le supplenze e per i contratti.
7) L’esubero in piccola parte del personale docente ma soprattutto degli amministrativi porterà nel giro di pochi anni ad una situazione davvero preoccupante. Le proiezioni dell’organico docente e non docente, considerando i pensionamenti e zero assunzioni, sarebbero infatti le seguenti: nel 2014 (872 docenti e 1163 amministrativi e tecnici); nel 2020 (589 docenti e 1025 amministrativi e tecnici). Nel 2020 si dimezzerebbero i docenti, mentre gli amministrativi resterebbero sempre sopra quota mille. Ovvero una Università costituita per lo più da amministrativi.
8 ) Le difficoltà esistenti hanno di nuovo posto in essere uno stato di agitazione il cui obiettivo sembra essere, più che la soluzione dei problemi, quello di costringere il Rettore alle dimissioni per sostituirlo con qualche altro, magari appartenente a quei gruppi che del dissesto sono i primi responsabili e senza con questo dare un minimo contributo alla soluzione dei problemi.

Il comune di Siena deve restituire all’università una parte dei soldi che il suo territorio ha indebitamente e allegramente ricevuto dall’Ateneo

siena-sindaco

Sono riprese le polemiche sulla voragine nei conti dell’ateneo senese. Un commento di Roberto Petracca, del 6 gennaio 2009, stigmatizzò l’inerzia del Comune di Siena sull’argomento. Data la sua attualità, lo ripubblichiamo.

Roberto Petracca. Trovo preoccupante il ragionamento del sindaco, che, in pratica è ancora affacciato alla finestra a studiarsi lo spettacolo per cercare di capire cosa succede prima di prendere decisioni o allestire “tavoli istituzionali” che prendano decisioni sul da farsi. La conclusione è che il sindaco non ha ancora le idee chiare su quale potrà essere il contributo che il Comune potrà dare per salvare l’Università. Il sindaco aspetta di vedere prima quale sarà il contributo che il governo e la Gelmini potranno dare per aiutare l’Università di Siena e solo dopo penserà a quale potrà essere il suo.

Era il 1453: quando le truppe del Papa arrivarono a Costantinopoli gli ottomani avevano oramai completato la conquista della città d’oro e del valoroso Basileus Costantino XI si erano oramai perse anche le spoglie, sublimate dal giubilo trionfante della Casa di Osman.
 Ed è sorprendente che in una città come Siena, storicamente campione di autodeterminazione, debba essere un salentino come me (atavicamente abituato ad un Re che decide per lui) a dover fare una simile critica. 
Inoltre il sindaco dice che «il contributo al risanamento dell’Università deve provenire dall’interno dell’Ateneo perché il vezzo di far pagare a piè di lista a (…) tutti noi (…) gli errori che vengono fatti io credo che sia un vezzo che non deve essere permesso a nessuno neanche alla nostra Università».
 Beh, l’alzata d’ingegno è senz’altro nobile perché è un invito chiaro a non fare ulteriori errori di gestione dell’Università, tuttavia suggerirei al sindaco a considerare che i 200 milioni di debito dell’Università sono soldi allegramente e scelleratamente travasati dall’Università al territorio di Siena. Non sono soldi che si sono persi o che sono stati portati via da Siena da qualche scippatore di passaggio. Penso che il Comune possa e debba fare qualcosa per restituire all’Università almeno una parte dei soldi che il territorio del Comune ha indebitamente e allegramente ricevuto dall’Università. 
Il Comune deve farlo prima che gli Ottomani depongano il Basileus per impiantarsi loro.

Per una storia degli ultimi 10 anni dell’Università di Siena

Nel giugno del 2008 rettore e direttore amministrativo scoprirono parte del dissesto dei conti dell’Ateneo senese e ne dettero pubblica notizia il 23 settembre 2008. “Il senso della misura”, che a partire dal 4 aprile 2006 aveva già scritto tutto sull’argomento, tacque per un mese intero, preferendo raccogliere gli interventi altrui in una categoria che, già nel titolo, prefigurava il modo per risolvere i problemi dell’ateneo senese: Commissariarla per salvarla. Il risanamento ed il rilancio dell’ateneo sarebbe stato possibile se si fossero adottate subito le seguenti misure: individuazione di tutte le responsabilità; adozione di un rigoroso piano di risanamento abbinato ad un progetto per migliorare didattica e ricerca; mobilità interna ed interistituzionale degli amministrativi in esubero; mobilità interna dei docenti in esubero; chiusura di tutte le sedi decentrate; dismissione di tutti gli immobili in locazione e contestuale completa utilizzazione di quelli di proprietà; eliminazione di tutti gli sprechi e riduzione delle spese strutturali.

A distanza di dieci mesi, la situazione è quella descritta in questi giorni dai seguenti titoli dei giornali, che ci riportano indietro a quel lontano 23 settembre 2008: «Assunzioni e sprechi un crac da 190 milioni» «Manipolavamo i conti su richiesta dei rettori» «Evasione fiscale e previdenziale per 95 milioni di euro» «L’Università di Siena ‘regina’ dell’evasione» «Stipendi a rischio. L’ateneo davvero sull’orlo del precipizio». E i docenti? Silenziosi, come sempre. E i cittadini? Sicuramente più attenti, a giudicare dalla lettera al “Corriere di Siena”, di seguito riprodotta in parte, che mi suggerisce una nuova categoria – «il saccheggio» – con lo scopo di scrivere la storia degli ultimi 10 anni dell’università di Siena.

Massimo Pedani. (…) Il San Niccolò, istituito con i denari della collettività, dalle opere pie senesi e prosperato con i risparmi, le pensioni e le proprietà dei poveri “matti”, è stato sacrificato sull’altare della malapolitica, delle baronie universitarie, dell’accondiscendenza di chi era tenuto a verificare bilanci, spese faraoniche, carte di credito a budget illimitato, carriere fulminanti, nepotismi imbarazzanti. Povero Monte dei Paschi, al confronto sembra un rassicurante eremo francescano. La vera mucca di Siena è stata l’antica università, fonte inesauribile di prebende per tutti, maggioranze, minoranze, movimenti, associazioni, liste civiche, rivoluzionari rossi, verdi e neri. Tutti hanno il loro scheletro nell’armadio, e allora… tutti zitti. Bilanci taroccati che porterebbero in carcere gli amministratori in tutto il mondo sono stati girati, rigirati, revisionati, accettati, illustrati, infiocchettati, celati. (…)

Ancora indagini sulle “eccellenze” strombazzate: il SUM (Istituto Italiano di Scienze Umane)

sumDel Sum ci siamo già occupati con un articolo di Maurizio Grassini che ha stimolato un interessantissimo dibattito. Il titolo del 14 marzo – «Sono necessari controlli rigorosi su certe “eccellenze” più strombazzate che dimostrate» – si è rivelato profetico: basta leggere l’articolo seguente, pubblicato oggi dal Corriere Fiorentino e quello sull’accusa di peculato al direttore del Sum.

 

Sum, le accuse a Schiavone: spese personali per 207 mila euro

S.I. e V.M. Lo hanno intercettato. Poi, in quarantotto ore, la Guardia di Finanza si è mossa. Così è nata, come costola di un’inchiesta sui concorsi «truccati», la vicenda che coinvolge il professore Aldo Schiavone, direttore del Sum, che ora viene accusato di peculato. I finanzieri, coordinati dal sostituto procuratore Giulio Monferini, sono certi che il professore abbia usato soldi pubblici per scopi personali. Nell’avviso di garanzia, che gli è stato recapitato, si fa riferimento alle intercettazioni e gli viene contestata una cifra ben precisa: 207 mila euro. Soldi spesi per finalità diverse da quelle istituzionali, almeno stando a quanto ipotizzato dai consulenti della Procura che avevano studiato le carte del Sum durante la prima inchiesta. Quelle spese fanno riferimento ad un periodo preciso, che va dal 2007 al 2008. Ma l’attenzione degli investigatori si sta concentrando sull’intera «vita contabile» del Sum, perquisito nei giorni scorsi. Fatture, fogli di viaggio, bilanci, giustificativi: tutto viene passato al setaccio. Compreso il conto di una cena al ristorante Cafaggiolo, costata 750 euro. È chiaro che, percorrendo a ritroso la vita dell’istituto, gli inquirenti dovranno verificare anche il Consorzio Sum, un consorzio interuniversitario che fino al 2005 ha svolto le sue attività sulla base di un accordo di programma con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. (…)

In definitiva cosa prevede il nuovo piano di risanamento approvato dal Senato Accademico e dal CdA dell’ateneo senese?

stemma_ceramica_tif.jpgSilvano Focardi (Rettore dell’Università di Siena). Gentili Colleghe e Colleghi, Collaboratrici e Collaboratori, Rappresentanti degli Studenti, nella seduta congiunta del Consiglio di amministrazione e del Senato accademico dell’Università degli Studi di Siena, che si è tenuta ieri pomeriggio, il Cda, dopo aver acquisito il parere favorevole del Senato, ha adottato la proposta di revisione del Piano di risanamento alla luce delle novità emerse fra il 17 novembre 2008 (data di approvazione del documento) e il primo semestre di quest’anno. La revisione deliberata, che prevede l’estensione dell’arco temporale del Piano fino al 2014, permetterà di sostenere la gestione finanziaria previsionale e riequilibrare la gestione economica. Tenendo conto, dunque, della condizione prospettica, inerente alla dimensione economica della gestione, è derivata la necessità di rivisitare il Piano di risanamento al fine di definire le strategie da percorrere per riportare il risultato economico dell’esercizio in pareggio, nonché, definire l’esercizio in cui si ritiene ragionevole raggiungere tale risultato. La revisione del Piano ha costituito un’imprescindibile necessità per la nostra Università ai fini del controllo della propria gestione e, inoltre, rappresenta un atto indispensabile per dimostrare ai nostri interlocutori esterni (MIUR, mondo bancario, istituzioni e fornitori) quando e come la gestione dell’Ateneo potrà considerarsi risanata. Il nuovo Piano di risanamento 2009-2014 si ispira in larga parte alle linee guida del precedente Piano di risanamento e contiene alcuni elementi di novità rispetto alla precedente versione del documento, in merito al Fondo di Finanziamento Ordinario, alla gestione del costo del personale, al Piano di Ateneo per la Ricerca (PAR), alle decisioni future sul patrimonio immobiliare, alle operazioni di finanziamento a lungo termine. Nelle prossime settimane il Consiglio di amministrazione varerà piani operativi specifici riguardanti l’organizzazione strategica delle attività dell’Ateneo.

Un sito che si oscura non è mai un bel segnale, anche a cambiamento avvenuto

giorgio_federiciIl titolo di questo post è mutuato da un commento di Chiara Dino (Corriere Fiorentino, 9 luglio 2009) sulla chiusura del sito Ateneofuturo, che ha svolto un ruolo fondamentale nella elezione di Alberto Tesi a rettore dell’Università di Firenze. Di seguito la dichiarazione di Giorgio Federici, che considera esaurita la funzione del sito che, pertanto, non sarà più aggiornato, anche se la documentazione degli ultimi tre anni sarà sempre accessibile.

CONGEDO

Ateneofuturo. Nella primavera del 2006 avevamo una grande speranza: un Ateneo futuro nel quale ci fosse rispetto per le persone che vi lavorano, per le competenze scientifico disciplinari, per la dignità dell’Accademia e dell’Istituzione.
C’era bisogno di sperare, nella primavera del 2006, perché la realtà ci appariva non più tollerabile: incompetenza al governo dell’Ateneo, familismo, nepotismo, disprezzo per il merito, gestione “manageriale” basata sul principio del bastone e della carota. Una immagine pubblica dell’Ateneo compromessa.
Il voto del giugno 2006 dimostrò che qualcosa stava cambiando nell’Ateneo, che la nostra analisi della situazione era condivisa da molti:  1500 persone avevano votato per il candidato avverso al rettore in carica. Con il rettore che, dopo due mandati, veniva votato solo da 1300 persone, e solo da un  terzo del personale tecnico amministrativo che si era recato al voto. La maggioranza di chi lavorava in Ateneo aveva capito. 
Come Ateneofuturo abbiamo cercato in questi tre anni di tenere informato l’ateneo di quello che stava accadendo e abbiamo contributo a tenere  viva la fiammella della speranza di un cambiamento. Il cambiamento è arrivato. Queste elezioni del Rettore sono state un  momento importante e positivo. La campagna elettorale è stata intensa e utile. È stata dimostrata  la capacità di reazione e il desiderio di rinnovamento come risposta alla crisi dell’università. In un momento di grave difficoltà economica, di disagio nel rapporto con la società, di ostentata pressione da parte del Governo, abbiamo scelto la strada più difficile: non abbiamo infatti scelto la strada apparentemente più sicura dell’esperienza, né quella della continuità, ma abbiamo scelto la strada di assecondare il nostro bisogno di rinnovarci e dunque di aprirci ad un’opzione nuova.

Oggi, avendo eletto Rettore Alberto Tesi, abbiamo fatto un  importante passo. Avremo un Rettore che ci aiuterà a ripristinare dignità nei rapporti personali e accademici, a procedere nel necessario rinnovamento. Siamo convinti che Ateneofuturo abbia  svolto un utile  ruolo di servizio, contribuendo al cambiamento che è avvenuto con informazioni e sollecitando il confronto, il dibattito, tenendo viva l’attenzione sui problemi del nostro Ateneo, spesso nascosti dal conformismo e dal disinteresse.
Grazie per l’attenzione che avete  voluto dedicarci. Auguri di buon lavoro Alberto, a te e a tutti noi.

Ateneo senese e debito Inpdap: non esistevano ipotesi alternative alla vendita del San Niccolò

minnucciIl pro-rettore dell’Università di Siena, Giovanni Minnucci risponde alla lettera fortemente critica sulla vendita del San Niccolò, pubblicata dal “Corriere di Siena” di ieri.

Il San Niccolò non è stato svenduto

Giovanni Minnucci. Ho letto con grande attenzione la lettera del signor Massimo Pedani pubblicata dal Corriere di Siena di domenica 5 luglio, il cui significato è stato racchiuso nel titolo “San Niccolò, scippo nel silenzio”. (…) vorrei precisare alcune questioni: l’ateneo ha fatto chiarezza nei suoi conti in 3 mesi e mezzo e non in 8 mesi, vale a dire dal momento della nomina del nuovo direttore amministrativo (dicembre 2008) al 31 marzo 2009, il che ha consentito la scrittura di un bilancio consuntivo veritiero (senza infiocchettamenti o nascondimenti di sorta); l’ateneo, con atti del sottoscritto e, quando necessario, del direttore amministrativo – senza dare ad essi pubblicità alcuna, perché si deve essere rispettosissimi delle persone – ha già posto in essere tutti quei procedimenti finalizzati ad individuare le eventuali responsabilità amministrative, con provvedimenti adottati nel totale rispetto delle norme di legge vigenti (sono ancora per formazione e per intimo convincimento un inguaribile garantista e credo ancora nel principio costituzionale della “presunzione di innocenza”); la vendita del San Niccolò è stato un atto necessario perché i contributi Inpdap dovevano essere pagati per garantire la pensione a tutti i dipendenti (passati e presenti) dell’università.
Preciso che si è trattato di “vendita” e non di “svendita” come afferma il signor Pedani. (…) “Svendere” ha un solo significato, vendere ad un prezzo molto più basso del costo di acquisto. Posso assicurare che non è così: il San Niccolò è stato venduto, seguendo tutte le procedure previste, ad un prezzo ben superiore alla somma del costo di acquisto e di ristrutturazione ed alla luce del prezzo di mercato. E poi vi pare possibile che una Istituzione oggi controllatissima potrebbe permettersi di “svendere” arrecando ulteriore danno ai suoi conti, con tutte le conseguenze del caso? Comprendo, perfettamente, l’animo esacerbato con il quale il signor Pedani affronta il problema: vendere un bene, ed un bene così importante, non solo per la sua storia passata, ma anche per le sue finalità attuali, dopo essere stato perfettamente restaurato e reso fruibile, anche alla cittadinanza tutta, non fa piacere, ma era un atto – anche dolorosissimo – da compiere. I debiti, purtroppo, si pagano e, se necessario, come si fa in casi come questo, si vendono anche “i gioielli di famiglia” a meno che non ci siano ipotesi alternative. Non ce n’erano, e nessuno le ha mai formulate. (…)