Chieste le dimissioni del ministro dei rettori abusivi

È iniziata la raccolta di firme contro il ministro del Miur, Profumo, con il seguente appello, predisposto dai primi firmatari e dalle associazioni L’Università che vogliamo, CoNPAss, Università bene comune, Alternativa, Fuoriregistro, Forum Insegnanti, Il tetto.

Perché chiediamo le dimissioni di Profumo      (il Manifesto, 10 ottobre 2012)

Quasi un anno di governo è sufficiente per giudicare l’operato del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo. Tutte le sue scelte confermano che egli è l’esecutore testamentario della legge Gelmini, vale a dire il prosecutore del più distruttivo attacco alle strutture della scuola e dell’università pubbliche mai realizzato nella storia della repubblica. Egli stesso ha dichiarato che tutte le sue iniziative sarebbero state realizzate «con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ma è andato anche oltre. Egli continua a bloccare i concorsi universitari (sottobanco diminuisce la dotazione finanziaria per la loro applicazione), ha imposto nuovi tagli agli enti di ricerca, ha accresciuto il finanziamento alle scuole private, deliberato la possibilità di aumentare le tasse degli studenti universitari, ha prorogato i rettori in carica, al potere da decenni. Ma fa di peggio, perché sta fornendo all’opera di distruzione delle strutture della formazione un’ideologia ingannevole, quella che ha trovato espressione nel termine “merito”: che ovviamente è, in sé, criterio serio, rispondente alle aspettative di giustizia di tutti noi.

Tuttavia il merito, per il ministro, è quello che inizia a essere valutabile a partire dall’anno del suo avvento. Così nel recente bando di concorso per la scuola, le abilitazioni, i risultati di concorso, le specializzazioni (conseguiti nel passato dagli insegnanti), non hanno più alcun valore e i docenti devono essere di nuovo giudicati da chi oggi ne stabilisce i criteri a proprio arbitrio. Gli stessi titoli dei docenti universitari vengono valutati secondo parametri stabiliti quest’anno dall’Anvur, un organismo di nomina oscura, che in base a criteri privi di riscontro stabilisce che cosa è scientifico e cosa no, imponendo una classificazione delle sedi di pubblicazione delle riviste e case editrici, di 10 o 20 anni fa, sulla base di scelte arbitrarie e inaccettabili.

Nel frattempo, come mostrano i recentissimi dati dell’Ocse, l’Italia precipita agli ultimi posti fra i paesi industrializzati per spese all’istruzione e per risultati. Il numero dei laureati/e cala ancora rispetto alla media europea, le immatricolazioni continuano a diminuire (meno 10% lo scorso anno). Le condizioni materiali della scuola pubblica sono degradate da aule sovraffollate, organici insufficienti, servizi inadeguati, edifici vecchi, quando non pericolanti. Come si risponde a questo quadro drammatico sotto la guida di Profumo? Alla Camera si sta tentando di trasformare in legge la cosiddetta “proposta Aprea”, che riduce gli organi collegiali e avvia una privatizzazione camuffata della scuola pubblica. Nel frattempo, a inizio di anno accademico, si innalzano le tasse e aumentano gli sbarra- menti all’ingresso nell’università dei nostri ragazzi/e con quiz cervellotici indegni di un Paese civile.

Occorre finalmente alzare lo sguardo e afferrare l’ampiezza e la radicalità della distruzione oggi in atto. L’ideologia del merito serve solo a disconoscere la formazione, la competenza già conseguita da milioni di giovani a cui non si è in grado di offrire una prospettiva di lavoro all’altezza degli studi compiuti. Essa serve a nascondere la responsabilità di una classe dirigente che negli ultimi 20 anni ha messo nell’angolo ben due generazioni di giovani studiosi. Tutti gli sbarramenti posti davanti ai ragazzi/e che vogliono avanzare negli studi e nella ricerca servono a camuffare una drammatica disoccupazione intellettuale di massa e farla percepire, da chi ne è vittima, come incapacità personale e mancanza di merito. Noi diciamo basta a questo gigantesco inganno. E diciamo basta al declino programmato dell’Italia, spinta verso la periferia del mondo.

Noi chiediamo le dimissioni di Profumo, uomo di copertura ideologica, che continua e persegue con l’inganno pubblicitario delle sue trovate la politica di demolizione dell’istruzione pubblica di massa intrapresa dal governo Berlusconi. La violenza della polizia contro le manifestazioni studentesche di questi giorni conferma una continuità politica che occorre spezzare.

Chiediamo il superamento totale del numero chiuso all’università; la chiusura dell’Anvur per manifesta incapacità di assolvere il suo compito. Chiediamo invece il ruolo unico della docenza universitaria con progressione di carriera basata sulla verifica scientifica dei risultati. Le procedure per l’idoneità alla docenza devono svolgersi al più presto secondo seri criteri di valutazione e senza automatismi. Chiediamo la revo- ca immediata del bando di concorso per gli insegnanti della scuola e il rispetto dei diritti acquisiti nel passato.

Chiediamo inoltre stanziamenti adeguati e immediati per borse di studio nella scuola e nell’università, per i dottorati e per assegni post-dottorato: un aiuto concreto e un segnale di incoraggiamento per migliaia di giovani ora privati di ogni prospettiva dignitosa. Dalla crisi si esce anche con lo slancio e la volontà della nostra gioventù.

Chiediamo un adeguamento delle risorse finanziarie destinate a scuola e università almeno a livello della inedia dei Paesi dell’Ocse. A chi dice che non ci sono i soldi rispondiamo che i soldi ci sono per le scuole private e cattoliche – in spregio alla Costituzione – ci sono, in abbondanza e senza valutazione, per l’Istituto Italiano di Tecnologia, creato dal governo Berlusconi, ci sono per grandi opere dannose come il sottopasso di Firenze, ci sono – oltre 60 milioni al mese – per la guerra in Afghanistan, ci sono per gli sperperi di un ceto politico predone che dissangua il Paese . Secondo il Sole 24ore del 21 settembre, se i docenti che svolgono attività professionali venissero pagati in regime di tempo definito, e non di tempo pieno come oggi, si risparmierebbero almeno 500 miliardi. «Non ci sono i soldi» è un ritornello per farci accettare la privatizzazione strisciante del sistema formativo. In realtà, il bilancio dello stato è oggi territorio di scorrerie di poteri e clientele, fonte di disuguaglianze e iniquità. I soldi ci sono per chi fa la voce grossa. Facciamo sentire la nostra.

Nell’approssimarsi di un momento cruciale della politica italiana, chiederemo a chi si candida a governare l’Italia, a tutte le forze democratiche, l’impegno ad abolire le legge Gelmini e ad avviare una riforma dell’università ispirata alla Carta di Roma1, al Quadrifoglio per l’Università2, del Documento per l’Università bene comune3, dei Sette punti fondamentali dei DP4. Tutte le associazioni e le realtà firmatarie di questo appello si costituiscono come forza stabile organizzata con l’intento di coinvolgere docenti, ricercatori, gli studenti e le loro famiglie. Esse non avanzano rivendicazioni settoriali. Rimettere al centro della vita nazionale il ruolo della ricerca e della formazione è la strada inaggirabile per sfuggire al declino del Paese. La gioventù colta è la nuova élite che deve risollevare le sorti dell’Italia. Raccogliamo le firme in rete, www.amigi.org oaltri siti) ma anche davanti alle scuole e alle università. Chiediamo ospitalità al nostro appello presso i banchetti dove si raccolgono le firme per i referendum contro la demolizione dello Statuto dei lavoratori. Facciamo del nostro movimento un interlocutore nazionale che dialoga permanentemente con i governi della repubblica.

Piero Bevilacqua, Angelo D’Orsi, Tonino Perna, Maurizio Matteuzzi, Giorgio Tassinari, Giuseppe Aragno, Francesco Aqueci, Laura Corradi, Francesco Coniglione, Alberto Lucarelli, Saverio Luzzi, Ugo Olivieri, Maria Rosaria Marelli, Raul Mordenti, Giorgio Pagano, Valeria Pinto, Francesco Pitocco, Enzo Scandurra, Patrizia Ferri, Fabio Minazzi, Alessandra Ciattini, Fabio Bentivoglio, Michele Maggino, Roberto Renzetti, Andrea Bagni, Domenico Rizzuti.

2 Risposte

  1. Questi uffici, a parte consigliare a tutti gli astanti di darsi una bella rilettura all'”Uomo delinquente” del notorio criminologo Lombroso ed applicare quanto letto alla foto di questo cercopiteco, vogliono significare e ricordare a tutti che il cercopiteco in questione è anche quello che non ha annullato la nomina evidentemente irregolare dell’abusivissimo Criccaboni. E pensare che vogliono far direttore di dipartimento quel bell’esemplare del Bettalli che dal 14 di dicembre in poi dovrà dimostrare di non aver commesso falso ideologico, traendo in inganno l’allora ministro Gelmini-Neutrini, in occasione della sua partecipazione alla commissione elettorale. Quanto asserito dalle associazioni che hanno proposto la raccolta firme è la pura e semplice verità e questi distruttori e devastatori della cultura, della didattica e della ricerca devono essere defenestrati quanto prima perché tornino (o meglio comincino) a splendere la legalità e la trasparenza, nonché il merito, ma quello vero, non quello stabilito con criteri cervellotici da gente che ha il coraggio di andare a giro con quella faccia lì.
    Scusate l’off topic, ma questa faccenduola dell’asta deserta per palazzo Bandini Piccolomini non ha l’aspetto della pietra tombale su qualsivoglia risanamento tanto sbandierato da quei due o tre incompetenti e incapaci (Criccaboni, Fabbro, Frati, Sorrentino in interviste deliranti all’incolpevole Gaia Tancredi)?
    Buona (se possibile) serata

    Di questi uffici
    Cesare Mori

  2. IL CASO
    Insegnava all’Università ma non aveva mai preso la laurea
    «Ho preso 110 e lode», non è vero: indagato per truffa ex docente dell’ateneo di Bergamo, ora in servizio al ministero (Corriere della Sera)

    Il problema non è tanto la mancanza del titolo, giacché con l’abolizione del valore legale dei titoli non ci si curerà più tanto di questi superati “formalismi”. Già da ora, del resto, abbiamo anche noi fulgidi esempi di personaggi che insegnano senza laurea materie inesistenti e potrei citare altri casi di personaggi che insegnano una materia che ignorano totalmente, semplicemente associando alla denominazione di quella materia un contenuto del tutto estraneo ad essa, in nome della libertà d’insegnamento: tutto ciò è legale, truffe perfettamente legittime, di fronte alle quali il lestofante bergamasco appare solo un po’ più naive. Ciò che mi scandalizza dunque, non è tanto che sia perfettamente consentito insegnare qualcosa senza possedere una laurea, quanto la probabile assenza, che nessuno evidentemente aveva notato e nessuno ha sottolineato, delle reali COMPETENZE; questo per dire a che livello è stata ridotta l’università, sospinta sempre più in basso da una sequela di riforme disastrose, da un localismo sfrenato, dai corsi in materie inesistenti, dagli “accorpamenti” varii e dai diplomi triennali in aria fritta chiamati “lauree”. Tutto ciò rappresenta il prodromo di una truffa. Il 25% di disoccupazione giovanile temo non sia estraneo a tutto ciò. Restando nel campo della suinicoltura, di cui al precedente messaggio, oltre al troiaio delle riviste di fascia A, c’è la porcata dei nuovi settori disciplinari, che in molti casi paiono assemblati a vanvera da un matto, mettendo insieme cose che si trovano a distanza cosmologica: sicché le famose “mediane” sulle quali valutano le idoneità, non mediano un fico secco, dovendo comparare le mele con le banane. Del resto tutto si tiene: il bergamasco in questione, manco a dirlo, adesso lavora al Ministero, a dare il suo contributo d’incompetenza come membro (in molteplici sensi) di quella compagine di burocrati da incubo bulgakoviano o kafkiano che tiranneggiano l’università con dispacci sempre più insensati.

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