Maurizio Cenni e Simone Bezzini. Siamo sconcertati per la mancanza di attenzione da parte del Governo verso la nostra Università. Dopo i proclami lanciati dagli esponenti governativi dal teatro dei Rinnovati a novembre e dopo la nostra richiesta urgente di un incontro, proposta mesi fa, ancora nessuna risposta arriva da Roma. Con amarezza dobbiamo constatare che non c’è la volontà di sostenere il nostro Ateneo ad uscire dalla grave crisi in cui versa e a supportare il lavoro che stanno portando avanti gli enti locali e la Regione Toscana.
Ad oggi questo imbarazzante silenzio provoca un preoccupante rallentamento del piano di salvataggio dell’Università. Preoccupa, soprattutto, la mancanza di risposta alla richiesta di poter attivare una nuova linea di credito con la Banca Mps di oltre cento milioni di euro che rappresenterebbe un passo fondamentale per attuare il Piano di risanamento. Il silenzio da parte dei ministeri competenti impedisce non solo di procedere verso questa soluzione, ma anche di mettere in campo proposte alternative nel caso di un pronunciamento sfavorevole.
L’immobilismo del Governo rende vana anche la volontà, più volte espressa dagli enti locali, di costruire un tavolo congiunto per cercare la migliore soluzione possibile in grado di salvare l’Università di Siena. Anche le risorse economiche messe in campo dal Governo mesi fa sono solo anticipazioni su quanto lo Stato deve corrispondere all’Ateneo nel 2010. Una “soluzione tampone” che sta per concludere i suoi effetti nel breve periodo e che getta nuove ombre sulle risorse a disposizione per fronteggiare le scadenze dei prossimi mesi.
Ad oggi sono state le istituzioni locali, e soprattutto la Regione Toscana, a portare avanti iniziative concrete per salvaguardare i dipendenti, gli studenti, tutti i lavoratori e i fornitori. È stata infatti la Regione Toscana a riconoscere all’Università di Siena circa 8 milioni di euro all’anno per i prossimi cinque anni e ad avviare un percorso di acquisizione del polo ospedaliero de Le Scotte al fine di reperire risorse decisive per l’attuazione del Piano di risanamento. Anche la Fondazione Mps ha erogato all’Ateneo risorse importanti per progetti di ricerca e formazione ed è presumibile che lo farà anche in futuro, così come gli enti locali hanno avviato un percorso per valutare la possibilità di attuare la mobilità dei dipendenti verso altri enti e per estendere l’utilizzo delle misure sulle politiche attive del lavoro agli stabilizzandi dell’Ateneo.
Servono risposte urgenti dal Governo, nell’ottica della massima collaborazione fra Università, istituzioni locali, regionali e nazionali, per garantire lunga vita al nostro Ateneo e la serenità di coloro che vi lavorano e studiano, non è più rinviabile un intervento sinergico davvero sostanziale. Al Governo chiediamo tre cose: autorizzare uno stanziamento economico urgente e straordinario; concedere l’autorizzazione per la stipula del contratto di finanziamento con l’istituto di credito concedente; emanare strumenti autorizzativi affinché l’Ateneo possa essere nelle condizioni di rinegoziare le varie tipologie di debito, prevedendo misure di carattere straordinario come, ad esempio, gli incentivi al collocamento anticipato, al riposo ed agevolazioni per il prepensionamento.
Nelle prossime settimane convocheremo un nuovo tavolo istituzionale; auspichiamo che, a quella data, sia pervenuta anche una risposta da parte del Governo alla nostra richiesta di incontro.
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Ma la Regione ha comprato l’ospedale? Non risulta, come non risulta che il tavolo inter-istituzonale abbia mai approdato ad alcunché, o sbaglio? Prego dare informazioni forse a Vs. disposizione.
O siamo alla solita ‘disponibilità’ come quella dei 100 milioni del Ceccuzzi, chiesti al governo: a proposito, che fine ha fatto?
Interrogazione parlamentare di Franco Ceccuzzi, Susanna Cenni, Luca Sani, Rolando Nannicini, Donella Matessini sul risanamento dell’Università di Siena
«Con questa interrogazione torniamo a chiedere al governo e al Ministero competente la convocazione di un incontro con i rappresentanti dell’ateneo di Siena, del Comune di Siena, della Provincia di Siena e della Regione Toscana per verificare il Piano di risanamento dell’Università e gli interventi necessari per salvaguardare la continuità didattica e i livelli occupazionali dello stesso ateneo. Al Ministero chiediamo se ad oggi siano maturate le condizioni per concedere all’Università di Siena le autorizzazioni necessarie per la stipula del contratto di finanziamento con l’istituto di credito. Questione che era già stata oggetto di un’interrogazione e su cui, ad oggi, il governo ha fornito solo risposte parziali ed insoddisfacenti rispetto ad un passaggio fondamentale per scongiurare una nuova crisi di liquidità. Dal momento che gli enti locali territoriali sono inibiti dall’assumere nuovi organici per rispettare il patto di stabilità, chiediamo al governo se intende fornire all’ateneo senese strumenti normativi adeguati per favorire e promuovere prepensionamenti o la mobilità del personale verso tutte le pubbliche amministrazioni.»
Da un “commento” di Tommaso Strambi (La Nazione Siena, 23 gennaio 2010) intitolato: «Gli enti locali dov’erano?»
(…) «leggendo la dura presa di posizione del sindaco Maurizio Cenni e del presidente della Provincia Simone Bezzini, non possiamo non domandarci: negli ultimi anni dov’erano i rappresentanti di questi due enti nominati nel CdA dell’Ateneo? Da che parte guardavano quando si approvavano i bilanci? Possibile che non si accorgessero che qualcosa non quadrava?
Accertato che il governo non può sottrarsi ai suoi impegni, è bene cominciarsi a interrogare anche sulle responsabilità locali e, se del caso, prendere i giusti provvedimenti. Roma da sola non può bastare.»
Chiedo venia, ma allora la posizione del partito – e degli amministratori locali da esso generati – nei confronti del governo centrale pare sintetizzabile in questi brevi punti:
1) Sparare a zero su ogni provvedimento con eventuali ricadute, anche minime e/o congiunturali, che riguarda minimamente il territorio, 24/7/365;
2) Inscenare insuperabili sceneggiate napoletane quando qualsivoglia rappresentante del governo decide di farsi vedere dalle parti di Piazza del Campo – vedi l’ultima, col gruppo dei sindaci che, compatti come una delegazione rumena degli anni ’70, si puliscono i piedi con la gerarchia istituzionale ed abbandonano il palcoscenico come un branco di soprano imbolsite che cercano facile pubblicità;
3) Chiedere senza tema di accuse di incoerenza allo stesso governo centrale di cui sopra un bailout che neanche Northern Rock, reso indispensabile da una gestione universitaria – legata a doppio filo con il suddetto partito – che ha con tutta probabilità del penale e che non ha mai avuto niente (o quasi) a che fare con personaggi riconducibili al suddetto governo;
4) Ricominciare a sparare a zero quando dal Ministero non dimostrano granché voglia di togliere le castagne dal fuoco ad una amministrazione di tal fatta – sai mai che si riesca a convincere che è tutta colpa del governo cattivo.
Tu chiamalo, se vuoi, chiagn’effottismo.
A rappresentare le “istituzioni”, occupate a elogiare il Costituto, una baronessa, Gabriella Piccini, che su La Nazione ha presentato l’ultimo libro del prof. Mario Ascheri, “Il Costituto” del Comune di Siena in volgare (1309-1310). Ascheri, col solito “cipiglio polemico” (ma non è un’infamia dire questo??), nega esser democratico il regime dei Nove e dice che il Costituto non è una costituzione bensì una sorta di “pentateuco”, norme di regolamento della vita civile. Infatti non si fonda uno stato. Di più: gli storici palieschi locali, gretti e provinciali non dicono ad es. che il Costituto, fu volontà del potere politico di mettere le mani anche sul patrimonio ospedaliero, con la scusa di “proteggerlo”. Se gli dèi hanno sete, come diceva un romanziere francese, la classe egemone aveva ed ha fame… di denaro. E volete che gli freghi qualcosa della “nostra” università? Gli importa solo di proteggere i soliti noti baroni, falsari e fedifraghi all’occorenza.
Bardo
Mi permetto una precisazione.
Il Governo dei Nove se apparentemente poteva presentarsi pubblicamente in favore dell’equità repubblicana,rappresentava gli interessi dell’alta borghesia senese di quel tempo. Le famiglie col parente tra i Nove si sentivano molto al di sopra della cittadinanza, anche nei casi in cui fingevano ricchezze e “un aveano un denaro”, senza entrare nelle singole mentalità di chi ne fece parte. Infine, per la natura del documento, il “Costituto” non è sempre da considerarsi una costituzione. Invito infatti a leggere le parti dedicate ai “suntuari”, ossia norme sull’uso del vestiario e comportamento. Questa tipologia di documenti vanno valutati per l’impatto che davano sulle persone: storicamente appaiono sulla scena ogni volta che c’è da rimettere ordine, bilanciare i poteri e frenare le ostentazioni, specie quando buona parte del popolo grava nella miseria e comincia a lamentarsi. È chiaro poi che chi ha facoltà di scrivere il testo dello Statuto, di un Costituto et similia, che non è il legislatore – attenti – bensì l’ispiratore del testo, è lui il vero detentore del potere. Dico questo in virtù di una semplice constatazione: si afferma da tempo che gli Statuti degli Atenei sono vecchiotti. Orbene, ricordo a tutti che fra due mesi, qualora la prestomamma ministro Gelmini ottenga il placet della sua riforma, diverrà indirettamente autrice non di una Riforma universitaria, bensì di una specie di Costituto in cui si evincono norme tra cui la scrittura degli Statuti accademici.
Tuttavia non è una Norma tesa a bilanciare i poteri, ma a creare a mio avviso uno sfondamento: commissariamento degli atenei con bilanci in rosso e docenti ancora più precari; nessuna voce riguardo la programmazione di corsi ed esami.
Caro Bardo, i docenti universitari senesi rappresentano una mentalità, giusta o errata fai tu. Ti prego però di analizzare i fatti con spietata lucidità: nel presentare un documento del 1300, questa parte dei docenti senesi sta cercando di comunicare a chi sente dentro di sé il valore di questo tipo di documento. I docenti di ieri ne avevano una visione diversa, i futuri ancora più diversa, mentre al presente Ascheri si fa portavoce dell’immagine di un Costituto che opera dal medio verso il basso. Per modificare codesta visione occorre un secondo Ascheri, portavoce di una soluzione diversa ma intermedia, e concludere il cambio di passo con un nuovo docente totalmente lontano dall’Ascheri.
Ciò detto vale anche per il cambio di passo intorno al mondo accademico attuale.
Lorenzaccio, ti avevo risposto ma il pc, evidentemente, ha fatto flop. Ti ringrazio per le ulteriori delucidazioni. Nell’essenza dai ragione ad Ascheri e a me, almeno sul fatto storico che il Regime dei Nove non era affatto democratico, e non lo era anche se vergava statuti in latino e poi in volgare. Prima del Costituto c’erano statuti spedalieri, già volgarizzati. Prima il “frate” e poi il “magnate”!
Mah, ma voi l’avete letto il librino appena uscito dell’Ascheri sul Costituto? Non mi sembra, a giudicare da quanto ne scrivete. MI sembra una storia molto più complessa di come è stata presentata dall’Amministrazione a Siena e di come la commentate voi.
Io a Firenze l’ho trovato: a Siena l’Ascheri senior lo hanno riaccolto nelle librerie? Il suo “Siena nella storia” mi è stato detto che è introvabile. Strano, la “Casta” di suo figlio è da tutte le parti invece. Ora scrive articoli interessanti anche su
mondoraro.org
Fateci un salto.
Non conosco the book of Ascheri senior, quindi è facilmente intuibile che abbia detto parzialità (anche). Io son partito solo dal fatto che a Siena gli “storici di regime”, quelli che ormai àn fatto la muffa al dipartimento, son parzialissimi, dando una lettura ideologica del Regime dei Nove-guarda caso anche allora “bancario”. Alla plebe la zuffa e la giostra e a Lorsignori Potere e Denaro-e gli “Ideologi” giù, a incensare. L’essenza della mia riflessione storica, tuttavia, è inoppugnabile. Se la “mezzana gente” era estromessa dal governo ognun può capire che tipo di regime era il “democratico” regime dei noveschi. Ma son partito anche per la messa alla berlina dell’Ascheri, in modo pretestuoso, fatta da una certa professoressa Piccinni, una che, mi dicono, sminestra il bello e il brutto in facoltà, avendo poi agganci in Comune, nel Gotha, al Centro Didattico di San Miniato, all’Archivio di Stato, al Mps…e, naturalmente, in contrada (se un ci vai sei fritto). Detto questo dico che l’Ascheri non mi paga certo né ho chiesto mai a lui, come invece risulta in chi orbita nell’alveo piccinniano, posti o posticini in accademia. E’ un tale ambiente sudicio e “mafioso”, quello professorale, che mi auguro quasi che l’Università coli a picco. L’Ascheri mi ha solo dato consigli-n.b.!-da me richiesti, quando avevo già stilata opera storica che so andare per la maggiore nonostante il sabotaggio del Potere, del mondo accademico e dei vari angusti covili senesi. Au diable!
Bardo
La Nazione Siena del 24 gennaio ospita una lettera al Direttore dell’On. Franco Ceccuzzi (Pd), di seguito integralmente riprodotta.
«Il territorio ha già dato. Ora tocca al Governo»
Franco Ceccuzzi. Caro Direttore, le sue interessanti osservazioni mi hanno stimolato ad intervenire. Con il bilancio della Regione e l’acquisizione del Policlinico Le Scotte, si sono poste le condizioni per stabilizzare la situazione finanziaria dell’Università di Siena. Questo intervento, unito agli otto milioni di euro all’anno stanziati per la ricerca, sempre dalla Regione, ha un carattere effettivamente straordinario e ha portato risorse aggiuntive senza alcuna sottrazione alla comunità senese, diversamente da quanto è accaduto con l’accordo con l’Inpdap, che ha portato alla perdita del San Niccolò. Tutti questi sforzi hanno posto le premesse per salvare l’Ateneo, a condizione che il disavanzo strutturale, ora focalizzato sui 30 milioni di euro, venga progressivamente contenuto e abbattuto.
Nessuno si vuole sottrarre alle responsabilità locali, che appartengono alle classi dirigenti degli ultimi 20 anni, e per questo sarà decisiva la creazione di una nuova governance che eviti il ripetersi di una crisi di proporzioni simili, che sia fondata su un rinnovato equilibrio, sul rispetto dell’autonomia della ricerca e della didattica – che sempre è stata garantita, purtroppo a discapito di controlli più efficaci – sulla trasparenza e sull’ equilibrio del bilancio di fronte a tutta la comunità.
Chiediamo insistentemente la presenza del governo, perché è davvero difficile, se non impossibile, intervenire da un certo punto in poi sul piano giuridico e finanziario. L’Università di Siena è statale e le competenze di enti locali e regioni sono limitate. Occorrono strumenti normativi che accompagnino la contrazione della spesa dell’Università e regolino i prepensionamenti e la mobilità del personale. Questi temi devono essere gestiti in maniera oculata, cercando di non squilibrare l’offerta formativa e didattica delle facoltà presenti e di non permettere la fuga di cervelli. Dobbiamo difendere la storia del nostro Ateneo e il patrimonio che rappresenta per tutta Siena e la sua provincia.
Roba da matti!!! Prima lasciano fuggire i buoi… e poi piangono per la perdita del san Niccolò, ecc. (Ma che è il comitato scientifico san Niccolò? I soliti ammanigliati di partito?). I cervelli, on. Ceccuzzi che fai parte della casta dei mandarini parlamentare, non li fate scappare, no… Li emarginate solamente, e lo fate da 50 anni, salvo i “pentiti” e chi torna all’ovile. E poi contestate la pseudodemocrazia berlusconiana. Siete pari e patta, lo voglia o no Di Pietro, tanto per entrare in politica, quella che riservate al vostro sporco mondo… e avete fortuna che la plebaglia resta tale, anche grazie a voi e al vostro modo dittatoriale di fare. Detto questo ribadisco la mia stima per i lavoratori, anche quelli che voi pigliate pel culo e che ora salgono sui tetti non avendo uno stipendio da parlamentare.
bardus
E, on. Ceccuzzi, aggiungo: ieri ho visto vari programmi in tivu’. Gli operai di Fiat dicono che non avete fatto niente per loro. Non li avete difesi. Vergogna! Vergogna! Poi ho udito una signora precaria da una vita (sorta di fucilazione) che ora va in pensione. Come si può tollerare un precariato (rinnovo contrattuale ogni anno) a vita? È un assurdo ricatto (la norma prevede il licenziamento). Ma voi, on. Ceccuzzi, avete parcheggiato i “buoi” che vi danno voto e pagnotta (pagnottisti!).
…Intanto calano le verità dagli scranni accademici. La nota “baronessa” ci informa-non ridete-che i convegni di storici ci faran conoscere nuove verità, su Costituto e altro. Bum! Attendiamo lo buona novella…
bardo
Ad limina. In tivu’ ieri c’era pure il giornalista massone Bisi che parlava della vendita o svendita dei gioielli dell’università: san Niccolò, Le Scotte, ecc. ecc. Non so se è una notizia e non credo di divagare dai temi (ma son sicuro che un po’ di voli pindarici lo stesso pàtron del sito non li aborre) ma il sunnominato Bisi, nell’intervista (il solito ping pong), ha detto che la città, in fondo sta in una sorta di invigliacchimento: non ha mosso dito su questa svendita. Il senese, dice mastro Bisi, è pigro. Da ricordare che persino all’epoca della dittatura fascista gli stessi fascisti locali si presero a legnate con chi voleva il Mps a Roma…
bardus
Ad limina. Mi vedo costretto a fare piccola integrazione-anche perché talvolta dei bloggers “scivolano” in politica. Mi rivolgo al Ceccuzzi, che ora si fa paladino “universitario”. E’ certo, caro onorevole, che ci si possa totalmente fidare di lei? Ha visto i suoi in che pasticcio si son cacciati (e non solo i suoi, ma anche certi ceffi fuorusciti, ormai un misto di correnti reazionarie…)?
La Bindi che difende Marrazzo e Delbono, ahimé non fa onore a se stessa!
Marrazzo ormai è impresentabile ovunque e si è dimesso perché costretto e così Delbono, sindaco di Bologna e immobiliarista bulgaro. “Non mi dimetterò neppure se mi arriva un avviso di garanzia”, aveva detto solo pochi giorni prima di dimettersi… Poi, forse, vi è stato “il bene supremo della città” con tutta la retorica che ne segue. Ma la Volpe del Tavoliere e Prodi non c’entrano nulla? E Bersani?
Amico Ceccuzzi… se non si fa pulizia in casa propria, si è ben poco credibili…
The Bardo
Ultim’ora
Il massone Bisi ha detto che sarà Ceccuzzi il futuro sindaco di Siena: pare abbia messo d’accordo l’estrema sinistra prc e anche tronconi della destra. Ma del resto D’Alema o non fa il bacio alla francese coi postfascisti Fini e Donna Assunta Almirante?
Niente di nuovo sotto il sole.
I senesi accetteranno anche il dono delle Arpie dantesche, basta vedere il livello di certi portaborse e di certi poracci nell’ultima graduatoria zoologica della P. A.
Ceccuzzi però a me non piace, come non piacevano i predecessori, anche se mi rendo conto che qui il livello “è questo”. Ma nessuna polemica estremista, oibò: parlino i fatti!
bardo