Fusse ca fusse la vorta bbona: Marco Pannella senatore a vita?

Garantista

Fausto Bertinotti. Marco Pannella ha concluso ieri a Roma un convegno su “Stato di diritto contro ragion di Stato”. Si è trattato di una messa a fuoco di un lungo lavoro di ricerca, inchiesta e riflessione che Pannella e il suo partito conducono da tempo passando per le diverse capitali europee. Ancora una volta colpisce la capacità del vecchio leader di stare al passo coi tempi, quando non gli accade addirittura di anticiparli. A nessuno può sfuggire l’importanza della questione per lo stato di salute della democrazia.

La ragion di Stato viene indagata criticamente e denunciata per come essa si è eretta (spesso) contro la verità dei diritti della persona. La guerra in Iraq – le cui disastrose conseguenze investono anche il mondo di oggi – è stato un caso clamoroso nel quale i governi dell’Occidente, a partire da quello di Blair, hanno motivato la guerra sulla menzogna. Ma così accade ogni giorno e in tanta parte del mondo nel rapporto tra lo Stato e i cittadini, quando lo Stato, per perseguire i suoi obiettivi fa strame della legalità, fino al ricorso alla tortura.

È la pretesa dello Stato di avvalersi della proclamazione dello Stato di eccezione. Ma c’è un aspetto del problema che investe ormai l’Europa reale nella quale la democrazia è sempre più sostituita da un ordine oligarchico che usa costruire il velo dell’ignoranza al riparo del quale prende le sue decisioni. Lo Stato di eccezione tende a farsi permanente. La ragione di stato investe l’economia, il conflitto, come le condizioni di disagio sociale o di povertà o di immigrazione contro lo Stato di diritto e i diritti di tutti gli abitanti di questi territori. Porre, come fa Pannella, il diritto alla conoscenza come diritto umano da rivendicare alle Nazioni Unite – e noi aggiungiamo, in Europa – mette in luce la sua capacità di cogliere la sfida del tempo. Giorgio Napolitano ha nei giorni scorsi resa pubblica la sua volontà insindacabile di mettere fine prossimamente al suo mandato presidenziale. Io penso che questa fase conclusiva di una lunga esperienza presidenziale dovrebbe essere l’occasione per compiere un gesto capace di onorare la bella politica.

La politica di oggi vive una crisi per molti versi addirittura devastante. Il discredito polare ha colpito lei come le istituzioni rappresentative. Non è un j’accuse. E non è più neppure una tesi ricavata da un’analisi politica. Questo distacco del popolo dalla politica si è manifestato direttamente con l’esodo dalle urne nelle recenti elezioni parziali di circa metà degli elettori. Qualcuno, tempo fa, aveva detto discutibilmente che non si governa con il 51 per cento dei voti, ma è certo che non si governa democraticamente senza la partecipazione e il voto popolare.

La crisi della democrazia in Europa e l’abbandono di tanta parte della popolazione – specie quella più colpita dalle disuguaglianze e dal disagio sociale – camminano insieme. E insieme erodono le fondamenta stesse della nostra democrazia.

Ma la politica non è sempre stata così misera. E se è stata capace un tempo di suscitare impegno, partecipazione e grandi passioni, se lo è stata nel passato, può tornare ad esserlo nel futuro. Perciò oggi, per posare lo sguardo su un futuro nel quale possano rinascere la politica e la democrazia, è utile indicare degli esempi di un passato glorioso (del resto si è chiamato così anche quel tempo detto “dei trent’anni gloriosi”). Marco Pannella ha attraversato, camminando per i suoi sentieri, l’intero dopoguerra italiano. Ha vissuto il tempo delle grandi culture politiche. Ha militato con rispettabile partigianeria per una delle grandi opzioni in campo. È stato interlocutore autorevole, anche quando radicalmente critico, nei confronti delle altre. È stato un protagonista tra i protagonisti dell’Italia politica uscita dalla Costituzione repubblicana e segnata da grandi e dure lotte: lotte di classe, lotte politiche e di civiltà. Di quella storia, Marco Pannella è rimasto uno dei pochi a vivere l’attuale (e così diversa) stagione sempre da protagonista. Come recita il motto riferito a Radio Radicale –“dentro ma fuori dal palazzo” –, Pannella vive una politica in cui la strada vale almeno quanto le aule del palazzo. Ha frequentato le une e le altre con decoro, come la nostra Costituzione richiede al politico. Ha privilegiato e privilegia l’essere sull’avere. Non cerca il potere. E alla sua età fa riprendere nel Satyagraha uno sciopero della fame per una nobile quanto difficile battaglia per il diritto e la legalità.

Che Guevara ha detto che la politica è una passione durevole. Pannella ha fatto di questa passione durevole la sua scelta di vita. Io penso che in questi tempi grigi una scelta di vita come la sua andrebbe indicata alla politica per la sua rinascita.

Il presidente della Repubblica può farlo dalla sua alta cattedra, nominando Marco Pannella senatore a vita. La conclusione del mandato presidenziale suggellerebbe così la fede nella politica e nella sua sempre possibile resurrezione.

Il presidente della Repubblica e la «prepotente urgenza» dell’università di Siena

È il presidente Giorgio Napolitano, ad aprire nell’aula magna i lavori del XX Convegno di Pontignano (Regno Unito e Italia: condividiamo lo stesso futuro?), organizzato dal British Council e dall’Ambasciata Britannica in Italia. A tal proposito, straordinario è il commento di un giornale senese: «Riconoscimento per l’università: il presidente della Repubblica sarà in Banchi di Sotto». Ebbene per cosa, questo martoriato ateneo, dovrebbe ricevere apprezzamenti? Proprio in questo momento e dal capo dello Stato? È forse un titolo di merito l’esistenza di 18 indagati in attesa del rinvio a giudizio per peculato, truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio, per una voragine da 250 milioni d’euro nei conti dell’ateneo? O che vi siano altri dieci indagati, sempre in attesa del rinvio a giudizio, che attestando falsamente la regolarità del procedimento elettorale avrebbero indotto in errore il Ministro che, proprio sul presupposto della regolarità delle elezioni, emetteva il decreto di nomina? O che vi sia un rettore, tra l’altro privo della piena legittimità ad esercitare le sue funzioni, perché irregolarmente eletto, che esponga di frequente al ridicolo l’istituzione che dovrebbe rappresentare? Forse, occorrono apprezzamenti per i vertici dell’ateneo, impreparati e insipienti, che adottano disposizioni amministrative irregolari e, quindi, impugnabili? E che dire dell’azione truffaldina relativa all’utenza sostenibile per l’attivazione dei corsi di laurea in Farmacia, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Scienze Biologiche e il conseguente scadimento dell’offerta formativa? E della nomina dell’attuale direttore amministrativo e della sua retribuzione, non approvata dal CdA e superiore, di circa 30mila euro, a quella prevista per il nostro ateneo? E dell’inesistenza del necessario e obbligatorio piano di rientro dal disavanzo d’amministrazione? E il tentativo di speculare sull’università, con la costituzione di un fondo immobiliare che gestisse gli edifici da alienare? Ecco tutto questo è solo una piccola parte del malaffare, ma dimostra chiaramente le responsabilità dei vertici passati e attuali, la mancanza di senso delle istituzioni, le piccinerie, l’irrazionalità e, per alcune decisioni, l’imbecillità manifesta. Allora cosa dovrebbe dire il presidente della Repubblica? Che la condizione intollerabile dell’Università di Siena è un tema di «prepotente urgenza», una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, non solo per la voragine nei conti ma per il dissesto, anche morale, di un Ateneo dal glorioso passato!

Articolo pubblicato anche da: il Cittadino Online (21 settembre 2012) con il titolo: La “prepotente urgenza” dell’Università di Siena.