«Distruggono l’Ateneo per trovare un posto ai loro figli» titolava la Repubblica di Bari il 5 marzo 2005. E nell’articolo si leggeva: «È diventata poco più di un liceo. Negli ultimi cinque anni l’Università di Bari è stata distrutta da una gestione protezionistica e inadatta ad affrontare il mercato dell’alta formazione». Sotto accusa la Facoltà di Economia per lo scandalo della parentopoli barese. Ci fu un grande dibattito anche all’esterno dell’Università, con il Comune di Bari che impose l’adozione di un Codice etico, per continuare a erogare il finanziamento ad alcune ricerche. E così, nel dicembre 2007 fu approvato “Il codice dei comportamenti”, uno dei primi in Italia. Qualche traccia di quel clima è rimasta nell’articolo qui riproposto di Bartolo Anglani (Corriere del Mezzogiorno, 23 dicembre 2005), la cui lettura ci riporta all’università di Siena, dove il Codice etico è stato adottato con quattro anni di ritardo e perché imposto dalla legge Gelmini. Ma un codice etico serve o no? «È una foglia di fico per i mali dell’università» come dice Anglani oppure è «uno strumento per redimere intrallazzatori e nepotisti», come scriveva Lucia Lazzerini, e per rifarsi la verginità? Utile, a questo proposito, la lettura del testo licenziato dalla Commissione sul Codice etico dell’ateneo senese, che, nella versione approvata dagli organi di governo, ha ricevuto corpose integrazioni, a seguito di aspre critiche della comunità accademica ed extra.
Il codice etico non serve. È una foglia di fico per i mali dell’università
Bartolo Anglani. A cosa serve un codice etico? Se rispecchia e amplifica le leggi vigenti, è pleonastico; se va oltre le leggi o le mette in mora, è illegittimo. Tertium non datur. Un codice etico può essere solo individuale, come quando un docente rinuncia a far parte di una commissione perché teme di essere sottoposto a pressioni di colleghi. Altro è quando i contenuti “etici” diventano norme erga omnes. Quale valore costrittivo possono avere per chi non ne riconosce la legittimità? Quando le leggi sono sbagliate, ci si batte perché esse vengano modificate o abrogate, ma bisogna rispettarle finché esse sono in vigore: anche obtorto collo. Così, mi pare, dovrebbe accadere in una società democratico-liberale.
Il polverone sui codici etici, in realtà, è un alibi che permette ai docenti di non prendere posizione sull’opera sistematica di distruzione dell’Università e della scuola pubblica avviata dieci anni fa e portata a buon punto negli ultimi mesi. Tutto il male sembra essersi concentrato sulla “parentopoli” pugliese, che è solo l’epifenomeno di un processo degenerativo di ben altre proporzioni. In realtà, certe cose accadono a Bari perché in Italia esistono le università di serie A e quelle di serie Z, e queste ultime hanno avuto in dono la corda alla quale impiccarsi. E ne fanno uso con larghezza. I guasti più gravi che affliggono l’Università non sono frutto delle manovre di alcuni gruppi di potere (che esistono e lottano insieme a noi) ma dell’insieme normativo che condanna l’istituzione universitaria al declino. Bisognerebbe discutere del fallimento della 3+2; del fatto che le industrie non sanno che fare dei laureati triennali testè sfornati, i quali sono costretti a proseguire gli studi con la laurea specialistica perché la triennale non vale nulla proprio su quel mercato per il quale è stata progettata.
È facile prevedere che l’applicazione di un codice etico, per quanto nobilmente ispirato, darà origine a conflitti e ricorsi infiniti. Chiunque si senta danneggiato nei suoi diritti, così come garantiti dalle leggi vigenti, tenterà di difendersi per tutte le vie possibili. Ad esempio: la legge attuale prescrive che i membri delle commissioni non debbano avere un certo grado di parentela con i candidati. Punto e basta. Una volta accertata l’inesistenza di questa parentela, il concorso è legittimo, piaccia o no. Come reagirà il candidato che potrà anche solo far valere il fumus di essere stato discriminato perché il suo bisnonno lavora nella Facoltà vicina? La legge sui concorsi è stata modificata, ma non risolve i gravi problemi che sono all’origine del codice etico. Così si fabbricano regole per il cortile di casa, quasi fossimo la Repubblica degli Zoccoli di machiavellesca memoria. E poi, tutte queste fortificazioni vengono dopo che i buoi sono scappati, o meglio: dopo che i buoi hanno invaso la stalla. Le università (non solo pugliesi) pullulano di parenti e parenti di parenti. Chi ha avuto ha avuto; ora si scatena la tempesta ma da Natale saremo più buoni. Non esistono rivoluzioni permanenti, e ogni estremismo lascia luogo al suo contrario. Prima c’è l’Ancien Régime, poi il Terrore e alla fine il Termidoro; dopo il Celeste Impero, le Guardie Rosse e poi il capitalismo di Stato; dopo la Prima Repubblica, Mani Pulite e infine Berlusconi. Amen.
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