Quando un Rettore ha il senso delle Istituzioni

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Politecnico di Bari, si dimette il rettore Costantino

BARITODAY (24 giugno 2013). Dal primo ottobre 2013 il prof. Nicola Costantino non sarà più il Rettore del Politecnico di Bari. La decisione è stata annunciata oggi dallo stesso Costantino con una mail inviata a docenti, personale amministrativo e studenti. La scelta, spiega Costantino, è legata alle dimissioni del “suo” direttore generale, Di Guardo, trasferitosi in Friuli per un nuovo incarico.

“Quando, – chiarisce il Rettore nella sua lettera – nel redigere il nuovo statuto del nostro Politecnico, abbiamo previsto per il Direttore Generale il mandato triennale, rinnovabile, perseguivamo l’esplicito obiettivo, da tutti condiviso, di renderlo sincrono con quello esennale del Rettore, in considerazione del rapporto strettamente fiduciario che lega le due figure apicali della nostra organizzazione. Le anticipate dimissioni del Dott. Di Guardo (attuale Direttore Generale, in carica fino al 30 giugno) – a causa dell’importante incarico offertogli dalla Regione Friuli, per il quale gli porgo i più sinceri auguri – rendono ora, di fatto, impossibile conservare questa sincronia”.

“Sia il nostro statuto che la legislazione vigente mi impediscono infatti di conferire l’incarico al prossimo Direttore Generale per periodi inferiori ai tre anni, a meno di forzature contrattuali di assai dubbia legittimità e trasparenza. Ritenendo peraltro estremamente opportuno, ed eticamente doveroso, assicurare al prossimo Rettore il diritto di scelta del “suo” Direttore Generale, così come garantitogli dallo statuto, ho pertanto deciso di rinunciare al secondo dei due anni di proroga ex lege 240/2010 del mio mandato, che terminerà quindi il 30 settembre prossimo”.

Immediata la reazione dei sindacati CGIL-CISL-UIL-CSA-CONFSAL Snals Cisapuni, che con un documento sottoscritto in mattinata e inviato a tutta la Comunità del Politecnico hanno chiesto al Rettore di ritirare le dimissioni. Parallelamente è stata avviata una sottoscrizione di solidarietà alla quale hanno aderito componenti del Consiglio di Amministrazione, al Senato Accademico, docenti, tecnici, amministrativi, bibliotecari e studenti affinché il Rettore possa tornare sui suoi passi.“

Nell’esclusivo interesse dell’università di Siena, un consiglio al rettore: si dimetta!

Primo decreto di nomina a rettore di Angelo Riccaboni

Primo decreto di nomina a rettore di Angelo Riccaboni

Secondo decreto di nomina a rettore di Angelo Riccaboni

Secondo decreto di nomina a rettore di Angelo Riccaboni

Del giallo dei due decreti di nomina a rettore del Prof. Angelo Riccaboni da parte del Ministro, ci siamo già occupati il 13 gennaio 2012 con un post intitolato: Maria Stella Gelmini, la donna che firmò due volte per l’elezione irregolare del rettore di Siena. Se ne consiglia la lettura o rilettura! Il primo decreto gelminiano, del 26 ottobre 2010, riportava: «Nelle more della conclusione dell’indagine, il Prof. Angelo Riccaboni è nominato Rettore». Il secondo decreto gelminiano, del 3 novembre 2010, non riporta più la frase pericolosa per Riccaboni e cautelativa per il Ministro. Orbene, quale dei due decreti è valido? Il primo? Il secondo? O entrambi? Già, perché con il primo (o con entrambi) il ministro avrebbe dovuto interdire Riccaboni alla conclusione delle indagini, avvenuta più di un anno fa. Oggi, addirittura, siamo in presenza del rinvio a giudizio!!!

La comunità universitaria non può avere in questo momento un rettore zoppo, delegittimato e somaro

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Prof. Riccaboni le chiediamo un atto di coraggio e di chiarezza

Sinistra per Siena. L’Università versa in una situazione drammatica; drammatiche e dolorose sono le decisioni che sono state prese con il licenziamento di fatto dei lavoratori della cooperativa. In un periodo come questo occorre che non vi sia dubbio alcuno sulla legittimità di coloro che sono posti nelle condizioni di prendere decisioni e di guidare l’Ateneo. Il provvedimento di rinvio a giudizio del presidente della commissione elettorale prof. Gaeta pone ovviamente seri problemi di legittimità.

La comunità universitaria non può avere in questo momento un rettore zoppo e delegittimato. Il Rettore approfitti di questa occasione per presentare le sue dimissioni e, se lo ritiene, si ripresenti davanti al corpo elettorale chiedendo un nuovo e indiscusso mandato. Solo così l’Università potrà tornare ad avere un Rettore nel pieno delle sue prerogative. Le nuove elezioni potranno essere una proficua occasione per approfondire il dibattito nella comunità universitaria sulla grave situazione in cui versa la nostra massima istituzione culturale e per trovare le nuove idee e la maggiore coesione necessarie per uscire fuori dalla crisi.

Chieste le dimissioni del ministro dei rettori abusivi

È iniziata la raccolta di firme contro il ministro del Miur, Profumo, con il seguente appello, predisposto dai primi firmatari e dalle associazioni L’Università che vogliamo, CoNPAss, Università bene comune, Alternativa, Fuoriregistro, Forum Insegnanti, Il tetto.

Perché chiediamo le dimissioni di Profumo      (il Manifesto, 10 ottobre 2012)

Quasi un anno di governo è sufficiente per giudicare l’operato del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo. Tutte le sue scelte confermano che egli è l’esecutore testamentario della legge Gelmini, vale a dire il prosecutore del più distruttivo attacco alle strutture della scuola e dell’università pubbliche mai realizzato nella storia della repubblica. Egli stesso ha dichiarato che tutte le sue iniziative sarebbero state realizzate «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ma è andato anche oltre. Egli continua a bloccare i concorsi universitari (sottobanco diminuisce la dotazione finanziaria per la loro applicazione), ha imposto nuovi tagli agli enti di ricerca, ha accresciuto il finanziamento alle scuole private, deliberato la possibilità di aumentare le tasse degli studenti universitari, ha prorogato i rettori in carica, al potere da decenni. Ma fa di peggio, perché sta fornendo all’opera di distruzione delle strutture della formazione un’ideologia ingannevole, quella che ha trovato espressione nel termine “merito”: che ovviamente è, in sé, criterio serio, rispondente alle aspettative di giustizia di tutti noi.

Tuttavia il merito, per il ministro, è quello che inizia a essere valutabile a partire dall’anno del suo avvento. Così nel recente bando di concorso per la scuola, le abilitazioni, i risultati di concorso, le specializzazioni (conseguiti nel passato dagli insegnanti), non hanno più alcun valore e i docenti devono essere di nuovo giudicati da chi oggi ne stabilisce i criteri a proprio arbitrio. Gli stessi titoli dei docenti universitari vengono valutati secondo parametri stabiliti quest’anno dall’Anvur, un organismo di nomina oscura, che in base a criteri privi di riscontro stabilisce che cosa è scientifico e cosa no, imponendo una classificazione delle sedi di pubblicazione delle riviste e case editrici, di 10 o 20 anni fa, sulla base di scelte arbitrarie e inaccettabili.

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Per la comunità accademica Riccaboni non è più il rettore dell’Università di Siena

Si può sorvolare su tutto, ma non si può accettare che il rappresentante legale dell’università esponga al ridicolo l’istituzione che rappresenta. Com’è noto, la Procura della Repubblica di Siena ha contestato il reato di falsità ideologica ad alcuni indagati che, in concorso tra loro e attestando falsamente la regolarità del procedimento elettorale adottato, avrebbero indotto in errore il Ministro che, proprio sul presupposto della regolarità delle elezioni, emetteva il decreto di nomina di Riccaboni a rettore dell’Università degli Studi di Siena. Il rettore, però, ha dichiarato di «non essere coinvolto né direttamente né indirettamente nella vicenda e che sarebbe strumentale e dannoso per l’Ateneo ipotizzare un collegamento diretto con la validità e la legittimità delle elezioni». Una dichiarazione comica che, nelle condizioni tragiche in cui versa l’università, solleva alcuni doverosi interrogativi. Il rettore ha, forse, da esibire meriti amministrativi o un’efficace azione di risanamento per giustificare la sua permanenza alla guida dell’ateneo? Ha, forse, predisposto un piano di rientro che riporti il bilancio in equilibrio entro i prossimi cinque anni? Ha, forse, azzerato i costi dei poli universitari esterni e valorizzato l’offerta formativa della sede centrale? Niente di tutto ciò! Al contrario, lui e il direttore amministrativo, con una gestione autocratica, demagogica e in totale assenza di trasparenza, si sono rivelati incapaci di gestire l’ordinaria amministrazione e di risolvere almeno qualche emergenza. Due sedicenti “tecnici” (un economista e un direttore amministrativo con 18 anni d’esperienza) che, proprio nei rispettivi campi di competenza, hanno rivelato dilettantismo e insipienza, senza poter addurre la ridicola attenuante dell’ex rettore Piero Tosi: “io, però, sono un patologo”. E così, un’istituzione dal glorioso passato è nelle mani di una consorteria che s’illude di gestire i complessi problemi della macchina universitaria – che non conosce – finendo con l’ingannare e danneggiare sé stessa, prima che gli altri, e l’ateneo che dovrebbe servire. Riuscirà il nostro magnifico a recuperare il senso delle istituzioni necessario in tali circostanze? O, più modestamente, un po’ di buon gusto? Ce lo auguriamo tutti, nell’esclusivo interesse dell’Ateneo! Del resto, sembra che anche l’autorità di governo sul territorio, in virtù della riserva espressa dal Ministro nel decreto di nomina, abbia sollecitato Riccaboni a rassegnare le inevitabili dimissioni e a rinviare l’inaugurazione dell’Anno Accademico.

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (20 novembre 2011). “Università: Riccaboni recuperi il senso delle istituzioni”.