«Uno sforzo deve essere fatto da tutti – ha spiegato Claudio Vigni, segretario generale della Cgil di Siena – (…) Il discorso dei docenti oltre i 65 anni, riguardo ad un loro eventuale pensionamento, è una cosa da valutare visto che il corpo docente incide per il 66% del costo complessivo delle spese.»
Stavrogin. Mi rendo conto che il discorso che vado ripetendo, in un contesto in cui prevalgono ragionamenti meramente quantitativi da sensali, possa apparire superfluo e lontano dal mondo (ir)reale in cui stiamo vivendo, ma non cesso di ribadire che “il corpo docente” non appartiene esattamente ed in blocco alle “spese superflue” dell’università, come certi luculliani pranzi da 750 euro. E mi domando ancora se la gente ha la piena consapevolezza di ciò che fuoriesce dai propri orifizi: a ottobre prossimo partiranno i nuovi ordinamenti, fondati sui numeri attuali di docenti strutturati, che in molti casi sono risicati, e non è vero che ovunque i docenti “sono troppi” (anche qui, o andiamo a vedere come stanno le cose caso per caso, o sarebbe meglio tacere). Si aggiunga che la ministra annuncia un giro di vite, norme più rigide e l’innalzamento dei requisiti minimi di Mussi; per farla breve, i nuovi corsi nascono già moribondi: vogliamo mandare in pensione anticipatamente i docenti che abbiano maturato il diritto, determinando la caduta dei requisiti minimi di docenza e procedendo ad una pietosa eutanasia? Bene, del resto molti si sono già “pensionati” da sé e all’università “non ci risultano”: andrebbero comunque rimpiazzati con giovani aitanti e volenterosi come mera opera di misericordia nei loro confronti; ma com’è noto non si può, anche se un ricercatore costerebbe la metà della metà di un ordinario. Facciamo dunque bene i conticini, perché quand’anche l’operazione di rottamazione del corpo docente ci conducesse ai vertici degli atenei “virtuosi” da un punto di vista ragionieristico, finiremmo per ottenere (come si diceva di quel poeta) il più importante degli atenei… morenti. Ma – si dirà – sono all’orizzonte ulteriori accorpamenti, entro lo stesso ateneo e tra atenei e questo dovrebbe ripristinare i minimi e rimpinguare le fila. Personalmente, pur comprendendo che tutto ciò è inevitabile, temo che il risultato sarà un gran “troiaio” fatto di fretta, con un’accelerazione delle conflittualità e delle pulsioni autodissolutorie: “i docenti” non sono un branco di bestie vaccine, cioè a dire non è che contino solo come numero, e dunque non solo non si può mettere un papirologo ad insegnare ottica quantistica, ma anche semplicemente la pretesa di travasare in un dipartimento (a sua volta già in procinto di essere accorpato in una “school” anglo-italica) una carrettata di gente (sicuramente dai molti appetiti e dalle molte aspettative) che c’entra poco o nulla con le competenze locali e la ricerca che lì si pratica, sconvolgendone completamente, sia l’impostazione della ricerca stessa, che gli equilibri e l’assetto, non può che risultare foriera di nuovi guai.
Noto che il sindacalista non accenna menomamente al fatto che in proiezione, gli amministrativi si avviino ad essere il doppio dei docenti; qualcuno gli chieda cosa diavolo amministreranno: ma cos’è “l’università” per costoro? Forse un insieme di uffici in cui depositare il venerabile didietro dei loro funzionari in carriera?
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I docenti di Lettere che ho conosciuto provenivano dalle barricate sessantottine e campavano di luce riflessa. Eran sempre a far bagordi, spesso droga e rock’n roll. Le mostruose mangiate eran veramente pantagrueliche. Talvolta uscivano dai festini col naso rosso. Eran contornati da sgualdrinelle logorroiche e da pupattoli “amministrativi” e “dottorandi”. Scene da “Satyricon”. Non fa specie che il Cavaliere Nero – amante alla grande dei festini e delle Ciccioline – scarichi (forse) questi parassiti: magari per mettercene dei suoi col timbrino della “meritocrazia” di un Brunetta di turno.
Lo sfascio proseguirà e ne vedremo delle belle. I soliti Ideologi complottano nell’ombra ma ormai il re è nudo. Il problema è che il popolino è satollo di pubbliciteria altrimenti darebbe l’assalto ai centri di potere con il cappio e i revolvers in mano.
Bardo
Su questo blog era apparsa una mia risposta al Prof. Ascheri sulla quetsione del valore economico dei prepensionamenti già a fine novembre del 2008. I termini della discussione sono racchiusi nell’esempio relativo al valore economico della manovra, che pubblicaste otto mesi fa. Per tutto il resto siamo d’accordo (tutti credo) sul fatto che dietro i numeri ci siano le persone. Siamo tutti (spero) a conoscenza del decreto Mussi e delle intenzioni dell’attuale Ministro Gelmini. Ma una soluzione che salvi la qualità di didattica, ricerca e assistenza garantendo un buon uso delle risorse va trovata. Altra riflessione è quella relativa alle graduatorie delle università. Rimaniamo (Università degli Studi di Siena) al primo posto per l’attrattività. Ciò significa che Siena viene scelta da molti studenti per la qualità dei servizi offerti che garantiscono, assieme al territorio, un’alta qualità della “vita universitaria”. I servizi sono garantiti dal personale tecnico e amministrativo. Ciò significa che investire su questo personale ha garantito dei risultati eccellenti. È una questione di sceltà e di priorità. Analogamente, le classifiche del MIUR non ci parlano di altrettanti risultati eccellenti nell’ambito dell’offerta formativa e della qualità della didattica. Smettiamola di vomitarci addosso sentenze e proclami di guerra tra professionalità differenti, smettiamola di ragionare per schemi o per partito preso (vedi comunicato stampa dei sindacati della docenza medica apparso la scorsa settimana sui giornali locali che negano l’importanza di un organico adeguato del personale tecnico e amministrativo), sediamoci ad un tavolo e discutiamo insieme le possibili soluzioni per salvare qualità ed economicità nel nostro Ateneo con l’unico obiettivo comune di superare la crisi.
Marco Iacoboni
(il sindacalista nella foto a destra)
Di seguito il link al vostro articolo pubblicato il 29 novembre 2008.
https://ilsensodellamisura.com/2008/11/luniversita-di-siena-secondo-la-cgil-docenti-in-pensione-ed-amministrativi-in-cattedra/
Ragionevole, Iacoboni, ma la discontinuità richiesta dalle “istituzioni” e dalla banca nel comunicato odierno del rettore è vomitevole! E loro? Dov’è la loro discontinuità? Sono quelli che hanno ridotto il MPS dove è ora, a vendere anch’esso i propri beni immobili (strumentali li chiamano: per l’attività bancaria) pare per 1,8 miliardi pari all’ammontare del prestito (il più alto) richiesto al governo da una banca.
La stampa domani presenterà MPS e istituzioni come providenziali: benevoli, solleciti, paterni con noi spreconi…
a.
Comunicato stampa congiunto Comune di Siena-Amministrazione Provinciale di Siena-Università degli Studi di Siena-Banca Monte dei Paschi di Siena
Università, concordata una nuova ipotesi d’intervento creditizio con la Banca Mps.
Si è svolto stamani, venerdì 31 luglio, l’incontro tra il sindaco Maurizio Cenni, il Presidente della Provincia di Siena Simone Bezzini e i rappresentanti di Ateneo e Banca “Apprezzamento per un ulteriore sforzo che permette di assicurare la continuità operativa dell’Ateneo”.
Sul tavolo una nuova proposta di intervento da parte della Banca Monte dei Paschi di Siena a favore dell’Università degli Studi. È quanto emerso oggi, venerdì 31 luglio 2009, nel corso dell’incontro che si è svolto, questa mattina, tra il Sindaco di Siena, Maurizio Cenni; il Presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini e i rappresentanti dell’Ateneo e della Banca Mps e organizzato per cercare di mettere l’Università nelle condizioni migliori per rispondere all’emergenza. «Esprimiamo apprezzamento per un lavoro lungo e faticoso spiegano il Sindaco di Siena e il Presidente della Provincia ma che porta ad un’ipotesi che dovrebbe evitare il precipitare della crisi e assicurare l’operatività del nostro Ateneo, in termini di pagamento degli stipendi e di continuità della didattica e della ricerca».
La linea di credito, articolata per forme tecniche e durate, sarà adesso sottoposta ai pareri degli organi decisionali della Banca e dell’Università e poi posta al vaglio dei Ministeri competenti Ministero dell’Economia e delle Finanze e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a supporto del rigoroso rispetto e controllo delle previsioni di risanamento, contenute nel piano presentato dall’Ateneo stesso, fra cui le dismissioni immobiliari. «Lo sforzo compiuto dalla Banca Mps – aggiungono Cenni e Bezzini – è particolarmente apprezzato. Alla Banca che lo ha elaborato, va tutta la nostra gratitudine a nome della città e della Provincia». «La crisi non è finita né superata – continuano Cenni e Bezzini – lo sarà soltanto se tutti i soggetti interni all’Ateneo mostreranno coraggio, determinazione e responsabilità nel portare avanti gli impegni annunciati, in termini di riduzione dei costi e di interventi strutturali in grado di abbattere il deficit attuale, senza tutelare nessuna posizione di privilegio. Servono quindi una maggiore consapevolezza e una grande discontinuità rispetto agli indirizzi che, negli anni passati, hanno prodotto un disavanzo consolidato e di così grande portata. Le scelte radicali da fare hanno bisogno di essere supportate da un nuovo progetto di Università che guardi al medio e lungo periodo e che contempli, anche una riforma della governance da fare in tempi rapidissimi. In questo quadro, oltre che alla “task force” che comprende i vertici dell’Ateneo e delle istituzioni senesi, un ruolo da protagonista dovrà averlo anche la Commissione strategica dell’Università, istituita dal Senato Accademico. La task force inoltre sarà chiamata a rapportarsi, in tempi serrati, con il Governo e la Regione Toscana, dalle cui decisioni dipende una parte rilevante della soluzione dell’emergenza. Ci auguriamo che tutti i passaggi necessari per dare corpo all’ipotesi di finanziamento da parte della Banca, siano puntualmente messi in atto dall’Ateneo».
Viva soddisfazione è stata espressa dal Rettore dell’Università Silvano Focardi e dai suoi più stretti collaboratori. «La forte sinergia che si è realizzata in questi mesi ha affermato il Rettore fra tutti i soggetti istituzionali a livello nazionale, regionale e locale, e l’intervento della Banca MPS, consentono di guardare con rinnovata fiducia al futuro. Il ruolo determinante del Governo e del Miur nei primissimi mesi della crisi, attraverso l’anticipazione del Fondo di Finanziamento ordinario, e il sostegno garantito anche nelle fasi successive; l’attenzione che il Ministero ha continuamente mostrato e continua a mostrare nelle vicende dell’Ateneo come Istituzione di controllo nei confronti dell’Università; l’accordo con la Regione Toscana in materia di “brevetti”; l’intervento degli Enti locali cittadino e provinciale, decisivo nella costituzione della “task force” composta da Comune, Provincia e Università; l’importante proposta della Banca che dovrà essere esaminata ed approvata dai competenti organi decisionali, costituiscono gli elementi principali che stanno contribuendo alla risoluzione dei problemi. Siamo inoltre consapevoli prosegue Focardi – che, solo con una rigorosa applicazione del Piano di risanamento approvato dagli Organi collegiali dell’Ateneo, l’Università di Siena, nei prossimi anni, potrà uscire definitivamente dalla crisi economica e finanziaria, continuando comunque a mantenere e migliorare gli alti livelli di qualità di didattica e ricerca riconosciute a livello internazionale».
Ora basta con le parole che nascondono il pensiero. Con tutto il rispetto per il nostro magnifico ed i suoi sforzi, mi sembra pinocchio tra il gatto e la volpe.
Il signor Iacoboni sarebbe meglio che stesse zitto. Lui e tutti i suoi compari della Cgil. Ma non vi vergognate in questa situazione a farvi attribuire degli uffici e dei servizi che nemmeno le più grandi aziende multinazionali di profitto hanno? Servizio di auditing, quality management, qualità totale e benessere organizzativo? E guarda un po’ il caso, questi uffici profumatamente remunerati (15.000 €) oltre al regolare stipendio, a chi sono assegnati? A tre sindacalisti, della Cgil. Volete i nomi? Credo che si capisca. Non parliamo poi del laboratorio universale sull’accessibilità. Chi lo dirige? Un altro Cgil, marito della responsabile del servizio qualità totale e benessere organizzativo. Ma stiamo scherzando? E queste non sono posizioni di privilegio a cui il Cenni ed il Bezzini ieri hanno chiesto di rinunciare? Fate un passo indietro, e forse la gente ricomincerà ad avere fiducia nei sindacati. Vergogna!!!
Dice Andrea Bigliazzi che gli uffici assegnati ai sindacalisti sono «profumatamente remunerati (15.000 €), oltre al regolare stipendio.» Vorrei solo precisare che nel dispositivo del direttore amministrativo non si fa riferimento ad alcuna cifra, ma si rimanda ad ulteriori provedimenti. Si legge infatti: «Con successivo atto, sarà determinato il trattamento economico da corrispondere alla Dott.ssa Isabella T., al Dott. Alberto B., alla Dott.ssa Sabrina P., in relazione all’incarico conferito».
Giovanni Grasso
No, non lo dico io, ma fonti molto attendibili all’interno di alcuni palazzi. E comunque anche se fosse gratis, senza compenso straordinario, non si capisce lo stesso cosa ci stiano a fare certe strutture dentro una Università. Poi però si mandano a casa i tecnici del Qit a cui scade il contratto a progetto vero? È meglio tenere certi carrozzoni che non servono a nessuno tranne a chi ci sta dentro vero? Invece i tecnici che mandano avanti la baracca, altrimenti si fermerebbe tutto, li mandiamo a casa, tanto abbiamo chi li sostituisce no? Ci mettiamo i Sig.ri Angelaccio, Pozzi e Benocci a svolgere questi compiti. Complimenti!!! Non ho parole!!
Vengo preceduto da Giovanni per il chiarimento sulle cifre. È come dice lui, con l’aggiunta dell’osservazione che per regolamento il massimo di indennità che si può corrispondere ad un EP (Elevate Professionalità) è comunque di 12.500 euro e non 15.000. Dopodiché l’intervento di Bigliazzi è da condividere parola per parola. Anzi! Possiamo aggiungere l’osservazione che l’attuale responsabile dell’Ufficio Ragioneria, col carico mostruoso di lavoro e di responsabilità che ha (e con i militari che le stanno sul groppone dalla mattina alla sera) prende – per l’appunto – il massimo dell’indennità (12.500 euro), esattamente come chi dirige il laboratorio ormai tristemente famoso oppure come chi dirige l’ufficio protocollo (sempre del medesimo sindacato, eh, sia chiaro). Quindi, riassumendo, se si dovesse decidere, correttamente, di tagliare queste indennità per riproporzionarle ai carichi di lavoro e di responsabilità, metto a disposizione anche la mia sega a nastro con cui usualmente abbatto il bosco a Pentolina e a Spannocchia.
Firmato: il Favi di Montarrenti
P.S. Per completezza di informazione anche “dall’altra parte” c’è chi taglia delle fette di torta particolarmente succulente. Di qui l’irritazione generalizzata negli ormai da me ripetutamente accusati organi di governo per l’emanazione dei regolamenti sulle missioni e sui master. Mi irriterei anche io se per anni avessi percepito ricchi rimborsi per me o per i miei familiari e sodali e tutt’a un tratto fossi privato della possibilità di peculare (dal latino pecus = bestiame da cui la parola “peculato”) cifre notevoli oltre allo stipendio che mi viene regolarmente versato (sia pure per anni senza i contributi, scusate la battuta).
Qualche anno fa un amico mi diceva che a Firenze il Comune (capitanato allora dall’ineffabile Domenici) aveva messo in bilancio di previsione, in un capitolo di entrate, 3.000.000 di euro di multe, il che – chiunque abbia un minimo di buon senso lo capisce – costituisce né più né meno che un crimine contro l’umanità, perché si ponga il caso che a novembre il riscosso fosse stato di 1.800.000, si sarebbe dovuto provvedere a fare 1.200.000 euro di multe in un mese e mezzo, prendendo a pretesto il colore delle mutande, la foggia del cappello che occupasse troppo suolo pubblico, nonché tutte le bestemmie che i facchini che scaricano nei mercati della frutta e della verdura innalzano al cielo tutti i giorni.
Questa storia dei prepensionamenti a me ricorda questo episodio perché – al di là dei desiderata non tanto di Iacoboni, ma di Vigni e Angelaccio (e devo dire che anche fisiognomicamente il primo ricorda una volpe, il secondo un gatto) – sembra che gli estensori del piano di risanamento (che – lo ricordo e lo ricorderò fino a farvi gli zebedei gonfi come cocomeri d’acqua – sono gli organi di governo) si siano messi nella medesima posizione dell’ineffabile Domenici e della sua cric.., scusate, giunta, ma senza avere come ultima ratio gli escamotage, delle mutande, dei cappelli e dei moccoli. In altre parole: si può chiedere (che è lecito) ai docenti con oltre 65 anni di età se ci fanno il favore di levare le proprie chiappe anticipatamente dalla cadrega dove le hanno appoggiate tanti anni fa, alleggerendo in questo modo l’esborso da parte dell’Ateneo, ma bisogna ricordarsi che se qualcuno dice che va bene, lo fa per cortesia e spirito di sacrificio, perché non può essere costretto in alcun modo. Se ci si trovasse nella plausibile ipotesi che nessuno si leva da tre passi dalle scatole anticipatamente (soprattutto coloro i quali non ci degnano della loro presenza ormai da anni, da quando cioè la busta paga non esiste più e l’accredito sul conto corrente è la regola), non c’è niente da fare: tocca tenerseli fino al compimento del settantesimo anno d’età. Quindi Crepet può stare tranquillo: non gli tocca lavorare, può allegramente continuare a fare comunicazione e gossip.
Siccome però vado d’accordo con Stavrogin quasi sempre e ci perdo la faccia di boscaiolo à la Skiantos (sono rozzo, sono grezzo recitava un loro mitico pezzo), innesco una polemica (bonaria) per scaldare, ove ce ne fosse bisogno, l’ambiente. È vero che non si può costringere qualcuno a insegnare nei giorni dispari geometria differenziale e in quelli pari latino. È altrettanto vero che si può costringere un docente di (fo un esempio) diritto privato a insegnare la propria materia ovunque ce ne sia bisogno, cioè a Scienze Politiche, a Giurisprudenza e a Economia (inclusi i corsi di Arezzo e Grosseto). Lo paghiamo per questo, cioè per diffondere la scienza del diritto privato urbi et orbi. E questo vale per tutte le materie che abbiano un senso compiuto (certo che sociologia della rava non è trasversale, sociologia della rava non è niente). Il problema è che di diritto privato (o di latino o di filosofia teoretica) è capace di docenti ce n’è uno solo, mentre ce ne sono otto di antropologia, e perciò in primo luogo si ottiene l’effetto di far schiantare il professore di diritto privato e far gavazzare con leggiadria otto docenti in una sola facoltà; in secondo luogo, come segnalava Outis qualche tempo fa, rischio di dover chiudere giurisprudenza (o il corso di filosofia teoretica) per decesso da fatica dei suoi docenti che hanno la colpa di insegnare materie sensate ed utili, e di non poter buttare a mare la restante, eccessiva, preponderante zavorra di – diciamocelo in faccia – minchiate. Il tutto per un malinteso che vede negli studenti (che anche in questo splendido blog sono poco nominati e questo dovrebbe far pensare) della carne da macello per moltiplicare i docenti (per non parlare del personale tecnico amministrativo), attribuendo per giunta loro dei gusti che presumibilmente non hanno e accusando me, per aver detto queste stesse cose, di avere dei gusti rétro (il che è vero, ma non mi sembra un limite).
Tutto questo per dire che una ridimensionata di qualcuno a vantaggio di un’ottimizzazione delle risorse sarebbe bene che ci fosse davvero e pace se c’è da chiudere qualche corso di laurea. A’ la guerre comme à la guerre. Che poi questi inviti vengano da Piazza Salimbeni via Piazza del Campo e Piazza del Duomo, siamo d’accordo che sia una porcheria che grida vendetta al cielo, visto da che pulpiti viene la predica (cosa che ho di recente sottolineato in una lunga lettera scritta a sei mani con Cenni e Bezzini, ehehehe).
Vi saluta il vostro Favi di Montarrenti comunicandovi che oggi si è aperta la caccia di selezione al capriolo e che stamani ne ho già fulminati due.
Eppure non c’è bisogno di particolari conoscenze criminologiche per comprendere che sono stati assoldati impiegati a tutto spiano non per ragioni umanitarie, bensì per avere una corte di collaboratori-elettori a prezzo del sangue dei docenti. Sono stati assoldati plotoni di impiegati non per ragioni umanitarie, bensì per costituire una corte di collaboratori-elettori. Invece di procedere alla ricerca dei colpevoli e al recupero della refurtiva e di sfoltire gli impiegati informatizzando l’ateneo, preso tardivamente atto delle casse orrendamente sfondate, si è azzerata ogni forma di finanziamento della ricerca, rendendo la nostra università unica sia per l’iniquità amministrativa che per il blocco totale di ogni arruolamento, trasferimento e progressione di carriera dei soli docenti, ma non degli amministrativi, per i quali si inventano uffici e ruoli…
Ora che siamo in piena università degli impiegati si continua ad infierire con il vilipendio del cadavere del corpo docente: ai più anziani ricercatori e professori viene rivolto un caloroso invito al prepensionamento. E poi qualcuno storce la bocca e arriccia il naso perché chi scrive è ripetutamente costretto a recarsi negli uffici giudiziari e funge da teste della pubblica accusa, non potendo ricorrere alla protezione civile per questo indegno disastro senese…
«Siccome però vado d’accordo con Stavrogin quasi sempre e ci perdo la faccia di boscaiolo à la Skiantos (sono rozzo, sono grezzo recitava un loro mitico pezzo), innesco una polemica (bonaria) per scaldare, ove ce ne fosse bisogno, l’ambiente. È vero che non si può costringere qualcuno a insegnare nei giorni dispari geometria differenziale e in quelli pari latino. È altrettanto vero che si può costringere un docente di (fo un esempio) diritto privato a insegnare la propria materia ovunque ce ne sia bisogno, cioè a Scienze Politiche, a Giurisprudenza e a Economia (inclusi i corsi di Arezzo e Grosseto). Lo paghiamo per questo, cioè per diffondere la scienza del diritto privato urbi et orbi.» favi
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Anche questo è opinabile e assai semplicistico, o Favi: guarda, che le vigenti normative impediscono di fatto di sfruttare le “sinergie” come intenderesti tu, e i nuovi ordinamenti, nonché gli orientamenti del CUN hanno irrigidito di molto le possibilità di interazione tra facoltà e corsi di laurea, imponendo di fatto l’autarchia: è stato anzi proprio questo il metodo con il quale si è imposta la chiusura di centinaia di corsi di laurea ed è proprio questo che volevo dire, ossia che certi discorsi intorno alla rottamzione dei docenti senza assicurare ricambi, oltre che piuttosto esecrabili sul piano morale, talvolta disastrosi sul piano scientifico, non fanno i conti con le vigenti leggi. Secondo il diabolico meccanismo del decreto Mussi, se tu insegni in due corsi di laurea conti per metà, se insegni in tre, conti per un terzo e così via; se putacaso insegnassi in quattro, non conteresti un fico secco, ma alla fine della fiera bisogna fare la somma del valore attribuito a ogni docente e l’insieme dei docenti che danno luogo ad un corso di laurea deve superare una cifra fissata: in buona sostanza per far tornare i conti è sconsigliabile che un insegnamento compaia in più di due corsi di laurea (cosa che normalmente già avviene). Senza dimenticare che riguardo all’afferenza, ossia il meccanismo del 12 + 8, non si può afferire a due diversi corsi di laurea e che tutto ciò è in procinto di essere irrigidito dalla Gelmini, come del resto anche il criterio che ha permesso di creare gli accorpamenti con i quali si è tentato di salvare il salvabile. Quella che ho cercato di sintetizzare (per quanto ci ho capito) è solo una della miriade di norme che presiedono alla formazione di corsi di laurea; le altre vanno nella stessa direzione, ossia proprio quella di impedire il tipo di operazioni che suggerisce il Favi. Ma questi conti, sono stati fatti? Se no, allora bisognerebbe assicurarsi che il cervello sia collegato, quando si apre bocca; se si, allora sarebbe corretto dire esattamente ciò che si vuole, o fugare – conti alla mano – ogni dubbio del tipo di quelli che ho sollevato, giacché quello che si prospetta non è più la chiusura di “corsi inutili”, bensì lo smantellamento di interi comparti dell’ateneo senese: per salvare chi e cosa? Con quale prospettiva? Forse chi ha fatto i conti ha detto dentro di sé “l’affare non mi concerne, mors tua vita mea“? Come direbbe lo psicologo televisivo: “parliamone”, consapevoli però che una volta rotto il calice di cristallo, è ben difficile rappecettarlo onde farlo tornare come nuovo.
Carissimo Andrea Bigliazzi, condivido in pieno quello che dici, tutto vero, ma forse rientrerà nel piano di risanamento creare un auditing, quality management, qualità totale e benessere organizzativo?… e credi non si vergognano, altrimenti non continuerebbero a fare così. Come vedi caro Andrea quando c’è da mungere i sindacati sono sempre i primi ad arrivare con il secchio.
Vi ricordo anche la proiezione 2014 (800 docenti e 1200 unità di personale amministrativo)… mi dite chi fa supporto a chi? Si è paventato e poi smentito la mobilità per 400 unità di personale… a casa mia vuol dire che delle ultime tornate di stabilizzazioni non c’era bisogno… quindi neanche della figlia del magnifico… che però intanto sta dentro… I sindacati chiedono gli incontri al Ministro, si agitano ecc. ecc… ma sta gente dentro chi l’ha fatta mettere? Io no di sicuro…