Un boomerang, la montatura contro Marco Ruggiero

In difesa di Marco Ruggiero, di seguito una lettera del gruppo Hiv Informa al rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Alberto Tesi.

Hiv Informa (7 marzo 2012). Illustre Rettore, siamo un gruppo di persone risultate sieropositive ai test anti-Hiv, ex malati di “aids”, medici e supporters riuniti sotto il nome HivInforma; motivo di questa lettera è per esprimere il nostro disaccordo circa le comunicazioni dei sedicenti malati del sito HivForum.info. Nonostante tale gruppo si arroghi il diritto di parlare a nome delle persone sieropositive italiane è doveroso sottolineare che questo non corrisponde a verità, e prendiamo le dovute distanze da quanto comunicatoLe da questi signori.

In primo luogo intendiamo sottolineare che il suddetto gruppo si presenta in maniera del tutto anonima in rete. Il sito web HivForum.info è infatti registrato da parte di una società prestanome DomainsByProxy (servizio spesso utilizzato anche per truffe in rete, spam, phishing e cybersquatting), per quanto in un contesto quale Internet si possa inneggiare al diritto alla privacy, organizzazioni e associazioni ma anche piccoli gruppi sono tenuti per motivi di trasparenza ad essere identificabili in persone fisiche o associazioni. La maldestra speculazione iniziata in rete da questi signori ai danni dell’immagine dell’Università degli Studi di Firenze ci ricorda tanto le mitologiche vicende omeriche tra Odisseo e Polifemo. Altrettanto poco attendibile è la stessa utenza del sito web, poiché in presenza di pseudonimi di dubbia serietà e poca credibilità, il software utilizzato per il servizio di forum in HivForum.info lascia spazio e possibilità ai titolari-gestori (anonimi per le ragioni di cui sopra) di creare utenti fittizi apparendo come grandi community che seguono un leitmotiv unico. Assumendo la buona fede di questi amministratori non riusciamo a giustificare come mai i nostri pareri esposti nel sito HivForum.info siano continuamente censurati e quotidianamente assistiamo alla revoca degli accessi a tale servizio web di tutti quegli utenti che espongono pensieri discordanti circa questa campagna, i cui effetti sembrerebbero tendere a screditare la ricerca tenutasi presso l’Università di Firenze e al fine, più che esplicito, di promuovere l’utilizzo (e la conseguentemente copiosa spesa finanziata dai contribuenti, da parte del Governo Italiano) di terapie sulle quali attualmente, a livello medico-scientifico e accademico si pongono numerosi dubbi sull’effettiva efficacia, riconoscendone all’unanimità gravissimi effetti collaterali nocivi per la salute (primo fra tutti “Bassa conta di globuli bianchi”, tenendo presente che tale condizione si definisce esattamente con il termine immunodeficienza).

Vogliamo notificare che tale campagna diffamatoria è fomentata da associazioni quali Nadir Onlus, NpsItalia. È doveroso ricordare che tali pie associazioni che presumibilmente non dovrebbero avere finalità lucrative ricevono annualmente laute donazioni da parte di industrie farmaceutiche (A, B, C). Beneficiando del dubbio e pur volendo credere ai filantropici scopi di tali gruppi, il significante “preoccupazione” tanto ripetuto nella lettera, dai suddetti, assume connotazioni, ai nostri occhi, inevitabilmente tendenziose nel contesto di cui sopra.

Ci teniamo a sottolineare l’encomiabile lavoro del Prof. Ruggiero circa lo studio attento e completo del quadro Hiv e Aids. Siamo entrati in contatto con il sopracitato ricercatore lo scorso anno, dopo aver preso visione del documentario “La Scienza del Panico” diretto da Patrizia Monzani e Isabel Otaduy Sömme (la cui conoscenza è stata approfondita e corroborata da dati e studi scientifici che vorremmo tanto poter condividere con i colleghi del Professore, vittime anch’essi di comunicazioni circa l’espressione della “preoccupazione” di cui sopra). Abbiamo invitato il Professore ad intervenire in qualità di relatore durante il nostro congresso HivInforma tenutosi a Maggio 2011 a Bari affiancato dal Dott. Daniele Mandrioli (Medico, laureato presso l’Università degli Studi di Bologna e ricercatore presso l’Università di Berkeley, California) e dalla Prof.ssa Raffaella De Franco (Ordinaria di Bioetica presso l’Università degli Studi di Bari). È importante rendere noto che, nonostante avessimo avanzato la proposta di caricarci l’onere relativo alle spese di viaggio e alloggio, il Prof. Ruggiero ha rifiutato qualsiasi rimborso, provvedendo per suo conto alle dovute spese.

Volevamo oltremodo spendere alcune parole circa la ricerca condotta relativamente all’immunoterapia, il cui concetto è de facto in linea con quanto asserito dal Premio Nobel per la scoperta del presunto virus Hiv, Prof. Luc Montagnier (sottolineiamo “presunto” in quanto il processo di potenziale confutazione è materia quotidiana del giusto approccio scientifico, tenendo presente che i dati attualmente disponibili sembrano convergere verso una ridefinizione di ciò che attualmente chiamiamo “lentivirus Hiv”). Oltremodo ci risulta strano che questi gruppi di sedicenti malati e le “pie” associazioni di cui sopra dimentichino che l’uso dei probiotici è ritenuto addirittura una misura preventiva dell’infezione da Hiv, propagandata anche da noti prodotti della casa farmaceutica GlaxoSmithKline, i cui farmaci antiretrovirali nella terapia presumibilmente anti-Hiv appaiono in bella vista in un poster pubblicato proprio dal “pio” gruppo Nadir Onlus (supporter di questa campagna contro la scienza).

Ancora, ci teniamo a specificare che l’epiteto “negazionista” non definisce affatto l’operato del Professore, poiché la sua ricerca non nega assolutamente la possibile esistenza di un retrovirus quale Hiv, né il suo potenziale ruolo (ad oggi ancora da dimostrare) nell’eziopatogenesi dell’Aids. Al contrario la ricerca sull’immunoterapia si focalizza sul sistema immunitario e quindi sulla ricostruzione dello stesso. Si noti che tale tipologia di approccio è ben lontana dal “miracolo” rispetto alla dogmatica convenzione, socialmente accettata, circa l’esistenza di un virus che ha capacità mutanti tali da sfuggire anche ai luminari della scienza, quanto più darebbe credito all’ipotesi risolutiva suggerita dal Prof. Montagnier (A, B, C, D, E).

Bisogna oltremodo considerare che analoghi approcci immunoterapeutici prodotti da società estere, in linea con l’approccio di ricerca del prof. Ruggiero, sono attualmente approvati per la sperimentazione negli Stati Uniti (addirittura in Fase 2). Conseguentemente l’Università degli Studi di Firenze con tale ricerca, si pone ad un livello di avanguardia e dovrebbe essere vanto per la nostra Nazione e per la comunità scientifica italiana stessa. L’approccio immunoterapeutico oltremodo nell’ambito dell’AIDS non è una novità, sin dal 1997 numerosi ricercatori hanno studiato ciò che consideravano meri rimedi naturali della medicina orientale (erbe note sin dall’antichità, anche in Europa, come potenti stimolatori del sistema immunitario Es. Astragalus Membranaceus) concludendo la ricerca con il seguente periodo: “L’AIDS è una condizione reversibile” il tutto, come potrà vedere dalle note, nella più sancita ortodossia medico scientifica, diversamente quindi, da come alcuni furbi tendono a descrivere tali ricerche in maniera avulsa, forzandone la contestualizzazione in dubbi trattati di naturopatia o di medicina alternativa. Non ci risulta che il Professore recluti in rete pazienti sieropositivi, ciononostante intendiamo affermare che tra noi, coloro i quali sono risultati positivi al test anti-Hiv (i quali aprioristicamente da tale evento e dalle parole del Prof. Marco Ruggiero hanno scelto di non sottoporsi ad alcuna tipologia di terapia farmacologica elargita da cliniche infettivologiche e propagandate con tanto buonismo da dubbie associazioni di malati ignoti), offrono la loro più completa disponibilità a collaborare nella ricerca inerente l’approccio immunoterapeutico.

Consci del fatto che il Rettorato e la Presidenza di Facoltà faranno valere il metodo scientifico tanto caro a coloro i quali desiderosi della verità e ligi al dovere, ricercano il sapere spesso con sacrificio, ci congediamo nell’attesa di una risposta e di conoscere gli eventuali sviluppi.

Se non è possibile mettere al rogo Peter Duesberg mettiamoci Marco Ruggiero!

Di seguito un articolo de il Fatto quotidiano(21 marzo 2012) dal titolo: «Firenze, inchiesta interna per il ricercatore “negazionista” che cura l’Aids con lo yogurt». Altre brevi letture consigliate: «Una mediocrità, nella ricerca, anche se di prim’ordine»; «Tecnici abilissimi ma scienziati mediocri»; «Barbara McClintock: “la scienza è cresciuta a dismisura diventando ottusa”»; «Virus fantomatici, grossi guadagni e conflitti d’interesse sull’epatite C»; «La vera storia dell’Aids è ancora tutta da scrivere: dal virus osannato al virus inventato»; l’intervista di Ruggiero a “la Repubblica” di oggi.

Alessandro Delfanti. L’Università di Firenze torna a essere invischiata in un problema legato ai “negazionisti” dell’Aids. Pochi giorni fa il rettore Alberto Tesi ha aperto un’inchiesta interna sulle attività accademiche di uno dei suoi professori, il biologo molecolare Marco Ruggiero, in seguito alla lettera ricevuta da un gruppo di pazienti e attivisti. Ruggiero infatti è conosciuto a livello internazionale come facente parte del piccolo gruppo di ricercatori che nega che il virus Hiv sia la causa dell’Aids, una tesi infondata e osteggiata dalla stragrande maggioranza degli esperti e della comunità accademica e medica.

Ruggiero, secondo la lettera inviata dal gruppo di discussione Hiv Forum, nella sua attività all’università di Firenze insegna corsi negazionisti agli studenti ed è il relatore di tesi di laurea dello stesso tenore. Inoltre sarebbe arrivato a contattere pazienti in rete proponendo l’uso di yogurt addizionato di Gc-Maf, una proteina con effetti “rafforzatori del sistema immunitario” e che consentirebbe all’organismo di combattere il virus senza l’uso di farmaci antiretrovirali: un’ipotesi irricevibile per chi fa ricerca medica e per gli stessi pazienti. Nella lettera infatti si esprime “estrema preoccupazione per la disattenzione con cui l’Università di Firenze appare affrontare le teorie insegnate e le attività poste in essere dal professor Marco Ruggiero su un tema per noi di vitale interesse: quello dell’Hiv quale causa dell’Aids”.

In risposta alla lettera, che chiede all’ateneo di dissociarsi dalle attività del biologo, l’università di Firenze indagherà su “comportamenti didattici e responsabilità” di Ruggiero, come afferma un portavoce intervistato dalla rivista scientifica Nature. Pochi mesi fa Ruggiero aveva firmato insieme al capofila dei negazionisti, l’americano Peter Duesberg, un articolo scientifico pubblicato proprio da una rivista dell’università di Firenze, l’Italian Journal of Anatomy and Embriology (Ijae). La rivista è diretta da un altro biologo dell’ateneo fiorentino, il professor Paolo Romagnoli. In quell’articolo si mette in discussione il ruolo dell’Hiv nell’epidemia di Aids in Africa e si sminuisce il ruolo dei farmaci antiretrovirali usati per combatterlo.

La guerra agli antiretrovirali messa in campo dai “negazionisti” è pericolosa: mettendone in discussione l’efficacia si rischia di convincere i pazienti a non usarli. In un’intervista a GalileoStefano Vella dell’Istituto Superiore di Sanità e della Commissione nazionale per la lotta all’Aids sottolinea che nello studio di Ruggiero “non vengono illustrati i benefici prodotti da questi farmaci in termini di aumentata sopravvivenza e di imponente riduzione della mortalità, osservati attraverso sia trial clinici controllati sia studi osservazionali, né è citato il fatto che oggi l’aspettativa di vita dei pazienti in regime terapeutico è paragonabile a quella delle persone non infettate. È proprio questo straordinario effetto della terapia a dimostrare la relazione di causalità tra il virus e la malattia”.

La commissione d’inchiesta interna dell’università valuterà le attività didattiche di Ruggiero e si pronuncerà entro il prossimo 15 aprile. Non è ancora chiaro se le sue decisioni potrebbero avere ripercussioni sulla carriera accademica di Ruggiero. Intanto due membri internazionali del comitato scientifico della rivista dell’università di Firenze si sono già dimessi. Nessuna ripercussione invece su chi la dirige, il professor Romagnoli.

Affossata l’università di Siena, pronto un nuovo ateneo: il DIPINT

Non è un’esagerazione dire che è nato un nuovo ateneo: è sufficiente leggere il “Regolamento” del Dipint, la “Convenzione” fra l’Università e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese (AOUS), e l’articolo del sindacato USB, di seguito riprodotto integralmente.

Attenzione inchiostro fresco!

Massimo Viani (USB P.I.). Non toccare, non leggere, non discutere, possibilmente approvare senza sfogliare il regolamento del DIPINT. Non sappiamo più come dirlo, ma a costo di sembrare ripetitivi, lo scriviamo di nuovo: in questo Ateneo Rettore e Direttrice Amministrativa pensano di poter fare ciò che vogliono senza pudore. Siamo di nuovo chiamati ad occuparci della questione DIPINT. Lunedì 19 marzo si è svolto il Senato Accademico, e in quella sede è stato approvato il regolamento del DIPINT, con annessa nuova convenzione fra AOUS e Università. Non sappiamo quale sia stata la discussione in merito al regolamento. La maggior parte del documento riguarda didattica e ricerca e crediamo che il Senato avrebbe dovuto prestare attenzione a quello che approvava. Probabilmente non si è detto granché visto che in passato, nonostante gli appelli della USB P.I. ad una maggiore pressione anche dei docenti in merito all’indebolimento del ruolo dell’Ateneo e della Facoltà di Medicina, nessuno ha mosso foglia pubblicamente. È probabile però che non se ne siano accorti nemmeno che approvavano il regolamento del DIPINT perché è stato messo fra le convenzioni in una lista anonima quasi in fondo. La stessa cosa avverrà venerdì 23 marzo in occasione del CdA. All’ordine del giorno, al punto 9.28 come ultima convenzione è portata in approvazione la delibera con allegata convenzione che dà il via libera al Regolamento del DIPINT. Fin qui non ci sarebbe nulla di male a livello sostanziale se non il fatto che un dipartimento che ha trovato dignità di menzione nel nuovo Statuto, e che porta risorse necessarie (8 milioni) all’Ateneo, venga passato nel mucchio senza che vi sia un approfondimento. Sembra quasi che si voglia farla finita con le richieste di chiarimento, quasi che 8 milioni valgono bene una facoltà!

In passato ci risulta che ben altro ruolo ha avuto, fin dall’ordine del giorno del CdA, la questione DIPINT. Si vede che ora c’è fretta. C’è bisogno di far arrivare questi benedetti 8 milioni anche se non c’è accordo fra AOUS e Università su quanti ne arriveranno in verità alla fine: 1 milione potrebbe essere trattenuto dall’AOUS per finanziare progetti di ricerca aziendali. Inoltre, nella convenzione, all’art. 3 comma 3, si legge: «Il Regolamento può essere sottoposto a procedure di revisione e/o aggiornamento ogni qualvolta ne emerga la necessità, dietro approvazione del Comitato di Indirizzo del DIPINT.» Forse, per un dipartimento di tale importanza e previsto dallo Statuto, sarebbe stato giusto riportare che le variazioni del regolamento vengono approvate dal Senato e dal CdA su proposta del Comitato d’Indirizzo. Siamo fissati con la precisione, è vero, ma la nostra precisione può essere vista come pignoleria solo da chi non vuole ammettere che vi sono perplessità in merito all’iter di approvazione del regolamento del DIPINT. La questione forse più grave però è quella riguardante il testo del regolamento del DIPINT. Abbiamo già analizzato la questione in modo puntuale, facendo molte considerazioni sul ruolo del personale tecnico e amministrativo, ma non ci aspettavamo che i nostri rilievi fossero tenuti in considerazione. Lo stesso Rettore, però, nella comunicazione inviata in data 29 febbraio a tutto il personale, scrive che verrà inserito un riferimento alle linee guida sulla mobilità del personale universitario. Per noi avrebbe rappresentato una prima tutela per coloro che andranno funzionalmente ad operare nel DIPINT. Questa modifica non c’è stata, segno del rispetto che si ha degli impegni assunti in riunioni ufficiali di confronto sindacale. Ricordiamo al Rettore che i sindacati d’Ateneo sono in stato di agitazionee lo stesso Prefetto di Siena ha riconosciuto che l’Amministrazione sta tenendo nei confronti delle OO.SS. un comportamento discutibile. L’episodio riferito nel presente comunicato è una prova ulteriore della delegittimazione costante operata dai vertici dell’Ateneo nei confronti delle OO.SS., per cui sarà nostra cura informare il Prefetto di tale ulteriore manifestazione di disprezzo delle relazioni sindacali regolate dall’art. 11 del CCNL. Invitiamo i consiglieri a riflettere bene su quanto vanno ad approvare e ad avere il coraggio di affrontare le questioni per quanto delicate siano.

L’università di Siena? Una fabbrica di pentole da venditore ambulante

Scrivevo nel 2008 che il necessario e rigoroso risanamento dell’ateneo senese avrebbe dovuto salvaguardare la centralità degli studenti e dei docenti, razionalizzando l’offerta formativa e puntando sulla qualità della didattica. L’amministrazione universitaria dell’epoca, ipotizzando un pareggio di bilancio per il 2012, fornì anche le seguenti proiezioni sul numero dei dipendenti, calcolato considerando le uscite per pensionamenti senza alcuna sostituzione: 872 docenti e 1163 non docenti al 31 dicembre 2014. Dopo tre anni, a che punto siamo? Quanto hanno inciso politica dei prepensionamenti con lauti incentivi e demotivazione per l’assenza di una seria proposta di risanamento e di rilancio dell’università? I dati della tabella ci dicono che già oggi, con tre anni d’anticipo, il numero dei docenti è inferiore a quello previsto per il 2014. La situazione è drammatica ed è facile immaginare quel che accadrà fra tre anni. Ma ancor prima fra tre giorni, quando entrerà in vigore il decreto legislativo sul sistema d’accreditamento, che «comporta l’accertamento della rispondenza delle sedi e dei corsi di studio agli indicatori, volti a misurare e verificare i requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e di qualificazione della ricerca idonei a garantire qualità, efficienza ed efficacia nonché a verificare la sostenibilità economico-finanziaria delle attività.» Quel che sta accadendo a Siena preoccupa: richiamare i colleghi già pensionati per ricoprire gli insegnamenti va bene; ma assegnare i corsi al primo che passa è inaccettabile; non si può dimenticare che «docenti universitari, esperti cioè nell’insegnamento e nella ricerca e capaci di guidare l’uno e l’altra, non si nasce né ci si improvvisa.»

Siena: Università e Banca un trench double-face

Di seguito una recensione dell’ultimo libro di Raffaele Ascheri pubblicata su Notizie Radicali.

Mussari Giuseppe: una biografia (non autorizzata)

Simonetta Michelotti. Per molti anni Siena è stata l’isola che c’è, primeggiando nelle classifiche per la qualità della vita, una città mediamente benestante con istituzioni importanti che nel corso della loro lunga storia si sono distinte nei rispettivi settori di competenza: l’Università (fondata nel 1240), il Monte dei Paschi (fondato nel 1472) e l’ex Istituto sieroterapico, fondato da Achille Sclavo nel 1904 da alcuni anni targato Novartis. Nell’ultimo decennio, Università e Mps hanno prestato due loro leaders alle rispettive associazioni di categoria: il rettore Piero Tosi è stato presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) dal 2002 al 2006 e dall’estate 2010 Giuseppe Mussari non è più solo presidente Mps ma anche presidente Abi. Curiosamente, a fronte di questi successi personali che hanno dato (e danno) grande lustro alla città, Tosi (insieme ad altre diciotto persone) è in attesa che il giudice competente si pronunci circa il rinvio a giudizio (o meno) per il dissesto finanziario dell’ateneo senese e Mussari ha ricevuto, poche settimane dopo la nomina all’Abi, un avviso di garanzia (insieme ad altre sedici persone) per una vicenda collegata al progetto di ampliamento del piccolo aeroporto senese di Ampugnano.

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Università di Siena: sul salario accessorio interrogazione parlamentare

Fabio Evangelisti (Deputato di Italia dei Valori). Quali iniziative intende adottare il Ministro Francesco Profumo per rimuovere le cause che hanno provocato la sospensione delle remunerazioni accessorie del personale tecnico e amministrativo dell’Università di Siena e per ripristinare la contrattazione attualmente paralizzata da veti incrociati? Nella cornice della grave crisi dell’Ateneo di Siena il personale tecnico e amministrativo sta vivendo una situazione di ulteriore disagio e difficoltà. Ci risulta, infatti, che i vertici dell’Università di Siena hanno sospeso in modo pretestuoso, da oltre tredici mesi, l’erogazione del salario accessorio del personale di categoria B, C e D. A fronte di questo disagio, ci risulta che l’attuale vertice dell’Ateneo si sia riservato di assumere qualsiasi decisione in merito, in attesa di pareri terzi anche supportati da suggerimenti di dirigenti ministeriali: per questo sollecitiamo il Ministro Profumo a riparare in fretta a questa grave lesione dei diritti dei lavoratori. Il protrarsi di questa situazione rischia infatti di portare al blocco di importanti attività di servizio quali ad esempio le biblioteche, oppure servizi istituzionali svolti su turni e orari notturni e festivi.

Il salario accessorio è quel salario differito che viene erogato a seguito di prestazioni lavorative particolari oppure per responsabilità organizzative, ovvero tutti quei lavori disagiati come i turni festivi, notturni o i lavori che prevedono un’esposizione a rischio, prestazioni la cui retribuzione è prevista per legge e obbligatoria. Rimarcare la natura del salario accessorio come salario differito è importante perché permette di comprendere che il personale in questione, con il blocco dei contratti pubblici a seguito delle manovre del governo precedente, sta vivendo un ulteriore impoverimento retributivo.

In questa situazione, che rappresenta senza dubbio una grave lesione dei diritti e della dignità dei lavoratori, è importante capire che la definizione dei criteri di distribuzione del salario accessorio non è un vezzo o una semplice pretesa, ma rappresenta una voce inderogabile della contrattazione integrativa, un obbligo per la Pubblica Amministrazione prevista dalla legge per assicurare adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici.

Sul nuovo trattamento economico dei professori e ricercatori universitari

Emanuela Maioli. Dalla data di entrata in vigore (24 febbraio 2012) del DPR 232/2011, il trattamento economico annuo lordo del personale docente delle università dovrebbe essere adeguato alle nuove tabelle stipendiali secondo il ruolo (Ric, PA e PO) e secondo la progressione economica per classi e (vecchi) scatti biennali. A parte il blocco degli scatti fino al 2013 e la loro trasformazione in triennali, chiunque di noi può notare, e invito tutti a scaricare le tabelle allegate al suddetto decreto, che ci sono vistose differenze tra il reddito annuo lordo realmente percepito e quello che per legge ci spetterebbe. Per fare qualche esempio, un vecchio ricercatore confermato (alla XII classe, 2a progressione economica) percepisce 50.000 euro lordi contro € 58.112,98; un ricercatore alla VIII classe percepisce circa 6.000 € lordi di meno all’anno; un PO può essere penalizzato fino a 10.000 € all’anno. Ognuno, se non l’avesse già fatto, può verificare.

Si fa un gran parlare del salario accessorio perso dal personale tecnico e amministrativo. Penso che abbiano le loro sacrosante ragioni per rivendicare i loro diritti, ma è l’ora di far notare che, sebbene la differenza quantitativa tra il salario del personale docente e quello del personale tecnico sia notevole e la penalizzazione degli ultimi sia conseguentemente molto più pesante, la nostra Amministrazione sta facendo pagare la crisi finanziaria dell’Ateneo, più o meno, a tutti quanti. Nel caso del personale docente, mancano due adeguamenti stipendiali: l’aumento del 2009 (3,77 %) e del 2010 (3,09 %). Nel gennaio 2010 ci fu il conguaglio 2009 ma siamo indietro di tre anni per quanto riguarda gli adeguamenti e di due anni e tre mesi per quanto riguarda gli arretrati.

L’università di Siena, ad occhi bendati, sull’orlo del baratro

Rabbi Jaqov Jizchaq. Vorrei sottolineare un paradosso. Sin dal tempo di Mussi si è scelto di potare in modo “lineare”, dare lo scapaccione senza – per così dire – mostrare la mano: appellandosi cioè all’oggettività dei “requisiti minimi di docenza”, il che ha trasformato la cosiddetta razionalizzazione nella cosa più irrazionale che si possa immaginare, un meccanismo aleatorio tipo roulette russa, e vorrei proprio vedere se in tal modo si sono abolite più cose inutili o più cose utili; ebbene, una volta potato un corso di laurea o un dipartimento perché ti mancano X docenti (e bada caso non ti mancano nelle “scienze del bue muschiato”), ti si pone il problema di cosa fare con quei bipedi implumi che restano: la politica di ammucchiarli in fastella sempre più disomogenee mostra la corda, e comunque sentire emeriti signor nessuno che ne proclamano sic et simpliciter l’inutilità, è cosa che fa venire il vomito. Il corpo docente italiano in genere è il più anziano tra i paesi OCSE; ho letto tempo addietro (mi pare un libro di Sylos Labini jr.) che gli ordinari di settori imprescindibili come la fisica hanno mediamente l’età di Matusalemme; a Siena in particolare da anni e per anni assisteremo solo ad uscite di ruolo senza sostituzione e della generazione congelata nel freezer, allo scadere del fatidico 2018 verrà scongelato solamente qualche raro ghiozzo, scorfano o triglia, con criteri del tutto imperscrutabili come la grazia divina per i calvinisti; dunque il problema sul quale sto cercando di richiamare l’attenzione è destinato ad aggravarsi. Per affrontarlo, ad oggi si è scelto innanzitutto (non sia mai) di non toccare gli interessi costituiti, lasciando dunque in piedi robe oscene tipo doppioni e scienze del gatto a prescindere da ogni “criterio” (Dio lo vuole!); indi di buttare la gente a fare (male, inevitabilmente) un mestiere che non è il loro in contesti impropri, accorpando, mescolando, diluendo, ricicciando, ribattenzando, ecc. ma in nome della porcherrima autonomia universitaria, pare che a nessuno sia venuto in mente di riprogrammare le sedi di tre università statali ad un tiro di schioppo l’una dall’altra. Pare che nel sistema italiano (sostanzialmente feudale e mafioso) tale ovvietà risulti inconcepibile. Cui prodest? Questo modo di ragionare non ha futuro e non porterà Siena fuori dalla crisi.

Riflessioni sugli applausi ai funerali di Lucio Dalla e immagini delle Isole Tremiti

Un ricordo di Lucio Dalla attraverso alcune immagini delle Isole Tremiti, di solito meta delle sue vacanze estive. Del Santuario di Santa Maria a Mare, a San Nicola, si vedono il Cristo e il Polittico lignei e un particolare del mosaico della navata centrale. La villa del cantante, a San Domino. Di seguito, la riflessione di Filippo Facci sulla consuetudine di applaudire il feretro dei personaggi famosi.

È morto, applausi

Filippo Facci. La mia più grande vergogna di italiano sono gli applausi ai funerali, abitudine spaventosa che si è ripetuta mentre il feretro di Lucio Dalla lasciava San Petronio. I sociologi possono anche farmi una pippa così e raccontarmi che trattasi di consuetudine di chiara derivazione televisiva, roba che una volta non c’era: il primo applauso a un funerale pubblico pare che l’abbia beccato Anna Magnani nel 1973. E infatti non è una cultura, è un’incultura: non è un indotto della storia, ma di Domenica In. Ma dovrebbero spiegarmi perché questa cosa esiste solo da noi, come quell’altro orrore che è l’applauso mentre atterra l’aereo. Hanno applaudito la salma di Berlinguer, quella di Moro, quelle di Nassirya, Falcone e Borsellino, persino Giovanni Paolo II: i pellegrini di tutto il mondo rimasero agghiacciati e increduli. I morti non si applaudono, neanche quelli mediatici. Alla fine del Requiem di Mozart non si applaude. Wagner proibì gli applausi anche alla fine del Parsifal. Non c’entra la religiosità: il raccoglimento è anche laico e pagano, se non reggi la tensione, se la temperatura spirituale è per te inaccessibile, allora stai a casa. Se devi esorcizzare la paura della morte, beh, vai a farti un giro. La buona fede non salva l’ignoranza: un funerale è un rituale, una cerimonia. Provate ad applaudire a un funerale di un marine: i funerali diverranno due.