Del Sum ci siamo già occupati con un articolo di Maurizio Grassini che ha stimolato un interessantissimo dibattito. Il titolo del 14 marzo – «Sono necessari controlli rigorosi su certe “eccellenze” più strombazzate che dimostrate» – si è rivelato profetico: basta leggere l’articolo seguente, pubblicato oggi dal Corriere Fiorentino e quello sull’accusa di peculato al direttore del Sum.
Sum, le accuse a Schiavone: spese personali per 207 mila euro
S.I. e V.M. Lo hanno intercettato. Poi, in quarantotto ore, la Guardia di Finanza si è mossa. Così è nata, come costola di un’inchiesta sui concorsi «truccati», la vicenda che coinvolge il professore Aldo Schiavone, direttore del Sum, che ora viene accusato di peculato. I finanzieri, coordinati dal sostituto procuratore Giulio Monferini, sono certi che il professore abbia usato soldi pubblici per scopi personali. Nell’avviso di garanzia, che gli è stato recapitato, si fa riferimento alle intercettazioni e gli viene contestata una cifra ben precisa: 207 mila euro. Soldi spesi per finalità diverse da quelle istituzionali, almeno stando a quanto ipotizzato dai consulenti della Procura che avevano studiato le carte del Sum durante la prima inchiesta. Quelle spese fanno riferimento ad un periodo preciso, che va dal 2007 al 2008. Ma l’attenzione degli investigatori si sta concentrando sull’intera «vita contabile» del Sum, perquisito nei giorni scorsi. Fatture, fogli di viaggio, bilanci, giustificativi: tutto viene passato al setaccio. Compreso il conto di una cena al ristorante Cafaggiolo, costata 750 euro. È chiaro che, percorrendo a ritroso la vita dell’istituto, gli inquirenti dovranno verificare anche il Consorzio Sum, un consorzio interuniversitario che fino al 2005 ha svolto le sue attività sulla base di un accordo di programma con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. (…)
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