Rabbi Jaqov Jizchaq. Vorrei sottolineare un paradosso. Sin dal tempo di Mussi si è scelto di potare in modo “lineare”, dare lo scapaccione senza – per così dire – mostrare la mano: appellandosi cioè all’oggettività dei “requisiti minimi di docenza”, il che ha trasformato la cosiddetta razionalizzazione nella cosa più irrazionale che si possa immaginare, un meccanismo aleatorio tipo roulette russa, e vorrei proprio vedere se in tal modo si sono abolite più cose inutili o più cose utili; ebbene, una volta potato un corso di laurea o un dipartimento perché ti mancano X docenti (e bada caso non ti mancano nelle “scienze del bue muschiato”), ti si pone il problema di cosa fare con quei bipedi implumi che restano: la politica di ammucchiarli in fastella sempre più disomogenee mostra la corda, e comunque sentire emeriti signor nessuno che ne proclamano sic et simpliciter l’inutilità, è cosa che fa venire il vomito. Il corpo docente italiano in genere è il più anziano tra i paesi OCSE; ho letto tempo addietro (mi pare un libro di Sylos Labini jr.) che gli ordinari di settori imprescindibili come la fisica hanno mediamente l’età di Matusalemme; a Siena in particolare da anni e per anni assisteremo solo ad uscite di ruolo senza sostituzione e della generazione congelata nel freezer, allo scadere del fatidico 2018 verrà scongelato solamente qualche raro ghiozzo, scorfano o triglia, con criteri del tutto imperscrutabili come la grazia divina per i calvinisti; dunque il problema sul quale sto cercando di richiamare l’attenzione è destinato ad aggravarsi. Per affrontarlo, ad oggi si è scelto innanzitutto (non sia mai) di non toccare gli interessi costituiti, lasciando dunque in piedi robe oscene tipo doppioni e scienze del gatto a prescindere da ogni “criterio” (Dio lo vuole!); indi di buttare la gente a fare (male, inevitabilmente) un mestiere che non è il loro in contesti impropri, accorpando, mescolando, diluendo, ricicciando, ribattenzando, ecc. ma in nome della porcherrima autonomia universitaria, pare che a nessuno sia venuto in mente di riprogrammare le sedi di tre università statali ad un tiro di schioppo l’una dall’altra. Pare che nel sistema italiano (sostanzialmente feudale e mafioso) tale ovvietà risulti inconcepibile. Cui prodest? Questo modo di ragionare non ha futuro e non porterà Siena fuori dalla crisi.
Filed under: Commissariarla per salvarla, Emergenze, Per riflettere | Tagged: Programmazione Corsi di Laurea, Requisiti minimi di docenza, Tagli lineari | 1 Comment »