Raccolta di firme per disinnescare il comma “ammazza-blog”

Agorà Digitale. Ebbene sì, abbiamo un modo per disinnescare il nuovo tentativo di estendere a tutti i “siti informatici” compresi blog e siti amatoriali, la rigida regolamentazione della carta stampata in particolare relativamente all’obbligo di rettifica. 
Firma per chiedere ai tuoi deputati di sostenere gli emendamenti che disinnescano il comma “ammazza-blog”.

L’iter del famoso comma “ammazza-blog” è ripreso assieme a quello del ddl intercettazioni in cui è contenuto e, se approvato, prevederà che qualsiasi persona pubblichi testi in rete, anche in modo amatoriale e per ristrette cerchie di amici, possa ricevere una richiesta di rettifica quando tali contenuti siano ritenuti scomodi da qualcuno. In caso di mancata pubblicazione della rettifica entro due giorni, scatterà una sanzione fino a 12.500 euro. Facile ipotizzare la possibilità di utilizzare in modo intimidatorio tale strumento: qualunque cittadino scriva in rete, non avendo un giornale organizzato con struttura legale disposta a difenderlo, sarà certamente spinto ad accettare richieste di rettifica anche se ritiene di aver scritto fatti reali, attuando così una forma di autocensura per non incorrere nella sanzione. 

È fondamentale restare lucidi e assumerci la responsabilità di percorrere tutte le strade che, nel caso di approvazione della legge, quantomeno evitino la desertificazione del web italiano. Ciò è possibile perché, assieme all’iter sul provvedimento iniziato alla Camera nel luglio 2010 e poi sospeso in seguito alle forti pressioni contrarie, rientrano in gioco anche tutti gli emendamenti che erano stati presentati oltre un anno fa. 

Ebbene 26 parlamentari (qui i nomi) di PD (8), Radicali (6), UDC (5), PdL (3), IdV (2) e Gruppo Misto (2) hanno presentato alla Camera ben 7 diversi emedamenti (leggili qui) che in vario modo cercano di limitare ai soli contenuti professionali ed in particolare alle testate registrate la validità del comma incriminato. 

Si tratta di un tesoro inestimabile, tanto più per il fatto di avere una caratterizzazione bipartisan. Attorno ad esso abbiamo la possibilità di raccogliere la disponibilità di chi non vuole aggravare l’anomalia informativa italiana. 

Qualsiasi parlamentare può, fino al momento della votazione, apporre la sua firma su tutti o solo alcuni di questi emendamenti, se li ritiene condivisibili.

 Vogliamo provare a portare gli attuali 26 firmatari verso i 316 della maggioranza necessaria all’approvazione di tali emendamenti alla Camera? Invieremo a tutti i deputati la richiesta di modifica assieme a tutte le firme.

Sulla vicenda Sum l’università di Siena deve avviare subito i necessari accertamenti

«L’Istituto Italiano di Scienze Umane (SUM) è un’università statale dedicata all’alta formazione e alla ricerca nelle scienze umane e sociali. 
Promuove e coordina programmi di dottorato, post-dottorato e master di secondo livello, aperti a studenti provenienti da tutto il mondo. Organizza e sviluppa progetti di ricerca.

 Si avvale di una peculiare struttura a rete, cui partecipano le Università di Bologna, Firenze, Milano-Bicocca, Napoli “Federico II”, Napoli “L’Orientale”, Napoli “Suor Orsola Benincasa”, Roma “La Sapienza”, Siena.
 Attraverso questo modello, unico in Europa, il SUM valorizza il carattere policentrico della tradizione culturale e universitaria italiana.»

Di seguito alcuni articoli sulla stampa nazionale di oggi.

– Corriere Fiorentino: Cene e viaggi coi soldi dell’Ateneo.
– La Repubblica Firenze: Peculato e abuso d’ufficio, chiuse le indagini sul Sum.
– Il Giornale della Toscana: Terremoto al Sum, otto indagati: peculato, truffa e abuso d’ufficio.
– Il manifesto: Formazione, otto indagati a Firenze.
– Il Tirreno: Viaggi di lusso con i soldi dell’Università.
– L’Unità: Assunzioni facili e spese pazze 8 indagati al Sum.
– Il Fatto quotidiano: Abuso d’ufficio e spreco di denaro pubblico. Nei guai a Firenze un docente ed esponente Pd.

Il rettore dell’Ateneo fiorentino ha dichiarato che «l’Università, augurandosi che al più presto sia fatta chiarezza, comunica che avvierà i necessari accertamenti di propria competenza riservandosi di assumere i provvedimenti necessari a tutela della correttezza delle proprie attività amministrative e della propria immagine.» Aspettiamo una dichiarazione in tal senso del rettore di Siena.

Il Presidente del Consiglio Regionale della Toscana bacchetta il Rettore di Siena per la sua incapacità a governare il processo di riallineamento fra costi e ricavi

Da “La Nazione Siena” del 20 settembre 2011.

L’argenteria da sola non basta: occorre tagliare i costi impropri

Alberto Monaci (Presidente Consiglio Regionale della Toscana). Ho letto con attenzione l’intervista rilasciata dal Magnifico Rettore. Da senese ho a cuore le sorti dell’Ateneo (per la sua grandezza nella storia, il suo prestigio scientifico e culturale, ma anche per la sua natura di motore del complessivo sviluppo del territorio); da uomo nelle istituzioni regionali, che ha sostenuto e votato l’intervento finanziario su “Le Scotte”, il dovere di una vigilanza attenta affinché quell’intervento straordinario sia ben capitalizzato, anche perché non può ripetersi. Chiara l’esposizione della situazione fatta dal professor Angelo Riccaboni. Una chiarezza che non nasconde il permanere di una situazione di difficoltà della gestione di competenza, ancora in segno meno e, così traspare dall’intervista, con certezza ‘zero’ sul breve periodo. Non un bel biglietto da visita per una campagna immatricolazioni che vorremmo tutti consistente, sia per ragioni finanziarie che per ragioni storiche: Siena ‘polo attrattivo’. Se alla magistratura (ordinaria e contabile) il compito di accertare responsabilità penali ed erariali sul famigerato ‘buco’, agli odierni amministratori dell’Ateneo quello di governare un processo di riallineamento fra costi e ricavi che non riesce a emergere. Le partite straordinarie, il Rettore lo sa bene, possono dare un aiuto. Ma il ‘buon padre di famiglia’ non gestisce le spese di casa confidando nella sola argenteria! Aumenta gli introiti, valorizzando merito e qualità dell’offerta didattica e della ricerca, riducendo i costi impropri, anche se lascito di passati – distratti – padroni di casa. C’è un’intera comunità che guarda preoccupata, memore degli annunci e degli impegni presi. Chi li sta onorando?

Come distruggere l’università di Siena: mancata informatizzazione, distrazione di fondi, sperperi, truffe e bilanci truccati

Carta carbone verbali esami scopini teschio

Come non pensare agli sperperi e alle ruberie nell’Università di Siena, tutte le volte che si registrano gli esami degli studenti? Nel caso della mia materia, dopo aver scelto il verbale giusto, in una pila alta mezzo metro, arriva la parte più difficile: cercare un foglio di carta copiativa. Proprio così! Perché nel 2011, non solo si continua con la registrazione su carta degli esami, ma se ne deve conservare una copia, ottenuta appunto con la carta carbone. Il verbale originale, invece, è inviato alla segreteria degli studenti per l’inserimento dei dati nel curriculum studentesco e, infine, rilegato e archiviato. E che dire dei registri delle lezioni, sempre cartacei, uno diverso per materia e per ciascun corso di laurea, dove il docente dovrebbe scrivere ora, giorno e argomento svolto? E i verbalini (fortunatamente alcuni costituiti di carta autocopiante) per i moduli che formano gli attuali corsi integrati? Tonnellate di carta, impegno di personale, perdita di tempo per tutti, costi inutili per un servizio che, nell’era d’internet, non costerebbe nulla. Nel 1998 in CdA proposi, inascoltato, al “grande timoniere” Piero Tosi d’inserire nei computer delle aule un programmino che registrasse il giorno, l’ora, gli argomenti della lezione svolta e il nome del docente. Non solo avremmo risparmiato, ma si sarebbe evitata l’indecorosa pratica (più diffusa di quanto si pensi) della sostituzione dei docenti a lezione. Al contrario, non si è investito nell’informatizzazione ma si è sperperato negli scopini da cesso e nel “Progetto merchandising” di cui si torna a parlare in questi giorni. Scrivevo nell’agosto 2009: «Ma quanto è costato in dieci anni questo baraccone? Quali aziende e designer sono stati coinvolti? È lecito distrarre fondi dalla didattica e dalla ricerca per costituire un’attività commerciale che sicuramente penalizzerà l’ateneo per i fondi qualità del Miur?» E ironizzando sullo slogan dell’ultima linea d’abbigliamento (“ti fa sentire parte di una comunità viva e innovativa”), aggiungevo: «Una comunità che assiste, silenziosa e indifferente, alla distruzione dell’istituzione di cui fa parte, certamente non è viva ma in decomposizione e non sarà la maglietta con il logo dell’ateneo a risvegliarla. La linea di moda rifletterà, forse, l’eccellenza nella distrazione di fondi, nelle truffe e nel taroccamento dei bilanci?».

Articolo pubblicato anche da:
– Il Cittadino Online (15 settembre 2011). Università: nell’era di internet si cerca la carta carbone.
Smallcountry (15 settembre 2011). Università: nell’era di internet si cerca la carta carbone.

– Con il link a questo post, “Il Santo Notizie di Siena” ha scritto: «Nel 2011 all’Università di Siena si usa ancora la carta carbone!!!! Per i giovani di oggi che mi leggono ecco che cosa è la carta carbone (clicca per leggere), se invece la volete toccare dovete per forza andare all’Università di Siena, chiedete del Professor Giovanni Grasso, lui è in possesso di qualche foglio di preziosa carta carbone del secolo scorso…»

Con lo scopino in pugno una manifestazione da “Indignados” per il dissesto dell’Università di Siena

È la proposta di Raffaele Ascheri apparsa oggi nel suo blog, Eretico di Siena. Di seguito il suo articolo integrale.

La rivolta degli scopini (ed un suggerimento ereticale)!

Raffaele Ascheri. Il Tiresia dell’Università di Siena (il professor Giovanni Grasso, per chi, colpevolmente, non lo sapesse) l’ha fatta, ancora una volta, davvero grossa, tirando fuori la magagna degli scopini da cesso iperpagati (60 euro, più Iva) dall’Università. Uno dei tanti esempi di spreco per lo spreco. Non è uno scoop dell’eretico, quindi; il tema, anzi, è già stato ampiamente trattato dai blog non allineati (Il senso della misura di Grasso, appunto, Fratello illuminato, il Santo, più il Cittadino on line: il fatto che non sia arrivato sulla stampa “ufficiale”, non sorprende certo più di tanto…). Come si fa, però, a non scrivere qualcosina su questo tema? Il tema della “merda”, tra l’altro, è tornato ampiamente di moda, in questo incipit settembrino, con tanto di sdoganamento della parola: e ancora una volta, grazie al faro antropologico della Casta di Siena, l’ottimo Berlusconi Silvio. «Il giorno che la merda avrà un valore, i poveri nasceranno senza culo» (by Gabriel Garcìa Marquez, riportata da Stefano Bartezzaghi su Repubblica di ieri l’altro). Nell’Università senese, dunque, tutto doveva essere pulito al meglio, con il meglio che il mercato (dello scopino) potesse offrire: si è parlato di manie di grandezza dei Magnifici senesi, poteva forse fare un’eccezione lo scopino?

Visto che di scopino stiamo discutendo, perché non utilizzare i pregiatissimi scopini per fare anche altro? Un esproprio proletario in piena regola (molti docenti di oggi, ne erano teorizzatori, anni fa), da parte dei dipendenti a rischio stipendio, ci starebbe proprio bene, no? Ma non per portarseli banalmente a casa loro, bensì per utilizzarli in una bella manifestazione da Indignados caserecci: non sarebbe un’eccellente, ed originalissima, variante, rispetto per esempio alle pentole usate a Parma per protestare contro la corruzione emersa nella politica locale? Se il Comune di Siena decidesse di non costituirsi parte civile, una bella manifestazione con tanti scopini di valore davanti all’ufficio del Sindaco, non ci starebbe benone? Per non parlare di ciò che si potrebbe fare – opportunamente scopinodotati – nei confronti dei responsabili del megadissesto dell’Ateneo…

P.S. Stasera, l’eretico raccomanda, in modo caldissimo, la visione del film Fortapàsc, di Marco Risi (Raiuno, ore 21,20); storia di un coraggioso giornalista (ucciso il 23 settembre 1985, a 26 anni!), che lavorava al Mattino di Napoli. Un giovane giornalista (precario), che non aveva paura di denunciare il marcio che vedeva intorno a sé. C’è una frase, nel film, che potrebbe essere ripetuta pari pari per la realtà dell’informazione senese. Chi vedrà (o rivedrà) il film, non tarderà a capire quale sia…

Sulle misure da adottare per il risanamento dell’università di Siena uno scopino da cesso mette tutti d’accordo

Uno scopino da cesso mette d’accordo tutti nel dibattito riguardante le misure da adottare per il risanamento dell’Università di Siena! Tra i favorevoli e i contrari allo “shock generazionale”, che prevede il prepensionamento volontario dei docenti di età superiore a 65 anni, si è sviluppato un dibattito utilissimo ma duro, aspro, polemico, con risvolti, a volte, anche offensivi. Allora perché parlare di scopini da cesso? Perché l’ateneo senese li comprò per il San Niccolò, sede delle Facoltà di Lettere e Ingegneria, alla modica cifra di 60 euro più Iva ciascuno! E non si parla di un’università con i bilanci in regola, ma di quella senese, «che ha il più mastodontico deficit mai accumulato da un ateneo italiano», come scriveva Antonio Rossitto, su Panorama il 31 ottobre 2008, nel suo articolo «L’università laureata in sprechi», di cui si raccomanda la lettura o rilettura. Dichiaravo in quell’occasione: «Qui lo sperpero è diventato filosofia. A Siena c’è stato un uso disinvolto delle istituzioni che ormai ci ha portato alla conclamata bancarotta. E docenti, organi d’informazione e politica locale hanno sempre mostrato la più completa indifferenza. Intanto, gli organici si sono gonfiati a dismisura e nessuno ha badato a spese».

Una quarantina di dipendenti, convocati dalla Cgil, condannarono gli articoli perché, a loro dire, farebbero «un processo sommario, danneggiando l’autorevolezza e l’immagine dell’Ateneo» e minacciarono «un’azione legale per diffamazione nei confronti di Panorama, Tg5 e verso il professor Giovanni Grasso, in merito alle sue dichiarazioni e all’uso improprio dell’informazione presente nel suo blog». Peccato che la querela non sia mai arrivata! Risulta, ormai, evidente che le aule di Tribunale sono rimaste l’unica sede per evidenziare la miseria anche morale di certi personaggi autorevoli; la loro pidocchieria, la dilapidazione del pubblico denaro ammantata di spese per la ricerca e/o spese di rappresentanza; i furti sistematici; le feste e i festini; la creazione dal nulla di posti di ricercatori per figli e amici, con la scusa del finanziamento esterno, mai versato nelle casse dell’ateneo. Purtroppo, il giornalista, che pure aveva raccolto ampia documentazione fotografica proprio sugli sperperi al San Niccolò, non ne fece menzione nel suo lungo articolo. Se ne parla oggi, sia pure limitatamente agli scopini dei cessi, e il giudizio di condanna è unanime. Gli articoli di quel periodo risultano, oggi, oltremodo istruttivi ed esilaranti, specialmente quando si afferma che l’ateneo non è «una palude di sprechi», o quando si cerca di negare la realtà facendo passare, quanto denunciato, come «caricature dei media», o quando si dichiara: «non siamo la banda del buco». E sono proprio quei docenti che usano gli scopini da design a esporsi con queste brillanti dichiarazioni.

Articolo pubblicato anche da:
– Il Santo Notizie di Siena (4 settembre 2011). Gli scopini del cesso… E la costituzione di parte civile.
Il Cittadino Online (4 settembre 2011). Giovanni Grasso e lo scopino. L’Università degli sprechi si vede alla toilette.
Smallcountry (4 settembre 2011). Giovanni Grasso e lo scopino.