È triste; ma è quel che è accaduto a Siena. Di seguito, alcune stimolanti riflessioni dell’avvocato Gaetano Prudente che ci aiutano a capire le ragioni della crisi dell’ateneo senese, con organi di governo inadeguati e Dirigenti e Direttori amministrativi la cui professionalità prescinde dalla conoscenza del “diritto” ed, in primis, del diritto amministrativo.
Gaetano Prudente. (…) È d’uopo una premessa: le riflessioni che seguiranno vanno riferite esclusivamente alla mia persona, cosicché nessuno se ne abbia. (…) Lanciamo subito l’anatema: oggi il dirigente, formato od in via di formazione ai soli concetti della nuova Governance, non è più in grado ad es.: di distinguere un atto da un provvedimento amministrativo; di comprendere i presupposti per l’esercizio del potere di autotutela da parte di una P.A.; di distinguere il “quorum strutturale” dal “quorum funzionale” di un Organo Collegiale; di distinguere l’illecito penale dall’illecito amministrativo; di comprendere la struttura e la funzione di un procedimento amministrativo; di comprendere la portata del “principio” di legalità dell’azione amministrativa; di curare un procedimento di accesso anche in relazione alla riservatezza ed ai suoi legittimi titolari; non comprende la differenza tra un atto singolo o collettivo ed un atto generale, con conseguente incapacità di valutare l’estensione degli effetti di un suo annullamento decretato in sede giurisdizionale; non coglie la differenza tra diritto soggettivo e interessi legittimi, e che dire del “silenzio amministrativo”, per fortuna oggi disciplinato dal novellato della L. 241, e della linea di demarcazione con la fattispecie dell’omissione di atti di ufficio di cui all’art. 328 c.p.? La non conoscenza del diritto sembra dilagare nella stessa misura in cui si estendono, in via quasi esclusiva ed assorbente di ogni altra competenza da richiedersi al dirigente, nuovi concetti ed idee del dirigente pubblico.
Vorrei ricordare a me stesso che le PP.AA. sono chiamate a rispondere innanzi alla Magistratura di ogni ordine e grado, per errori di diritto in cui incorrono i singoli atti compiuti e non già per altre ragioni, se pure importanti e rilevanti. Per essere ancor più chiaro, voglio dire che la responsabilità del funzionario, prevista dalla nostra Costituzione, va ricondotta nell’alveo dell’ordinamento giuridico, non avendo nulla a che spartire con la “responsabilità” verso i politici o la classe politica, ovvero con meri ed esclusivi concetti di “managerialità”. Questa è un’altra cosa! Ma sembra diventata la principale (o, peggio, l’esclusiva) preoccupazione della classe dirigente: vogliamo dimostrare che siamo solo bravi managers, come lo sono i “privati”! Già i privati!
Guardiamo per un attimo il mondo aziendale e confrontiamolo con il nostro. È innegabile che al dirigente pubblico va richiesto un livello di professionalità molto più elevato che non può prescindere dalla conoscenza del “diritto”, ed in primis del diritto amministrativo (e basta, una volta per tutte, ad aver timore di pronunciarlo, come se trattasi di obsolescenza!). È evidente, ne sono convinto, che non può non assumere valenza anche la capacità di governare da parte di un dirigente e ancor più di un dirigente affidatario dell’incarico di Direttore Amministrativo. Ma se non consideriamo che il Dirigente è anche il “garante della legalità”, ritengo che non abbiamo neanche il diritto di lamentarci se chiunque, per il sol fatto di “passare” davanti ad una Università, ne diviene Direttore Amministrativo, a prescindere dalle elevate e specifiche competenze che una Università deve pretendere da questa figura.
Senza dilungarmi ulteriormente, ma con la consapevolezza che ci sarebbe molto da dire al riguardo, sia chiaro un concetto: il Dirigente, soprattutto quello che assume l’incarico di Direttore Amministrativo, deve essere una figura “completa” in tutti i suoi aspetti, il primo dei quali, a mio sommesso avviso, richiede conoscenza dell’ordinamento giuridico, in specie quello universitario, e, di poi, ogni altra “capacità. Il dirigente, nella sua nuova visione, deve essere la sintesi della conoscenza giuridica e delle capacità manageriali, e non soltanto manager. In una P.A. non si può essere manager senza conoscere la “azione” dell’amministrazione di appartenenza, nonché i limiti e le possibilità di esercizio del proprio potere, legislativamente previsto e disciplinato, C’era una volta il diritto che………!
L’avvocato Gaetano Prudente è dirigente e Direttore amministrativo vicario dell’Università degli Studi di Bari, membro della giunta esecutiva del CODAU (Convegno permanente dei Direttori Amministrativi e dei dirigenti delle Università italiane). L’articolo, ripreso dal sito del Codau, è del 16 luglio 2007.
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Condivido l’analisi dell’Avv. Prudente, che peraltro poco ha che fare con la situazione attuale dell’Università. Affermare che la situazione attuale dell’Ateneo sia stata causata dall’impreparazione giuridica dei dirigenti mi sembra quantomeno azzardata.
Si leggano i fatti e se ne tragga la conclusione che la responsabilità, in primo luogo, risiede negli organi di governo.
Scrive MM: «Affermare che la situazione attuale dell’Ateneo sia stata causata dall’impreparazione giuridica dei dirigenti mi sembra quantomeno azzardata. Si leggano i fatti e se ne tragga la conclusione che la responsabilità, in primo luogo, risiede negli organi di governo.»
Non si possono contestare affermazioni mai fatte. Il titolo del post, di cui mi assumo integralmente la responsabilità, è riferito ai dirigenti e direttori amministrativi, nominati per il sol fatto di passare davanti all’università. Ovviamente è un eufemismo: le ragioni reali della loro nomina si possono facilmente intuire. Per quanto riguarda le responsabilità, non mi sembra di aver assolto gli organi di governo. Ho semplicemente scritto che «le riflessioni di Prudente ci aiutano a capire le ragioni della crisi dell’ateneo senese, con organi di governo inadeguati e Dirigenti e Direttori amministrativi la cui professionalità prescinde dalla conoscenza del “diritto” ed, in primis, del diritto amministrativo.» Ho messo al primo posto proprio gli organi di governo invocati dal lettore. Ma, se proprio si vuole una dichiarazione più esplicita, ribadisco quello che si può facilmente trovare in questo blog: prima di tutto le responsabilità sono degli ultimi rettori (sui quali pesa anche una chiamata di correità per i bilanci “manomessi”) e dei Direttori amministrativi, dei Senatori, dei Consiglieri di Amministrazione ed, ovviamente, anche dei dirigenti.
E auguriamoci una rapida conclusione delle indagini da parte della procura della repubblica e della magistratura contabile, in considerazione della reiterazione del danno agli studenti, a tutto il personale e all’istituzione.
Res ipsa loquitur!
L’ateneo senese è precipitato nel disastro che da anni ha sottratto ogni possibilità di finanziare la ricerca e di arruolare, promuovere, trasferire docenti: non si sa neppure l’esatto ammontare del denaro pubblico sottratto ai fini istituzionali della ricerca e della didattica!
Centinaia di milioni di euro è l’ordine di grandezza di un ammanco che se si fosse verificato in qualsiasi altro ambito avrebbe portato in galera i responsabili.
Nel nostro caso per evidenti ragioni costoro si identificano in due figure che notoriamente hanno in mano il gioco – nel nostro caso sporco oltre ogni immaginazione – della cosiddetta accademia: i rettori magnifici e i direttori amministrativi che nelle università hanno poteri (e doveri!) assoluti.
Un solo consigliere di amministrazione ha gradualmente scoperto il malaffare e ormai da un lustro si è attivato per farlo conoscere in tutte le sedi a cominciare da quella universitaria, dove le reazioni dei vertici sono state sorprendentemente malevoli sia nel caso della presente che della precedente amministrazione.
Puntualmente nei verbali del consiglio di amministrazione in tutti questi anni è stato monitorato ogni atto e fatto come in un tracciato elettroencefalografico con un metodo ed un rigore scientifico che fa onore al docente in questione: la reazione di chi aveva ed ha il dovere di correggere la rotta è stata di fastidio e di ostilità, scandita da una serie di esternazioni ed iniziative che disonorano purtroppo l’ateneo tutto.
Come il Manzoni ricorda “il prepotente offende e si ritiene offeso” secondo una logica antica quanto aberrante che vede i gaglioffi d’ogni epoca tentare l’insana impossibile impresa di colpevolizzare le vittime e perseguire l’ignobile infame iniziativa di perseguitarle nelle forme più abiette oltre che illecite!
Alle armi dunque!
Prof. Cosimo Loré
Beh un DA che di fronte a un bilancio falso che lui stesso ha prodotto e firmato dice di non capirne niente a causa della sua laurea in filosofia come lo vogliamo giudicare? Capace? Delle due l’una: o la dirigenza è stata incapace o disonesta, altrimenti mi dite a che pro non sono stati versati i contributi? Che ci guadagna un DA oltre a qualche avviso di garanzia? Nulla… a meno che… non ci sia altro sotto.
Non vorrei essere Bigi a dover spiegare perché ha firmato e non si è opposto… dimostrare che gli sia stato “ordinato” la vedo veramente dura…
Ma – personalmente – non mi fa pena per niente…
Prendo atto dell’intervento del Prof. Grasso e mi dichiaro in completo accordo.
Vorrei sottolineare un aspetto e porre una domanda: quanto i Direttori Amministrativi ed i Dirigenti (e, di conseguenza, tutto l’apparato amministrativo) sono “liberi” nella loro attività di applicazione delle norme e quanto, invece, sono soggetti ad indebite interferenze da parte degli organi di governo e (per non generalizzare) dei Baroni di Ateneo? E questo si ripropone in maniera del tutto analoga nei Dipartimenti. Con buona pace del principio di separazione tra le attività politiche e quelle di gestione.
Talvolta chi opera in Amministrazione è chiamato ad una “visione strabica”: da una parte la precisa (più o meno) consapevolezza di ciò che va fatto, dall’altra l’adeguarsi alle prassi consolidate (la prassi, nel sistema amministrativo, ha valore di una norma interna – per es. una circolare).
Personalmente ho il gusto dell’aggiornamento normativo personale, in cui peraltro cerco di coinvolgere anche i miei colleghi. E non manco di segnalare a chi di dovere le irregolarità di prassi in cui mi imbatto.
Aggiungo: pensiamo ai 22 (più o meno) delegati del Rettore. Per principio di diritto amministrativo si possono delegare solo funzioni proprie (per le funzioni del Rettore si veda l’art. 39 dello Statuto). Nella pratica abbiamo assistito (e non è da ora) all’occupazione di buona parte delle competenze burocratiche.
È vero, le cose parlano da sole, come il silenzio è autoaccusatorio: ci sono cose in un silenzio che non avrei capito mai -dice una canzonetta; anzi: che avrei capito meglio!
Vedete, in una città dove un canale televisivo ha fatto rettore del SM della Scala un tale che non lo è e che si limita a incensare Sgarbi, che manda sempre in onda il solito storico contradaiolo, dove una baronessa non si dimette per tesi fasulle sul Costituto o non si rimette a studiare… tutto può capitare. Ho conosciuto qui sessantottini che insegnano e che lanciavano notizie le più assurde e fantasiose sui teorici del movimento. Con questa crassa ignoranza tutto può capitare. Tanto il popolo-bue rumina…
bardus
Si potrebbe fare una addenda anche a quanto è stato detto citando Manzoni. Ormai che lo sputtanamento è totale. Qualcuno potrebbe fare come la famosa favola “superior stabat lupus”, o incendiare il Reichastag per farsi passare da vittima. Non sarebbe, appunto, la prima volta! Molte forme assume il “diabolo” come dice quell’Agazzari medioevale di Lecceto, l’horrida silva.
bardo
Ieri in banca mancavano degli impiegati e allora alcuni commercianti esercenti hanno invocato il Brunetta, quello delle comparsate televisive contro bamboccioni, pulotti colla buzza, ecc. Chissà se Brunetta che è contro il welfare cattivo e anti-giovani ricorda che egli diventò professore (per carità, l’amicizia col becchino del psi, Craxi, non c’entra) con una sanatoria sui precari! Il paese è forse immemore, opaco, si fonda sulle scoregge televisive del Grande Bordello… Ad esempio vi è la giornata delle foibe. Dove il Battaglione Mussolini venne infoibato assieme ad altri italiani, dicono, dai partigiani titisti con la stella rossa. Un signore però mi diceva che pochi sanno o fan finta di sapere che Mussolini scrisse di ricorrere al terrore contro i civili, come aveva fatto in Africa con Graziani e Badoglio (gas iprite ecc.). E che i soldati fascisti violentarono donne e poi le gettarono nelle foibe. Morti di serie a e di serie b, quindi. Brunetta intanto è passato davanti al Palazzo ed è diventato professore – ora vicino alla pensione – e poi ministro (qui forse c’entra la conoscenza col Cavaliere). E mi hanno votato 60 milioni di italiani dice incredulo e soddisfatto. La gondola che lo porterà a sindaco è assicurata.
bardo
Giunge una voce che piace al mio Signore.
«Olim humani artus, cum ventrem otiosum cernerent, ab eo discordarunt, conspiraruntque ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes conficerent. At dum ventrem domare volunt, ipsi quoque defecerunt, totumque corpus ad extremam tabem venit: inde apparuit ventris haud segne ministerium esse, eumque acceptos cibos per omnia membra disserere, et cum eo in gratiam redierunt. Sic senatus et populus quasi unum corpus discordia pereunt concordia valent».
trad. it. (http://it.wikipedia.org/wiki/Agrippa_Menenio_Lanato)
Messere, non mi accusare di sognare. È il mio cuore di pulzella sotto la corazza. È la voce che mi chiama per nome.
Giovanna d’Arco
Ma chi predicò la concordia giacque poi assassinato dai sicari del “Potere”. Forse facevi meglio, o Pulzella, ad ascoltare Che Guevara che mentre fucilava i nemici del popolo e metteva nei gulag i frosci (“maricones”), diceva che operava così “senza perdere la tenerezza”. E Woitila a ribadire: “Credo che il Che lottasse per i poveri” ecc. Et in Ecclesia vale… Se uno come il dotto prof. Loré incita alla guerra santa contro i dilapidatori, occorre… e senza ricadere nell’idolatria come il Saggio per antonomasia, Salomone (tu il sai obviously!). Ci occorre il Cavaliere con la spada che esce dalla lingua, come recita la giovannea Apocalisse. Del resto è risaputo che solo per pochi certosini s’addice la via della contemplazione, come scrive Balzac. Ergo pochi sono i capitani dell’esercito ribelle. Ma 80 barbudos sul “Granma” possono fare una rivoluzione sull’isola. La fuga dal mondo come in san Brunone non basta. Ma siamo all’armi della critica prima della critica delle armi, mi pare…
“Dixi et salvavi animam meam”.
The Italian Bardo
Corollario.
Nell’apologo di Menenio braccia e ventre debbon certo collaborare – ma se il corpo intero e la sua direzione cerebrale sono sani, in fin dei conti. Se vi è una metastasi la collaborazione non potrebbe evitare comunque la rovina rovinosa imminente. Occorre – è la scienza e l’empiria che lo dice!!! – un taglio netto verso le membra malate che anzi potrebbero cellularmente inquinare l’intero organismo. E condurlo a rovina e morte anzitempo. La storia la fanno i popoli ma senza una direzione coercitiva sarebbe lungo excursus: perciò “Tamerlano, roteando la spada, compiva la storia” (Hegel). E, oserei citare alla Pulzella proprio il suo Signore, che è anche por nosotros: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace: io sono venuto a portare la spada” (Gesù di Nazareth detto il Cristo).
Bardo
Intervengo per chiarirmi e (spero) chiarire (senza sfondoni) alcuni aspetti. Un po’ di diritto l’ho studiato… ma i tempi sono lontani.
La parola “responsabilità” deriva dal verbo latino respondere, rispondere. Dovessimo abbozzare una definizione (aiuto!), in questa accezione, potremmo dire che consiste nella possibilità di essere sottoposti ad eventi negativi in conseguenza di risposte non adeguate date nello svolgimento del proprio ufficio (e già qui siamo ristetti al campo del diritto amministrativo).
Ci sono vari tipi di responsabilità. Innanziutto la responsabilità giuridica, vale a dire disciplinata dal diritto, che prevede, in maniera più o meno analitica, le fattispecie che generano responsabilità e le conseguenze che ne possono derivare. A sua volta la responsabilità giurica si distingue in (lo so, sto diventando pedante, ma almeno questo fatemelo dire): a) responsabilità penale; b) responsabilità civile; c) responsabilità amministrativa e contabile; d) responabilità disciplinare.
Accanto, troviamo le responsabilità non giuridiche. La responsabilità politica, per esempio, in cui, anche se il diritto disciplina un determinato procedimento per farla valere, le fattispecie e/o le conseguenze non sono determinate a priori.
Vi risparmio tutti gli altri “mosconi” giuridici che mi ronzano per la testa.
A chi spetta l’esercizio dell’azione di responsabilità? Ovvero, usando le parole del Bardo, a chi tocca brandire la spada? (a proposito, ricordare alla Pulsella che va brandita la spada mi sembra quantomodo superfluo…).
Ogni responsabilità ha il suo “cavaliere”: (perdonatemi, finisco presto) per la responsabilità penale, civile, contabile è un giudice; per la responsabilità disciplinare è il datore di lavoro, per la responsabilità politica varia a seconda delle fattispecie (l’entità eleggente o altro…).
Non c’è niente di fungibile. Ogni scozzolamento di carte è atto palesemente arbitrario. Il far valere una responsabilità politica adducendo indebiti penali non ancora accertati per me è pessimo esercizio delle funzioni politiche stesse. È come se un giudice penale condannasse un Sindaco perché non gli piace come ha amministrato il Comune.
Questa commistione di piani mi appare stranamente contigua alla confusione tra politica ed amministrazione di cui MM (mi scuserete l’autocitazione) ha parlato in altra sede.
Il Tomasi di Lampedusa scriveva “Occorre che tutto cambi perché tutto resti uguale”. Io spero che non sia vero.
Beh guardate i potenziali candidati al rettorato… più contigui di così al passato non si può…
È lo stesso giro culturale, lo stesso impasto di politica e retorica. Io credo che non ne usciamo. Questa è la “cultura”. Dov’è quella di destra? Non c’è ricambio possibile. Come in politica. È uno sprofondare senza appigli. È inutile imprecare, caro Bardo. Sono comparse, è vero, ma sono le sole possibili in questo deserto. Perciò possono ancora parlare i vari Detti, che hanno vissuto signorilmente pur in questo marciume per tutti questi anni? Ne sono stati parte costitutiva, essenziale, e lo sono ancora, facendo programmi, ammonendo, discettando ecc.
Del resto, se alla fine delle indagini viene fuori qualcosa di serio, come è avvenuto per Schiavone a Firenze, credete che i media ne parleranno?
Per Schiavone il silenzio rispettoso dei colleghi e dei giornalisti impera. O no?
Messere Bardo,
la voce spiegommi la ragione del suo dire: «Sutor, ne ultra crepidam».
Deo gratia
Giovanna d’Arco
Si esce dall’empasse solo con la soggettiva action. Ma se la melassa in cui operiamo è tale è difficile. Senza una formazione di “uomini nuovi” (e son vecchi sia i barbagianni chiapponi di sinistra che i retrogradi sanfedisti con contorno dei dinosauri del liberismo) il vechio utero della società rigetterà ogni nuova istanza e azione di rinnovamento reale e non a parole. L’apologo di Menenio Agrippa è tipico dei conservatori di ogni tempo. Fa da collante il sangue dei Gracchi. E forse pure quello di Caio Gracco di Babeuf, l’ultimo degli “arrabbiati” della Grande Rivoluzione, trucidato dai termidoriani.
Bardo
La fine dei potenti inetti e manigoldi
È per un rettore la novella dello sparavicchio (spaventapasseri), un sacco empito di paglia con sopra una zucca tagliata a somiglianza di una testa umana, con braccia e armato di balestro, che dovrebbe spaventare le cornacchie e salvare i fichi e il grano. Le cornacchie maliziose tentano sempre più vicini approcci con lo sparavicchio, finché quella che è più ardita “volagli in sul balestro, e vedendo che non si muove lui e non scocca il balestro, non ha paura di nullo; e così assicurata, gli va sul capo e pisciali in capo.” “A proposito. Sai che vo’ dire? che talvolta così fa uno rettore, il quale va a fare l’uffizio nel quale elli è eletto e lui non è atto, che è uno zero.” (San Bernardino da Siena)
Il Bardo
La critica delle armi
E so’ stato profeta… visto la precaria biologa in università USA quel che ha fatto? Aveva criticato il rettore, non era stata riconfermata dal Consiglio e… ha fatto fuori tre professori e feriti altri a colpi di pistola. Ora avrà la sedia elettrica, ma il bubbone è scoppiato qui, negi Usa e altrove!
Pulzella, una prece ancora!
Bardo
Ma il “Prudente” che fa il furbo e lancia frecciatine… che dice del buco della sua di università? Perché prima bisogna guardare a casa propria… io credo…
Alle ore 23,20 di venerdì 5 febbraio ho pubblicato “Le riflessioni sulla dirigenza” di Gaetano Prudente, un articolo che porta la data del 16 luglio 2007 e che si trovava sul sito del Codau. Avendo dimenticato di mettere il link del Codau, il giorno dopo, alle ore 11,00 di sabato 6 febbraio, ho cercato di ricollegarmi al sito. Niente da fare: da allora il sito continua ad essere oscurato. Sarà una coincidenza! Forse lo stanno aggiornando. Forse oscureranno alcune parti per impedire che qualcuno renda accessibili a tutti tematiche destinate a restare circoscritte all’Associazione. Al momento non si sa.
Non credo che Prudente abbia scritto queste riflessioni avendo presente la situazione senese, sicuramente a lui sconosciuta nel 2007. Tuttavia, questo articolo “fotografa” in maniera precisa e fedele la realtà della Direzione amministrativa dell’Ateneo senese e dei suoi dirigenti. È fuori discussione che a noi sono mancati Direttori amministrativi “completi” e garanti della legalità, caratteristiche, queste, sempre utili ma particolarmente necessarie nella fase emergenziale che stiamo vivendo.
Ritengo, pertanto, ingiusta ed ingenerosa la considerazione di “furbizia” riservata a Prudente, il quale, nel 2007, mai avrebbe potuto immaginare la voragine nei conti dell’Università di Siena e la pubblicazione di un suo scritto su questo blog.
P. S. Da sabato 20 febbraio 2010 è di nuovo possibile il collegamento al sito del Codau. Buona lettura.
Chissà se però Prudente avrebbe potuto immaginare la voragine nei suoi di conti…
Ho letto le considerazioni scaturite dalle mie riflessioni sulla dirigenza e ritengo doveroso formulare quanto appresso. Innanzitutto ringrazio il prof. Grasso sia per la sua difesa “d’ufficio” sia per il fatto che ha compreso benissimo la portata di tali riflessioni. Esse riguardavano e riguardano il mio convincimento sulla dirigenza pubblica, reso nell’ambito di una tematica posta dal CODAU, senza alcun riferimento a situazioni o realtà particolari, come ad esempio Siena (nel 2007 comunque sconosciutami) o Bari o altre. Convincimento contestabile o non condivisibile, ma che certamente non può essere oggetto di qualsivoglia strumentalizzazione, soprattutto anonima. In ultimo, devo precisare che non ho mai lanciato “frecciatine”, perchè non è mio costume, ma concetti chiari e perentori, se pure, ribadisco, non condivisibili da altri che legittimamente possono essere portatori di diverse idee e convinzioni.
[…] Gaetano Prudente. Chiunque, per il sol fatto di “passare” davanti all’università di Siena, ne diviene dirigente… […]
[…] Gaetano Prudente. Chiunque, per il sol fatto di “passare” davanti all’università di Siena, ne diviene dirigente… […]