Possibile che per una corretta gestione delle università debba sempre intervenire la magistratura?

patane_2.jpgUn articolo sempre attuale (da Ateneo palermitano novembre/dicembre 2008) per capire a che livello di degenerazione sono arrivate le università.

Terremoto in tre università siciliane: i dirigenti si premiavano da soli. Rilievi dalla Corte dei Conti

Francesca Patanè. Maurizio Graffeo è il magistrato della Corte dei Conti di Palermo che sta facendo tremare tre dei quattro Atenei siciliani. Per la precisione, i vertici amministrativi dei tre Atenei di Catania, Messina e Palermo. Che in barba a bilanci e atti amministrativi si sarebbero premiati per ritagliarsi un bel gruzzoletto con la scusa della produttività.
Il periodo preso in esame dal magistrato contabile riguarda il biennio 2003-2005, ma in più punti dell’ordinanza è precisato che i rilievi avanzati per quel periodo sono ancora attuali. 

Le reazioni intanto non si sono fatte attendere. Rettori, direttori amministrativi e dirigenti vari negano di avere firmato relazioni autoreferenziali e giurano che è tutto in regola, ma l’inesorabile Corte dei Conti di via Notarbartolo – presidente della sezione di controllo Maurizio Meloni – ha giudicato i criteri di valutazione tutt’altro che trasparenti e ha fissato in sei mesi il termine massimo perché ciascun rettore si adegui alle obiezioni avanzate dal magistrato oppure motivi la scelta di non farlo.

Ma entriamo nel merito di ciascun Ateneo.
Quello di Catania è l’Ateneo più bacchettato: oltre che autoreferenziali, le relazioni dei suoi dirigenti sono apparse incomplete e gli obiettivi generici e “ben lontani dal possedere le necessarie caratteristiche di chiarezza, misurabilità e coerenza”. Eppure – hanno osservato dalla Magistratura contabile – proprio gli obiettivi per quel biennio erano stati dati per raggiunti al cento per cento (con conseguente corresponsione dei premi nella misura massima possibile). 

A Messina la situazione è analoga, con un sistema giudicato poco trasparente dalla Corte dei Conti, pur avendo l’Ateneo adottato recentemente un regolamento proprio sui criteri di valutazione: una sorta di vademecum di cui però a quanto pare non se n’è fatto uso non avendo l’Università fornito alcuna documentazione sulla sua effettiva utilizzazione.

 Anche la documentazione trasmessa dall’Università di Palermo si è rivelata insufficiente e non consona a quanto attestato. Anche qui tutto il materiale documentale trasmesso si basa sulle relazioni compilate dagli stessi dirigenti interessati che, quanto ai premi in denaro, hanno sempre ricevuto la massima erogazione possibile.

Per la Corte dei Conti, insomma, occorrerebbe prevedere una gradualità dei premi “in relazione agli effettivi esiti della valutazione”. E per fare questo bisognerebbe prima stabilire gli obiettivi da raggiungere “in termini di misurabilità”.

Sull’ateneo senese “pensieri e parole” dei politici nel silenzio dei brocchi scalpitanti per fare il rettore

«Non s’era mai visto un disastro come quello dell’Università di Siena e la città non può da sola riparare al danno. Occorre un serio intervento di riorganizzazione e di dimagrimento, ma la priorità oggi riguarda i lavoratori, stando però attenti a non trasformare l’Ateneo in uno “stipendificio”. Le condizioni imposte dalla Banca MPS all’Università sono molto dure, ma rappresentano una sorta di correzione pedagogica. Riguardo alle Scotte occorre ricordare che la regione Toscana non è un immobiliarista può acquistare l’immobile purché si ragioni in termini di sistema universitario toscano, aziendalista e di valorizzazione dell’Ateneo.» Ecco i rimedi ed i pensieri “illuminati” dei nostri politici. E i brocchi scalpitanti per fare il rettore cosa dicono?

Enrico Rossi, assessore alla salute della regione Toscana: «Per quanto riguarda il risanamento dell’Ateneo senese e la possibilità di vendere Le Scotte alla Regione per ripianare il debito, credo che il nostro ruolo non sia quello di fare gli immobiliaristi. Prima di ragionare di vendite immobiliari serve un progetto nel quale contestualizzare l’idea di riequilibrio degli atenei. Come assessorato alla sanità abbiamo finanziato l’acquisto di brevetti, un’operazione che è nel nostro interesse perché finanziare l’università e la ricerca, creando uno sbocco per la produzione di brevetti rappresenta un passo in avanti importante per lo sviluppo. Dunque, anche in un’ottica più specifica di riorganizzazione dell’azienda mista, come è quella ospedaliera, credo che, con un progetto sulla ricerca alla base, si possa puntare ad un finanziamento comprensivo anche dell’acquisto, da parte della Regione, di beni immobili, dopo aver affrontato tutti i passaggi politici necessari. Insomma, acquistare si può, purché ciò avvenga all’interno di un ragionamento di sistema universitario regionale, aziendalista e di valorizzazione dell’Ateneo.»

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Cosa c’è dietro la “frettolosa alienazione” del patrimonio immobiliare in regime di autonomia universitaria?

sienatorvergataDue realtà con sorprendenti analogie, l’ateneo senese e quello di Tor Vergata, ripropongono una riflessione su una pratica diffusa in regime di autonomia universitaria e cioè l’acquisto e ristrutturazione, con fondi ministeriali, e poi la vendita del patrimonio immobiliare. Il collega Francesco Russo, Ricercatore del Dipartimento di Chirurgia e Segretario della locale sede Federazione CISL dell’Università di Roma Tor Vergata, ci scrive suggerendoci una lettura che ha aspetti inquietanti e che potrebbe spiegare alcuni possibili retroscena di questa frenetica attività.

Francesco Russo. Il disegno di legge di riforma della “governance” negli atenei (in particolare la composizione dell’organo di autogoverno CdA) e l’omesso trasferimento dei contributi Inpdap ed Irap registratosi a Siena potrebbero suggerire una rilettura della situazione presso l’Ateneo di Roma Tor Vergata, anche alla luce di quanto sta accadendo nell’ateneo senese.

A Tor Vergata è già operante sostanzialmente quanto dovrebbe prevedere il realizzando disegno di legge Gelmini in itinere parlamentare sulla composizione del CdA organo di autogoverno dell’Ateneo. Infatti, dei 5 membri presenti nel CDA di Tor Vergata, solo lo studente è eletto direttamente, mentre gli altri 4 membri sono cooptati dal Rettore su una rosa di nomi indicata dal Senato Accademico, che è viceversa elettivo (delegatus non potest delegare dicevano i Romani tanti secoli fa ed era la culla del diritto!!). Nell’Ateneo di Tor Vergata, con la modifica di Statuto tutt’ora vigente, realizzata dal precedente rettore Finazzi Agrò (in carica anche lui per dodici anni, come il Rettore Piero Tosi a Siena), furono eliminate tutte le componenti elettive dei docenti e ricercatori ed anche quelle che all’epoca erano presenti in rappresentanza degli interessi della collettività (Regione, Provincia, Comune e Tesoro). Inoltre, attualmente e sin dal rettorato precedente, a quanto risulta allo scrivente, i Revisori dei Conti sono cooptati direttamente dal CdA di Ateneo e, magna pars, dal Rettore configurando così il classico caso di controllato che si sceglie il controllore!

Previdenza Inpdap ed Irap: sulla base delle pessime notizie provenienti da Siena, ho chiesto formalmente lumi – in qualità di segretario sindacale Cisl Università – all’attuale Rettore Prof. Renato Lauro che mi ha risposto d’aver ricevuto dagli uffici competenti conferma sull’effettivo trasferimento mensile delle prebende (imposte Irap e versamenti Inpdap). Non completamente convinto di ciò – e soprattutto non essendoci in CdA rappresentanti eletti dai docenti e ricercatori –, insieme a circa 40 altri medici, ho scritto questa volta per il tramite di studio legale, chiedendo formalmente copia dei mandati di pagamento da Ateneo ad Inpdap, cioè della prova dell’avvenuta corresponsione del dovuto, in ossequio per l’appunto a ciò che mi aveva scritto il Rettore. Il Rettore Lauro ha celermente risposto reiterando ciò che aveva precedentemente scritto e invitandoci a chiedere ad Inpdap la certificazione previdenziale: infine Inpdap con una breve nota ha risposto allo studio legale sostenendo che per trasmetterci la certificazione della situazione previdenziale degli istanti (cosa ben diversa da ciò che avevamo chiesto originariamente!!), avrebbe dovuto prima ricevere dall’Ateneo di Tor Vergata la documentazione di servizio per ogni istante!!! Risposta quantomeno curiosa ma francamente dilatoria e forse sospetta ma, in soldoni, negativa rispetto alle originarie richieste. Faccio presente – a chi fosse a digiuno della materia – che i versamenti previdenziali riguardano soldi nostri dei lavoratori e per oltre il 9% della base imponibile specifica addirittura prelevati dalla busta paga, configurando in questo caso se non versati da parte dell’Amministrazione reati penali assai gravi di tipo appropriativo!!!

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Atenei griffati: Harvard risana i conti mentre Siena crea buchi di bilancio

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L’Università di Harvard, dopo l’annuncio della perdita del 30% del suo patrimonio – con congelamento degli stipendi dei professori, taglio di posti di lavoro e riduzione degli acquisti bibliotecari –, per risanare i bilanci ha venduto il nome, con licenza decennale, ad un’azienda d’abbigliamento maschile.

Poteva l’ateneo senese percorrere la stessa strada, più semplice e redditizia? Certo che no, se si vuole essere primi in tutto! Il 5 luglio 1999, il rettore Piero Tosi informa il Senato Accademico «che è in corso di definizione, a cura del “Centro Comunicazione e Stampa” e dell’Ufficio Patrimonio, un “Progetto merchandising” con una funzione sia di promozione-rappresentanza sia di commercializzazione, in forma diretta, da parte della stessa Università nei propri spazi».

Inizia, così, una frenetica e costosissima attività, con disponibilità illimitata di budget: si assumono impiegati, si acquistano vetrine per esporre gli oggetti in tutte le sedi, si ristrutturano ambienti che si arredano con mobili da designer, si produce materiale promozionale personalizzato (cravatte, foulard, magliette, berretti, sacche, zaini, penne, orologi, oggetti in ceramica, cartoleria, accessori vari) e si creano diverse linee d’abbigliamento, per Siena e per il Polo Aretino. Per l’ultima linea di merchandising d’ateneo si conia uno slogan pomposo e che suona quantomeno falso: «US ti fa sentire parte di una comunità viva ed innovativa». Una comunità che assiste, silenziosa ed indifferente, alla distruzione dell’istituzione di cui fa parte certamente non è viva, ma in decomposizione e non sarà la maglietta con il logo US a risvegliarla.

Ma quanto è costato in dieci anni questo baraccone? Quali aziende e designer sono stati coinvolti? È lecito distrarre fondi dalla didattica e dalla ricerca per costituire un’attività commerciale che sicuramente penalizzerà l’ateneo per i fondi qualità del Miur? È giusto impiegare venditori di cravatte e rinunciare agli incentivi ministeriali destinati agli atenei che assumono tecnici di laboratorio di categoria D ed EP (Elevata Professionalità)? Secondo il vicepresidente della Wearwolf Group, l’azienda che commercializzerà il logo di Harvard, gli abiti rifletteranno la qualità, la tradizione e l’eccellenza di quella università. E a Siena? La linea di moda rifletterà, forse, l’eccellenza nella distrazione di fondi, nelle truffe e nel taroccamento dei bilanci?

Dai baroni della medicina all’università merchandising e ai dirigenti Asl

I libri sono il nostro tormento e la nostra passione, come la scienza che ci affratella; e se ci capita che un maestro sia insigne, lo onoriamo…

Carlo Castellani. C’era una volta il barone! Ricordate? Con fare deciso si aggirava tra i malati, seguito da uno stuolo di assistentucoli rapiti dai suoi gesti imperiosi, intimoriti dal suo sguardo severo e serioso; ogni suo impercettibile sbatter di ciglia veniva colto da quei discepoli non senza un batticuore, un’ansia, un brivido che li attraversava da capo a piedi. «Avrà guardato me?» si chiedeva l’avvenente specializzanda. «Avrà voluto che io…» si domandava angosciato lo studente di Enna in procinto d’esame. Lui, fascinoso, elegante, guardava tutti e nessuno… un silenzio tombale regnava nella sala… «sssssilenzio!» bisbigliava l’aiuto anziano, non appena Lui alzava la mano sapiente – tanto da sembrare essa stessa intelligente, certo benedetta da Ippocrate – e si apprestava alla percussione del torace del paziente di Asciano. «Qui… Tu! …Vieni …Percuoti …e ausculta! Qui!» S’avvicinava l’assistente tremante, confuso, rosso come un peperone, mentre gli altri sorridevano saccenti, rilassati per lo scampato pericolo… Pregava Iddio Carmelo Cacace da Enna di sentire ed intuire qualcosa, di fare la diagnosi lì, accanto a Lui, il divino; come sarebbe stato bello sentire… «Bravo, così si visita un malato … bravo … ehm come ti chiami giovinotto?». Ti spremevano, ti umiliavano, turbavano i tuoi sogni di ventenne quei potenti, ti tiravano dietro il libretto e tu dai a studiare di più e meglio, per strappar loro il fatidico: vada, giovinotto vada… ora sì che la sa! 18 vada!! Li odiavi ma li ammiravi nello stesso momento, ascoltavi le loro lezioni e li vedevi grandi, immensi e ti convincevi che in fondo ti volevano anche bene. Erano i tuoi incubi, ma ti davano qualcosa, e se ti capitava di incontrarne uno che ti ammaliava per due ore parlandoti di Semeiotica del torace, lo onoravi, ne riconoscevi la cultura, la passione che metteva nel suo parlar di scienza ed uscivi fuori dall’aula convinto che non ti saresti più scordato di quella lezione. Sì, era uno str…. ma, caspita, che maestro!! Ti aveva dato… e tanto!! Caniggia, Rocco, Marcolongo, Lenzi…

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Università degli Studi di Siena: «commissariarla per salvarla»

sextus_empiricusLe riflessioni di Sesto Empirico confermano la posizione di chi ritiene che non esistano più le condizioni per un risanamento dell’ateneo senese dall’interno e che non sia più percorribile la via ordinaria con l’elezione di un nuovo rettore. Quindi, «commissariarla per salvarla» non è più uno slogan di questo blog ma una necessità imposta dalla drammaticità della situazione esistente.

Sesto Empirico. (…) Quando coloro che hanno o hanno avuto responsabilità negli anni passati si interrogheranno e ci diranno quali siano i motivi che li hanno indotti a fare le scelte rivelatesi scellerate che sappiamo? Quali erano allora le giustificazioni, e in cosa si sono oggi rivelate errate? Quali erano gli scopi che si perseguivano e con quali mezzi si intendeva farlo?

Perché l’ipotesi di chi pensa che l’errore «può presumibilmente essere corretto solo azzerando gli organi di governo», non regge per due motivi.
 Il primo è demografico: se le precedenti amministrazioni avevano maggioranze bulgare e dopo di esse ben pochi docenti sono entrati nei ranghi, non vedo da dove si possa prendere la nuova classe di governo, se non in gran parte comunque fra coloro che in precedenza hanno dato fiducia a quegli amministratori.
Il secondo è insopportabile e filosofico e risiede nella “Legge di Hume”, che nega la possibilità di dedurre un “ought” da un “is”, ciò che si deve fare da ciò che è. Si possono legare assieme solo con uno scopo e dei mezzi capaci di raggiungerlo. In altri termini, non è la purezza morale o la candida innocenza dei nuovi amministratori (in attesa di un più puro che li epuri) che ci garantisce la correzione degli errori ma possiamo solo tentare una scelta sulla base del riconoscimento delle cause degli errori, del disegno che propongono per correggerlo e delle capacità che hanno di portarlo avanti. E il primo punto, ripeto, è riconoscere le cause degli errori (e con questo intendo le idee che sottintendevano alle scelte, non i singoli episodi, le cui responsabilità ultime più o meno sono conoscibili dagli atti). Finora, tutti i responsabili mi paiono bravi a scaricare le responsabilità sugli altri, ma un’analisi delle proprie? Possibile che tutto sia causa di un pugno di mariuoli? Che tutti dormissero? E in caso, perché dormivano? Perché l’80%, o giù di lì, li votava?

Come si può dare fiducia a qualcuno che si presenta a correggere degli errori, se non propone innanzi tutto una visione convincente del come e perché sono stati fatti? E poi un modo convincente di porvi rimedio?
 Secondo me è su questo e non su altro che dovrebbe vertere la prossima campagna elettorale per il Rettore. E molti di coloro che hanno avuto responsabilità anche recenti potrebbero avere molte difficoltà ed imbarazzi a farlo, e potrebbero essere tentati di nascondersi dietro inossidabili facce di piombo. Starà al libero dibattito (che ha poche sedi oltre a questo blog) cercare di stanarli su questi temi.

Con la proposta della Banca MPS il patrimonio immobiliare dell’ateneo senese sarà dilapidato senza risolvere la drammatica situazione esistente

enricozanchiIl Dott. Enrico Zanchi si è dimesso, con la motivazione di seguito riportata, dal Consiglio di Amministrazione dell’Università, dove rappresentava il Comune di Siena.

Enrico Zanchi. Intervenendo nella seduta del CdA dell’Università di martedì 4 agosto, ho espresso considerazioni fortemente critiche in merito alle proposte di finanziamento avanzate dalla Banca MPS, che a mio giudizio non tenevano nella dovuta considerazione la natura del soggetto richiedente il credito, la sua rilevanza culturale, sociale ed economica nel tessuto senese e non solo senese. Ritengo insomma che la Banca, di fronte alla situazione drammatica dell’università di Siena, si sia limitata in questo frangente a fare semplicemente il suo mestiere, senza alcun occhio di riguardo, senza alcun atteggiamento di favore, come se si trattasse di un qualsiasi cliente. Per di più sono convinto che, con la soluzione proposta da MPS, l’università si ritroverà tra pochi mesi nella stessa situazione drammatica di oggi, avendo però ormai dilapidato buona parte del suo patrimonio immobiliare.

Ho anche precisato che tali considerazioni erano frutto di esclusive convinzioni personali e che in alcun modo intendevano coinvolgere il Comune di Siena ed il Sindaco, la cui presenza peraltro alla riunione decisiva con i vertici della Banca lasciava intendere il sostanziale accordo con tali proposte. Subito dopo ho ritenuto, perciò, corretto trarre le dovute conseguenze di una così sostanziale divergenza di vedute. Questa è l’unica motivazione delle mie dimissioni.

Vorrei aggiungere che nel mio intervento in CdA ho anche sottolineato, ancora una volta, con forza, che per essere aiutati occorre essere credibili e che il Piano di risanamento dell’università può divenire credibile soltanto a condizione che, assieme alle altre misure di contenimento della spesa, si intervenga drasticamente sulle due voci più rilevanti del bilancio, quella relativa al personale docente e quella relativa al personale tecnico-amministrativo.

Le mie dimissioni non sono certamente una fuga dalle responsabilità. È ovvio sottolineare che Siena (e forse anche la Banca) non sarebbe quella che è se non avesse da circa otto secoli una università ed altrettanto ovvio è affermare che non potrà continuare ad essere quella che è senza di essa. Per questo motivo, nei limiti delle mie capacità e possibilità, mi sono fortemente impegnato per cercare di garantire la vita dell’Ateneo ed anche per contribuire a modificarne regole e comportamenti. Oggi le soluzioni che si intendono percorrere per raggiungere tali obbiettivi non mi convincono. Mi auguro sinceramente che abbia ragione chi la pensa diversamente da me e soprattutto voglio sperare che ciascuno lavori nell’esclusivo interesse generale.

Ateneo senese: prepensionamento per i docenti e aumenti retributivi per i responsabili del dissesto

sienaeuropa.jpgÈ possibile, doveroso e urgente:

1) che il procedimento disciplinare per i responsabili della voragine nei conti dell’ateneo senese prosegua e si concluda anche in pendenza del procedimento penale;

2) il risarcimento del danno patrimoniale e del danno all’immagine;

3) il divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici gravemente inefficienti e improduttivi;

4) il licenziamento per manifesta inefficienza o incompetenza professionale;

5) far valere la responsabilità erariale dei dirigenti degli uffici in caso di mancata individuazione delle unità in esubero.

Tutto ciò è già previsto dal comma 2 (di seguito riportato) dell’art. 7 della Legge 15/2009.

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Abbiamo smarrito il senso della legge e la capacità d’indignazione

michele_ainisRileggendo questo vecchio intervento di Michele Ainis (La Stampa, 19 agosto 2005) sulla questione morale, il pensiero corre ai responsabili della voragine nell’ateneo senese ma anche al silenzio, all’indifferenza e all’ignavia di docenti, personale amministrativo e tecnico che meritano, tutti, di far loro compagnia sul banco degli imputati.

NEL BELPAESE UNITO DALL’ABUSO

Michele Ainis. C’è un altro modo d’indicare la questione morale su cui l’Italia s’arrovella in queste settimane. E c’è anche un altro corpo collettivo, diverso dalla classe dirigente, che a  tale stregua merita di farle compagnia sul banco degli imputati. Questo soggetto siamo noi, uomini e donne del Paese. La nostra colpa è d’essere cittadini senza legge, senza rispetto per le regole. L’imputazione che ci pende sul capo apre perciò un secondo fronte della questione morale, che a sua volta evoca una legalità perduta, svuotata, vilipesa. (…) insieme al senso della legge abbiamo smarrito giocoforza la capacità d’indignazione, quel soprassalto, quella reazione di condanna e di rigetto davanti alle malefatte altrui che rappresenta l’anticorpo più potente delle democrazie. E d’altronde, dove potremmo trovare l’energia per indignarci quando le violazioni delle regole sono così diffuse e reiterate? Quando attorno a noi dovunque il furbo fa carriera, accumula ricchezze, s’accaparra vantaggi d’ogni sorta? Quando la legge viene elusa perfino da chi dovrebbe farla rispettare?

(…) Quando la stessa legge appresta gli strumenti per evaderne il precetto, e tali strumenti a loro volta si risolvono nella proliferazione senza fine dei precetti, e poi delle deroghe, delle proroghe, dei codicilli o dei cavilli che fanno la fortuna d’ogni buon avvocato? «Le gride son tante!» – esclama un personaggio di Manzoni – «e il dottore non è un’oca: qualcosa che faccia al caso mio saprà trovare».

Da qui il terzo corollario, la terza morale che è possibile desumere dall’immoralità che ci circonda. C’è infatti un approccio, c’è un modo di fare che a sua volta coniuga i comportamenti degli imprenditori, dei banchieri, dei politici le cui trame sono state disvelate in questi giorni, e i piccoli abusi quotidiani rispetto ai quali nessuno è davvero senza peccato. Sta di fatto che quasi mai viene in gioco la manifesta violazione d’una regola: la via è piuttosto quella del raggiro, dell’elusione, dell’atteggiamento capzioso o fraudolento. Sarà per questo che furti ed omicidi scemano, mentre le truffe hanno ormai toccato il picco (+69% negli ultimi quattro anni). Sarà per questo che le regole di correttezza sono cadute in disuso, come dimostra per esempio la parzialità di molti organi imparziali, e perciò le critiche che investono a turno questo o quel giudice, questo o quel presidente d’assemblea parlamentare. Sarà per questo che la gran parte delle leggi viene erosa da disapplicazioni sistematiche. Senza legge, però, è impossibile la stessa convivenza. Ed è lo spirito della legge, forse ancor più della sua lettera, l’alimento di ogni comunità civile.

Verso la LUMPS (Libera Università del Monte dei Paschi di Siena)

LumpsCosimo Loré. L’agosto 2009 non è un mese che inizia come gli altri per chi all’ateneo senese ha dedicato la vita: abbiamo saputo che l’università non sarà più nostra per il ruolo dell’antica banca senese e l’«intervento decisivo di Comune e Provincia di Siena nella costituzione della “task force”» impegnata a realizzare «un nuovo progetto di Università»; il che potrebbe apparire logico, visti gli incommensurati abusi compiuti da coloro che l’hanno gestita.

Ma si può iniziare questa nuova fase lasciando ognuno al proprio posto e quindi anche coloro che hanno generato la voragine? Evidentemente vanno individuati e rimossi coloro che hanno fatto a pezzi un ateneo che aveva resistito a quasi ottocento anni di storia.

Esiste un filo rosso che unisce causalmente le scelte attuali allo scempio perpetrato dalle precedenti amministrazioni, con relativo corteo di complici e cortigiane che hanno dato manforte in un saccheggio al patrimonio mobiliare, immobiliare, nonché scientifico, storico e morale. Quelli che han fatto la bella vita a spese della comunità accademica, grazie alla maledetta autonomia hanno massacrato, senza ritegno, non solo le casse prima e le cose poi, ma anche il ricordo e il rispetto che la Scuola Senese si era conquistato.

Non c’è bisogno di cospicue conoscenze criminologiche per comprendere che sono stati assoldati plotoni di impiegati non per ragioni umanitarie, bensì per costituire una corte di collaboratori-elettori. Invece di procedere alla ricerca dei colpevoli e al recupero della refurtiva e di sfoltire gli impiegati informatizzando l’ateneo, preso tardivamente atto delle casse orrendamente sfondate, si è azzerata ogni forma di finanziamento della ricerca, rendendo la nostra università unica sia per l’iniquità amministrativa che per il blocco totale di ogni arruolamento, trasferimento e progressione di carriera dei soli docenti, ma non degli amministrativi, per i quali si inventano uffici e ruoli…

Ora che siamo in piena università degli impiegati si infierisce nel vilipendio del cadavere del corpo docente: ai più anziani ricercatori e professori è rivolto un caloroso invito al prepensionamento!