Il caso Delbono e la necessità di una “anagrafe pubblica” degli eletti anche nell’università

«Faccio i convegni, mi danno un sacco di soldi…» avrebbe dichiarato Delbono alla sua ex compagna. Nell’università c’è anche chi fa un sacco di soldi con attività conto terzi, contratti, convenzioni, Master. Di seguito un articolo di Valter Vecellio sul caso Delbono pubblicato da “L’Opinione” (28 gennaio 2010). Flavio Delbono, laurea in Economia e Commercio a Parma, Dottorato in Economia a Siena e ad Oxford, professore ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna, ha come riferimento economisti quali Romano Prodi e Stefano Zamagni.

Caso Delbono. L’anagrafe di Pannella

Valter Vecellio. «Doveva essere più accorto. Ma nessuno si è limitato a dire questo: gli hanno dato del delinquente. Per altri di centro-destra che ne fanno di tutti i colori, nessuno ha gridato allo scandalo». Così Romano Prodi, a proposito della vicenda dell’ormai ex sindaco di Bologna Flavio Delbono per quella che ormai tutti chiamano “Cinziagate”: i viaggi all’estero e le spese personali che si sospetta siano state pagate con carta di credito della Regione Emilia-Romagna e poi fatte passare come spese di rappresentanza. Per queste vicende Delbono è indagato per peculato, abuso d’ufficio e truffa aggravata, vedremo se si tratta di accuse fondate o no. Certamente Delbono avrebbe dovuto essere più accorto, su questo Prodi ha ragione; e si può anche convenire che è presto per dargli del delinquente; che altri del centro-destra ne facciano e ne abbiano fatte di tutti i colori è affermazione che lascia il tempo che trova. Ammesso che sia vero, non giustifica; né un comportamento sbagliato viene attenuato perché altri si sono comportati in analogo modo, o peggio. Una cosa, poi, colpisce. La ex compagna di Delbono, Cinzia Cracchi, la donna che ha fatto esplodere il caso, dice: «Delbono prendeva lo stipendio da assessore regionale, seimila euro, e lo divideva in tre: duemila alla prima moglie; duemila alla seconda e mille alla ex compagna. Manteneva tre donne e due figli. Per me c’erano seicento euro, e quando gli chiedevo: “scusa, ma come fai?”, lui rideva: “di cosa ti preoccupi? Faccio i convegni, mi danno un sacco di soldi, godiamoci la vita”». Niente da dire sul “godersi la vita”, però questo “faccio convegni, mi danno un sacco di soldi”, merita un approfondimento, dei chiarimenti. Chi organizzava questi convegni? Chi pagava, ed era denaro in nero o regolarmente contabilizzato? Perché Delbono era così richiesto e pagato? Sono interrogativi cui bisognerà che qualcuno risponda. Non solo. Racconta ancora Cinzia Cracchi che Delbono per i suoi incontri privati utilizzava sempre l’automobile di servizio, autista compreso: «Sempre. Pure al cinema, andavamo con l’autista, ora che ci penso non riesco neppure a immaginare Flavio senza la sua macchina blu;» e aggiunge: «Che Flavio vivesse sopra le righe è cosa nota a tutta Bologna, largheggiava, gli piaceva trattare bene tutti, a cominciare da se stesso». Sempre da quel sacco di soldi che gli davano per i convegni.

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«Il governo centrale si potrà impegnare solo se chi ha gestito l’università di Siena fino ad oggi si farà da parte»

Il consigliere del PdL nel consiglio provinciale di Siena, Massimo Mori, risponde (Corriere di Siena, 26 gennaio 2010) agli interventi del Sindaco, del Presidente della Provincia e del deputato Franco Ceccuzzi che hanno criticato il governo nazionale per lo scarso impegno sulla vicenda universitaria senese.

FATE AMMENDA PER LA VOSTRA INCAPACITA’ GESTIONALE

Massimo Mori. In questi giorni ho letto sulla stampa locale il richiamo, ma forse è meglio parlare di polemica, del sindaco di Siena e del presidente della provincia, in merito alla mancanza di impegno del governo nazionale sulla vicenda, ormai a tutti nota, riguardante l’Università di Siena, poi nella giornata odierna appare ancora un onorevole locale che insiste sull’argomento. Bene, è certo ed ormai tutti lo sanno o forse tutti lo pensano, che senza il governo non è possibile uscire da questa difficile situazione, ma partiamo da una considerazione, è mai possibile attribuire le responsabilità di quanto accaduto al governo nazionale, senza fare ammenda in merito all’incapacità gestionale che il potere locale ha chiaramente evidenziato in questi ultimi venti anni di gestione? Si critica il governo perché non manda i soldi, perché non ha ancora permesso un nuovo e ulteriore indebitamento con la banca Mps, ma questi signori, tutti coloro che alzano la bandiera politica della protesta, si ricordano che la situazione presente è stata determinata in prima persona da loro, e allora, come possono pensare di chiedere senza dare? Si legge oggi come premessa della richiesta, che saranno rinnovati gli organismi, e si pensa forse che questo basti? Ma non ci prendiamo in giro, il cambiamento che si preavvisa avviene all’interno delle stesse matrici e credetemi, io per primo non mi fiderei ad affidargli neppure il più piccolo ente inutile senza portafogli, figuriamoci milioni di euro! Gestire una struttura come l’Università non è un gioco, esattamente come non lo è gestire un ente pubblico di qualsiasi genere, dove prima di tutto deve prevalere il concetto del servizio, nel caso dell’università verso gli studenti, che la devono trovare sufficientemente interessante per le loro prospettive future, nel caso di un comune o della provincia, verso i cittadini che devono sentirsi garantiti, nei loro diritti fondamentali, e guardate questo non c’entra per nulla con la visibilità personale. È prima di tutto fare le cose con il giusto livello di professionalità, di giustizia, adoperandosi a mettere in pratica azioni dettate prima di tutto dal buon senso, cosa che sembra scomparsa dalla testa di chi governa nei territori della provincia di Siena.

Anche io sono d’accordo, occorre l’impegno del governo, ma non al buio, non sulla base di promesse che dicono domani faremo meglio di quanto abbiamo fatto fino ad oggi, no cari signori, la situazione è arrivata ad un punto tale per la quale dovete avere il coraggio di mettervi da una parte, non potete, e soprattutto non dovete più mettere mano in gestioni, che nella migliore delle ipotesi non siete in grado di governare, continuando di questo passo, e tutti possiamo vedere i vostri sprechi, nel giro di pochi anni saremo nelle condizioni che al massimo, gli amministratori futuri, potranno solo gestire i pagamenti dei debiti, che però non saranno serviti a nulla.

Dopo le polemiche un libro del massimo esperto sul Costituto senese del 1309-1310

Questo blog in passato si è diffusamente occupato della querelle sul Costituto senese del 1309-1310 e delle polemiche che coinvolsero studiosi come Marcello Flores D’Arcais, Pierre Toubert, Franco Cardini, Paolo Prodi, Gabriella Rossetti, Gigliola Soldi Rondinini, Ernesto Galli della Loggia ed il Ministro dei Beni culturali dell’epoca, Francesco Rutelli. In questi giorni è uscito un libro di Mario Ascheri sul Costituto e di seguito riportiamo integralmente la presentazione fatta da Gabriella Piccinni su “La Nazione di Siena” del 23 gennaio 2010.

I SEGRETI DEL COSTITUTO ALLA PORTATA DI TUTTI

Libretto di Ascheri-Papi per capire l’antica «Carta»

Gabriella Piccinni. Il settecentesimo anniversario della traduzione in volgare italiano del Costituto senese del 1309-1310 – che il Comune di Siena ha deciso di festeggiare con una lunga serie di proposte di teatro, musica, cinema, mercati, visite guidate – non ha mancato di stimolare parallele iniziative di ricerca, divulgazione e didattica storica, in parte coordinate dal Comune stesso, in parte autonomamente promosse. Stranamente, proprio il testo del Costituto in quanto tale – che ci è pervenuto in due stupendi codici miniati oggi esposti a palazzo pubblico – è rimasto finora un po’ in ombra.

Iniziano a colmare la lacuna un paio di nuove iniziative che in un certo senso interpretano i principi che guidarono gli antichi governanti senesi, quando ebbero l’idea di tradurre in “volgare di buona lettera grossa, ben leggibile et bene formata” un insieme di norme e leggi che regolavano la vita pubblica per renderle comprensibili anche a chi, ed era certo la maggior parte, non conosceva la lingua latina in cui erano state fino ad allora scritte. La prima di queste due iniziative di divulgazione è da pochi giorni in libreria e si deve a Mario Ascheri e Cecilia Papi (Il “Costituto” del Comune di Siena in volgare (1309-1310). Un episodio di storia della giustizia?, edizioni Aska, Firenze). La seconda vedrà la luce nei prossimi mesi con il titolo “Il Costituto spiegato ai ragazzi” e sarà frutto del lavoro di Duccio Balestraci (edizioni della Fondazione Mps), ma non è difficile immaginare che se ne gioveranno anche i genitori.

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Ateneo senese: si vive alla giornata e non si interviene sul sistema che ha generato il dissesto

Agostino Milani e Massimo Bandini. Quando si diffuse la notizia del crack dell’Università, seppur nella preoccupazione per la drammatica situazione, in molti pensarono “Non tutto il male viene per nuocere”, nella speranza che poteva essere arrivato il momento dell’auspicato risanamento dal malcostume vigente, purtroppo non solo a Siena ma in tutto il sistema universitario italiano. Ancor dapprima, sin dall’elezione del prof. Focardi si sentiva un forte bisogno di modificare rotta perché il sistema non poteva andare avanti e così tra i vari candidati molti docenti e gran parte del personale tecnico amministrativo dettero la loro  fiducia a Focardi sperando che fosse il Rettore del cambiamento. Evidentemente i poteri interni dell’Ateneo senese erano e sono rimasti  troppo forti perché la volontà del neo-eletto, di alcuni docenti e del personale tecnico ed amministrativo potessero avere successo e così, mentre si tentava di realizzare un piano di risanamento si assisteva all’opposizione di coloro che volevano il mantenimento dello status quo, con fenomeni di gattopardismo sfacciato, che cambia i musicisti senza mai cambiare la musica.

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Sindaco e Presidente della provincia chiedono interventi urgenti per l’Ateneo senese

Cezzi-BezziniMaurizio Cenni e Simone Bezzini. Siamo sconcertati per la mancanza di attenzione da parte del Governo verso la nostra Università. Dopo i proclami lanciati dagli esponenti governativi dal teatro dei Rinnovati a novembre e dopo la nostra richiesta urgente di un incontro, proposta mesi fa, ancora nessuna risposta arriva da Roma. Con amarezza dobbiamo constatare che non c’è la volontà di sostenere il nostro Ateneo ad uscire dalla grave crisi in cui versa e a supportare il lavoro che stanno portando avanti gli enti locali e la Regione Toscana.

Ad oggi questo imbarazzante silenzio provoca un preoccupante rallentamento del piano di salvataggio dell’Università. Preoccupa, soprattutto, la mancanza di risposta alla richiesta di poter attivare una nuova linea di credito con la Banca Mps di oltre cento milioni di euro che rappresenterebbe un passo fondamentale per attuare il Piano di risanamento. Il silenzio da parte dei ministeri competenti impedisce non solo di procedere verso questa soluzione, ma anche di mettere in campo proposte alternative nel caso di un pronunciamento sfavorevole.

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Prime condanne nella concorsopoli senese

stemma_ceramica_tif.jpgLe tre commissarie del concorso per un posto di ricercatore di Medicina Legale, conclusosi il 28 giugno 2006, sono state condannate ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio. L’ordinanza di rinvio a giudizio del Gup Elisabetta Pagliai risale al 29 ottobre 2007. Il Pm Francesca Firrao, considerate le attenuanti generiche, aveva chiesto otto mesi per le imputate, ma il collegio del tribunale di Siena ha inflitto, in data 19 gennaio c.a., una pena più pesante. I legali delle imputate hanno già annunciato ricorso in appello.

Cosa fanno “in realtà” i ricercatori? Insegnano e negarlo è pura ipocrisia

miur.jpgStavrogin. A chi dice che «il lavoro del ricercatore è del tutto volontario» io risponderei che è «spontaneamente obbligatorio»; del resto la stessa figura del ricercatore nel nostro sistema ha contorni assai vaghi e vorrei sapere cosa potrebbe fare un “ricercatore” laddove la ricerca non c’è, o almeno non c’è a livelli così intensi da giustificare un impegno a tempo pieno, se non il docente. Il “ricercatore” in Italia è solo il primo gradino della carriera di docente, roba che prima regalavano, mentre adesso è la meta agognata e irraggiungibile di una generazione intera di docenti a cottimo (afferrare il miraggio di mille euro e qualche cosa: una vera utopia!). Io conosco diverse situazioni in cui i ricercatori tengono da sempre corsi, tanto che se vai a chiedere lor se mai hanno insegnato, rischi il linciaggio: insegnano almeno quanto i più blasonati colleghi (mi verrebbe anche da dire, talvolta “invece dei” più blasonati colleghi).
 Dunque prendiamo atto che – ad eccezione di situazioni di cui non sono a conoscenza, privilegiati, imboscati – i ricercatori sono nel nostro sistema docenti, che fanno quello che fanno tutti gli altri docenti per un ammontare di ore – al di là delle ciance – più o meno identico e identici obblighi in ordine alla didattica. Diciamo pure un’altra cosa: se l’andazzo fosse quello di venti anni fa (ai tempi delle carriere fluide e delle vacche grasse), molti di questi “ricercatori”, semplicemente sarebbero associati (se non ordinari) e veramente temo che talvolta simili etichette significhino assai poco. Ciò che è insopportabile ed omertoso, è che taluni fingano ancora oggi di non rendersene conto, chiedendosi cosa fanno “in realtà” i ricercatori: i ricercatori insegnano, anzi, siccome contano ai fini dei conteggi dei requisiti minimi, nella fase in cui il personale docente viene man mano pensionato, sono diventati docenti preziosi, punto e basta; ma pagati poco e nella congiuntura senese, senza alcun futuro. Se smettessero di insegnare, i loro corsi chiuderebbero e verosimilmente chiuderebbero anche diversi corsi di laurea tout-court: per favore, andate a vedere, negarlo è pura ipocrisia e sarebbe onesto che almeno questo venisse riconosciuto: moralmente, magari, con un obolo di dieci centesimi.

Il punto sul dissesto dell’ateneo senese. Reati ipotizzati: falso ideologico, abuso d’ufficio e truffa

ilbuconeroApprendiamo, da un articolo de “La Nazione Siena” di oggi, che il Pm sta per concludere le indagini sulla voragine nei conti dell’Università di Siena, che c’è stata un’evasione fiscale per 95 mln di euro, che gli indagati sono 11 (tra i quali gli ultimi due rettori) e che nel mirino vi sono alcune assunzioni illegittime. Nulla di nuovo. Ma l’articolo, di seguito integralmente riportato, è utile perché consente di fare il punto della situazione.

Ateneo nella bufera. Nel mirino dei pm alcune assunzioni

Cecilia Marzotti. Siamo al giro di boa sull’inchiesta dell’università. La Guardia di Finanza, subito dopo le feste, ha sequestrato altri documenti e la Procura della Repubblica sta ultimando la lettura della prima enorme mole di atti depositata di volta in volta nel corso del 2009, mentre gli ultimi faldoni – almeno in ordine temporale visto che non passa giorno che non ci siano sequestri – sono stati portati al terzo piano del nostro palazzo di giustizia tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre dell’anno scorso.

Il magistrato ha già iscritto nel registro degli indagati ben undici persone (potrebbero anche aumentare nelle prossime settimane) alcune delle quali facevano parte della precedente amministrazione che faceva capo all’allora rettore Piero Tosi e altri, invece, dell’attuale con al vertice Silvano Focardi. Per molti di loro il pm titolare dell’inchiesta ipotizza il reato di falso ideologico, mentre per alcuni sono in fase di valutazione da parte della Procura anche altri tipi di reati, come l’abuso d’ufficio e la truffa, e comunque sempre legati alla gestione dei soldi destinati alla vita dell’ateneo. Secondo alcune indiscrezioni al momento sono state trovate prove che porterebbero ad individuare alcuni soggetti che si sarebbero messi in tasca il denaro dell’università (e per loro si ipotizza il reato di truffa).

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La voragine nei conti dell’ateneo senese ed il blocco delle progressioni economiche dei dipendenti

ombraseraw.jpgIl “Corriere di Siena” di oggi pubblica la seguente mia replica all’articolo sull’università di Siena del consigliere comunale Agostino Milani.

EFFETTI DELLA CRISI SU TUTTI

Con riferimento all’articolo di Agostino Milani sull’Università (Corriere di Siena del 2 gennaio), vorrei fare alcune precisazioni. Gli effetti della crisi dell’ateneo senese ricadono su tutti e, purtroppo, maggiormente sulle categorie più deboli (B e C) tra il personale tecnico ed amministrativo. Ma un costo altissimo, sperabilmente non letale per l’istituzione, lo stanno pagando anche le attività istituzionali. Come non ricordare i tanti precari della ricerca costretti ad andar via, la riduzione delle dotazioni per Dipartimenti e didattica, la cancellazione dei finanziamenti interni per la ricerca, il taglio degli assegni e delle borse di dottorato?

Un’altra doverosa precisazione è quella sulle progressioni economiche di tutti i dipendenti. Gli adeguamenti economici automatici, infatti, riguardano sia i docenti che il personale tecnico ed amministrativo; nel 2009, però, sono stati congelati per tutti a causa della voragine nei conti dell’università. Esistono anche altre progressioni: per i docenti ci sono i concorsi da ricercatore ad associato e da associato ad ordinario; per il personale tecnico ed amministrativo le progressioni orizzontali, all’interno della stessa categoria (da C1 a C2, C3,….; da D1 a D2, D3…. ecc.), e quelle verticali, da una categoria a quella superiore (da B a C; da C a D; da D ad EP). Tali progressioni di carriera – sia per il personale tecnico ed amministrativo che per i docenti – sono state bloccate perché economicamente non compatibili. Pertanto, mettere sullo stesso piano categorie non omogenee, come nell’articolo citato, è fuorviante. Infatti, gli adeguamenti economici, dovuti per legge, non sono paragonabili con le progressioni di carriera, programmabili dalle sedi. Così non è vero che sono «automatiche le progressioni dei docenti e soggette ad approvazione quelle per il personale tecnico ed amministrativo». Qualsiasi provvedimento riguardante i docenti – si tratti di reclutamento di ricercatori, di associati o di ordinari – è soggetto ad approvazione delle Facoltà, del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, che ne accerta la copertura finanziaria. Allo stesso modo è sottoposto ad approvazione del Consiglio di Amministrazione qualsiasi tipo di progressione (orizzontale e verticale) del personale tecnico ed amministrativo.

Ovviamente, le condizioni attuali dell’ateneo senese, rendono possibile solo gli adeguamenti economici, previsti dalla legge e dal contratto collettivo nazionale del lavoro, da corrispondere a tutti i dipendenti, forse, nel 2010.

La malasanità è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri del settore

bruno-tintiMorti di malasanità dal telegiornale del 6 gennaio: 2 neonati a Foggia, un anziano a Bari, una cinquantenne a Trento, un ventinovenne a Pisa ed una quarantacinquenne ad Arezzo. Di seguito un articolo sulla malasanità del magistrato Bruno Tinti pubblicato da «Il Fatto Quotidiano» dell’8 gennaio.

MORTI DI MALAPOLITICA. Se la cattiva sanità è frutto di un sistema di scambi, spartizione degli incarichi e del potere

Bruno Tinti. Ci sono neologismi che hanno avuto molta fortuna, malagiustizia su tutti. E poi malauniversità, malapolitica e quello di cui scrivo oggi: malasanità. Tutte parole usate a sproposito: quando un giudice si vende una sentenza è malagiustizia (lo è anche quando emette una sentenza sfavorevole a una certa fazione politica; quando invece la sentenza interessa la fazione avversa, allora “le decisioni della magistratura vanno rispettate”. Ma questa è un’altra storia); quando si scopre un concorso truccato per la nomina di un professore è malauniversità; quando un politico si fa coprire di tangenti è malapolitica; quando un medico lascia una pinza nella pancia di un paziente o sbaglia una diagnosi è malasanità. Naturalmente non è vero niente: si tratta semplicemente di reati, commessi di volta in volta da giudici, professori universitari, politici, medici. Criminalità comune, magari diffusa, proprio come si scoprì ai tempi di Mani Pulite e come continua a scoprirsi oggi nei più disparati settori della pubblica amministrazione.

La malasanità, per restare in tema, è un’altra cosa: è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri del settore. E, fortunatamente, in Italia, tutti questi aspetti, che pure ci sono, non impediscono al sistema sanitario nazionale di essere posto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) al secondo posto nel mondo dopo la Francia. Secondo l’Oms, il sistema italiano fornisce una risposta efficiente alle necessità di tutti i cittadini e i medici italiani sono preparati professionalmente ed eticamente impegnati nella loro attività. Insomma, come diceva Pascarella (La scoperta de l’America) «il mondo ce l’invidia e ce l’ammira», e difatti la riforma Obama è una timida imitazione del nostro sistema sanitario.

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