Straccia e ignuda, «l’Università di Siena volàno di traino e di crescita per la città e il territorio»!

FantUnisi

Angelo Riccaboni. Finalmente la fase di risanamento finanziario è finita, ora potremo continuare a lavorare con ancora maggiore serenità allo sviluppo la continuità del risultato positivo indica che il nostro Ateneo possiede le condizioni strutturali che consentono un equilibrio fra i ricavi e i costi di competenza. (…) Continuando sulla strada intrapresa, ora possiamo guardare al futuro con fiducia puntando allo sviluppo e all’innovazione, che dovranno tradursi nel mantenimento dell’alta qualità della didattica e dei servizi, e in una sempre maggiore apertura al mondo in chiave internazionale, facendo dell’Università di Siena un volano di traino e di crescita per la città e il territorio.

USB P.I. università di Siena. Non si può demagogicamente dire (…) i soldi per le progressioni economiche orizzontali (PEO) li trova l’Amministrazione, sappiamo in che condizioni versiamo o no? Il Rettore può dire ciò che vuole sull’utile di bilancio, ma la verità è che siamo messi come tensione di liquidità peggio di prima, e niente affatto risanati, abbiamo un disavanzo pregresso da recuperare. Dove li trova l’Amministrazione i soldi?

Rabbi Jaqov Jizchaq. «L’Ateneo chiude il bilancio in utile e assume settantasei professori. È già stato licenziato un bando per trenta associati. A breve ne partirà un secondo per altri trentacinque. A questi nuovi ingressi vanno aggiunti altre undici persone nell’area medica ecc.» (La Nazione 25 aprile 2015). «Nuovi ingressi»? Scusate, sono stato in viaggio e forse ho perso qualche puntata: a me risultava che si trattasse di avanzamenti di carriera di gente già in forze presso l’ateneo senese, non di nuovi professori. È così?

Giovanni Grasso. Certo che è così! Il budget per nuove assunzioni non c’è. Per la verità non c’è neppure per le progressioni di carriera! Altro che bilancio in attivo!

Rabbi Jaqov Jizchaq. Questo la dice lunga sullo stato della libertà d’espressione e di pensiero in questa città: festeggiamo il 25 Aprile, ma “veline” edulcorate di tono adulatorio e del tutto acritiche come quelle che si leggono sugli organi di stampa locale, nemmeno al tempo del fascio! Al “barre” l’uomo della strada sorseggia il suo caffè e mormora: «ma che rompono i hoglioni questi qui, se tutto va per il meglio?». Silenzio di tomba da parte dell’intellighenzia… tutto va bene signora la marchesa.

5 Risposte

  1. Rettore dice: “finalmente la fase di risanamento finanziario è finita… bilancio in positivo”

    Sempre il rettore scrive:

    Fai clic per accedere a AggregatoPrevisione2015_3.pdf

    a pag 26:
    risultato previsto di esercizio 2015 = -17 milioni
    risultato previsto di esercizio 2016 = -6.9 milioni
    risultato previsto di esercizio 2017 = -6.9 milioni

    Revisori dei conti
    pag 137: fondo cassa dicembre 2014= -4.8 milioni
    pag 140: disavanzo 2014= -21.7 milioni
    pag 143: Il collegio dei revisoridei conti esprime parere contrario all’approvazione del bilancio…

    Per prof Grasso: lei che all’Università ci lavora aiuti un senese un po’ rincoglionito a capirci qualcosa.

  2. Siena Biotech: «Licenziati il primo maggio E’ stata l’ennesima beffa»

    …Siena Life Valley o Siena Dead Valley?

  3. “Fra il 2007 e il 2015 il numero dei docenti ordinari delle università italiane è sceso da poco meno di 20.000 a poco più di 13.000. Dove vogliamo fermarci?” http://www.corriere.it/scuola/universita/15_aprile_23/buona-universita-deve-puntare-didattica-non-solo-ricerca-3f197e2e-e9c1-11e4-8a77-30fcce419003.shtml

    Come eravamo: “Nel 2010 il personale impegnato in attività di ricerca nell’Università degli Studi di Siena ammonta a 1743 unità. I ricercatori universitari sono 947 ” (Rapporto ricerca 2010). Adesso i ricercatori di ruolo (ad esaurimento) sono 350, un quinto circa dei quali diventeranno associati od ordinari con gli imminenti avanzamenti; il personale docente di ruolo (ricercatori ad esaurimento+associati+ordinari) complessivamente ammonta ancora a 750 unità (giacché gli avanzamenti non sono chiamate di esterni) e si accinge ad essere ridotto di altre 150 unità circa, un po’ a pene di segugio, cioè a dire con la roulette russa dei pensionamenti.

    Secondo l’ANVUR nel 2013, l’età media a livello generale era 59 anni per gli ordinari, 53 per gli associati e 46 per i ricercatori; un quotidiano nazionale che citai tempo addietro riportava i dati senesi, che risultavano sensibilmente più alti di 4-6 anni a seconda delle categorie. Ecco, io capisco ed apprezzo gli sforzi diretti al risanamento, ma perché da parte dei media prendere per le natiche l’opinione pubblica millantando una realtà che non c’è o che non c’è più? Insomma, io trovo strano che non si riesca in nessun luogo pubblico e sui media ad impostare una discussione in termini seri, sobri e realistici, abbandonando per un attimo la consueta oratoria encomiastica, lo stile apologetico, la voce nasale di annunciatore dell’EIAR che canta i recenti trionfi (e cela le recenti sconfitte).

    Il Rettore annuncia: “La conferma del miglioramento dei conti consente ora di proseguire su questo percorso, aprendo nel prossimo futuro le procedure per altre 30 posizioni”. Evviva, Siena triumphans: ma si tratta di 30 avanzamenti di carriera (da tempo agognati, certo, e benvenuti, ma mi conferma il prof. Grasso che non si tratta di nuovi assunti) e le considerazioni che mi viene da fare sono sempre quelle: avanza chi ha ancora le gambe; chi nell’attesa di avanzare viene azzoppato, non avanza e ai caduti recenti si aggiungeranno a breve altre vittime; nel senso che settori e corsi di studio che nel frattempo sono entrati in crisi per via dei massicci pensionamenti, non “avanzeranno” da punte parti: 500 professori usciti di ruolo vuol dire uno su due a casaccio, sin qui senza turn over.

    Un anno prima dello scoppio dl “buho” vi erano settori (vd. http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/vis_docenti.php) che contavano oltre venti docenti di ruolo, e mi pare che ciò non fosse giustificabile alla luce del fabbisogno di didattica; all’estremo opposto altri settori contavano uno o due docenti: si capirà che da un lato quando il maledetto uomo della strada ripete che “eh, so’ troppi”, interpretando a suo modo la dottrina del “taglio lineare”, bellamente ignorando gli squilibri mostruosi entro il personale docente e tra personale docente e personale tecnico amministrativo, non fa allora un discorso equo, e dal’altro che togliendo due docenti a settore, ai primi non fai un baffo, mentre i secondi li condanni a morte. Poi ci sono le situazioni intermedie: quelle in cui il fabbisogno di didattica oramai è insostenibile e i requisiti di docenza non sono più soddisfacibili con le poche forze rimaste.

    A meno che la regola non sia “chi ha avuto, ha avuto”, questi dati imporrebbero qualche riflessione un po’ meno disinvolta sull’andamento delle cose. Ma oramai temo che siano cavoli del rettore prossimo venturo, e che giunto a scadenza, l’attuale se ne lavi volentieri le mani (“il settimo si riposò”). Il mantra che Siena deve diventare una specie di “Life Valley” (“Siena Biotech, licenziati alla vigilia del primo maggio”, La Nazione; come esordio non c’è male: una valley di lacrime) non chiarisce qual’è la sorte riservata a tutto il resto e alla gente che ci lavora, né come debba leggersi tutto ciò alla luce dell’idea più volte ventilata di trasformazione del sistema degli atenei riducendo molti di essi a “teaching universities” e conservando solo “pochi hub” della ricerca: qui, almeno per una decina di anni, il tempo cioè di fare piazza pulita della cultura e della ricerca di base in altre, non meno vitalistiche “valli”, avremo dunque una situazione schizofrenica, con la researching university in alcuni comparti e la teaching university in altri, ridotti a simulacro?

    Ricerca nelle “scienze della vita” o poco più, e pura didattica di basso profilo altrove, in corsi rimaneggiati con quel poco che resta ed accorpati, privi di logica interna, di specializzazioni e dottorati (e dunque di attrattiva)? Ha senso tutto ciò? E scusate, perché della gente titolata dovrebbe accettare la prospettiva di regredire al rango di garzone, rinunciare alla carriera, se è giovane, per assecondare questo disegno e perché i colleghi sono andati in pensione? Perché uno studente dovrebbe esserne attratto? Sarebbe sensato, come logico corollario di un progetto di smantellamento di mezzo ateneo, che si “organizzasse l’esodo”, tipo operazione Mosè coi Falascià, ovvero si consentisse (o si intimasse!) a costoro di andarsene in altra sede a svolgere il lavoro per il quale sono pagati, giacché sono dipendenti dell’università statale italiana, e non di qualche nobil contrada senese. Si dirà che si tratta di una boutade, ma la tua soluzione qual’è, hypocrite lecteur?

    Cosa vorrà dire soddisfare le richieste dell’ANVUR e della SUA in ordine alla produzione scientifica in contesti ove di fatto sarà vieppiù difficoltoso adoperarsi per la buona ricerca? E questo, by the way, in un sistema dove la quasi totalità della «quota premiale» del Fondo di Finanziamento Ordinario viene assegnata alla produzione scientifica (vd http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/la-buona-universita-deve-puntare-sulla-didattica-non-solo-sulla-ricerca.flc) e la didattica viene quasi punita come inutile passatempo (ammesso e assolutamente non concesso che “fare ricerca” coincida con il soddisfare le richieste della SUA e dell’ANVUR vd. http://www.roars.it/online/la-fuffa-non-e-una-scienza/).

    Dice il governo: “più poteri ai rettori…bisogna ridare autonomia vera agli atenei, imporre meno regole dal centro”; ma potere di far che? Serve ben più, temo, che la briglia sciolta ai rettori persino sulla retribuzione dei docenti o la “contrattualizzazione” (jobs act) di tutti i ruoli; anche perché mi pare che i piccoli atenei già siano sin troppo nelle mani del notabilato locale che fa il bello ed il cattivo tempo: in primo luogo devono dirci cosa intendono farne dell’attuale configurazione degli atenei pubblici e del sistema della ricerca e della didattica universitaria.

    Personalmente sarei incline, piuttosto, a richiedere un maggiore centralismo e protagonismo da parte del ministero, che non può tirare il sasso in piccionaia e poi nascondere la mano, essendo convinto che c’era più libertà quando c’era meno “autonomia” e ravvisando nella trasformazione degli atenei in monadi senza finestre, non solo una delle cause dei mali che li affliggono, ma anche dell’impossibilità di addivenire per i problemi di cui stiamo parlando a soluzioni del tipo di quelle prospettate nei precedenti messaggi.

    Sarei felicissimo se qualcuno mi convincesse che quanto ho scritto è privo di fondamento.

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