Alla ricerca della deontologia perduta, nell’università di Siena e nel giornalismo

UnisigagaDi seguito un articolo pubblicato oggi su Linkiesta, preceduto dal link ad alcuni post sullo stesso argomento da me pubblicati su il senso della misura.

Giovanni Grasso –  Davvero qualcuno pensa di usare un “Madoff italiano” per risanare l’università di Siena? (Il senso della misura, 8 giugno 2011)

Giovanni Grasso – Le sorti dell’università di Siena nelle mani di un Madoff senese?  (Il senso della misura, 27 luglio 2011).

Giovanni Grasso – Un fondo immobiliare per speculare sull’università di Siena (Il senso della misura, 12 ottobre 2011).

Giovanni Grasso – Quando lo sciacallaggio parte dai vertici (Il senso della misura, 31 dicembre 2011).

Giovanni Grasso – Altro grosso danno erariale per l’università di Siena? (Il senso della misura, 13 febbraio 2012).

Giovanni Grasso – Ma il Rettore dell’Università di Siena c’è o ci fa? (Il senso della misura, 24 febbraio 2012).

I conflitti d’interesse dell’Università di Siena

Nicola Di Turi. C’è un esposto che langue da qualche mese nei cassetti della Procura di Siena, e che punta a sbrogliare uno dei nodi del “groviglio armonioso” che tiene insieme da sempre le principali istituzioni della città del Palio. Banca, Comune, fondazione e non ultima, l’Università di Siena, lo stesso ateneo dove insegna Lorenzo Frediani. Ordinario in Economia degli intermediari finanziari, Frediani è stato dispensato da lezioni e ricevimenti per «esigenze istituzionali», direttamente dal rettore Angelo Riccaboni e dal direttore amministrativo Ines Fabbro.

In una lettera datata 21 ottobre 2011, Riccaboni e Fabbro scrivevano al preside della facoltà di Economia Giulio Ghellini per segnalare che «il prof. Frediani… può essere chiamato a partecipare a sedute urgenti presso questo Rettorato anche con brevissimo preavviso. Tali riunioni riguardano … la valorizzazione del patrimonio immobiliare». Un coinvolgimento naturale, dal momento che l’ateneo era ed è alle prese con un piano di ristrutturazione del patrimonio immobiliare, messo in piedi per ripianare un buco di 200 milioni attraverso l’alienazione di mattoni di proprietà. L’università era impegnata a vendere i propri immobili, e così affidava a esperti e consulenti del settore.

Incarico ampiamente giustificato, perciò, se non fosse che già dal 19 Febbraio 1996 lo stesso Frediani risultava titolare delle quote di maggioranza della società Astrea s.r.l., operante proprio nel campo immobiliare. Come risulta dalle informazioni patrimoniali e finanziarie della società, depositate alla Camera di Commercio di Milano, all’atto di costituzione Astrea s.r.l. aveva un capitale sociale di 30mila euro, e annoverava tra i soci proprio Lorenzo Frediani (titolare di quote per 28.500 euro), e l’amministratore unico Vilma Grazzini (1.500 euro).

«Compiere ogni altra operazione mobiliare e immobiliare, ed in particolare acquistare, vendere, permutare … immobili civili e industriali, e provvedere alla loro gestione quando di proprietà sociale» recitava l’oggetto sociale di Astrea s.r.l. Eppure Frediani, già socio di una società operante nella compravendita di immobili, diventava anche consulente di un ateneo pubblico impegnato a piazzare sul mercato i propri immobili. Il tutto, con la conseguenza di non poter più esercitare in pieno la funzione di docente di ruolo, per via dei sopraggiunti impegni «istituzionali», messi nero su bianco nella lettera di «esonero» del rettore Riccaboni e del direttore amministrativo Fabbro.

Era opportuno chiamare proprio il professor Frediani, già socio di una società immobiliare privata, a gestire «la valorizzazione del patrimonio immobiliare e la ristrutturazione dei mutui» contratti dall’ateneo senese? L’attività di consulenza prestata dal professore all’ateneo ha portato la società di cui è socio «a trattare l’acquisto di beni immobili di proprietà dell’università»? L’esonero dalle attività didattiche è conciliabile con il regime del tempo pieno cui è soggetto il professore, che invece risulterebbe «incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale e di consulenza esterna»? Infine, «non è singolare la coincidenza che il prof. Frediani … sia chiamato dall’Università … a prestare la propria consulenza nel settore immobiliare nonostante la materia che insegna non sia esattamente quella immobiliare»? Questi gli interrogativi contenuti nell’esposto presentato qualche mese fa in Procura, e di cui ancora si attendono gli esiti eventuali.

Interpellato sulla vicenda, il rettore dell’Università di Siena Angelo Riccaboni ha voluto chiarire la sua posizione e quella dell’ateneo: «Ho chiesto ad alcuni colleghi di darmi una mano in maniera gratuita. Tra questi c’è il prof. Frediani, che ho chiamato sulla base di competenze riconosciute in ambito internazionale. Se poi qualcuno mi dice che posso spendere 3-400 mila euro per avvalermi di consulenze esterne lo faccio volentieri» dice Riccaboni a Linkiesta. «Se sapevo di Astrea s.r.l.? No, anche perché non sono tenuto a sapere cosa faccia un professore al di là dell’università. So che Frediani è molto bravo su questi argomenti, ma non mi sembra che sia una persona al centro di compravendite immobiliari. In ogni caso, escludo che Astrea s.r.l. abbia trattato immobili dell’Università di Siena, e sicuramente sarebbe stato inopportuno se la società di proprietà del prof. Frediani avesse partecipato alle nostre gare pubbliche. Ma non è successo» ha assicurato Riccaboni a Linkiesta.

Certamente, però, non sarà facile risanare il rosso di circa 200 milioni di euro che l’Università di Siena si trovava a fronteggiare solo qualche tempo fa. Anche se la strada sembra ormai tracciata, e passa dalla dismissione del patrimonio immobiliare dell’ateneo, alle prese con un piano di risanamento triennale, inaugurato dall’ex direttore amministrativo Emilio Miccolis. Un piano giunto quasi al termine, su cui però potrebbe abbattersi un’ulteriore grana, quella raccontata nell’esposto rinchiuso nei cassetti della procura di Siena.

Ateneo senese: la trasparenza invisibile

Il Prof. Angelo Riccaboni non può continuare a esporre al ridicolo, con risposte manifestamente illogiche e menzognere, sé stesso e l’istituzione che dovrebbe rappresentare. Come può definire della “massima trasparenza” la vendita del Palazzo Bandini Piccolomini, se ai cittadini è precluso addirittura l‘accesso alla documentazione tecnica? Lo ripeto per l’ennesima volta, il principio della trasparenza (L. 241/1990) ha assunto una diversa e più ampia configurazione, al punto che è definita nei termini di “accessibilità totale per tutti i cittadini” all’intero patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni (art. 11, D.lgs. 150/2009), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo e trasformandosi, di fatto, in un mezzo fondamentale di prevenzione della corruzione, rendendo possibile una forma di rendicontazione sistematica ed evidente nei confronti dei portatori d’interesse, cioè dei cittadini. Alla cultura della trasparenza si è uniformato l’intero sistema universitario italiano, con l’eccezione dell’ateneo senese. Per restare nello specifico della vendita dell’immobile, perché la documentazione tecnica (mappe, foto, schede ed elaborati planimetrici) non è accessibile a tutti? Perché si è dichiarato che tutte le informazioni sono riservate e confidenziali, mettendo, così, la mordacchia a chi intende formulare una proposta d’acquisto? Ci sarà pure un consigliere del CdA disposto a violare queste illegittime disposizioni e a rendere pubblico tutto il materiale, ammesso che riesca a ottenerlo!?

Queste osservazioni e interrogativi non sono solo legittimi ma, nel caso di specie, doverosi, se si considerano i precedenti. Ne ricordo alcuni: il tentativo proceduralmente scorretto di far approvare dal CdA il progetto di costituzione di un Fondo immobiliare; il sospetto di una speculazione finanziaria ai danni dell’Università di Siena; le intercettazioni telefoniche che documentano il coinvolgimento di un docente del nostro ateneo e le agevolazioni a lui concesse, dal Rettore e dal Direttore amministrativo, tipo la giustificazione alle assenze (passate e future) a lezione e al ricevimento degli studenti.

Per concludere, il solito interrogativo, già posto in passato: l’Ateneo senese può continuare ad avere una guida priva di legittimazione, credibilità, autorevolezza e senso delle istituzioni?

Articolo pubblicato anche daIl Cittadino online (30 agosto 2012) con il titolo: Grasso replica al rettore: “ma quale trasparenza”.

Quando lo sciacallaggio parte dai vertici

Magliari

“I magliari” di Francesco Rosi (1959)

Da quando si è scoperta la voragine nei conti dell’Università di Siena, l’alienazione degli immobili ha rappresentato lo strumento più facile per superare le crisi di liquidità. Così Silvano Focardi nel 2009 ha venduto per 74 milioni di euro il San Niccolò e per 108 milioni di euro nel 2010 l’ospedale “Le Scotte”, creando le condizioni in base alle quali il suo successore avrebbe evitato il ricorso, per il 2011, allo scoperto di conto corrente e alle anticipazioni sul fondo di finanziamento ministeriale 2012. La dismissione di alcuni immobili rientra anche tra le misure straordinarie di Riccaboni che, però, ha previsto la costituzione di un Fondo immobiliare, l’individuazione di intermediari specializzati e la sottoscrizione, da parte dell’Ateneo, di quote da collocare presso investitori. L’assoluta segretezza dell’operazione, il tentativo di far approvare dal CdA il progetto nascosto all’interno di una delibera sulla ricognizione degli spazi (quindi, con una procedura scorretta sul piano formale e sostanziale), i rapporti mai chiariti con un operatore finanziario indagato dalla Procura di Fondi, la scelta, da parte del rettore, come consigliere finanziario, di un docente che è socio di maggioranza di una S.r.l che ha per oggetto sociale proprio operazioni del genere, hanno legittimato il sospetto di una speculazione finanziaria ai danni dell’Università di Siena. Ho più volte denunciato pubblicamente tali circostanze fino a quando il CdA non ha deciso di bocciare il rischioso progetto. Ma lo sconcerto e la rabbia per l’opera di sciacallaggio ai danni del nostro martoriato ateneo hanno modo di manifestarsi pienamente leggendo le intercettazioni di seguito riportate tra Riccaboni e il suo consigliere finanziario, professore a Siena di Intermediari finanziari, Lorenzo Frediani, nonché socio di maggioranza di Astrea S.r.l., avendo versato 28.500,00 € sui 30.000,00 € di capitale sociale.

Telefonate di Frediani (Astrea) a Riccaboni nel 2010
– 4 novembre (ore 16:26): una voce maschile chiede conferma sulla nomina. Si accordano di vedersi tra un po’ in facoltà.
– 4 novembre (ore 19:04): una voce maschile chiama per congratularsi per la nuova nomina e chiede insistentemente un incontro prima dei festeggiamenti per parlare del loro progetto.
– 10 novembre 2010 (ore 10:09): fissano un incontro per il 19 novembre (alle ore 10.00) con il nuovo direttore amministrativo e la ragioneria dell’università per procedere – dopo aver controllato i conti – alla programmazione di un fondo immobiliare o vendita dei beni dell’Unisi.
– 18 novembre 2010 (ore 09:42): un uomo chiama Riccaboni e gli chiede conferma per l’indomani alle 10 con il direttore amministrativo. Riccaboni conferma.
– 22 novembre 2010 (ore 09:53): una voce maschile chiama Riccaboni e lo mette sull’avviso di non discutere con nessuno nel dettaglio del piano di risanamento, visto che ci sono dei problemi in arrivo come la mancata corresponsione del contributo di 8 milioni di euro da parte della regione che mette a rischio il pagamento degli stipendi per dicembre. La linea diventa disturbata…
– 22 novembre 2010 (ore 09:57): una voce maschile riprende il discorso interrottosi precedentemente e gli fa presente che mancano i soldi per pagare gli stipendi di dicembre. Riccaboni propone di far ricorso alle anticipazioni di cassa e la voce maschile precisa che al 31 dicembre le anticipazioni di cassa devono essere portate a zero. Se bisogna percorrere quella strada, la voce maschile dice che va richiesto un incontro a Mussari e a Marino per vedere se la fanno percorrere. Non è una cosa semplice anche perché le tredicesime vanno pagate il 12 o il 13. Riccaboni dice che ci vuole pensare e si accordano di sentirsi domattina.
– 1 dicembre 2010 (ore 09:52): Angelo viene chiamato da un uomo che gli suggerisce di aumentare il numero delle persone che lavorano nella ragioneria perché sono in uno stato di criticità, almeno finché le cose non girano. Riccaboni si appunta la cosa. L’interlocutore dice che poi con calma devono vedere come riorganizzare l’università ma questo deve essere un provvedimento da prendere subito. Riccaboni dice che ne parlerà con la Fabbro.

Un fondo immobiliare per speculare sull’Università di Siena?

Arnold Böcklin, "The Isle of the Dead", 1883

Ancora una volta, il silenzio assordante sulle vicende dell’Università di Siena è rotto da un articolo del Mondo, di seguito integralmente riportato, che, segnalando un altro caso di nepotismo e una situazione conflittuale nella Facoltà d’Economia, conferma quel che rivelai nel giugno scorso: l’esistenza di un progetto rischioso e illegittimo per la gestione di alcuni immobili dell’Ateneo. Per tamponare le croniche crisi di liquidità, poteva, Riccaboni, vendere qualche immobile, come ha fatto il suo predecessore? No! Troppo facile! Un economista di grande stazza, come lui, non può certo apparire come un agente immobiliare! Ecco, allora, l’idea di «un’operazione straordinaria» che prevede la costituzione di una “Fondazione” per la gestione degli immobili da alienare. L’assoluta segretezza che circonda il progetto, il tentativo (fallito) di farlo approvare surrettiziamente, nascosto all’interno di una delibera sulla ricognizione degli spazi, gli screzi tra i docenti ideatori, i rapporti mai chiariti con un operatore finanziario indagato dalla Procura di Fondi, la comparsa, per ultima nel panorama delle trovate brillanti, di una Società di Gestione del Risparmio (sgr), le tante domande sull’intera vicenda che, ancora, attendono risposta, tutto ciò legittima il sospetto di una speculazione ai danni dell’Ateneo. Come non ricordare la cartolarizzazione, nel 2007, degli enti pubblici previdenziali che portò pochissimo denaro nelle casse dello Stato e rese molto di più a banche e intermediari finanziari? Pertanto ritengo necessario riformulare alcune legittime domande che, mi auguro, questa volta, non restino senza risposta. Perché, Riccaboni, ha deciso di ricorrere alla costituzione di un Fondo immobiliare? Lo sa che, nel rispetto delle regole del patto di stabilità, le risorse così acquisite non potranno essere utilizzate per la spesa corrente? L’Ateneo sottoscriverà quote da collocare presso investitori, a fronte del trasferimento degli immobili? Gli intermediari specializzati che utilizzerà l’università, saranno esterni oppure docenti dell’ateneo senese? Tra questi, ci sarà anche il Prof. Lorenzo Frediani?

Articolo pubblicato anche da:
Il Cittadino Online (12 ottobre 2011). L’università e il fondo immobiliare. E le domande del professor Grasso.

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