Università di Siena: docenti in pensione e amministrativi in cattedra

Profumo-Camusso-Docenti-PTA

Un titolo già usato in questo blog nel lontano 26 novembre 2008. Parafrasando Erwin Chargaff, all’università di Siena la condizione ideale in cui ci avviciniamo in modo asintotico è: docenti in pensione e amministrativi in cattedra. Di seguito la lettera di Rabbi a Profumo e Camusso.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Gentile signor Ministro Profumo, 
gentile signora Camusso,

mi rivolgo a voi, sperando che questo messaggio nella bottiglia giunga nelle vostre mani, per sapere da un lato chi siano questi “docenti” ai quali bisognerebbe prendere i soldi, se non quelli che in combutta col sindacato hanno ridotto l’università di Siena sul lastrico, se è questa la via al “risanamento” e dall’altro per capire se le affermazioni contro “il culturame”, presenti nel comunicato sindacale di cui sopra, riflettono in qualche modo la linea di pensiero del sindacato che fu di Di Vittorio, di Trentin e di Lama.

Innanzitutto, che vuol dire “colpire i docenti”? “Prendere i soldi fra i docenti”? Chi sono “i docenti”? Per distrarre forse l’opinione pubblica dalle precise responsabilità politiche del dissesto dell’ateneo, alle quali (come a Siena sanno anche le pietre) non sono certo estranei i sindacati stessi, si fa di tutta l’erba un fascio e si addita come al solito al popolino armato di forconi un capro espiatorio generico: chi insegna (tutti “baroni”, naturlich…dal precario, al ricercatore, all’associato, all’ordinario), chiunque sia e a qualunque titolo lo faccia, qualunque cosa insegni, qualunque stipendio percepisca, uomo o bestia, stakanovista o lavativo, qualunque posto gerarchico occupi, qualunque coinvolgimento nel dissesto abbia, comunque la pensi.

Francamente questo comunicato mi pare cartina di tornasole dello sconcertante menefreghismo di chi ha considerato l’università solo una mucca da mungere, ora celato dietro una maschera “neoluddista” che non può non lasciare basiti: mentre la FIOM lotta per evitare la chiusura degli stabilimenti, a Siena allegramente incitano a colpire ancora di più la docenza, nonostante i dati drammatici che evidenziano l’uscita di ruolo di un docente su due (senza turn over) nel breve arco di due lustri e dunque l’incessante ed implacabile smantellamento pezzo dopo pezzo di molte delle strutture della storica università senese.

Chi sono “i docenti”, in questo formidabile ateneo (l’unico della Via Lattea) dove i docenti si avviano ad essere dimezzati e gli amministrativi si avviano ad essere invece il doppio dei docenti, che i sindacati con grandiosa lungimiranza chiedono di colpire? Ad oggi, con il turn over bloccato, dopo che in due anni sono stati fatti fuori circa 300 docenti di ruolo, decimata con tiro ad alzo zero tutta la generazione più giovane dei precari, i docenti rimanenti oramai per un 43% sono ricercatori, molti in cerca d’autore, che si aggirano tra le macerie (stipendi impiegatizi, ovviamente bloccati, carriere bloccate, col fucile dell’ANVUR puntato alla testa, strutture della ricerca devastate). Con il pensionamento di altri 200 docenti (in maggioranza associati od ordinari), la percentuale supererà forse il 60%: ecco i veri nemici del popolo!

Non si curano dello smantellamento delle strutture basilari, ma al contempo, ohibò, dicono di difendere i custodi di quelle medesime strutture di base delle quali di fatto, auspicando l’ulteriore riduzione dei docenti già ridotti all’osso, invocano la chiusura: egregio ministro, egregia segretaria, c’è del metodo in questa follia che a casa mia si chiama semplicemente “pigliare per il culo” :-(?

Finalmente l’università di Siena torna al centro dei programmi e della discussione politica

BaricentroCivicoSiena

Baricentro Civico Siena. Il tavolo delle anime civiche senesi è tornato al lavoro, con il consueto scopo di individuare soluzioni da contrapporre al panorama di dissesto generalizzato che affligge la città. L’ultima riunione del Baricentro Civico, tenutasi giovedì 29 novembre scorso, ha salutato anche la partecipazione del Movimento Civico Senese. Il principale punto di contatto è costituito dalla volontà di individuare le basi per un autentico confronto programmatico sui tanti problemi della città. Un confronto scevro da quelle faziosità che impediscono a priori di individuare soluzioni condivise. La discussione è stata quindi concentrata sul tema dell’occupazione. L’analisi ed il confronto si sono sviluppati anche attorno ai nodi costituiti Siena Biotech, MPS e Università.

La tendenza al silenzio. Il minimo comune denominatore è purtroppo costituito da una preoccupante tendenza al silenzio. Le istanze dei dipendenti MPS, in stato di acuta agitazione, sono regolarmente ignorate dall’interlocutore principale. Il top management, infatti, non ha risposto a nessun interrogativo posto dai lavoratori. Non ha replicato a coloro che chiedono la revisione del piano industriale. Non ha risposto alle istanze mosse dalle rappresentanze dei lavoratori, tese ad evitare le esternalizzazioni (come l’utilizzo del Fondo di Solidarietà). Una tendenza al silenzio estesa anche alla Fondazione. Durante la manifestazione dei lavoratori di Siena Biotech, infatti, il presidente Mancini ha accuratamente evitato le domande sul futuro della società. Limitandosi a dichiarazioni più che laconiche, anche la Fondazione sta contrapponendo un muro di gomma alla reale preoccupazione dei lavoratori che, come i dipendenti MPS, sono uomini e donne preoccupati per il proprio futuro. Un futuro, unito a quello delle proprie famiglie, minacciato da un’incertezza che rischia di divenire cronica. Per quanto riguarda Banca MPS, infine, ulteriori motivi di attenzione sono originati dalla richiesta di altri 500 milioni di strumenti finanziari al Ministero dell’Economia. Un provvedimento le cui conseguenze non sono affatto chiare.

L’università. Il tavolo ha anche analizzato la situazione del principale ateneo cittadino. Il 6 dicembre il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo sarà a Siena per partecipare all’inaugurazione del 772° Anno Accademico. Un’occasione importante non tanto per celebrare un evento simbolico, da gestire con la massima sobrietà visto il momento, ma soprattutto per chiarire alla cittadinanza la situazione dell’ateneo senese. Sarà anche l’occasione per fornire delucidazioni sulle iniziative che si intende intraprendere a salvaguardia del prestigio dell’Istituzione. L’auspicio è che il Ministro non si limiti a parlare dello stato generale dell’università italiana. Al contrario, speriamo che entri nel merito delle questioni riguardanti sia le elezioni del Rettore, sia il grave dissesto che ha colpito l’Ateneo. Nella prossima udienza davanti al GUP, i membri della commissione elettorale e dei componenti del seggio per le elezioni del Rettore dovranno rispondere dell’accusa di falso ideologico commesso da pubblici ufficiali in atti pubblici. Sarebbe quanto mai opportuno che il Ministro esprimesse il proprio punto di vista sulla legittimazione dell’attuale Rettore a svolgere il proprio ruolo. Ciò in conseguenza di quanto riportato dagli organi di stampa, i quali hanno reso noto che, tra gli atti oggetto di falsità, vi è anche il decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca con il quale veniva nominato Rettore dell’Università di Siena il Prof. Angelo Riccaboni. È utile ricordare che, dall’inizio dell’indagine, il Ministero ha rivestito la qualifica di persona offesa. Riteniamo inoltre che il Ministro Profumo abbia il dovere morale e l’obbligo istituzionale di costituire il proprio Dicastero quale parte civile nei processi sul dissesto dell’Università. Chiediamo quindi chiarezza e posizioni nette, nell’interesse dell’Ateneo e dell’immagine della città intera. Chiarezza che non è mai stata efficacemente ricercata dal sindaco dimissionario.

Chieste le dimissioni del ministro dei rettori abusivi

È iniziata la raccolta di firme contro il ministro del Miur, Profumo, con il seguente appello, predisposto dai primi firmatari e dalle associazioni L’Università che vogliamo, CoNPAss, Università bene comune, Alternativa, Fuoriregistro, Forum Insegnanti, Il tetto.

Perché chiediamo le dimissioni di Profumo      (il Manifesto, 10 ottobre 2012)

Quasi un anno di governo è sufficiente per giudicare l’operato del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo. Tutte le sue scelte confermano che egli è l’esecutore testamentario della legge Gelmini, vale a dire il prosecutore del più distruttivo attacco alle strutture della scuola e dell’università pubbliche mai realizzato nella storia della repubblica. Egli stesso ha dichiarato che tutte le sue iniziative sarebbero state realizzate «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ma è andato anche oltre. Egli continua a bloccare i concorsi universitari (sottobanco diminuisce la dotazione finanziaria per la loro applicazione), ha imposto nuovi tagli agli enti di ricerca, ha accresciuto il finanziamento alle scuole private, deliberato la possibilità di aumentare le tasse degli studenti universitari, ha prorogato i rettori in carica, al potere da decenni. Ma fa di peggio, perché sta fornendo all’opera di distruzione delle strutture della formazione un’ideologia ingannevole, quella che ha trovato espressione nel termine “merito”: che ovviamente è, in sé, criterio serio, rispondente alle aspettative di giustizia di tutti noi.

Tuttavia il merito, per il ministro, è quello che inizia a essere valutabile a partire dall’anno del suo avvento. Così nel recente bando di concorso per la scuola, le abilitazioni, i risultati di concorso, le specializzazioni (conseguiti nel passato dagli insegnanti), non hanno più alcun valore e i docenti devono essere di nuovo giudicati da chi oggi ne stabilisce i criteri a proprio arbitrio. Gli stessi titoli dei docenti universitari vengono valutati secondo parametri stabiliti quest’anno dall’Anvur, un organismo di nomina oscura, che in base a criteri privi di riscontro stabilisce che cosa è scientifico e cosa no, imponendo una classificazione delle sedi di pubblicazione delle riviste e case editrici, di 10 o 20 anni fa, sulla base di scelte arbitrarie e inaccettabili.

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Università di Siena: sul salario accessorio interrogazione parlamentare

Fabio Evangelisti (Deputato di Italia dei Valori). Quali iniziative intende adottare il Ministro Francesco Profumo per rimuovere le cause che hanno provocato la sospensione delle remunerazioni accessorie del personale tecnico e amministrativo dell’Università di Siena e per ripristinare la contrattazione attualmente paralizzata da veti incrociati? Nella cornice della grave crisi dell’Ateneo di Siena il personale tecnico e amministrativo sta vivendo una situazione di ulteriore disagio e difficoltà. Ci risulta, infatti, che i vertici dell’Università di Siena hanno sospeso in modo pretestuoso, da oltre tredici mesi, l’erogazione del salario accessorio del personale di categoria B, C e D. A fronte di questo disagio, ci risulta che l’attuale vertice dell’Ateneo si sia riservato di assumere qualsiasi decisione in merito, in attesa di pareri terzi anche supportati da suggerimenti di dirigenti ministeriali: per questo sollecitiamo il Ministro Profumo a riparare in fretta a questa grave lesione dei diritti dei lavoratori. Il protrarsi di questa situazione rischia infatti di portare al blocco di importanti attività di servizio quali ad esempio le biblioteche, oppure servizi istituzionali svolti su turni e orari notturni e festivi.

Il salario accessorio è quel salario differito che viene erogato a seguito di prestazioni lavorative particolari oppure per responsabilità organizzative, ovvero tutti quei lavori disagiati come i turni festivi, notturni o i lavori che prevedono un’esposizione a rischio, prestazioni la cui retribuzione è prevista per legge e obbligatoria. Rimarcare la natura del salario accessorio come salario differito è importante perché permette di comprendere che il personale in questione, con il blocco dei contratti pubblici a seguito delle manovre del governo precedente, sta vivendo un ulteriore impoverimento retributivo.

In questa situazione, che rappresenta senza dubbio una grave lesione dei diritti e della dignità dei lavoratori, è importante capire che la definizione dei criteri di distribuzione del salario accessorio non è un vezzo o una semplice pretesa, ma rappresenta una voce inderogabile della contrattazione integrativa, un obbligo per la Pubblica Amministrazione prevista dalla legge per assicurare adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici.