Il familismo prospera perché si fonda su un vasto consenso o, perlomeno, su un’inveterata abitudine

noantriOggi, in pullman da Siena a Graz, ho letto l’ultimo libro di Aldo Cazzullo: “l’Italia de noantri” (come siamo diventati tutti meridionali). Scontato l’accostamento a Siena, considerando anche che, in tempi non sospetti, avevo provocatoriamente considerato l’università di Siena “il quinto ateneo siciliano”. Di seguito, il motivo conduttore del libro.

Aldo Cazzullo. Noantri è la parola-chiave non solo di Roma, ma anche dell’Italia di oggi. Non a caso riecheggia quasi uguale in tutti i dialetti. (…) Noialtri: la famiglia, il campanile, il clan, il partito, la fazione, la corporazione, la curva da stadio, il mandamento mafioso. Cose molto diverse tra loro, per carità. Un gruppo ristretto di persone che si vogliono bene potrà mica essere paragonato a un’associazione a delinquere. Eppure, come non vedere che la famiglia gioca un ruolo conservatore nella società italiana? Che siamo circondati da figli d’arte e figli di papà, ovunque, al cinema e negli studi degli avvocati, in Parlamento e nei giornali, dal medico e in università? Se l’ascensore sociale è guasto, se la meritocrazia non funziona, se le pari opportunità ai nastri di partenza restano un’utopia, è perché i figli ereditano con il cognome e i beni pure il mestiere e lo status del padre. È perché la logica di fedeltà e appartenenza – al partito, al burocrate, all’ordine professionale – fa premio su quella della competenza. È perché, tra uno bravo e libero e un altro incapace e servo, non soltanto il capopartito ma pure l’italiano medio tenderà a preferire il secondo. Il familismo prospera non perché una mente perversa ne governa le redini, ma perché si fonda su un vasto consenso, o perlomeno su un’inveterata abitudine. (…) Esiste una sola Italia: l’Italia de noantri. Noi italiani siamo diventati, nel bene e nel male, un po’ tutti meridionali. Gli accenti restano diversi, ma la mania di gridare e gesticolare ormai ci accomuna. (…)