Precisazioni inutili di un antipatico bugiardo: Piero Tosi da Pescia, già rettore dell’Università di Siena

Una lettera, quella di Piero Tosi (La Nazione Siena, 26 febbraio 2012), da leggere con attenzione e tenendo a freno l’indignazione. L’ex rettore è passato dalle disattenzioni del novembre 2007 alle fandonie d’oggi. Allora ironizzai bonariamente sull’«uomo delle disattenzioni» e non tenni fede all’impegno di elencare tutte le sue malefatte. Sbagliai! Mi sembrava di sparare sulla Croce rossa! In seguito, l’uomo ha dato segni di mancanza di pudore e di senso della misura quando ha dichiarato che il disastro amministrativo era emerso due anni e mezzo dopo la conclusione del suo mandato. Tuttavia, non mi sarei mai aspettato che arrivasse a negare l’evidenza, come ha fatto con la lettera d’oggi. È necessario ritornare sull’argomento per ristabilire un minimo di verità: lo esigono il nostro martoriato Ateneo e tutti quelli che non accettano d’esser presi in giro in questo modo.

Piero Tosi. Egregio Direttore, in merito al ‘ritratto senese’ a me dedicato vorrei evidenziare le seguenti precisazioni.
1. L’articolo parla di ‘infornate’ e di ‘assunzioni in blocco’ di docenti dal 2001 al 2005. In realtà, nel 2001 fu fatto un piano per i ruoli della docenza che prevedeva i soli finanziamenti derivanti dai pensionamenti. Da allora, durante il mio rettorato, tale piano è stato seguito senza eccezioni e sono stati assunti docenti solo nei limiti del turnover. Quindi nessuna ‘infornata’.
2. Il subentro dell’Università nell’assunzione degli oneri relativi all’accordo con l’Azienda Ospedaliera Universitaria per il finanziamento di alcuni ruoli, quasi tutti riservati ai giovani, proprio secondo il dettato dell’art. 4 dell’accordo citato dall’articolista, sarebbe avvenuto solo nel caso di una sua interruzione concordata fra Azienda e Università. Ciò significa che in caso di mancato accordo da parte dell’Università gli oneri sarebbero rimasti a carico dell’A.O.U.
3. Alla fine del 2005, le spese fisse per il personale docente e tecnico-amministrativo erano, così come certificato dal Ministero dell’Università, l’83,84% del fondo di finanziamento ordinario, cioè ancora ampiamente entro il limite del 90%.
4. L’intento denigratorio del ‘ritratto’ è dimostrato anche dall’omissione di quanto è stato realizzato durante il mio rettorato per l’edilizia con un piano, portato a termine, che ha risolto gravissime situazioni e che ha consegnato all’Ateneo un grande patrimonio.
5. L’articolista non dice che le strutture edilizie realizzate e la valutazione molto positiva del Ministero, del Censis e di Campus delle attività di didattica e di ricerca hanno posto, in quegli anni, l’Ateneo ai vertici delle classifiche nazionali.
6. L’articolista fa passare la mia elezione a presidente della Crui come una sorta di regalo dei miei predecessori. In realtà, il fatto che i miei predecessori fossero rettori di Università toscane era un ostacolo alla mia elezione, non certo un viatico. Sono stato eletto, non certo per magie faraoniche, a larga maggioranza e rieletto con l’85% dei voti dei rettori.
7. Termini come ‘faraone’, ‘barone rosso’, ‘grandeur’ sono slogan che non vale la pena commentare in questa sede. Quanto allo ‘studiare’ per fare il Ministro, le previsioni e gli inviti mi venivano dall’esterno a livello nazionale: da non politico, non ho mai considerato seriamente questa o altre simili prospettive. Devo dire francamente che la stima a livello nazionale, che mi onorava e che ancora oggi continua nonostante il mio silenzioso ritiro, mi ripaga di molte amarezze. Il prolungamento di 8 mesi del mio rettorato fu deciso – preciso in mia assenza, non con me presente come afferma l’articolista – su richiesta della Crui e di numerosi professori, dopo che avevo rifiutato di chiedere la modifica di statuto che mi avrebbe potuto consentire un altro intero mandato. Peraltro, non solo il Tar ha respinto il ricorso, ma anche il Tribunale penale mi ha assolto con formula piena dopo che lo stesso Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione.
8. Non sono stato ‘un grande elettore’ di Riccaboni visto che mi sono tenuto rigorosamente in disparte. Lo si è detto da chi aveva interesse a coinvolgermi. Il motivo degli incontri che ho avuto con lui fuori dal rettorato è solo questo, giacché non c’è né c’era niente di riservato o di segreto, come l’articolista sembra offensivamente adombrare.
9. Quanto alle indagini sull’Università, dimostrerò la mia assoluta estraneità ai fatti, compresi i cosiddetti ‘appunti manoscritti’, che tali non sono,come quello prodotto dal responsabile della ragioneria – non, come erroneamente scritto nell’articolo, direttore amministrativo – e citato dall’estensore del ‘ritratto’.

Tommaso Strambi. Chiarissimo Professor Tosi, ‘infornate’ o meno, durante gli anni in cui era rettore il numero dei corsi e delle cattedre (anche a contratto) è comunque moltiplicato. Certo, nel rispetto della legge. E nessuno questo lo aveva messo in discussione. Anche alla fine del 2005 i parametri erano rispettati, ma la ‘corsa’ fu determinata proprio dal fatto che dall’anno successivo non sarebbe più stato così e proprio per la previsione della Finanziaria 2006 che fissava il paletto del 90%. Quanto ai piani edilizi da Lei realizzati ha ragione non sono stati citati, ma su queste colonne ne abbiamo parlato abbondantemente. Anche perché molto di quel patrimonio è in vendita per ripianare i debiti accumulati negli anni. Per quanto riguarda il prolungamento del mandato alla Crui, Lei conferma quanto da noi scritto, ovvero che fu sollecitato in questo dai colleghi rettori e docenti sia a livello nazionale e locale. Così come risulta dal verbale del Senato Accademico per la modifica dello Statuto citato nell’articolo. A proposito, invece, degli incontri con il professor Riccaboni, prendiamo atto che non è stato un suo ‘grande elettore’. Quindi, visto che tali incontri non avevano niente di riservato o di segreto potevano avvenire in rettorato. Non siamo noi, dunque, ad adombrare nulla, quanto quel «vediamoci al solito posto» cristallizzato nelle intecettazioni. Per quanto riguarda l’inchiesta in corso, siamo certi che dimostrerà l’estraneità, così com’è già avvenuto nel passato, come abbiamo ricordato anche nel ‘ritratto’ a Lei dedicato.

Ma il Rettore dell’Università di Siena c’è o ci fa?

Il Mondo pubblica oggi la replica del rettore di Siena a un articolo del 13 febbraio che riferiva dei rapporti imbarazzanti tra il magnifico e il suo consigliere finanziario, docente del nostro ateneo e gestore unico, da venti anni, di una Società in grado di compiere operazioni mobiliari e immobiliari. Ebbene, Riccaboni non poteva approntare peggior difesa! E poi, perché screditarsi a difendere l’indifendibile? Ma ancor più grave, perché arrivare a giustificare le assenze (passate e future) del docente a lezione e al ricevimento degli studenti?

Angelo Riccaboni. In merito a quanto pubblicato nella rubrica «In cattedra», (il Mondo 6), preciso quanto segue. Secondo la normativa vigente, la posizione di socio di maggioranza di una società a responsabilità limitata ricoperta da un docente universitario non comporta lo svolgimento di un’attività professionale né l’esercizio di commercio o industria e non viola quindi la normativa (articolo 11 comma 5 lettera A del Dpr 382/1980). Infatti, il possesso di quote, seppur di maggioranza, all’interno di una società di capitale, come la Srl, configura un investimento di carattere finanziario e non un esercizio di commercio, industria o di attività professionale. Pertanto, anche nel caso citato dall’articolo, l’assenza di incompatibilità scaturisce dall’applicazione delle norme e non da una mera valutazione di carattere soggettivo. Mi preme inoltre respingere con forza la connotazione di assoluto discredito con la quale viene caratterizzato l’ateneo di Siena in apertura del pezzo. Nella consapevolezza delle criticità affrontate, è giusto tenere presenti il percorso di risanamento da tempo efficacemente avviato, e i molteplici riconoscimenti della qualità della didattica e della ricerca ottenuti.

Fabio Sottocornola. L’articolo dava conto di un’interrogazione presentata al ministro Francesco Profumo da parte di una parlamentare e di un’altra interrogazione formale sottoposta al rettore da David Cantagalli, consigliere di amministrazione dell’ateneo. Non si capisce, dunque, perché il rettore parli di «discredito». Quanto all’argomento, l’articolo ha riportato sia le domande sia la risposta fornita dal rettore, cioè la posizione di Lorenzo Frediani, professore a tempo pieno e socio di maggioranza di una Srl. Semmai va aggiunto un aspetto successivo alla stesura. Lo stesso membro del CdA, a proposito della risposta ricevuta dal rettore, scrive: «Non sono affatto soddisfatto delle argomentazioni addotte». E chiede di sottoporre la questione all’Avvocatura generale dello Stato.

Università di Siena: sul salario accessorio schiaffi telematici a rettore e direttore amministrativo

USB Università di Siena. Alcuni punti che forse dopo tanto tempo non sono più del tutto evidenti.
Primo, la sospensione del salario accessorio è stata una scelta  unilaterale della Direttrice Amministrativa Fabbro e questa è l’unica causa di impoverimento retributivo di ognuno di noi. Avremmo potuto tranquillamente discutere di somme indebite o altro continuando ad erogare il salario accessorio, ma insieme al Rettore Riccaboni, la Dott.ssa Fabbro ha deciso diversamente. I revisori dei conti avevano chiesto di approfondire la questione con il Ministero dell’economia e l’ARAN, ma la decisione di sospendere è stata unicamente dei vertici dell’Ateneo.
Secondo, come USB abbiamo sempre chiesto la costituzione del fondo e la sua distribuzione. La legge imponeva di riscrivere il contratto integrativo entro il 31.12.2010, bene, ma si poteva comunque continuare a erogare le somme in percentuale nel 2012 per poi andare a conguaglio con il nuovo contratto integrativo. Questo è stato fatto in altri Atenei. A Siena si è scelto diversamente e non per motivi normativi ma politici!
Terzo, la questione dell’impossibilità di costituire il fondo per gli anni 2011 e 2012 è pretestuosa. Siamo convinti che se accettassimo le proposte della Dott.ssa Fabbro fra una settimana potremmo avere indietro il salario accessorio. Altrimenti com’è che la stessa Dott.ssa Fabbro afferma che se fossimo furbi potremmo usare il fondo del 2011 per ridare il debito e partire con il fondo 2012 per intero? Se è possibile fare questo vuol dire che la scelta è tutta politica. Vuol dire allora che se si può costituire il fondo, le norme non lo vietano, e noi abbiamo ragione a voler che si costituisca per intero. Infatti, accettare la soluzione della Dott.ssa Fabbro vuol dire perdere oltre € 590.000,00 su di un fondo di € 1.700.000 quella soma che perderemmo corrisponde all’incirca a tutte le funzioni specialistiche e alle indennità di rischio/disagio e turno pagate nell’anno 2010. Chi vuole rinunciare al proprio salario accessorio?
Quarto, la Dott.ssa Fabbro ha affermato a dicembre 2011 che la nostra richiesta di mettere l’intero fondo nel bilancio d’Ateneo era corretta e che avrebbe fatto una variazione di bilancio. Il 27 gennaio la variazione non è stata portata in Consiglio con la scusa che i revisori non si riunivano prima del CdA. Il 7 febbraio non è stata portata non sappiamo ancora con quale scusa.
Il 27 febbraio in CdA la variazione non verrà portata!! Chi prende in giro, allora, e non vuole sbloccare la situazione? Noi?
Invitiamo la Dott.ssa Fabbro ad astenersi dal continuare a delegittimare l’operato delle sigle sindacali che da 4 anni cercano soluzioni con ben 4 Direttori Amministrativi e due Rettori, e da 13 mesi cercano di risolvere una situazione creata, unicamente per scelta politica, dal Prof. Riccaboni e dalla Dott.ssa Fabbro.

Protesta telematica!

Pretendiamo la variazione di bilancio e invitiamo tutto il personale tecnico e amministrativo a spedire la seguente mail al Rettore ed alla Direttrice Amministrativa. Scioperare ci penalizza perché è un sacrificio economico, ma una protesta telematica no! Invitiamo ad inviare la mail da venerdì mattina alle 9 per tutta la mattina anche più volte.

rettore@unisi.it, direzione.amministrativa@unisi.it

Magnifico Rettore, Le scriviamo perché vorremmo farLe presente che da due mesi Lei, e la Dott.ssa Fabbro, non portate in CdA la variazione di bilancio sul fondo del salario accessorio. Perché non volete assumere una responsabilità chiara nello sbloccare la situazione, cominciando dalla variazione di bilancio che voi stessi avete detto essere corretta? Reputiamo alquanto lesivo della Vostra immagine tale comportamento, ed è inoltre poco rispettoso del lavoro di oltre 1000 tecnici e amministrativi che lavorano in condizioni disagiate, a causa delle vostre scelte. Distinti saluti e buon lavoro.

A Firenze la magistratura contabile fa pagare il danno erariale ai dissestatori! E all’università di Siena?

Il Procuratore capo della Corte dei Conti di Firenze, Angelo Canale, nel presentare il primo dei tre conti per danno erariale agli amministratori e docenti del Sum (Istituto Italiano di Scienze Umane) ha dichiarato: «A prescindere dalle conclusioni cui è pervenuto il Pm in sede penale (che si condividono pienamente), non v’è dubbio che nei molteplici casi di uso deviato del pubblico denaro accertati dalla Finanza sia ravvisabile quanto meno la colpa grave, stante la violazione delle prescrizioni di legge e la violazione dei più elementari doveri di buona e oculata amministrazione». Il danno accertato supera i 3 milioni d’euro e, per il momento, la magistratura contabile chiede: 350.000,00 € ad Aldo Schiavone, 120.000,00 € a Daisy Sturmann, 50.000,00 € ad Antonio Curzio, 30.000,00 € a Loriano Bigi; 5.000,00 € a Mario Citroni. In seguito sarà valutato il danno d’immagine.

Per un nuovo 24 febbraio! Una mozione che impegni il Sindaco a chiedere le dimissioni del rettore dell’Università di Siena

La mozione sui problemi dell’Università degli Studi di Siena è stata rinviata alla riunione del Consiglio comunale del 13 marzo. C’è chi si augura che, ancora una volta, sia la magistratura a togliere le castagne dal fuoco, nell’indifferenza più completa della comunità accademica.

Gabriele Corradi ed Enzo De Risi (Lista “Per Corradi”). Premesso

– che in data 11 novembre 2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico di dieci indagati nel procedimento relativo alla regolarità della elezione del Rettore dell’Università degli Studi di Siena per il quadriennio accademico 2011-2014 e che le suddette indagini ipotizzano a loro carico il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici in qualità di componenti del seggio elettorale e della commissione elettorale;
– che tra gli atti oggetto di falsità vi è anche il decreto del 2 novembre 2010 con cui l’allora Ministro dell’Università e della Ricerca – on. Maria Stella Gelmini – procedeva alla proclamazione del neo eletto Rettore Angelo Riccaboni, e per il quale fu ascoltata dalla Procura di Siena il 24 febbraio 2011 in qualità di persona informata dei fatti;
– che in data 16 novembre 2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena ha inoltre portato a conclusione il filone principale dell’indagine sul cosiddetto “buco dell’Università” di ca. 200 milioni d’Euro, notificando 18 avvisi di garanzia e contestuali conclusioni d’indagine nei confronti degli indagati, tra cui due ex Rettori, a vario titolo accusati di falsità ideologica in atti, abuso d’ufficio e peculato;
– che sulla stampa locale, e non solo, sono state pubblicate intercettazioni tra il Rettore Riccaboni ed alti dirigenti ministeriali dalle quali si evince chiaramente come la procedura di selezione del Direttore Amministrativo appaia in effetti non regolare;
– che sulla precitata selezione del Direttore Amministrativo è stato presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena un esposto al quale è seguito il sequestro dei fascicoli ad essa relativi;
– che l’attuale Amministrazione dell’Ateneo, in ragione di quanto sopra affermato, non risulta pienamente legittimata ad agire, in un momento nel quale, in ragione della crisi in atto, occorrerebbe che i vertici politici ed amministrativi dell’Ateneo godessero della necessaria autorevolezza, una caratteristica che può derivare unicamente da procedure di elezione del Rettore e nomina del Direttore Amministrativo assolutamente limpide, indiscutibili e trasparenti;

Considerato

– che in base allo Statuto dell’Ateneo il Comune di Siena ha avuto, ed ha, un proprio rappresentante nel Consiglio d’Amministrazione dell’Università degli Studi di Siena e che, in ogni caso, anche il nuovo Statuto, peraltro non ancora vigente, prevede il coinvolgimento del Sindaco di Siena nell’individuazione di un rappresentante del territorio nel Consiglio di Amministrazione;
– che la buona amministrazione, l’efficienza e il prestigio dell’Ateneo cittadino sono ancora oggi messi in discussione in ragione del fatto che, dopo ben 16 mesi, non è stata posta in essere alcuna azione concreta, sotto il profilo economico, per il suo definitivo risanamento;
– che, al contrario, la conflittualità con il personale tecnico e amministrativo dell’Ateneo ha raggiunto toni elevatissimi e non più accettabili, tanto da richiedere una soluzione immediata.

Si chiede al Sig. Sindaco

– che, in ragione del legame secolare tra il Comune di Siena e l’Università degli Studi di Siena, si attivi immediatamente per chiedere al Rettore, e di conseguenza a tutti i componenti dell’attuale amministrazione, di rimettere il mandato nelle mani del Ministro dell’Università e della Ricerca, per consentire di far rientrare l’Ateneo Senese in un contesto di legittimità, legalità e trasparenza, unici elementi costitutivi per il risanamento e il rilancio dell’Università degli Studi di Siena, bene primario della Città e del territorio;
– di valutare la possibilità che il Comune di Siena si costituisca parte civile in eventuale azione giudiziaria e/o a procedere ad un’eventuale azione di responsabilità verso coloro che saranno riconosciuti responsabili del dissesto, anche in linea con quanto dichiarato dalla stesse forze di maggioranza e diffuso con specifico volantinaggio in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2012.

Alla ricerca della piramide perduta

L’ascesa del «Faraone» nell’Ateneo della ‘grandeur’ (Piero Tosi: il patologo che studiava da ministro) (Da: La Nazione Siena, 19 febbraio 2012)

Tommaso Strambi. «Va bene per martedì alle 18.30. Ma non incontriamoci al Rettorato. È  meglio vederci al solito posto …». Sono le 14 e 17 minuti del 10 novembre 2010. Fissato l’appuntamento, il professor Piero Tosi saluta Angelo Riccaboni, il giovane ‘delfino’ che, proprio in quei primi giorni di novembre si è insediato in Banchi di Sotto, dopo una lunga attesa dovuta alle incertezze dell’allora ministro dell’Università, Maria Stella Gelmini, a firmare il decreto di nomina a Rettore vista l’esistenza di un’inchiesta della magistratura sulla regolarità delle elezioni che nel luglio precedente avevano visto Riccaboni superare per un pugno di voti (16) il ‘magnifico’ uscente, Silvano Focardi. Perché non parlare in Rettorato? Chissà? «Meglio vedersi al solito posto», osservano. Lasciando, intendere, che è una prassi consolidata. «Malelingue», ribatteranno. Forse, non essendo esperti di cultura africana, non conoscono il vecchio proverbio secondo il quale se devi nascondere un albero quale posto migliore della foresta. Ma tant’è. Così andiamo avanti «con il solito». In fondo lo diceva anche la pubblicità: «Mario, il solito!». Altro giro, altra corsa. È il professar Tosi a chiedere a Riccaboni un appuntamento. Ci sono tante cose da affrontare. E lui lo sa bene. Per dodici anni – prima dell’appassionato contradaiolo della Chiocciola Focardi – ha guidato l’antico Studium senese. Non per nulla è stato un ‘grande elettore’ di Riccaboni, il giovane economista che lui stesso nel 1997 aveva chiamato a presiedere il Nucleo di valutazione dell’Ateneo (incarico che ricoprirà sino al 2004) e, poi, ad aiutarlo a fondare il Cresco. Non solo. Nel 2005 sarà sempre Tosi a sostenerlo nella corsa alla presidenza della Facoltà di Economia e, poi, ancora ad affidargli l’incarico di prorettore per la sede distaccata di Arezzo. Questione di cooptazione. L’Università italiana funziona così. Da sempre. Bisogna mettersi in coda e confidare nella benevolenza del ‘barone’. Ma tra Tosi e Riccaboni non c’è il solito rapporto da docente e discepolo. Il primo, infatti, è un eminente patologo con 300 pubblicazioni scientifiche e testi di Anatomia e Istologia Patologica nel curriculum, il secondo è un economista. Cosa accomuna, dunque, il medico e il professore di economia aziendale? La gestione dell’Accademia. Sapere e potere che, sovente nelle aule universitarie, si confondono in un connubio indissolubile. E Tosi lo sa bene. Ha sempre accompagnato all’intensa attività scientifica quella di gestione della res universitaria. Tanto che nel 1981 diventa prorettore. Il primo passo della carriera ‘nelle stanze dei bottoni. Quel cammino che negli anni Novanta lo porterà a diventare a sua volta Rettore. Molti ex presidi e docenti ricordano ancora quando, nel corso di una seduta del Senato Accademico, l’allora ‘Magnifico’ Luigi Berlinguer, in procinto di diventare ministro della Pubblica Istruzione, mettendogli le mani sulle spalle lo indicò come suo successore. E nel 1994, in effetti Tosi, con qualche mese di anticipo rispetto ai tempi programmati, divenne Rettore. L’inizio di un nuovo ‘Regno’, ma nel segno della continuità. Beninteso.

Anche Piero Tosi, come il suo predecessore, sa miscelare doti da ammaliatore e tessitore di relazioni, ma con un’inclinazione, ancora più spiccata, alla grandeur. E, a spalleggiarlo, Tosi trova Maurizio Boldrini. Che teorizza e mette a punto la più grande area comunicazione mai vista all’interno di un Ateneo. A dire il vero Boldrini ci aveva provato anche nella gestione Berlinguer, ma si era dovuto scontrare con l’inflessibilità ed il rigore della ‘comandante’ Jolanda Cei Semplici. Tra lei e il comunicatore non c’era un gran feeling. Anzi. Nel segreto delle stanze lei lo aveva ribattezzato il ‘giornalaio’. Così, nel momento in cui la Semplici lasciò gli uffici di Banchi di Sotto, Boldrini poté finalmente mettere a punto il suo piano. Intanto, sull’altro versante, Tosi moltiplicava corsi di studio e cattedre. Un vero e proprio maestro in questo. Il capolavoro lo compie il 19 aprile del 2002. Quel giorno sottoscrive con l’Azienda ospedaliero-universitaria senese un accordo per «lo sviluppo delle attività di ricerca e docenza della Facoltà di Medicina e Chirurgia per settori di interesse per le funzioni assistenziali della Facoltà stessa». Inutile dire che a controfirmare l’accordo fu Jolanda Cei Semplici nella sua veste, questa volta, di direttore generale delle Scotte. Alè! Inizialmente i soldi venivano presi da fondi erogati dalla Regione Toscana ma, da preveggente, Tosi si preoccupava di non far mancare cattedre a coloro che le avrebbero così ricevute. Per questo l’articolo 4 dell’accordo evidenzia «al momento dell’eventuale interruzione concordata del finanziamento per la retribuzione della docenza reclutata, l’Università se ne farà carico, con propri fondi di bilancio comunque acquisiti». In fondo «un posto fisso» non si nega a nessuno. Anche pochi mesi prima, alla fine di dicembre 2001 ci fu un’infornata di assunzioni. E questo, nonostante, il direttore amministrativo dell’epoca, Loriano Bigi, avesse firmato una relazione in cui si metteva in guardia dall’eccessivo drenaggio di risorse per il personale. Mentre nel dicembre del 2005, allorquando si diffuse la notizia che la Finanziaria 2006 avrebbe stabilito il famoso rapporto del 90% tra spese e personale, in soli quattro giorni (dal 16 al 20 dicembre) vennero ‘sgonfiate’ tutte le graduatorie ancora in essere. Un vero peccato lasciare qualcuno a casa. Via, così, all’assorbimento di tutti i ruoli banditi in precedenza. Avanti un altro! E, se i soldi non ci sono, si troveranno. I bilanci, del resto, si aggiustano. All’epoca non si sapeva, ma l’inchiesta aperta dalla Procura di Siena qualche anno dopo (nel 2008) lo ha dimostrato. E sebbene Tosi osservi «che io sono arrivato a fare il rettore da patologo e il mio successore da ecologista: cosa volete che ne sappiamo di conti», dai riscontri degli uomini della Guardia di Finanza incaricati dai magistrati della Procura, alla fine della fiera, dalle casse dell’Ateneo mancano, almeno, 200 milioni. E, comunque, qualche ‘ritocco’ si può sempre fare. Così tra i faldoni della Procura c’è anche un appunto manoscritto, datato 11 febbraio 2003, che ha spinto i magistrati ad ordinare una perizia calligrafica. Secondo l’ex direttore amministrativo Interi, infatti, alcune correzioni a penna erano state fatte da Tosi «desideroso di ricucire lo scollamento tra entrate ed uscite, pari a circa 18 milioni di euro». Una ricostruzione che la consulente nominata dai pm, Rosaria Calvuana, ha confermato: «le manoscritture di colore nero presenti nell’appunto datato 11 febbraio 2003 appartengano alla mano del professor Piero Tosi». Vedremo. Se e quando sarà celebrato un processo. Tra le inchieste e le sentenze, infatti, ci sono sempre i dibattimenti in aula.

E, anche questo, l’ex rettore Tosi lo sa bene. Il 27 aprile del 2010 è stato assolto per una serie di accuse (dalla truffa all’abuso d’ufficio, dalla tentata concussione alla falsità materiale) in cui era incappato con altri docenti ed ex direttori generali dell’università e dell’azienda ospedaliera-universitaria. Anche se, per due concorsi (medicina legale e chirurgia plastica), deliberati a maggioranza dall’università, ma «non in modo regolare» secondo le accuse in quello stesso processo, Tosi è stato condannato (con il riconoscimento delle attenuanti generiche e la sospensione della pena) a nove mesi. In fondo, il potere ha sempre un costo. E al ‘faraone’ Tosi il potere piace. Ne è affascinato. E Siena per lui è piccola. Perché non puntare in alto? L’occasione la fornisce la Crui. Per Tosi è un gioco da ragazzi conquistarne la guida non appena un altro rettore toscano, il matematico Luciano Modica, lascia Palazzo alla Giornata (la sede del rettorato di Pisa) per candidarsi alle elezioni suppletive al Senato. La Crui è un trampolino di lancio importante per chi aspira ad un ruolo da ministro. Tosi lo ha imparato da Berlinguer. E così ci si butta anima e corpo. Tanto che nel novembre del 2004 porta in Senato Accademico una modifica allo Statuto in modo da «far coincidere il termine del proprio mandato quale presidente della Crui con quello di Rettore». Nessuna forzatura, beninteso. Tosi, si legge nella delibera, «comunica di aver ricevuto, da parte di presidi e rappresentanti di area in Senato, una sollecitazione». Ci mancherebbe che qualcuno pensasse ad un Ateneo ad «uso e consumo». Roba da regimi. Qui, siamo in democrazia. Così la delibera passa con il voto di tutti i presenti, compreso quello di Tosi. La cosa non passa inosservata e il professor Giovanni Grasso presenta ricorso al Tar. Ma i giudici amministrativi, senza entrare nel merito, ‘bocciano’ il ricorso «perché il ricorrente avrebbe dovuto procedere solo dopo la delibera ad hoc del Senato accademico». Ed, in effetti, era quello che aveva fatto il professor Grasso. In realtà, quello che mancò fu l’atto amministrativo di recepimento di quella delibera approvata il 15 novembre 2004. Quisquilie. Dopo la pronuncia del Tar la cosa non andò avanti e Tosi rimase alla guida di Banchi di Sotto e della Crui. Come sollecitato dai colleghi e come previsto. Purtroppo, il 26 febbraio 2006, il sogno si infranse davanti agli uomini della polizia giudiziaria che gli notificarono un’ordinanza di interdizione. Un tramonto improvviso, solo in parte risarcito (come abbiamo visto) dalla sentenza dell’aprile 2010. E pensare che in quella primavera del 2006 l’Ulivo vinse davvero le elezioni. Il «barone rosso» avrebbe potuto ben figurare nella compagine governativa alla guida del dicastero della Sanità o di quello dell’Università e della Ricerca Scientifica. Che peccato! E, invece, lasciata la cattedra, è fra color che aspettano che il gup decida sulle 18 richieste di rinvio a giudizio formulate dalla Procura in merito all’inchiesta sul dissesto dell’Ateneo. «Sono tranquillo – dice -. Ho fiducia nella magistratura, ho la coscienza a posto e sono sicuro di dimostrare di aver sempre agito in buona fede. A breve, comunque, mi farò sentire, è venuto il tempo di parlare e raccontare come stanno veramente le cose. Non solo leggere quanto viene scritto da altri». Perché no? È una questione di trasparenza e chiarezza. Sempre. E non solo «al solito posto».

A grandi passi verso la rimozione del rettore dell’università di Siena

Uil-Rua-Cisal-Cisapuni-Rdb-Ugl-Rsu-Flc-Cgil

Egregio Signor Ministro Profumo, si richiama la Sua attenzione per un urgente intervento presso l’Università di Siena i cui vertici hanno sospeso in modo pretestuoso il pagamento di qualsiasi indennità al personale tecnico amministrativo da oltre 13 mesi. Il protrarsi di questa situazione rischia di portare al blocco di attività di servizio connesse direttamente al Fondo, quali ad esempio il blocco delle biblioteche, legate al sistema dei turni, oppure a servizi istituzionali svolti su turni e orari notturni e festivi. A fronte di questo disagio l’attuale vertice si riserva di assumere qualsiasi decisione in merito, in attesa di pareri terzi anche supportati da suggerimenti di Dirigenti Ministeriali, che invitano a non cedere a pressioni sindacali rispetto alle legittime aspettative dei lavoratori e di esclusiva competenza delle OOSS. In questo momento è necessario un Suo intervento per rimuovere le cause che hanno provocato la sospensione delle remunerazioni, nonché di ripristinare la contrattazione paralizzata dai veti incrociati dei vertici, che di fatto esprimono chiaramente una mancata volontà di riconoscere al personale una parte fondamentale dello stipendio. Fiduciosi di un Suo diretto intervento, cordiali saluti.

Altro grosso danno erariale per l’università di Siena?

La domanda è la solita, già formulata in precedenza più volte: «l’Ateneo senese, nelle condizioni attuali, può continuare ad avere una guida priva di credibilità, autorevolezza e senso delle istituzioni?» Ebbene, il tentativo – proceduralmente scorretto sul piano formale e sostanziale –  di far approvare dal CdA il progetto di costituzione di un Fondo immobiliare, la scelta, per lo scopo, di un consigliere finanziario, docente del nostro ateneo e proprietario da venti anni di una Società che ha per oggetto sociale proprio operazioni del genere, hanno legittimato il sospetto di una speculazione finanziaria ai danni dell’Università di Siena. Il CdA ha bocciato la proposta, tuttavia lo sconcerto aumenta nell’apprendere dal settimanale “Il Mondo”, ancora in edicola, che il rettore è stato quanto mai reticente a fornire una banale (perché è sul sito di Unisi) risposta all’interrogazione di un consigliere d’amministrazione. In sostanza, si chiede di conoscere se il consigliere di Riccaboni sia a tempo pieno o definito e se il regime a tempo pieno sia compatibile con la proprietà di una Srl. Siccome, per l’esercizio del commercio e dell’industria, l’incompatibilità è da collegarsi all’ufficio di pubblico dipendente e non al regime d’impegno prescelto, nella peggiore delle ipotesi ci troveremmo nella situazione di un altro grosso danno erariale.

Fabio Sottocornola. Imbarazzo ai vertici dell’università di Siena, la più disastrata d’Italia. Dai palazzi della politica romana si osserva con timore quanto accade nella città del Palio. In un’interrogazione l’onorevole Flavia Perina (Fli) ha chiesto al ministro Francesco Profumo se non ritiene opportuna la revoca «in autotutela» del rettore Angelo Riccaboni dopo l’inchiesta della Procura cittadina sulle elezioni in odore di irregolarità. Non solo: Perina propone al Miur di costituirsi parte civile in eventuali processi sul dissesto. E non è tutto. A fine gennaio si è mosso David Cantagalli, rappresentante del governo nel CdA dell’ateneo. Ha posto al rettore alcune domande su Lorenzo Frediani, docente di economia dei mercati finanziari che «risulterebbe socio di maggioranza della Astrea», società di consulenza. Il consigliere voleva sapere se il professore «avesse optato per il regime a tempo pieno o definito. E, qualora risulti accertata l’attività professionale, se il regime scelto sia compatibile con le disposizioni di legge». Questione delicata e definita dalle norme. Lo spiega Cantagalli domandando se «la presunta attività di Frediani sia compatibile con la legge quando afferma che il regime a tempo pieno è incompatibile con attività professionali». Non solo: il consigliere vuole far girare i quesiti all’intero CdA. La situazione pare imbarazzare Riccaboni: in un elenco del 2010 Frediani figura «ordinario a tempo pieno». Il magnifico ha dapprima preso tempo «per approfondire la posizione del professore. Non ritengo possibile proporre al CdA una situazione individuale, per evitare eventuali ricorsi dell’interessato». Cantagalli ha fatto notare che «l’interrogazione è per l’accertamento di fatti presunti». Senza il quale, ci potrebbero essere «conseguenze che non auspico». Il 3 febbraio Riccaboni ha ammesso che Frediani controlla Astrea ma non è Ad o presidente. Per lui non è incompatibile.

Articolo pubblicato anche da: il Cittadino Online (13 febbraio 2012) con il titolo: Università: a proposito del tentativo di costituire un fondo immobiliare.

Che sfiga per Michel Martone: s’è “purgato” a Siena!

Di seguito un’illuminante ricostruzione della tempistica del concorso per ordinario di Michel Martone, fatta da Antonio Rossitto per “Panorama”, oggi in edicola. Per ridurre il numero dei candidati (da otto a due) occorreva tempo. Bastava posticipare la nomina della commissione! L’ateneo che aveva bandito il concorso? Siena. Il rettore firmatario del decreto di nomina? Piero Tosi.

Un concorso di cause molto fortunate

Antonio Rossitto. Il giovane viceministro al Lavoro l’ha presa male. Sul suo blog Michel Martone risponde puntuto alle insinuazioni giornalistiche che fotografano una carriera accademica a velocità ultrasonica: dottorando a 23 anni, ricercatore a 26, associato a 27, ordinario a 29. Mezza Italia l’ha criticato per avere dato degli «sfigati» a quelli che a 28 anni bazzicano ancora in facoltà e ha gridato: tu quoque, figlio del potente ex avvocato generale della Cassazione, Antonio. Insomma, dietro occhialini e capigliatura gramsciani si nasconderebbe il più raccomandato tra i raccomandati. Lui nega recisamente. Al centro della querelle è la cattedra di diritto del lavoro ottenuta da Michel appena ventinovenne. La storia: due posti per ordinario banditi dall’Università di Siena l’11 gennaio 2002, con otto professori associati che fanno la domanda ma all’esame arrivano solo in due e il viceministro è secondo classificato. Due dei cinque commissari vergano giudizi bizantini e perplessi, il cui succo è: scientificamente acerbo. E forse, se si fosse presentato qualche collega con più anzianità, per lui sarebbe stata dura. In mancanza di altri pretendenti, però, è lui il prescelto.

Martone, sul suo sito, protesta: «Gli altri candidati si sono ritirati perché nel frattempo avevano vinto in altre sedi». Il viceministro dice il vero. Omette però un dato sostanziale. Il concorso bandito a Siena, in cui lui ha trionfato, è durato un’eternità: un anno e mezzo, tanto da avere avuto bisogno di una proroga. Le lungaggini hanno permesso a quattro professori, che avevano presentato più domande, di diventare ordinari in altre sedi. E di ritirare così la loro candidatura a Siena, lasciando campo libero a Martone. Gli esami di quella sessione si incastrano tra loro come mattoncini del Tetris. Un concorso della Lum di Bari si conclude il 22 ottobre 2002. Un altro dell’Università del Molise, due posti banditi poco prima che a Siena, termina una settimana prima. Solo a questo punto, il 31 ottobre 2002, dopo quasi 10 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, viene incaricata la commissione di Siena: la presiede Mattia Persiani, mentore accademico di Martone e amico di suo padre. Un giorno prima, il 30 ottobre, sono definiti anche i cinque commissari del concorso dell’Università di Modena, cui partecipa un’altra possibile contendente del viceministro. Anche quella cattedra viene assegnata alla velocità della luce, in tre mesi e mezzo (il 10 febbraio 2003), quando Persiani e colleghi, fra un ritardo e l’altro, sono ancora agli inizi. Morale: a Modena per chiudere l’esame impiegano sette mesi, a Siena 16. Fuori quattro concorrenti, quindi. Ma sulla strada di Martone restano comunque due candidati. Marco Marazza, intimo di Martone e pure lui discepolo di Persiani, decide di ritirarsi: poco dopo vincerà un posto a Teramo. L’ultimo ostacolo è Gianni Arrigo, ma anche lui rinuncia. Così, una defezione dopo l’altra, l’enfant prodige del governo Monti vince la cattedra il 9 luglio 2003. Ordinario a 29 anni, grazie a bizzarre e irripetibili congiunzioni accademiche. Conscio di ciò, il viceministro si definisce «un ragazzo fortunato».

Un argomento trascurato nel dissesto dell’università di Siena

Condivido l’articolo di Raffaele Ascheri (da l’Eretico di Siena) che riporta il costo delle consulenze esterne: 2,7 milioni di euro corrisposti dall’università di Siena in sette anni ad alcuni professionisti per le loro prestazioni. A questo punto ritorna prepotente d’attualità la mia richiesta del 2006, tesa a sapere come siano stati spesi in soli tre esercizi 20 milioni di euro etichettati, eufemisticamente, come assegnazioni diverse.

Come distruggere un’Università: le consulenze esterne

Raffaele Ascheri. Nel mare magnum della maxi-inchiesta della Procura di Siena (Pm Nastasi e Natalini) sul clamoroso “buco” dell’Università, a parere ereticale un capitolo stimolante assai è quello delle consulenze esterne (a memoria, poco trattato anche dai blogger più “universitarizzati”, come quello di Giovanni Grasso e quello degli illuminati: se mi sono perso qualcosa, chiedo venia!). Dalla Relazione sulla verifica amministrativo-contabile dell’Università (effettuata dall’8 marzo 2010 al 21 maggio dello stesso anno, poi pubblicata il 28 luglio), a cura del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e dalla Guardia di Finanza a cura del dottor Giovanni Diana, infatti, si evincono nel dettaglio un sacco di cosine interessanti. Non nuove, ovviamente: ma documentate al centesimo…

L’estensore sembra stigmatizzare il ricorso sistematico alle consulenze esterne: l’Università di Siena non ha conferito nessun incarico tecnico a suoi dipendenti. In qualche caso – si dirà – era impossibile; in altri, forse cercando meglio qualcosa si poteva trovare, no? Gli architetti, i geologi, gli ingegneri, comunque, li ha chiamati dall’esterno. Vediamo con quali costi: anno 2003: € 632.688,00; anno 2004: € 349.107,00; anno 2005: € 578.239,00; anno 2006: € 387.540,00; anno 2007: € 84.230,00; anno 2008: € 276.499,00; anno 2009: € 414.826,00. Il tutto, per un totale – spalmato fra il 2003 ed il 2009 – di qualcosa come € 2.723.132,00. Ma la disamina ci dice anche – e soprattutto – altro, ben altro: che i beneficiati (di cui c’è l’elenco completo, ovviamente, anno per anno), risultano essere in pratica sempre gli stessi; peggio ancora (molto peggio…), si aggiunge qualcosa di tagliente assai sul come venivano scelti i consulenti: «affidamenti disposti intuitu personae, atteso che in nessun caso (anche per quelli di maggiore rilevanza economica) è risultata svolta una vera e propria procedura concorrenziale e, quindi, una selezione fra più soggetti».

E non è tutto, perché la furbizia è stata la molla dell’implosione del Sistema Siena (non solo all’Università, indubbiamente però paradigmatica): dal momento che la Legge (articolo 17 della legge 109 del 1994, in pieno clima Tangentopoli) obbliga a gare d’appalto o comunque a procedure di selezione per incarichi di progettazione o revisione superiori a quota 100mila euro, all’Università del Bengodi che si faceva, siccome s’era tutti più furbi di quegli altri? La stragrande maggioranza degli incarichi si facevano inferiori al prefato limite di 100mila euro, bypassando di fatto la problematica legislativa sopra citata. Vai con l’affido fiduciario, vai con l’intuitu personae: e s’è visto come è andata a finire…