Rileggendo questo vecchio intervento di Michele Ainis (La Stampa, 19 agosto 2005) sulla questione morale, il pensiero corre ai responsabili della voragine nell’ateneo senese ma anche al silenzio, all’indifferenza e all’ignavia di docenti, personale amministrativo e tecnico che meritano, tutti, di far loro compagnia sul banco degli imputati.
Michele Ainis. C’è un altro modo d’indicare la questione morale su cui l’Italia s’arrovella in queste settimane. E c’è anche un altro corpo collettivo, diverso dalla classe dirigente, che a tale stregua merita di farle compagnia sul banco degli imputati. Questo soggetto siamo noi, uomini e donne del Paese. La nostra colpa è d’essere cittadini senza legge, senza rispetto per le regole. L’imputazione che ci pende sul capo apre perciò un secondo fronte della questione morale, che a sua volta evoca una legalità perduta, svuotata, vilipesa. (…) insieme al senso della legge abbiamo smarrito giocoforza la capacità d’indignazione, quel soprassalto, quella reazione di condanna e di rigetto davanti alle malefatte altrui che rappresenta l’anticorpo più potente delle democrazie. E d’altronde, dove potremmo trovare l’energia per indignarci quando le violazioni delle regole sono così diffuse e reiterate? Quando attorno a noi dovunque il furbo fa carriera, accumula ricchezze, s’accaparra vantaggi d’ogni sorta? Quando la legge viene elusa perfino da chi dovrebbe farla rispettare?
(…) Quando la stessa legge appresta gli strumenti per evaderne il precetto, e tali strumenti a loro volta si risolvono nella proliferazione senza fine dei precetti, e poi delle deroghe, delle proroghe, dei codicilli o dei cavilli che fanno la fortuna d’ogni buon avvocato? «Le gride son tante!» – esclama un personaggio di Manzoni – «e il dottore non è un’oca: qualcosa che faccia al caso mio saprà trovare».
Da qui il terzo corollario, la terza morale che è possibile desumere dall’immoralità che ci circonda. C’è infatti un approccio, c’è un modo di fare che a sua volta coniuga i comportamenti degli imprenditori, dei banchieri, dei politici le cui trame sono state disvelate in questi giorni, e i piccoli abusi quotidiani rispetto ai quali nessuno è davvero senza peccato. Sta di fatto che quasi mai viene in gioco la manifesta violazione d’una regola: la via è piuttosto quella del raggiro, dell’elusione, dell’atteggiamento capzioso o fraudolento. Sarà per questo che furti ed omicidi scemano, mentre le truffe hanno ormai toccato il picco (+69% negli ultimi quattro anni). Sarà per questo che le regole di correttezza sono cadute in disuso, come dimostra per esempio la parzialità di molti organi imparziali, e perciò le critiche che investono a turno questo o quel giudice, questo o quel presidente d’assemblea parlamentare. Sarà per questo che la gran parte delle leggi viene erosa da disapplicazioni sistematiche. Senza legge, però, è impossibile la stessa convivenza. Ed è lo spirito della legge, forse ancor più della sua lettera, l’alimento di ogni comunità civile.
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