L’Università di Harvard, dopo l’annuncio della perdita del 30% del suo patrimonio – con congelamento degli stipendi dei professori, taglio di posti di lavoro e riduzione degli acquisti bibliotecari –, per risanare i bilanci ha venduto il nome, con licenza decennale, ad un’azienda d’abbigliamento maschile.
Poteva l’ateneo senese percorrere la stessa strada, più semplice e redditizia? Certo che no, se si vuole essere primi in tutto! Il 5 luglio 1999, il rettore Piero Tosi informa il Senato Accademico «che è in corso di definizione, a cura del “Centro Comunicazione e Stampa” e dell’Ufficio Patrimonio, un “Progetto merchandising” con una funzione sia di promozione-rappresentanza sia di commercializzazione, in forma diretta, da parte della stessa Università nei propri spazi».
Inizia, così, una frenetica e costosissima attività, con disponibilità illimitata di budget: si assumono impiegati, si acquistano vetrine per esporre gli oggetti in tutte le sedi, si ristrutturano ambienti che si arredano con mobili da designer, si produce materiale promozionale personalizzato (cravatte, foulard, magliette, berretti, sacche, zaini, penne, orologi, oggetti in ceramica, cartoleria, accessori vari) e si creano diverse linee d’abbigliamento, per Siena e per il Polo Aretino. Per l’ultima linea di merchandising d’ateneo si conia uno slogan pomposo e che suona quantomeno falso: «US ti fa sentire parte di una comunità viva ed innovativa». Una comunità che assiste, silenziosa ed indifferente, alla distruzione dell’istituzione di cui fa parte certamente non è viva, ma in decomposizione e non sarà la maglietta con il logo US a risvegliarla.
Ma quanto è costato in dieci anni questo baraccone? Quali aziende e designer sono stati coinvolti? È lecito distrarre fondi dalla didattica e dalla ricerca per costituire un’attività commerciale che sicuramente penalizzerà l’ateneo per i fondi qualità del Miur? È giusto impiegare venditori di cravatte e rinunciare agli incentivi ministeriali destinati agli atenei che assumono tecnici di laboratorio di categoria D ed EP (Elevata Professionalità)? Secondo il vicepresidente della Wearwolf Group, l’azienda che commercializzerà il logo di Harvard, gli abiti rifletteranno la qualità, la tradizione e l’eccellenza di quella università. E a Siena? La linea di moda rifletterà, forse, l’eccellenza nella distrazione di fondi, nelle truffe e nel taroccamento dei bilanci?
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