Perché non si vuole nel CdA dell’Ateneo senese il sindacalista Lorenzo Costa?

usbUSB appoggia la candidatura di Lorenzo Costa in CdA
Usb Pubblico Impiego. Lorenzo Costa non è incompatibile per la carica, la verità è che è scomodo, per alcuni. Oggi si vota per il rappresentante in CdA. A questo link trovate le info su luoghi ed orari.
Come sigla non abbiamo dubbi nell’appoggiare la candidatura di Lorenzo, un collega che conosciamo da anni e che ha sempre messo la sua passione al servizio di tutte e tutti. Tale è la coerenza di Lorenzo Costa che non trovando argomenti per smontare la sua candidatura alcuni lo stanno attaccando per una sua possibile incompatibilità fra ruolo sindacale e quello di rappresentante qualora fosse eletto in CdA. Lo Statuto dell’Ateneo non ha alcuna menzione su possibili incompatibilità, né alcuna norma la prevede.
Analizziamo i fatti. Il candidato è componente della RSU e coordinatore della sigla USB. Ha già dichiarato che come coordinatore USB si dimetterà, quindi non apporrà la firma sui futuri contratti integrativi, di modo che non dovrà votare su delibere in cui vi sia la propria firma, cosa che dallo stesso viene visto come un conflitto. Problema USB tolto.
Come componente RSU non parla in contrattazione, dovrebbe parlare da regolamento RSU solo la Presidente, quindi è uno dei dodici componenti della RSU e partecipa solo alle assemblee della stessa. In che modo questo generi una incompatibilità è oscuro.
Dove sta la incompatibilità? Ad oggi, ufficialmente solo la presidente della RSU, ed il DG l’hanno sollevata. La presidente come questione reale, il DG come questione di opportunità. Qui potete leggere cosa hanno scritto in proposito.
Ora, capite bene cosa vuol dire questo? L’Amministrazione, nella persona del DG non vorrebbe un sindacalista in CdA ed è comprensibile. Ha dichiarato di averne già avuti in altri Atenei ed è un inferno. Fin qui tutto normale. Nulla da spiegare.
Ciò che non è normale è che la presidente della RSU voglia escludere un componente della stessa dal CdA sulla base di una logica perversa. Così scrive infatti: «Tale ruolo [quello sindacale], pur non formalmente incompatibile con quello di consigliere di amministrazione, pone all’attenzione una oggettiva questione di opportunità. Il ruolo politico e sindacale attivo svolto sino ad oggi dal candidato, in qualità di dirigente, può infatti risultare in conflitto con quello di amministratore dell’ente con il quale si possono configurare anche momenti di vertenzialità. Pertanto si ritiene imprescindibile, al fine di tutelare sia i lavoratori che l’Amministrazione universitaria, che in caso di elezione, il candidato rinunci al proprio ruolo di rappresentante RSU e di dirigente sindacale. In mancanza di tale rinuncia riteniamo che la candidatura presenti profili di oggettiva, ancorché non formale incompatibilità.»
Allora un ruolo politico non è mai stato svolto. Poi si ammette la candidatura solo se il candidato qualora risultasse eletto si dimettesse dalle cariche. Un salto logico incredibile, cioè si basa l’ammissibilità di una candidatura su qualcosa che non è ancora avvenuto, le elezioni, per cui viene presentata la candidatura.
Si vuole fare in modo che Lorenzo Costa non partecipi più alle contrattazioni? Come componente RSU non parla ma può ascoltare ciò che viene discusso, e come iscritto alla USB perché non potrebbe partecipare, quale danno farebbe alle colleghe e ai colleghi? Oppure si vuole che una persona come Lorenzo Costa non partecipi al CdA. Di certo non c’è nulla a livello di leggi che impedisca che una persona pur essendo iscritta partecipi ai due consessi, CdA e tavolo della contrattazione.
Chissà, certo il responso delle urne ci dirà molto su cosa credano sia opportuno per questo Ateneo. Le lavoratrici ed i lavoratori. Speriamo che finisca qui, e si accetti il risultato del voto. Soprattutto che lo faccia il Rettore. Alcuni provano a minare la candidatura di Lorenzo Costa con questa storia della incompatibilità, non cascate nel tranello!
USB vota Lorenzo Costa e faremmo bene a votarlo in tanti!

«Chiediamo che gli impegni siano rispettati e non riciclati con scopi propagandistici nella campagna per le elezioni del Rettore»

Marco Tomasi - Angelo Riccaboni (Gil Cagnè) - Francesco Frati

Marco Tomasi – Angelo Riccaboni (Gil Cagnè) – Francesco Frati

Magnifico Rettore
Egregio Direttore Generale

Lo scrutinio delle domande per le progressioni orizzontali 2015 e la stesura della graduatoria provvisoria, sono stati condotti in tempi rapidissimi, ed è una velocità che contrasta con la lentezza e la dilazione con cui sono stati effettuati i controlli. Non è possibile che dall’inizio dell’anno ancora non si sia provveduto.

Ci sembra una pretesa lecita quella di veder conclusa la pratica, conoscere la graduatoria definitiva e avere l’incremento stipendiale nella busta paga di giugno 2016. Nello stesso mese chiediamo che sia data l’IMA maggiorata a chi non ha fruito delle progressioni.

Non basta! Abbiamo nei confronti dei colleghi anche l’obbligo morale di sollecitare che si affronti la questione delle PEO 2016. Chiediamo di conoscere l’importo del fondo disponibile e che ci sia la volontà di bandirle entro il corrente anno, come prescrive il CCNL.

Vorremmo altresì che le progressioni per i neoassunti in categoria B1 – derivando da un obbligo di legge – non gravassero sul fondo per l’accessorio, ma, com’è avvenuto in altri atenei, fossero pagate con altre risorse.

Gradiremmo leggere il verbale dell’ultima seduta di contrattazione, specialmente nella parte in cui il Direttore Generale assicurò ai presenti che le pratiche per le PEO 2015 sarebbero state definite entro il mese di aprile 2016.
Abbiamo una dignità; non mendichiamo oboli, ma rivendichiamo diritti e abbiamo la pretesa di chiedere che gli impegni siano rispettati e che le parole spese a favore del personale tecnico amministrativo siano sentite come un obbligo da adempiere e non come argomenti allettanti da riciclare con scopi propagandistici nella campagna per le elezioni del Rettore.

La RSU e tutte le sigle sindacali ci sono!

Flc-Cgil, Cisl, Cisal Università Siena, Cisapuni,Uil-Rua, Usb P.I.,Ugl, Rsu d’Ateneo.

Università di Siena: le ore di straordinario assegnate fuori regola e con motivazioni generiche e risibili

SpinacoglioniUna rondine non fa primavera, come un’ora di esubero non fa straordinario

USB P.I. Università di Siena. Come ogni anno ci troviamo nel mese di Marzo a liquidare le ore di straordinario dell’anno precedente, dovrebbero essere liquidate le ore dell’ultimo trimestre. Come ogni anno ci troviamo di fronte una situazione a dir poco paradossale. Da due anni ormai lo straordinario va richiesto dal Responsabile al dipendente, motivando la richiesta, e nel mese successivo le comunicazioni dello straordinario effettuato vanno inviate all’Amministrazione centrale. Da tre anni esistono dei moduli che dovrebbero essere usati per comunicare le ore richieste e quelle effettuate. Ciò di cui parliamo in molti casi è carta sprecata.

Infatti, di fronte alla presentazione del riassuntivo speso per il 2015 delle ore liquidate, abbiamo chiesto di visionare le richieste presentate. Un terzo delle stesse sono completamente fuori da qualsiasi regola prevista dal Contratto integrativo firmato. Richieste per un numero di ore svolte in tre mesi, con motivazioni generiche e senza alcun riferimento ai giorni in cui siano state effettuate. Parliamo di un numero di ore che spesso supera il centinaio. Richieste che riportano motivazioni risibili, come: “adempimenti con scadenze inaspettate” (?!?). Il contratto integrativo prevede un monitoraggio quadrimestrale mai effettuato, che servirebbe a controllare che i Responsabili svolgano appieno il loro compito e rispettino il budget assegnato.

Poi vi sono le richieste arrivate oltre il termine, previsto dall’articolo 8 del contratto, del 31 gennaio per le ore di dicembre, o al massimo dell’ultimo trimestre. Sono state richieste 280 ore oltre il 31 gennaio e non si sa nemmeno se siano state effettuate nell’ultimo trimestre. Il Direttore Generale ha detto che si assume la responsabilità di questo atto, e con questo amici come prima? Evviva la deroga come sempre. Siamo di fronte ad un sistema di deroga intollerabile.

Un sistema che è offensivo nei confronti di tutti coloro che hanno rispettato le regole, hanno presentato richieste congrue e svolto il proprio lavoro. A cosa serve firmare contratti integrativi se vengono disattesi. Ogni volta che il Direttore Generale approva atti di questo genere si smarrisce lo spirito di servizio e l’attaccamento al lavoro di un numero di colleghi che non accettano di sottostare ad una subcultura della cosa pubblica. Perché tale è questo atteggiamento: una subcultura, pericolosa specialmente quando è favorita dai vertici dell’amministrazione.

Del resto il Direttore Generale si è rammaricato che fossero state richieste così poche ore di straordinario retribuite, ma il vero problema non sono il numero di ore retribuite o recuperate, ma le motivazioni del perché si svolgano così tante ore in esubero. Questa Amministrazione non ha alcun interesse a comprendere l’organizzazione del lavoro di cui le ore in esubero sono un segnale importante, da qui la proposta avanzata anni fa dalla parte sindacale di un monitoraggio.  Se in un ufficio con dieci unità di personale assegnate, in tre mesi tre unità effettuano oltre 300 ore di straordinario, vorrà dire forse che il lavoro è organizzato male o cosa? Possibile che a porci queste domande siamo solo noi?

Ovvio poi ogni informazione ci viene fornita a cose fatte quando le ore sono già state tutte liquidate, già ma il Direttore Generale si assume la responsabilità. Ci assumiamo la responsabilità di informare il Consiglio di Amministrazione dell’operato del Direttore Generale, visto che la sua funzione risponde a questo organo di governo che decide della sua indennità di risultato.

Altra prova di disordine strutturale, inefficienza endemica e assenza totale di trasparenza all’università di Siena

Altan-trasparenza“Quer pasticciaccio brutto de” via Banchi di Sotto

USB P.I. Università di Siena. Nuovo anno, si riaprono le danze, anzi quelle sono finite, forse, il 31dicembre. Come sapete è stata pubblicata la graduatoria per la procedura delle progressioni economiche orizzontali (PEO). Evidenziamo subito che la graduatoria che troverete è sbagliata per la somma dei punteggi del gruppo 6, D tecnici! Va fatto però un passo indietro per cercare di capire qual è il risultato di questo “pasticciaccio”. Il 14 dicembre si chiude il bando, e in quei giorni, come USB, abbiamo vigilato sulla corretta esecuzione della procedura, inviando due comunicati al personale e quattro note per mail all’Amministrazione. Abbiamo solo richiamato il rispetto dei regolamenti in vigore, per esempio sulla composizione delle commissioni giudicatrici, per alcuni un eccesso di polemica per noi un tentativo di trasparenza e correttezza. Il primo aspetto che solleviamo su tutta questa procedura è la trasparenza. L’Amministrazione nei suoi vertici è consapevole di cosa sia la trasparenza per una pubblica Amministrazione e per una selezione per titoli?

Abbiamo assistito alla sostituzione degli atti con relativa eliminazione dal sito di quelli annullati. Due esempi: la composizione delle commissioni viene ritoccata tre volte, ma la prima disposizione, la n. 1369 del 14.12 non si trova più; forse, però, la nota più dolente sono le tre graduatorie e qui dobbiamo entrare nello specifico degli orari: la prima appare il 30 dicembre alle 15.00 circa, scompare alle 19.00, per riapparire alle 19.50, nuova versione, scompare poi alle 11.00 del 31 dicembre per riapparire nella versione che trovate al link alle 14.30, ed è comunque sbagliata! Il punto sulla graduatoria è che, al 31 dicembre, nell’albo online sono visibili tutte le versioni con la dicitura annullata, ma se lo controlliamo oggi non ve n’è traccia, scomparse. Corretto in una selezione pubblica far scomparire gli atti seppur annullati? Più avanti spieghiamo come mai sono stati effettuati tutti questi annullamenti.

Abbiamo contestato una procedura nata male, seppur voluta da molti, e le cui modalità di esecuzione hanno fatto acqua da tutte le parti. Non sta a noi additare responsabilità, gli atti sono davanti a voi, i risultati parlano da soli, e se qualcuno ritiene di voler rivendicare il risultato forse sarebbe meglio soprassedesse. Superata la firma del contratto si è trattato di analizzare il bando, interamente responsabilità dell’Amministrazione e di cui abbiamo già evidenziato alcuni problemi.

Per prima cosa il Thesaurus, risorsa indispensabile, ma abbandonata negli ultimi anni dall’Amministrazione. Una risorsa che è stata rimaneggiata durante la presentazione delle domande tra il 4 ed il 14 dicembre. La conseguenza di questo è la presentazione di thesaurus differenti come impaginazione con conseguente maggiore lavoro per le commissioni nel ritrovare i titoli, presenti ma in posizione e sezioni differenti. Andiamo a vedere come si è svolto il lavoro nelle commissioni. I verbali sono visibili al link condiviso sopra e la loro lettura chiarisce come l’Amministrazione abbia inteso applicare il suo stesso bando. I verbali però vanno pubblicati tutti non solo quelli delle prime riunioni, aspettiamo fiduciosi.

Per prima cosa un aspetto generale, sono stati valutati i titoli degli ultimi dieci anni. Corretto? Sì, forse, è una scelta che genera conseguenze. Chi ha fatto le PEO nel 2007 ha visto valutare alcuni incarichi due volte, allora e oggi. Tutti gli incarichi dal 2005 a tutto il 2014 sono stati valutati. Sono scelte che hanno distorto la percezione del valore di un incarico, dato negli ultimi tre legato ad un’organizzazione esistente, equiparandolo ad uno di dieci anni fa che dovrebbe non pesare affatto, oltre ad essere già stato valutato per la precedente PEO. Si sarebbe potuto usare almeno lo stesso metro di valutazione adottato per l’anzianità di servizio, gli anni usati per precedenti PEO non vengono valutati.

Altra questione, come sono stati valutati i singoli incarichi? Non è chiaro dai verbali perché solo in uno si trova ben evidenziato che alcuni incarichi non sarebbero stati valutati. Il bando però espressamente chiarisce che ogni incarico con atto formale debba essere preso in considerazione, e debba valere ogni atto in cui, con decorrenza e termine, sia stato attribuito nel tempo anche uno stesso incarico, come per esempio l’antincendio o il referente di plesso. Non entriamo nel merito degli incarichi non spetta a noi, ma richiamiamo il fatto che non è chiaro se ogni commissione abbia usato lo stesso metro di valutazione.

L’arricchimento professionale risulta schiacciato e compresso se messo in rapporto al valore dato alla formazione certificata e pertinente. Siamo così sicuri che fra due colleghi uno che frequenta tanti corsi di formazione della cui ricaduta sulla organizzazione del lavoro non si ha riscontro, possa avere un punteggio più alto del collega che magari ha prestato servizio con determinate responsabilità o non abbia avuto occasione di frequentare corsi? Di fatto senza una misurazione reale dell’arricchimento professionale questo è successo. Nessuno dei candidati ha colpa in questo, ma la fretta nell’applicare regole semplificatorie della valutazione di questi titoli ha generato questa distorsione.

Arriviamo alle graduatorie. Le tre graduatorie presenti sul sito, oggi ne vedete solo una, ma sono tre, erano ognuna sbagliata sotto certi aspetti. La prima contiene un errore di somma dei punteggi nei gruppi 5 e 7, D amministrativi e biblioteche, e qualche inesattezza ma per millesimi anche in altri gruppi. La seconda corregge l’errore della prima nei gruppi 5 e 7, ma nella fretta viene sostituita senza fare menzione dell’annullamento della precedente, così si arriva alla terza versione. La terza graduatoria spiega bene cosa sia successo nelle premesse, ma resta sbagliata nel gruppo 6. Gli errori non inficiano i punteggi ma rendono il calcolo di chi accede alle PEO complicato.

Abbiamo fatto delle simulazioni sugli aventi diritto ai benefici economicie giuridici delle PEO. Non avendo però dati definitivi sul valoreeconomico delle PEO fra le categorie e posizioni economiche, e avendo unagraduatoria ancora errata, possiamo solo ipotizzare dei risultati. Siamoall’incirca intorno ad un’esclusione del 35% dei colleghi. Le posizioni economiche più basse rientrano in misura diversa fra le varie categorie.

Nei B ed EP la situazione è molto specifica, da un lato passa il 90% e dall’altro essendo la categoria così ridotta non si può fare una valutazione generale. Le cose cambiano nella categoria C dove i C1 stabilizzati vengono penalizzati se non in possesso di titoli di studio che alzano molto i punti con i colleghi con anzianità di servizio maggiore.

Nei D le cose cambiano perché abbiamo molti colleghi che sono in posizione economica D1 ma a seguito di progressione verticale fatta nel 2004/05 che recuperano punteggio con un’anzianità di servizio elevata. Ci sarebbero molte analisi da fare sul risultato delle valutazione dei titoli, ma sarebbe molto lunga.

Forse verrà rosicchiato un 3% sul totale elevando l’accesso al 68%, ma per noi resta sempre il fatto inaccettabile che un 32% resta escluso. Dopo nove anni di blocco delle PEO chi passa oggi era più meritevole di altri? Ne dubitiamo, anzi con questa fretta viene fuori un quadro delicato che avrà conseguenza sulla tenuta del clima lavorativo, ma ne risponderanno altri.

Cosa ci aspetta ora? Intanto un lungo periodo di calcolo definitivo dell’accesso alle PEO, nessuno vuole essere il primo degli esclusi, un freddo periodo di ricorsi che di sicuro fioccheranno come neve. Per noi, invece, a livello sindacale garantire che già quest’anno si possa fare una nuova tornata di PEO per tutelare chi è rimasto escluso ed entra così nel decimo anno senza miglioramento stipendiale.

L’intreccio di pubblico e privato: dalla Certosa di Parma alla Certosa di Pontignano

La Certosa di Pontignano

La Certosa di Pontignano

E perché il «soggetto privato gestore della Certosa di Pontignano ha offerto ospitalità» al Rettore e ai Direttori di Dipartimento lo scorso 10 giugno? L’altra domanda, quella posta col sorriso dal sindacato USB P.I. (il pranzo chi lo paga? Il Rettore di tasca sua o si usano i fondi di rappresentanza istituzionale?), aveva individuato quelle due legittime strade. Esistevano altre possibilità? Certamente! Gli ospiti potevano portarsi il panino e le bevande da casa o pagare alla romana il conto al gestore privato. Invece, l’opzione seguita dal rettore (accettare l’ospitalità offerta dal gestore della Certosa di Pontignano) necessita di una spiegazione sul piano etico e giuridico.

Rabbi Jaqov Jizchaq. (…) tra le righe di questa stendhaliana corrispondenza intorno alla Certosa, leggo che comunque è un dato quasi certo che tra breve, dopo aver sbaraccato le Facoltà, i vecchi corsi (più volte) e i vecchi dipartimenti, toccherà sbaraccare di nuovo, dopo tre anni, diversi dipartimenti e corsi di laurea e giocare ancora con i cocci dei vasi per assemblarne di nuovi, quasi ignari del secondo principio della termodinamica. Le roi s’amuse: ma non si rendono conto le competenti autorità che tessono i nostri destini di distruggere via via, in questo modo, smontando e rimontando con uno “sperimentalismo” da apprendisti stregoni, ciò che molta gente ha costruito con anni di fatica? Cosa dobbiamo attenderci, un ritorno alle vecchie Facoltà, con un po’ di gente nel frattempo fatta fuori od emarginata, come in una resa dei conti, oppure dipartimenti ancor più cinobalanici di quelli attuali? Se il secondo caso è evidentemente assurdo, nel primo non si capisce perché allora si sia proceduto allo smantellamento delle Facoltà, per poi tentare di rimetterle assieme in un pallido simulacro di quello che furono. L’unica domanda che sorge spontanea è quella, amletica, se c’è del metodo in questa follia. Spero che anche i rappresentanti delle OO.SS alzino un po’ il tiro porgendo finalmente attenzione al problema delle strutture: se gli stabilimenti continuano a chiudere, con la fuoriuscita del 50% del corpo docente a turn over fermo, o ad essere resi improduttivi, è difficile pensare che non ci saranno conseguenze per le maestranze.

Angelo Riccaboni. Con riferimento alla nota inviata ieri a firma USB P.I., dove si ipotizzava che per l’incontro periodico del Rettore con i Direttori di dipartimento tenutosi il giorno 10 giugno a Pontignano fossero stati utilizzati fondi pubblici, si precisa che l’ospitalità è stata offerta dal soggetto privato gestore della Certosa.
 Questo in un’ottica di valorizzazione e promozione della nostra bellissima Certosa come centro per convegni e attività legate alla formazione e alla ricerca e di condivisione degli investimenti fatti e delle migliorie apportate alla struttura.

Si riorganizzano i Dipartimenti quando è in discussione l’esistenza stessa dell’Università di Siena

Altan-vivacchiareScampagnata fori porta

USB P.I. – Chissà cosa mai succederà in quell’ameno chiostro dove il Magnifico ha riunito ieri i Direttori di Dipartimento e altri alti dignitari. Il Rettore avrebbe invitato una ventina di colleghi a Pontignano per avviare nel modo più conviviale possibile la ristrutturazione dei Dipartimenti, che avverrà a breve. Questa scelta farebbe presupporre che una passeggiata proprio non sia, se si deve rendere lieve la discussione con un bicchiere di vino (nascondete i coltelli però).

Sono trascorsi tre anni dalla formazione dei 15 dipartimenti post-Gelmini e ora pare stia già crollando tutta l’impalcatura fragile creata dopo l’approvazione dello Statuto. Molti si chiederanno cosa ha a che fare con noi, personale tecnico e amministrativo, tutto questo, ma ci arriviamo. Prima una domanda posta col sorriso: il pranzo chi lo paga? Il Rettore di tasca sua o si usano i fondi di rappresentanza istituzionale? No, perché sembrerebbe uno spreco di denaro pubblico, che pare manchi ancora qui da noi, visto che si poteva fare un incontro in sala consiliare al Rettorato a costo zero. Sappiamo la risposta…

Insomma cosa interessa a noi della ristrutturazione dei dipartimenti? Molto. Infatti, a luglio dovrebbe essere presentato il nuovo assetto degli uffici didattica e studenti dei suddetti dipartimenti e forse qualcuno si è mosso, o si sta muovendo, unendo le due cose. Quindi, si preparino i colleghi del settore didattica, a breve, vi saranno grandi manovre. Qualcuno dovrebbe sapere già dove va e con chi si sposta, ma altri, la maggior parte, vivrà nell’ignoranza fino al giorno prima. Siamo abituati ormai a questo modo di fare. L’organizzazione del lavoro è diventata un fatto di pochi, nemmeno vengono banditi avvisi per incarichi di ufficio, niente, ormai ognuno contratta il proprio posticino.

Le segreterie studenti si divideranno di nuovo fra carriera (sportelli accorpati per plessi?) e didattica, che rimane nei dipartimenti. Tutto questo viene discusso senza coinvolgere nessuno. Il rispetto si vede dalle piccole cose, figuriamoci dall’organizzazione del lavoro. Se sarà confermata la stretta sui dipartimenti, a breve forse anche il settore amministrativo gestionale periferico potrebbe subire una riforma. Dopo appena tre anni come si intende agire? Questa Amministrazione ormai non comunica nulla, l’organizzazione del lavoro è per pochi, e la trasparenza è al buio.

Forse invece di andare a fare giri fori porta si potrebbe comunicare agli organi di governo e alla comunità universitaria, cosa si vuole fare per rilanciare, quando il problema non sono i dipartimenti, o gli orticelli, ma la tenuta dei corsi di laurea, la tenuta delle iscrizioni, l’esistenza stessa di questo Ateneo. Salute a tutti!

Straccia e ignuda, «l’Università di Siena volàno di traino e di crescita per la città e il territorio»!

FantUnisi

Angelo Riccaboni. Finalmente la fase di risanamento finanziario è finita, ora potremo continuare a lavorare con ancora maggiore serenità allo sviluppo la continuità del risultato positivo indica che il nostro Ateneo possiede le condizioni strutturali che consentono un equilibrio fra i ricavi e i costi di competenza. (…) Continuando sulla strada intrapresa, ora possiamo guardare al futuro con fiducia puntando allo sviluppo e all’innovazione, che dovranno tradursi nel mantenimento dell’alta qualità della didattica e dei servizi, e in una sempre maggiore apertura al mondo in chiave internazionale, facendo dell’Università di Siena un volano di traino e di crescita per la città e il territorio.

USB P.I. università di Siena. Non si può demagogicamente dire (…) i soldi per le progressioni economiche orizzontali (PEO) li trova l’Amministrazione, sappiamo in che condizioni versiamo o no? Il Rettore può dire ciò che vuole sull’utile di bilancio, ma la verità è che siamo messi come tensione di liquidità peggio di prima, e niente affatto risanati, abbiamo un disavanzo pregresso da recuperare. Dove li trova l’Amministrazione i soldi?

Rabbi Jaqov Jizchaq. «L’Ateneo chiude il bilancio in utile e assume settantasei professori. È già stato licenziato un bando per trenta associati. A breve ne partirà un secondo per altri trentacinque. A questi nuovi ingressi vanno aggiunti altre undici persone nell’area medica ecc.» (La Nazione 25 aprile 2015). «Nuovi ingressi»? Scusate, sono stato in viaggio e forse ho perso qualche puntata: a me risultava che si trattasse di avanzamenti di carriera di gente già in forze presso l’ateneo senese, non di nuovi professori. È così?

Giovanni Grasso. Certo che è così! Il budget per nuove assunzioni non c’è. Per la verità non c’è neppure per le progressioni di carriera! Altro che bilancio in attivo!

Rabbi Jaqov Jizchaq. Questo la dice lunga sullo stato della libertà d’espressione e di pensiero in questa città: festeggiamo il 25 Aprile, ma “veline” edulcorate di tono adulatorio e del tutto acritiche come quelle che si leggono sugli organi di stampa locale, nemmeno al tempo del fascio! Al “barre” l’uomo della strada sorseggia il suo caffè e mormora: «ma che rompono i hoglioni questi qui, se tutto va per il meglio?». Silenzio di tomba da parte dell’intellighenzia… tutto va bene signora la marchesa.

Università di Siena: massima discrezionalità e minima trasparenza

AltanStringereidentiOrganizzazione del lavoro un atto di fede

USB P.I. università di Siena. Quello che nel mondo del lavoro normale si chiama organizzazione in questo Ateneo è un atto di fede. Vogliamo analizzare la nostra dis-organizzazione del lavoro sotto diversi aspetti, è lunga, ma le analisi non possono mai essere brevi… Tutte le strutture dell’Ateneo hanno subìto una radicale trasformazione a seguito dell’applicazione della legge Gelmini. Sono state smantellate le Facoltà, riaggregati i dipartimenti, creati i presidî, ma soprattutto si è passati da una contabilità finanziaria ad una economico patrimoniale, generando un diverso rapporto fra centro e periferia.

Alla prova dei fatti come ha retto la nuova organizzazione post-Gelmini? Male, quello che è mancato è una chiara impostazione della gerarchia gestionale, in sé la macchina ha girato, ma non per merito di scelte organizzative, ma per merito dei colleghi, tanti, che hanno a cuore questa istituzione e risolvono i problemi. Le organizzazioni del lavoro sulla carta funzionano tutte, non ve ne sono di belle o brutte, il punto è che al momento della loro implementazione si devono fare eventuali aggiustamenti e, soprattutto, fare un grande lavoro di definizione delle funzioni, meglio se tendente alla semplificazione. Tutto ciò non è avvenuto. Abbiamo definito l’organizzazione interna di alcune divisioni dell’Amministrazione centrale dopo un anno, e in modo superficiale, cioè con tabelle lunghissime di funzioni senza capo né coda. Alla prova dei fatti non c’è, infatti, una chiara suddivisione delle procedure fra gli uffici, anzi vi è uno spezzettamento. Manca la programmazione, manca la condivisione attraverso incontri all’interno delle divisioni delle problematiche, e quindi risoluzione delle stesse. In molte divisione vi è stata una riorganizzazione zoppa, tesa a giustificare l’esistente, anche gli incarichi esistenti, più che a definire in chiave funzionale il lavoro. Nel rapporto fra centro e periferia, possiamo vedere una ulteriore debolezza della macchina organizzativa, seguendo tre direttrici principali: contabilità, didattica e funzioni ibride dei presidî.

La contabilità, intesa come rapporto fra Ragioneria e segreterie amministrative, è stata debole per mancanza di definizione chiara delle competenze e funzioni, non per incapacità, ma perché nel riorganizzare si è proceduto a cambiare contemporaneamente il sistema di contabilità, con un programma gestionale che nessuno conosceva, e inserendo come corollario persone che mai avevano lavorato in questo campo. È come prendere gli ingredienti di un dolce ma mischiarli a caso, in sé sono corretti, ma il risultato è differente.

La didattica sarebbe potuta essere la punta di diamante della riorganizzazione perché dopo un anno ha avuto anche assegnato un dirigente; ma non è un dirigente che fa la differenza, un po’ come una rondine non fa primavera. La gestione degli uffici studenti e didattica è un groviglio, peccato che non possa essere nascosto agli studenti che lo vedono agli sportelli, ma la colpa non è dei colleghi, ma dalla mancanza di chiara definizione delle procedure e divisione delle due filiere dell’area della didattica: carriera studente e offerta didattica. I colleghi sono lasciati alla deriva, con continue incursioni dei docenti nelle questioni e un’assenza della catena gerarchica che si assume la responsabilità di risolvere i problemi, anzi cerca soluzioni diverse per ogni ufficio.

I presidî, hanno funzionato in alcuni casi per la capacità delle persone che vi sono state gettate. Con la nuova organizzazione e il passaggio dalle Facoltà ai dipartimenti post-Gelmini, alcune funzioni rimanevano di fatto orfane e allora ai presidî sono state affidate quelle esigenze amministrative e tecnico-logistiche comuni ai dipartimenti e ad altre strutture che hanno sede nei plessi di riferimento. Il tutto però non è stato governato, monitorato, anzi in verità i presidî sono stati dei catalizzatori casuali di problematiche e in molti casi li hanno risolti, in altri li hanno aggravati. Aggravati perché il presidio per sua natura è un ibrido, non è centro né periferia, nel senso che svolge funzioni periferiche ma in un’ottica centrale, e quindi rischia di generare fraintendimenti con le strutture periferiche, e aggravare la difficile gestione degli aggiustamenti post-Gelmini.

I dipartimenti, come settore ricerca, restano nascosti da un velo e chi vi lavora avanza costante verso un futuro non meglio definito anche se pare che ora dal centro vogliano intervenire sulla progettazione europea formando alcuni colleghi tecnici in proposito. Si saprà solo dopo che avremo il dirigente alla ricerca in salsa DIPINT.

Le biblioteche sono state riorganizzate per aree, ma di fatto poco è cambiato, solo la diminuzione del personale che di anno in anno rende più difficile fornire i servizi ai livelli del passato. Dal centro chi se ne occupa guarda a sé più che al sistema bibliotecario, e la periferia del sistema affronta i problemi.

Il vero nodo dell’organizzazione è che non c’è omogeneità di articolazione e gestione delle procedure fra uffici analoghi. Alcuni Responsabili interpretano il loro ruolo in modo personalistico ed è assurdo che l’Amministrazione centrale avalli questo sistema, supportando singoli responsabili, dandogli incarichi e ruoli, senza che vi sia alcuna valutazione di impatto generale. Le spinte verso scelte discrezionali, sull’articolazione degli uffici, sulla distribuzione dei carichi di lavoro e sulla gestione degli orari di servizio non sono ammissibili. L’organizzazione del lavoro va regolata, coordinata e governata in modo chiaro e trasparente.

Se poi guardiamo come insieme le strutture che abbiamo elencato, vi sono i rapporti fra le stesse, che non sono stati governati. Non si può dire che è la mancanza di dirigenti che produce questa difficoltà di comunicazione e relazione fra le strutture. Qualcuno in quest’Ateneo ha una visione d’insieme? Riesce a vedere il quadro globale? Sopra alle questioni meramente relazionali, vi è poi la gestione degli incarichi. Nel 2012 furono affidati senza alcun avviso pubblico in cui si potesse manifestare interesse per un incarico specifico. I responsabili furono scelti in via discrezionale, illegittimo? No. Inopportuno? Sì.

Ora con la scadenza di tutti gli incarichi al 31 dicembre 2014 e la proroga fino a nuova definizione, non stiamo andando verso una trasparente riassegnazione, che definisce bene quali siano le responsabilità identificate, ma verso assegnazioni a tronconi. Tutto ciò fa supporre una mancanza di visione generale e la risposta ad esigenze del momento, personali, clientelari e di orticelli. Facciamo l’esempio degli incarichi agli EP, categoria ben definita e con numeri ridotti. Pare ovvio che alla base vi sia una scelta per simpatie, basate sulla consulenza del precedente DA (sempre qui fra commissioni di concorso, consulenza sul bilancio e sugli incarichi), e per carriere. Gli incarichi degli EP sono stati pesati nel 2013, quindi si immagina che vi sia una chiara percezione della loro organizzazione, ma la mancanza di trasparenza negli affidamenti,  e nella pubblicazione di bandi getta ombre, anche sul valore della pesatura. Qualcuno ritiene che si possa andare a battere il pugno sul tavolo per avere un trattamento di favore, ma se fosse tutto stato pubblico non sarebbe stato meglio?

La mancanza di trasparenza a chi giova? È questo che ci dobbiamo domandare. Quando non si definiscono chiaramente gli incarichi e le procedure in capo agli uffici, allora si lascia spazio per la discrezionalità. Lo spezzettamento di cui abbiamo scritto sopra permette di affidare anche a persone non responsabili di ufficio incarichi retribuiti, permette di creare un base di consenso da parte dei vertici, dalla direzione generale ai responsabili di divisione a cascata.

La discrezionalità andrà abbattuta, informando i colleghi, e scrivendo meglio i contratti integrativi. Ci si deve domandare perché altri, che sono in possesso dei nostri stessi dati tacciano. Spesso dal vertice in giù si ritiene corretta l’idea che se un collega non sa fare una cosa non è necessario che la impari, basta che vi sia una persona che la sappia fare, ma così si generano figure uniche, ritenute indispensabili, che possono andare a pretendere per la loro unicità il riconoscimento di incarichi retribuiti. In sé questa pulsione non è sbagliata, ognuno è libero di cercare di valorizzarsi e di provarci, ma lo diventa se viene avallata da chi deve decidere. Dirigere una pubblica amministrazione non vuole dire affidare incarichi senza alcuna valutazione d’impatto e di funzionalità. Questo sistema di discrezionalità, questo “mercato” mina le basi dell’Ateneo e genera tensioni, invidie, e alimenta divisione. Possibile che chi dirige l’Ateneo non abbia la forza e la volontà di tagliare con i metodi del recente passato?

Università di Siena: il conflitto d’interesse per il personale contrattualizzato è norma da applicare, per i docenti rientra tra i principi generali di comportamento

Altan-criccaFigli di un dio maggiore

USB P.I. Università di Siena. Scriviamo questo comunicato all’attenzione dell’intera Comunità, e in particolare ai componenti del Senato Accademico. Oggi, infatti, sarà portato in approvazione il codice di comportamento dei dipendenti dell’università di Siena. Il DPR 62/2013 prevede che tutte le pubbliche amministrazioni adottino dei codici di comportamento; vi è anche un’agenzia nazionale di riferimento, cambia spesso nome, CIVIT, ANAC, (forse oggi ha già ricambiato nome), che ha emanato delle delibere in proposito. Un anno fa fu avviato il percorso partecipativo sulla stesura del codice rivolto a tutti i componenti della nostra comunità. Il DPR di riferimento, infatti, prevede che ognuno scriva le proprie regole, fatto in modo intelligente, sarebbe corretto. La RSU rispose di comune accordo con le sigle avanzando delle proposte. Queste furono accolte dall’Amministrazione, in modo quasi totale. In sostanza, cosa era stato proposto? Trattandosi di una università ci si rendeva conto che si doveva scrivere un codice calato sulla realtà specifica dell’Ateneo. Il codice andava applicato a tutti pur tenendo conto degli status giuridici differenti, personale contrattualizzato e non. Era stato trovato un modo per far tornare tutto e dobbiamo dire l’Amministrazione stessa aveva accolto l’impostazione che cercava di applicare le regole a tutti.

Vi sono dipendenti con status giuridici differenti, vero, ma pur sempre tutti dipendenti dello Stato. Se è normato il conflitto d’interesse all’interno dell’Università di Siena, non si può sostenere che per i dipendenti contrattualizzati è norma, e si applica, mentre per i dipendenti non contrattualizzati sono principi generali di comportamento! Principi generali? Di cosa stiamo parlando, cioè si va nelle piazze a manifestare quando i conflitti riguardano gli altri, ma quando poi si tocca l’interesse personale ecco che scappa fuori lo status giuridico? Per favore, in questa fase storica in cui si stanno, a fatica, cercando di abbattere privilegi anacronistici, c’è ancora chi ritiene corretto sostenere che i conflitti si regolano in modo differente? Cioè per qualcuno si regolano e per altri, di fatto, no. Ebbene sì, il Nucleo di valutazione (NdV) propone questo, e oggi chiede al Senato di avallare questa tesi. Si sa, i docenti, dipendenti pubblici, sono figli di un dio maggiore, per loro le regole, che valgono per gli altri, sono principi generali.

Il punto del conflitto d’interesse è importante perché era stato costruito un sistema che nella valutazione dello stesso tenesse conto dei diversi ruoli, quindi iter di intervento e controllo differenti. Il NdV però questo non lo accetta e dice che è il codice etico dell’Ateneo a disciplinare la materia, e che non c’è bisogno di prevedere iter specifici sulla gestione del conflitto di interesse, ma basarsi sulle linee generali previste dal codice etico. Forse però si dovrebbe sapere che la delibera 75/2013 della CIVIT prevede che il codice etico venga ricompreso, di fatto scomparendo, nel codice di comportamento, e che si prevedano iter precisi! Tutto questo però si fa finta di non saperlo. Il codice etico dell’Ateneo approvato nel 2011 deve essere incluso nel codice di comportamento!

Il Senato oggi è chiamato a prendere una decisione delicata lo dice anche il NdV, nel documento che ha presentato. Nell’ultimo paragrafo, nel trasmettere il proprio parere agli organi di governo, per la delicatezza della questione, ritiene debba prestare attenzione alla materia anche l’organo rappresentante del personale docente. Quale sarebbe tale organo? Non ci risulta, esista, un organo del genere nell’Ateneo. Quanto fa paura che il conflitto d’interesse venga normato? Invitiamo il Senato accademico a riflettere bene sul segnale che si vuole dare rispetto alla trasparenza delle funzioni della Pubblica Amministrazione, tutti ne rispondiamo, non esistono figli di un dio maggiore.

Le alchimie dei numeri: con la contabilità economico-patrimoniale l’Ateneo senese è addirittura in attivo

Toto-piacere

«… non è il momento di cedere alle pressioni sindacali…» (M. T.)

RSU d’Ateneo, Cisal, Cisapuni, Cisl, Flc-Cgil, Ugl, Uil PA-UR, Usb P.I. – Sono settimane d’intenso lavoro, confronto e attesa. Ieri è stato approvato il bilancio consuntivo 2013, con solo sei mesi di ritardo, ma c’erano dei problemi per la chiusura definitiva del bilancio 2012, ci torneremo con comunicato apposito. Comunque è molto interessante leggere come, con la contabilità economico patrimoniale, siamo addirittura in attivo, le alchimie dei numeri sono una scienza quasi esoterica.

Il magnifico nella sua lunga comunicazione ci ha “incuriosito” con una frase: «Il risanamento della gestione annuale è stato perseguito senza incidere sui livelli occupazionali, nonostante le sollecitazioni ricevute in tale direzione». Sarà, mica, il caso di dare spiegazioni ufficiali in proposito? Non crediamo sia l’edicolante a suggerire di toccare i livelli occupazionali, chiediamo una risposta chiara e precisa.

Sono settimane di attesa per avere il pagamento definitivo delle voci previste dal Contratto integrativo 2011 e quelle non soggette a valutazione del Contratto integrativo 2013, ultrattivo nel 2014 e le voci del Contratto integrativo degli EP. Col mese di ottobre abbiamo visto non è stato pagato niente, ora si attende novembre e non attenderemo oltre dopo novembre… ogni attesa ha un termine e il 25 novembre è quello fissato, non arbitrariamente, ma nei contratti firmati tra le parti.

Nel 2010 c’era chi suggeriva al magnifico di non cedere alle pressioni sindacali, ma qui non si tratta di pressioni sindacali, che ultimamente il magnifico ha definito pressioni di tipo “mafioso”, no, qui si tratta di onorare i contratti firmati in data 22 settembre 2014, a seguito di delibere del CdA. Se chiedere questo è fare pressioni, a nostro avviso, non si comprende bene la lingua italiana.

Non si comprendono nemmeno le conseguenze, intese come responsabilità personale, di una mancata corresponsione delle spettanze previste dai contratti. Qui si deve ricordare al CdA, ai suoi componenti, che nella prossima seduta richiami il magnifico al rispetto delle sue deliberazioni e al rispetto dell’organo di governo di questo Ateneo.

Altra scadenza interessante è stata quella della nomina del nuovo Direttore Generale. Tutto in regola, nulla da eccepire, ma forse, scriviamo forse, poteva essere il caso di prevedere un passaggio informativo con una presentazione anche al tavolo sindacale e ci permettiamo di aggiungere il Consiglio studentesco, no? Poi c’è da dire che, finalmente, ce l’abbiamo fatta a nominare il Direttore Generale, sono esattamente due anni e otto mesi che si doveva fare in base al nuovo Statuto che risale al febbraio 2012! Come si possa giustificare questo ritardo non si sa, e forse nessuno ne chiederà conto al magnifico. Certo è che il ritardo ha obbligato l’Ateneo a scrivere documenti incomprensibili come il Regolamento di Amministrazione Finanza e Contabilità che recita Direttore Amministrativo/Generale in tutto il testo, e questo perché non si è proceduto per tempo alla nomina. Ora, finalmente si potrà vedere se riusciamo ad applicare lo Statuto. Suggeriamo al magnifico di fare l’ultimo passo per dare piena applicazione al testo statutario: nomini il CUG! Lo abbiamo chiesto mesi fa ma niente, silenzio… Non vogliamo entrare nel merito della scelta, di norma non giudichiamo l’operato di una persona prima, ma dopo. Ci auguriamo solo che con gli anni Marco Tomasi abbia capito meglio come si affrontano le relazioni sindacali, e la delicatezza di certe affermazioni rese in passato sui sindacati a Siena.

La nomina è stata oggetto di molte chiacchiere, nelle passate settimane, arriva Tizio, no Caio. Poi alla notizia del nome presentato in Senato lunedì scorso, la tensione si è sciolta ed è stato tutto un susseguirsi di Marco lo conosco, sono suo amico, ci vado a cena, sono vicino di ombrellone, ecc. Queste affermazioni vengono da diversi docenti. La natura umana è curiosa perché mai si dovrebbe sentire la necessità subito di farsi vedere vicino a colui che rappresenta la novità? Succede ogni volta che arriva un nuovo Direttore Amministrativo/Generale e, se permettete, fa sorridere, denota forte insicurezza. Ognuno vive come vuole, noi invece abbiamo una sola certezza, vogliamo ciò che ci spetta e poi se siamo in attivo per la prima volta da sette anni sarà arrivato il momento, no?