L’università di Siena non si salva con i buoni sentimenti e le buone intenzioni ma con impegni concreti

Dalle “parole” del segretario generale della Cgil di Siena, Claudio Guggiari, alle “proposte concrete” di Roberto Petracca, due interventi in risposta alle dichiarazioni del sindaco di Siena e del Presidente della Provincia.

Roberto Petracca. In relazione alle preoccupazioni sull’università espresse dal sindaco di Siena 
e dal presidente della Provincia trovo che i loro buoni sentimenti e le loro 
buone intenzioni siano indubbiamente apprezzabili. Nell’agire di Ceccuzzi e 
Bezzini manca però qualcosa di pratico, tangibile e misurabile. Le cose da fare non sono facili o banali ma con un po’ di buona volontà e impegno potrebbero farle. Ne propongo giusto un paio:

1) Poiché il dissesto finanziario dell’università si riflette in un grosso danno per Comune e Provincia sarebbe il caso che questi si costituissero parte civile nei processi invece di brancolare nel buio chiedendosi a che punto sia la magistratura. Se lo facessero insieme a Riccaboni e alla stessa università sarebbe molto meglio. In questo modo contribuirebbero tutti insieme a realizzare una vera e propria rivoluzione: liberare l’università da quel clima di omertà e terrore che attanaglia il 99% dei suoi dipendenti che, avendo famiglia, stanno attentissimi a non inimicarsi i potenti dai quali pensano di dipendere come d’autunno, sugli alberi, le foglie.

2) Poiché il disavanzo strutturale dell’università non si risana senza tagliare almeno un terzo dei suoi amministrativi, per i loro fabbisogni di personale Ceccuzzi e Bezzini potrebbero attingere tra gli amministrativi dell’università invece di attingere dai soliti canali che la politica usa. I voti li prenderebbero ugualmente o, forse, in misura anche maggiore.

Non sono affatto certo che basterebbero queste due cose per risanare l’università. La realtà è complessa e non si andrà da nessuna parte senza metterci molto altro e pure un po’ di creatività e immaginazione. Se però le mettessero in pratica, sicuramente Ceccuzzi e Bezzini darebbero un segno di dinamismo e capacità di rinnovarsi.

Claudio Guggiari. Ritengo opportuna l’attenzione che le principali istituzioni locali stanno dimostrando nei confronti della situazione dell’Università degli Studi di Siena. Gli elementi organizzativi ed economici anche alla luce del decreto sul dissesto degli atenei continuano a sottolineare una condizione di estrema difficoltà dell’ente che ha certamente bisogno di scelte difficili che devono essere condivise. La storia antica che ne determina il suo Dna si lega ad un rapporto viscerale con il territorio. E da qui, come abbiamo sostenuto da molto tempo, che si devono trarre le principali energie per traghettare un ente vivo e vegeto nel futuro. Un territorio che ha bisogno e può contemporaneamente mettere a disposizione una ‘intelligenza’ che in un mondo globalizzato non può che fondarsi sulla ricerca, la formazione, la diffusione e lo sviluppo del nostro sistema scientifico, culturale e d’istruzione pubblica. È fondamentale che il territorio possa quindi assumersi le responsabilità che sono necessarie.

«Siamo ancora in attesa di conoscere di chi siano le responsabilità del dissesto e se si sono conclusi gli accertamenti sulla regolarità dell’elezione del Rettore di Siena»

Franco Ceccuzzi (Sindaco di Siena) e Simone Bezzini (Presidente della Provincia). Per il futuro della nostra Università e quindi della nostra città e della nostra provincia si aprono giorni, settimane e mesi cruciali. L’Ateneo si trova di fronte a passaggi decisivi per il suo futuro e per quello dei lavoratori, dei ricercatori, del corpo docente, degli assegnisti, dei precari, dei Cel e di tutti coloro che vivono con grande apprensione e sulla loro pelle le conseguenze di atti di cui non hanno alcuna responsabilità, come la gestione del piano di risanamento. Siamo ancora in attesa, inoltre, di conoscere di chi siano le responsabilità di una distruzione di valore, senza precedenti nella storia di Siena; se si sono conclusi gli accertamenti sulla regolarità dell’elezione del Rettore. In questo complesso contesto si inseriscono altre due vicende rilevanti per l’Ateneo. La prima riguarda le conseguenze che avrà il decreto legislativo della legge 240/2010 (la cosiddetta Gelmini) che fisserà i criteri per il commissariamento degli Atenei in dissesto e l’altra si riferisce all’elaborazione del nuovo statuto della nostra Università. Si tratta di atti e percorsi, di natura diversa, ma che pur separatamente e nelle distinte autonomie, concorreranno a determinare il futuro dell’Università e di conseguenza la statura di tutto il territorio senese.

Il nostro compito alla guida delle istituzioni è quello di partecipare attivamente ai processi in atto, nel pieno rispetto dell’autonomia dell’Università, ma con la consapevolezza che in passato, tutto ciò che sta intorno all’Ateneo non abbia vigilato abbastanza per evitare la situazione deficitaria in cui versa oggi. A noi stanno a cuore, prima di tutto, il futuro della città di Siena e della sua provincia e quello di tutte le persone che lavorano nell’Ateneo. Come soggetti pro tempore al servizio delle nostre istituzioni dobbiamo garantire che, anche domani le generazioni future possano contare sulla presenza di un’istituzione prestigiosa e plurisecolare, come la nostra Università, fondata dal Comune di Siena nel 1240.

È stato infatti il connubio inscindibile con la città e con il territorio che la circonda, la ricchezza delle risorse intellettuali, scientifiche ed umane cresciute all’interno degli Studi di Siena a determinare fino ad oggi l’attrattività del nostro Ateneo, anche grazie alla qualità della vita e alla coesione sociale che li caratterizzano. Per questo è fondamentale dare continuità storica a questo legame che, negli anni ha contribuito ad alimentare e rafforzare lo sviluppo economico, sociale e culturale delle nostre comunità. Abbiamo ritenuto doveroso e non certamente invasivo, inviare al Rettore le nostre opinioni sulla bozza di nuovo Statuto, in attesa di avere un conforto dai nostri rispettivi organi istituzionali. Il nuovo Statuto da cui discende il governo dell’Università e il suo rapporto con il territorio senese dovrebbe a nostro avviso rafforzare quel connubio inscindibile che da quasi 800 anni ha fatto la forza del nostro Ateneo e di Siena. Se questo non dovesse accadere risulterebbe incomprensibile e produrrebbe una cesura storica tra Università e territorio.

Esprimiamo il nostro apprezzamento, rispetto alla decisione di approvare lo Statuto entro il 29 luglio dando così concretezza, grazie alla legge, all’idea di avere un consiglio di più che dimezzato rispetto ad oggi. In questo modo si avrà un CdA operativo in grado di garantire un governo dell’Ateneo efficiente ed efficace. Sarà importante inoltre che lo Statuto preveda equilibrio dei poteri, consiglieri indipendenti e, comunque, per lo meno indicati da soggetti terzi, senza che si verifichi una situazione di dipendenza tra controllato e controllore. In questo quadro anche la partecipazione della comunità locale dovrà esprimersi in forme nuove in coerenza con le direttive e i requisiti della legge con procedure che garantiscano qualità e competenza dei nominati e con uno sforzo di riduzione consistente della presenza delle istituzioni locali. Rinnoviamo la nostra disponibilità a partecipare ad ogni momento di confronto collegiale, anche di natura pubblica, che possa coinvolgere le altre istituzioni che oggi nominano un rappresentante nel consiglio di Amministrazione (Banca e Fondazione Mps) sia sullo Statuto che sulle prospettive del piano di risanamento.

Due casi per il movimento delle donne “se non ora quando”

Cecilia Scoppetta e Antonella Fioravanti, due donne coraggiose che da sole si battono contro un sistema universitario corrotto e corruttore. Di Antonella questo blog si è già occupato in tempi ormai lontani, tanto lontani che, ormai, c’è il rischio della prescrizione del reato. Ci auguriamo solo che i due casi vengano adottati dal movimento delle donne “se non ora quando”, che si riunisce a Siena il 9 e 10 luglio.

Prof sottoaccusa, ma il processo non parte (la Repubblica Firenze 7 luglio 2011)

Franca Selvatici. Il processo doveva cominciare il 13 maggio 2008. Sono passati più di tre anni di rinvii. Intanto la giustizia langue e il rischio di prescrizione avanza. Accade a Siena. Al Policlinico “Le Scotte” opera come professore associato di reumatologia il vincitore di un concorso universitario sotto accusa, mentre la collega che ha svelato la pastetta denuncia di subire da anni l’ostracismo del mondo accademico. Gli imputati, rinviati a giudizio il 26 ottobre 2007 per abuso d’ufficio, sono il professor Roberto Marcolongo, ordinario di reumatologia all’Università di Siena, accusato anche di rivelazione di segreti d’ufficio, e il professor Bruno Frediani, vincitore del concorso di associato che si concluse il 18 febbraio 2006. Le prove dell’accusa sono robuste. A prescindere dai titoli di Bruno Frediani, è difficile smentire che il concorso fosse stato confezionato su misura per lui. Nel suo computer c’erano, in data precedente al concorso, i cinque temi a lui destinati per la prova didattica. Ed era lui, cioè uno dei candidati, a colloquiare in via telematica con i commissari al posto del membro interno professor Marcolongo e ad elaborare per suo conto il verbale della commissione contenente i curricula dei candidati e i suoi giudizi su di loro. Il profilo sul bando era modellato sui suoi titoli professionali. E la dottoressa Antonella Fioravanti, la collega che ha rotto l’omertà e ora è parte civile con l’avvocato Massimo Rossi, registrò il professor Marcolongo che ammetteva: “Il posto è del dottor Frediani, perché ha le sue raccomandazioni”. L’accusa è solida ma il processo non si fa. E l’Università ha fatto quadrato attorno ai due imputati. Il 15 marzo 2006, a inchiesta già aperta, l’Ateneo approvò la regolarità degli atti del concorso. Due mesi dopo il dottor Frediani fu “chiamato” dalla facoltà di Medicina, dove tuttora lavora. E l’Università non si è costituita parte civile al processo.

Sullo stesso argomento:
La Nazione Siena (8 luglio 2011):  Concorso ‘irregolare’. Il processo non arriva.
Fratello Illuminato – Il blog (8 luglio 2011): Se non ora quando… Ma alla Facoltà di Medicina dell’università di Siena quando?

Una vicenda sconcertante presso l’Università di Roma Tre che reclama provvedimenti disciplinari e la costituzione di parte civile nel processo penale

Non conosco Cecilia, ma da quel poco che mi scrive mi sembra una donna fragilissima nel fisico e con un forte temperamento. Sta combattendo da sola una durissima battaglia sulla malauniversità contro una potentissima lobby accademica, e non solo. Non lasciamola sola, diamole una mano perché è nel giusto e se lo merita.

Appello al Rettore dell’Università di Roma Tre

Cecilia Scoppetta. Egregio Prof. Guido Fabiani, invio la presente per richiedere quali provvedimenti, nella Sua funzione di Rettore dell’Università di Roma Tre, intenda adottare urgentemente ai sensi dell’art. 10 della recente legge cosiddetta “Gelmini”, nonché ai sensi del DPR 445/2000, in merito alle violazioni dell’art. 76 del DPR 445/2000 e dell’art 604 c. p. (falso in atto pubblico e truffa) denunciate in sede amministrativa (Tar Lazio e Consiglio di Stato) e regolarmente notificateLe in quanto legale rappresentante dell’Ateneo (in base a tale notifica, del resto, l’Ateneo stesso si è costituito in giudizio). Il Consiglio di Stato, infatti, ha ribadito l’inammissibilità del ricorso presentato in merito al concorso per ricercatore nel settore disciplinare ICAR/21 – Urbanistica (seconda sessione 2007), ma la sentenza omette di esprimersi proprio riguardo a tali gravi reati di natura penale, che pure sono stati ampiamente documentati anche con più di una testimonianza in forma scritta (come del resto consentito dalla recente riforma del processo amministrativo). Oltre alla denuncia penale – che, a questo punto, diviene doverosa – volta a far luce su una vicenda che appare, per molti versi, inquietante, intendiamo appellarci alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, al fine di stabilire se i nostri diritti, garantiti dalla Costituzione, siano stati gravemente violati.

Pertanto, anche per scongiurare il rischio di comportamenti inconsapevolmente omissivi – proprio ai sensi del DPR 445/2000 – da parte dell’Ateneo, si sollecita un intervento tempestivo del Rettore, nell’ambito delle funzioni anche disciplinari assegnategli, che consenta di far piena luce sugli sconcertanti esiti di questa vicenda, che appaiono in netto contrasto con le finalità culturali prima ancora che con gli interessi economici (pubblici) dell’Ateneo (il riferimento è, ovviamente, al possibile danno erariale). Tale intervento è maggiormente necessario e doveroso in un momento storico, come quello che stiamo vivendo, drammaticamente segnato da una corruzione talmente diffusa da arrivare a coinvolgere, recentemente, perfino elementi della stessa Magistratura (il riferimento è alla vicenda del giudice Toro e a quelle delle quali si sta occupando la Procura di Perugia in relazione alla cosiddetta “cricca”).

Non ho motivo di dubitare, quindi, della ferma volontà del Rettore di non accontentarsi di una giustizia meramente formale, che omette di pronunciarsi sulla sostanza (documentata) dei reati penali. Più volte, del resto, il Rettore si è giustamente espresso in favore della “cultura del merito” – che, invece, vicende come questa finiscono per ridurre a barzelletta – per non assumersi la responsabilità civile di intervenire con fermezza per il rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione. Ho la certezza che il Rettore, che rappresenta un’Istituzione, intenda condividere questa battaglia di civiltà, intervenendo tempestivamente e individuando le specifiche responsabilità ed il contesto all’interno del quale sono maturate una serie di scelte che hanno portato alla situazione attuale. Ciò appare urgente e necessario anche al fine di evitare ulteriori reiterazioni dei reati contestati – che si aggiungano, cioè, a quelle purtroppo già verificatesi (dicembre 2010) ed, anche in questo caso, documentate nella memoria regolarmente depositata al Consiglio di Stato – e tentativi (anche questi già verificatisi) di modificare elementi di prova (ad esempio: i documenti disponibili sui siti web dei Dipartimenti).

Si richiede, inoltre, che l’Ateneo – oggettivamente danneggiato rispetto alla sua missione istituzionale e per quanto riguarda il danno erariale – si costituisca parte civile nell’ambito del procedimento penale, al fine di ottenere quello stesso dovuto risarcimento dei danni che, ovviamente, sia io, che il mio co-ricorrente, dott. Pietro Elisei, a questo punto intendiamo richiedere con forza.